Michael Ascoli, rabbino | Per
il 2018 il Time ha scelto come persona dell’anno “Jamal Khashoggi e
tutti i giornalisti in pericolo”. Dunque non un uomo forte – o una
donna forte – come altre volte successo in passato. Ha preferito invece
un gruppo, benché abbia tributato al defunto Khashoggi un onore
particolare. L’importanza del giornalismo non è una scoperta nuova, ma
è pur sempre una riaffermazione significativa. Rav Cherlow, riferendosi
al lavoro di un buon giornalista, fa notare che lo stesso versetto
della Torà che vieta la maldicenza si conclude con l’imperativo di “non
rimanere impassibili di fronte al sangue del tuo prossimo”: perché
evitare la maldicenza non deve voler dire connivenza.
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Anna
Foa,
storica |
Il
Pirqé di Rabbi Eliezer racconta (cap. XXV) che gli abitanti di Sodoma
avevano emanato una legge per cui chiunque avesse aiutato un povero con
un tozzo di pane sarebbe stato bruciato vivo. Peletith, figlia di Lot,
ebbe compassione di un povero e lo nutrì di nascosto con cibo ed acqua.
Scoperta, fu messa a morte e il suo grido salì fino al Trono divino.
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Tifoserie malate,
oggi il vertice
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Oggi
è il giorno dell’atteso vertice contro la violenza e il razzismo negli
stadi. Scrive la Gazzetta a proposito dell’incontro, che si svolgerà
nel pomeriggio a Roma: “Le società, più volte, hanno fatto presente il
rischio di finire ostaggio, per responsabilità oggettiva, di gruppi
violenti. Ma ai club verrà chiesto uno sforzo. Si farà il punto
sull’adozione del ‘codice etico’ e della nuova norma federale che
permette alla società di ‘squalificare’ lo spettatore protagonista di
comportamenti scorretti dentro ma anche fuori dallo stadio”.
Ebrei cacciati dai paesi arabi: in Israele torna d’attualità il tema di
un possibile risarcimento richiesto dal governo. L’attualità del tema,
scrive La Stampa, andrebbe vista anche in chiave elettorale. “Il 9
aprile si vota in una elezione che deciderà il destino di Netanyahu,
con la possibilità di un quinto mandato da premier che lo proietterebbe
fra i grandi leader israeliani, ma anche il rischio di una
incriminazione che potrebbe stoppare la sua carriera. Il voto degli
ebrei sefarditi, discendenti dei profughi dai Paesi arabi, è decisivo”.
In edicola con il Corriere Modernità liquida, il saggio più celebre di
Zygmunt Bauman. “L’antitotalitarismo radicale di Bauman non si è mai
tradotto nella rinuncia all’eredità marxiana. La dissidenza in Polonia
è stata, anzi, la sua leva per rileggere il socialismo in chiave
umanistica ed etica. Di qui – scrive Donatella Di Cesare nella
introduzione – quella sua critica sociale che investe il sistema
capitalistico”.
“Lenti che leggono ai ciechi: Israele vive già nel futuro”. Libero
passa in rassegna i molti successi tecnologici dello Stato ebraico,
“dal sistema che produce acqua dall’aria a quello che fornisce energia
dalle feci”. Mentre sul Giornale si analizzano gli sviluppi del piano
di pace, anche in considerazione delle visite del consigliere per la
Sicurezza nazionale John Bolton e del segretario di Stato Mike Pompeo.
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lo statista della destra israeliana
Moshe Arens (1925-2018)
Uomo
chiave del Likud, mentore di Benjamin Netanyahu, tre volte ministro
della Difesa, una ministro degli Esteri nonché lucida voce di destra
sulle colonne del quotidiano progressista Haaretz. Moshe Arens, morto
nelle scorse ore all'età di 93 anni, è stato una delle figure di spicco
della destra israeliana e ha lasciato un'impronta importante nella
storia del paese. Ingegnere di formazione, Arens era nato a Kaunas, in
Lituania, nel 1925 ma era cresciuto negli Stati Uniti, dopo che nel
1939 la famiglia aveva deciso di trasferirsi. Da ragazzo, diventa uno
dei leader del movimento giovanile Betar, legato al Partito
revisionista sionista di Vladimir Jabotinsky. Dopo aver combattuto tra
le fila dell'esercito americano durante la Seconda guerra mondiale e
laureatosi all'MIT di Boston, sceglie Israele e diventa membro del
gruppo paramilitare di destra Irgun, che lo invia in Nord Africa per
aiutare ad organizzare le comunità ebraiche locali che cercano di
immigrare in Israele. Tornato in Israele nel 1949, diventa ben presto
un membro chiave del nascente partito Herut, il progenitore
dell'odierno Likud. “Non c'era patriota più grande di lui”, il saluto
del Primo ministro Benjamin Netanyahu, la cui carriera politica iniziò
proprio grazie ad Arens. “Il grande contributo di Moshe Arens al nostro
popolo e al nostro paese sarà ricordato per sempre”. “Misha è stato uno
degli migliori ministri della Difesa dello Stato di Israele. Non un
comandante o un generale, semplicemente uno studioso devoto che
lavorava giorno e notte per la sicurezza dello Stato di Israele e dei
suoi cittadini – il ricordo del Presidente Reuven Rivlin - Misha ha
ricoperto per tutta la vita varie posizioni chiave per la creazione e
lo sviluppo dello Stato di Israele. Come membro dell'Irgun, come
scienziato e ingegnere, come statista, ambasciatore e direttore delle
più importanti industrie per la sicurezza di Israele”. Leggi
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Oltremare - Freddo |
Se
attraversando la strada nel gelo relativo di una Tel Aviv invernale,
ventosissima e sotto i dieci gradi centigradi che qui sono il minimo
sindacale, spunta dall’altra parte della strada un signore sulla
settantina con giaccone aperto e sandali ai piedi, la prima cosa che
pensi è: kibbutz nel nord di Israele. Non serve neanche guardargli le
mani, sicuramente callose e screpolate.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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Controvento – Donne di potere
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Se è vero che la storia la scrivono (e la riscrivono) i vincitori, il cinema la dice lunga su dove stiamo andando.
Dopo Il verdetto, protagonista la bravissima Emma Thompson nel ruolo di
una giudice incapace di emozioni che trascura marito e figli per il
lavoro (sembra il ritratto di un uomo tradizionale), dopo The Wife e
Colette, storie parallele di due scrittrici che si ribellano dopo anni
di lavoro anonimo a maggior gloria dei mariti narcisi e vanagloriosi,
nella top parade cinematografica in America (ma in uscita anche in
Italia) ci sono tre film che hanno al centro figure femminili di potere.
Viviana Kasam
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Nel nome di Charlie
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Il
7 gennaio del 2015 i fratelli Kouachi hanno massacrato la redazione di
Charlie Hebdo in un bagno di sangue innominabile, eseguito nel nome di
Daesh. Sono seguiti l’assassinio di una poliziotta il giorno successivo
e le quattro vittime di Amedy Coulibaly all’Hyper Cacher il giorno 9.
Oggi è su internet e sulle reti sociali che l’offensiva
dell’oscurantismo contro la democrazia si è particolarmente consolidata.
Son passati quattro anni da quel 7 gennaio. I tweet traboccanti di fake
news colme di odio, razzismo, menzogne, violenze, volgarità, ignoranza
e delegittimazione hanno rimpiazzato i kalashnikov. Sono le conquiste
di decenni di lotta per la democrazia che sono assassinate ogni giorno,
insidiosamente, quasi senza versare sangue. Una delle vittime dirette
di questa deriva è la libertà di espressione, insieme a quella di
stampa e di opinione.
Cabu, Wolinski, Tignous, Charb e Honoré restano il nostro esempio, malgrado ciò.
Michel Kichka, disegnatore
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