Giuseppe Momigliano,
rabbino
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“Essi
faranno un’arca di legno la cui lunghezza sarà di due cubiti e mezzo,
la sua larghezza un cubito e mezzo e la sua altezza un cubito e mezzo”
(Esodo 25,10). L’arca rappresenta la Torà, le sue misure, definite
nelle tre dimensioni con unità incomplete – “due cubiti e mezzo e un
cubito e mezzo” – simboleggiano la condizione che deve caratterizzare
chi studia la Torà.
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Davide
Assael,
ricercatore
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È
notizia di questi giorni la comparsa a Mea Shearim di cartelli che
indicano marciapiedi per donne e marciapiedi per uomini per evitare il
rischio di incontri «promiscui». Questione che solleva problemi non
irrilevanti se vista dall’Europa. Israele come l’Arabia Saudita? Del
resto, a sentire il modo in cui è stata riportata la notizia dai media
italiani sembrerebbe proprio di sì. Parole che ricalcavano pari pari
quanto sentito in questi anni sulle varie forme di integralismo
islamico, dai talebani, all’Isis, passando per il wahabismo. La
questione, però, non è così semplice a mio parere.
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Le parole di Trump
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Donald
Trump ha tenuto nelle scorse ore il suo discorso sullo Stato
dell’Unione. “È stata un’occasione importante per la Casa Bianca che ha
potuto costruire anche la scenografia più congeniale al messaggio
chiave del presidente. A cominciare dalla lista degli ospiti invitati a
seguire le parole di Trump dalle tribunette della House of
Representatives” scrive il Corriere. Tra gli altri, viene segnalato,
alcuni dei sopravvissuti alla strage alla Sinagoga Tree of Life
avvenuta lo scorso ottobre a Pittsburgh in Pennsylvania.
L’incontro interreligioso di Abu Dhabi “importante anche per il mondo
ebraico”. È la lettura che propone Avvenire, dove trovano spazio le
parole del rabbino Marc Schneier (che era presente alla cerimonia).
“Per le autorità locali è stata l’occasione per riconoscere formalmente
la presenza a Dubai di una sinagoga. In un certo senso – afferma –
anche questo è avvenuto grazie al viaggio del papa”.
Numerosi quotidiani ospitano un ricordo del finanziere Guido Roberto
Vitale, mancato nella giornata di ieri. Ricardo Franco Levi, in una
testimonianza pubblicata su La Stampa, mette in evidenza il suo essere
figlio “di quella particolare, raffinata, orgogliosa cultura
dell’ebraismo piemontese”.
Patria e culto del premier: Repubblica passa in ricognizione i libri di
testo introdotti nelle scuole nell’Ungheria di Orban. Un panorama
inquietante: “Nella storia moderna – si legge infatti – l’unica macchia
nera nazionale è il periodo comunista, non la lunga dittatura di Horthy
che nel 1920 introdusse le prime leggi razziali antisemite in Europa”.
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il sopravvissuto alla strage di pittsburgh
Tutti in piedi per Judah Samet,
il tributo del Congresso Usa
Quattro
minuti di ritardo gli hanno salvato la vita. Judah Samet, 81 anni, lo
scorso 27 ottobre si stava recando come ogni Shabbat alla sua sinagoga
conservative, la Tree of Life di Pittsburgh. “Ero in ritardo di quattro
minuti. Invece delle 9:45, ci sono arrivato alle 9:49, forse 9:50”. Per
una manciata di minuti si è ritrovato fuori dalla sinagoga diventata il
teatro della più grave strage antisemita di sempre negli Stati Uniti.
Undici persone uccise per mano di un estremista di destra al grido di
“gli ebrei devono morire”. “Mi sono salvato una seconda volta”, ha
raccontato Samet alla stampa, ricordando di essere sopravvissuto ai
Lager nazisti durante l'infanzia. A lui l'intero Congresso americano ha
tributato una standing ovation in occasione del discorso sulla Stato
dell’Unione pronunciato dal Presidente Usa Donald Trump. “Oggi è
l'81esimo compleanno di Judah”, ha ricordato Trump salutando Samet e
ricordando il suo essere due volte un sopravvissuto. I membri del
Congresso, in una scena inusuale, hanno risposto cantando in coro
“happy birthday to you”. Leggi
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pagine ebraiche - dossier comics&jews
Il tratto dell'identità ebraica
Saga
che sta facendo la storia del fumetto, Il gatto del rabbino di Joann
Sfar osa ora il colpo d’artiglio più forte e affronta il tema più
controverso e ossessivo fra i diversi nodi dell’identità ebraica
contemporanea. E di identità parla anche Michel Kichka, che racconta
cosa ha significato per lui lasciare il Belgio per diventare
israeliano. Questo e molto altro nel nuovo appuntamento con
il dossier Comics&Jews, curato da Ada Treves e pubblicato
sul numero di febbraio del giornale dell'ebraismo italiano Pagine
Ebraiche in distribuzione.
È in un dialogo illuminante il senso profondo dell'ultimo lavoro di
Michel Kichka, belga naturalizzato israeliano che da tempo vizia i
lettori con l'ironia intelligente e graffiante delle sue vignette: dopo
aver fatto l'aliyah, la salita in Israele, deve arrendersi
all'evidenza: non è più solo ebreo, com’era in Belgio, ora è più
complicato, ed è ashkenazita, grazie ai nonni, che "prima" erano in
Polonia. In Falafel sauce piquante
racconta il suo rapporto, complesso e fortissimo col paese dove ha
deciso di vivere, dove ha studiato e messo su famiglia, e fatto
carriera. Già in La seconda generazione, pubblicato in italiano da
Lizard, Kichka molto aveva raccontato di se stesso, e soprattutto della
sua storia familiare, ma è in questa seconda prova che si vede con
quanta forza la sua identità si sia andata costruendo e fortificando
durante i suoi anni israeliani. E di identità parla, come sempre, anche
Joann Sfar, nell'ottavo volume della sua serie più famosa, quella
dedicata al gatto del rabbino. Leggi
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uk - il grande intellettuale nominato sir
Simon Schama, onore alla Storia
“La
conoscenza della Storia non risponde solo alle esigenze degli
accademici. Perché è uno studio che ci consente di capire davvero non
solo quello che è accaduto, ma anche quello che sta accadendo e quello
che ci riserva il futuro. È un modo per scandagliare l’animo umano. Per
capire l’energia che sta alla base della sua capacità creativa”. Così
il grande storico inglese Simon Schama spiegava la sfida della sua
professione a Pagine Ebraiche, in una intervista
realizzata alla vigilia della memorabile lezione tenuta a Venezia in
occasione del cinquecentesimo anniversario dall’istituzione del Ghetto.
Tra i più autorevoli studiosi e divulgatori in circolazione, il
professor Schama ha ricevuto nelle scorse ore una nuova prestigiosa
onorificenza: il titolo di baronetto, conferitogli nel corso di una
solenne cerimonia a Buckingham Palace. Un tributo al suo lavoro che
arriva a poca distanza da un altro importante riconoscimento a una
collega italiana: la storica Anna Foa, nominata dal Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella commendatore, titolo assegnato dal Capo
dello Stato a cittadini distintisi per il loro contributo nelle
professioni, nella cultura e nella società. L’attestazione più alta per
Foa come per Schama per un lavoro che per entrambi prosegue
instancabile, anche nel segno dell’identità e del confronto aperto. 
Nell’intervista con Pagine Ebraiche, Schama indicava chiaramente la strada.
“Il grande tema da porre al centro dell’attenzione, per noi ebrei come
per tutti gli altri – raccontava infatti – è che non possiamo fare a
meno della storia ebraica. E la storia ebraica non può esistere, non
potrebbe essere compresa, se non esistesse la storia degli altri. Né la
grande storia potrebbe essere concepita, se non ci fosse una storia
ebraica”.
(Disegno di Giorgio Albertini)
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pagine ebraiche - l'intervista
Schama: "La Storia è un’arte"
Harvard,
un’intera classe con il fiato sospeso. Il docente non rinuncia al suo
inconfondibile aplomb britannico e vola sulla grande Storia e sulle
storie di tutti, spiega l’arte e l’eroismo, l’identità e la politica.
Tutto si frammenta e si ricompone in un caleidoscopio prodigioso,
sbalorditivo. Poi, come talvolta accade di fronte a ciò che è
enormemente complesso ed estremamente semplice allo stesso tempo, uno
studente rompe l’incanto: “Professor Schama, i miei genitori non pagano
volentieri una retta di decine di migliaia di dollari per farmi uscire
dalle sue lezioni più confuso di quanto non ci sia entrato”. Simon
Schama si interrompe giusto un attimo, gli rivolge senza scomporsi uno
sguardo intenerito: “Caro amico, questo è esattamente l’unico motivo
per cui valga la pena di pagare una retta. Un fenomeno che si chiama
educazione”. Da allora lo storico londinese ha continuato la sua ascesa
ai vertici dell’accademia internazionale e oggi è considerato una delle
voci più autorevoli della Columbia University. Una combinazione
inestricabile di enorme erudizione e di straordinarie capacità
comunicative ne fanno un punto di riferimento per il mondo accademico
come per milioni di comuni cittadini. Per lui la Storia è per tutti, è
di tutti. E va raccontata con ogni a disposizione. Con l’università e
con i libri. Con la conoscenza dell’arte e con il linguaggio della
televisione. Ora Simon Schama si appresta a sbarcare a Venezia. Venti
minuti per raccontare cinque secoli. I 500 anni che ci separano
dall’istituzione da parte della Serenissima di quello che è divenuto
l’archetipo di tutti i ghetti, di tutte le separazioni. Appena un
bagliore in Laguna, forse la sua prova più difficile, per spiegare il
segreto del simbolo che ha reso immediatamente riconoscibili in tutto
il mondo le tormentate, bimillenarie vicende dell’ebraismo italiano.
Professor Schama, lei è
considerato il più autorevole fra gli studiosi che vogliono mettere le
chiavi della Storia nelle mani della gente. L’accademia le va stretta?
La conoscenza della Storia – spiega – non risponde solo alle esigenze
degli accademici. Perché è uno studio che ci consente di capire davvero
non solo quello che è accaduto, ma anche quello che sta accadendo e
quello che ci riserva il futuro. È un modo per scandagliare l’animo
umano. Per capire l’energia che sta alla base della sua capacità
creativa.
Il primo volume della sua Storia degli
ebrei (In cerca delle parole, Mondadori editore per l’edizione
italiana) ci accompagna dalle origini del popolo ebraico al 1492. Il
secondo, attesissimo, libro dovrà condurci fino ai giorni nostri. Ma
sono in molti a chiedersi come, e da dove, riaprirà il dialogo con i
suoi milioni di lettori.
Si aprirà proprio a Venezia, e proprio con le vicende del primo ghetto.
È quello il punto di svolta, il nostro inizio per comprendere il
presente. Vorrei attraversare questi ultimi cinque secoli e rendere
visibile il percorso. Il Rinascimento ebraico, l’affermazione della
parola stampata, i Lumi, il graduale, faticoso ritorno degli ebrei
nelle terre da cui erano stati cacciati, l’emigrazione dal vecchio
mondo al nuovo, Hollywood, gli orrori della Shoah, il ristabilimento
dello Stato di Israele.
Guido Vitale
(Disegno di Giorgio Albertini) Leggi
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Ticketless - Focus
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La
conversazione fra Merkel e Conte rubata da un abile cronista televisivo
insegna molte cose. Indimenticabile rimane l’espressione della Merkel
quando chiede quale sia il “focus” del M5S. In quello sguardo
esterrefatto si concentrano almeno due secoli di rapporti fra
Italia e Germania. La Merkel sa benissimo che la fortuna (ed anche la
pericolosità) dei grillini consiste nel non avere nessun focus. Nel suo
sguardo si condensa la più classica immagine dell’Italia fuori
d’Italia.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Utopie negli Emirati
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Parlare
di pace, fratellanza, dialogo, ripudio di ogni forma di violenza e
coercizione è, certamente, una cosa lodevole, e deve quindi essere
salutata con favore la recente visita pastorale di papa Francesco negli
Emirati Arabi, così come l'incontro interreligioso che ad essa si è
accompagnato. Certo, anche in considerazione del luogo dove si è svolta
la manifestazione, si potrebbe segnalare qualche omissione e reticenza
nei discorsi che sono stati pronunciati, a proposito di diritti umani,
libertà di pensiero, condizione della donna, antisemitismo ecc. Ma il
messaggio complessivo è apparso comunque apprezzabile e positivo.
Francesco Lucrezi, storico
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Capsula del tempo
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La
musica prodotta in prigionia e deportazione dal 1933 al 1953 contiene
coordinate e reticolati di espressione artistica capaci di disegnare
nuovi linguaggi e strutture architettoniche che attendono unicamente di
essere applicate alle forme musicali della letteratura universale.
Neomadrigalismo di Gideon Klein e teatro musicale post–brechtiano di
Viktor Ullmann a Theresienstadt; interazione tra oratorio, mimo e opera
con espansione del materiale teatrale e musicale attraverso più giorni
di stage da parte di Émile Gouè nello Oflag XA Nienburg am Weser.
Francesco Lotoro
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