28 febbraio 2018 - 13 Adar 5778

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6 Febbraio 2019 - 1 Adar 5779
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL


alef/tav
Giuseppe Momigliano,
rabbino
“Essi faranno un’arca di legno la cui lunghezza sarà di due cubiti e mezzo, la sua larghezza un cubito e mezzo e la sua altezza un cubito e mezzo” (Esodo 25,10). L’arca rappresenta la Torà, le sue misure, definite nelle tre dimensioni con unità incomplete – “due cubiti e mezzo e un cubito e mezzo” – simboleggiano la condizione che deve caratterizzare chi studia la Torà. 
 
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Davide
Assael,
ricercatore
È notizia di questi giorni la comparsa a Mea Shearim di cartelli che indicano marciapiedi per donne e marciapiedi per uomini per evitare il rischio di incontri «promiscui». Questione che solleva problemi non irrilevanti se vista dall’Europa. Israele come l’Arabia Saudita? Del resto, a sentire il modo in cui è stata riportata la notizia dai media italiani sembrerebbe proprio di sì. Parole che ricalcavano pari pari quanto sentito in questi anni sulle varie forme di integralismo islamico, dai talebani, all’Isis, passando per il wahabismo. La questione, però, non è così semplice a mio parere.
 
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Le parole di Trump
Donald Trump ha tenuto nelle scorse ore il suo discorso sullo Stato dell’Unione. “È stata un’occasione importante per la Casa Bianca che ha potuto costruire anche la scenografia più congeniale al messaggio chiave del presidente. A cominciare dalla lista degli ospiti invitati a seguire le parole di Trump dalle tribunette della House of Representatives” scrive il Corriere. Tra gli altri, viene segnalato, alcuni dei sopravvissuti alla strage alla Sinagoga Tree of Life avvenuta lo scorso ottobre a Pittsburgh in Pennsylvania.

L’incontro interreligioso di Abu Dhabi “importante anche per il mondo ebraico”. È la lettura che propone Avvenire, dove trovano spazio le parole del rabbino Marc Schneier (che era presente alla cerimonia). “Per le autorità locali è stata l’occasione per riconoscere formalmente la presenza a Dubai di una sinagoga. In un certo senso – afferma – anche questo è avvenuto grazie al viaggio del papa”.

Numerosi quotidiani ospitano un ricordo del finanziere Guido Roberto Vitale, mancato nella giornata di ieri. Ricardo Franco Levi, in una testimonianza pubblicata su La Stampa, mette in evidenza il suo essere figlio “di quella particolare, raffinata, orgogliosa cultura dell’ebraismo piemontese”.

Patria e culto del premier: Repubblica passa in ricognizione i libri di testo introdotti nelle scuole nell’Ungheria di Orban. Un panorama inquietante: “Nella storia moderna – si legge infatti – l’unica macchia nera nazionale è il periodo comunista, non la lunga dittatura di Horthy che nel 1920 introdusse le prime leggi razziali antisemite in Europa”.
 
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  davar
il sopravvissuto alla strage di pittsburgh
Tutti in piedi per Judah Samet,
il tributo del Congresso Usa

Quattro minuti di ritardo gli hanno salvato la vita. Judah Samet, 81 anni, lo scorso 27 ottobre si stava recando come ogni Shabbat alla sua sinagoga conservative, la Tree of Life di Pittsburgh. “Ero in ritardo di quattro minuti. Invece delle 9:45, ci sono arrivato alle 9:49, forse 9:50”. Per una manciata di minuti si è ritrovato fuori dalla sinagoga diventata il teatro della più grave strage antisemita di sempre negli Stati Uniti. Undici persone uccise per mano di un estremista di destra al grido di “gli ebrei devono morire”. “Mi sono salvato una seconda volta”, ha raccontato Samet alla stampa, ricordando di essere sopravvissuto ai Lager nazisti durante l'infanzia. A lui l'intero Congresso americano ha tributato una standing ovation in occasione del discorso sulla Stato dell’Unione pronunciato dal Presidente Usa Donald Trump. “Oggi è l'81esimo compleanno di Judah”, ha ricordato Trump salutando Samet e ricordando il suo essere due volte un sopravvissuto. I membri del Congresso, in una scena inusuale, hanno risposto cantando in coro “happy birthday to you”.
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pagine ebraiche - dossier comics&jews
Il tratto dell'identità ebraica
Saga che sta facendo la storia del fumetto, Il gatto del rabbino di Joann Sfar osa ora il colpo d’artiglio più forte e affronta il tema più controverso e ossessivo fra i diversi nodi dell’identità ebraica contemporanea. E di identità parla anche Michel Kichka, che racconta cosa ha significato per lui lasciare il Belgio per diventare israeliano. Questo e molto altro nel nuovo appuntamento con il dossier Comics&Jews, curato da Ada Treves e pubblicato sul numero di febbraio del giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche in distribuzione.

È in un dialogo illuminante il senso profondo dell'ultimo lavoro di Michel Kichka, belga naturalizzato israeliano che da tempo vizia i lettori con l'ironia intelligente e graffiante delle sue vignette: dopo aver fatto l'aliyah, la salita in Israele, deve arrendersi all'evidenza: non è più solo ebreo, com’era in Belgio, ora è più complicato, ed è ashkenazita, grazie ai nonni, che "prima" erano in Polonia. In Falafel sauce piquante racconta il suo rapporto, complesso e fortissimo col paese dove ha deciso di vivere, dove ha studiato e messo su famiglia, e fatto carriera. Già in La seconda generazione, pubblicato in italiano da Lizard, Kichka molto aveva raccontato di se stesso, e soprattutto della sua storia familiare, ma è in questa seconda prova che si vede con quanta forza la sua identità si sia andata costruendo e fortificando durante i suoi anni israeliani. E di identità parla, come sempre, anche Joann Sfar, nell'ottavo volume della sua serie più famosa, quella dedicata al gatto del rabbino.
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uk - il grande intellettuale nominato sir
Simon Schama, onore alla Storia 
“La conoscenza della Storia non risponde solo alle esigenze degli accademici. Perché è uno studio che ci consente di capire davvero non solo quello che è accaduto, ma anche quello che sta accadendo e quello che ci riserva il futuro. È un modo per scandagliare l’animo umano. Per capire l’energia che sta alla base della sua capacità creativa”. Così il grande storico inglese Simon Schama spiegava la sfida della sua professione a Pagine Ebraiche, in una intervista realizzata alla vigilia della memorabile lezione tenuta a Venezia in occasione del cinquecentesimo anniversario dall’istituzione del Ghetto. Tra i più autorevoli studiosi e divulgatori in circolazione, il professor Schama ha ricevuto nelle scorse ore una nuova prestigiosa onorificenza: il titolo di baronetto, conferitogli nel corso di una solenne cerimonia a Buckingham Palace. Un tributo al suo lavoro che arriva a poca distanza da un altro importante riconoscimento a una collega italiana: la storica Anna Foa, nominata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella commendatore, titolo assegnato dal Capo dello Stato a cittadini distintisi per il loro contributo nelle professioni, nella cultura e nella società. L’attestazione più alta per Foa come per Schama per un lavoro che per entrambi prosegue instancabile, anche nel segno dell’identità e del confronto aperto.

Nell’intervista con Pagine Ebraiche, Schama indicava chiaramente la strada. “Il grande tema da porre al centro dell’attenzione, per noi ebrei come per tutti gli altri – raccontava infatti – è che non possiamo fare a meno della storia ebraica. E la storia ebraica non può esistere, non potrebbe essere compresa, se non esistesse la storia degli altri. Né la grande storia potrebbe essere concepita, se non ci fosse una storia ebraica”.

(Disegno di Giorgio Albertini) 

pagine ebraiche - l'intervista 
Schama: "La Storia è un’arte"
Harvard, un’intera classe con il fiato sospeso. Il docente non rinuncia al suo inconfondibile aplomb britannico e vola sulla grande Storia e sulle storie di tutti, spiega l’arte e l’eroismo, l’identità e la politica. Tutto si frammenta e si ricompone in un caleidoscopio prodigioso, sbalorditivo. Poi, come talvolta accade di fronte a ciò che è enormemente complesso ed estremamente semplice allo stesso tempo, uno studente rompe l’incanto: “Professor Schama, i miei genitori non pagano volentieri una retta di decine di migliaia di dollari per farmi uscire dalle sue lezioni più confuso di quanto non ci sia entrato”. Simon Schama si interrompe giusto un attimo, gli rivolge senza scomporsi uno sguardo intenerito: “Caro amico, questo è esattamente l’unico motivo per cui valga la pena di pagare una retta. Un fenomeno che si chiama educazione”. Da allora lo storico londinese ha continuato la sua ascesa ai vertici dell’accademia internazionale e oggi è considerato una delle voci più autorevoli della Columbia University. Una combinazione inestricabile di enorme erudizione e di straordinarie capacità comunicative ne fanno un punto di riferimento per il mondo accademico come per milioni di comuni cittadini. Per lui la Storia è per tutti, è di tutti. E va raccontata con ogni a disposizione. Con l’università e con i libri. Con la conoscenza dell’arte e con il linguaggio della televisione. Ora Simon Schama si appresta a sbarcare a Venezia. Venti minuti per raccontare cinque secoli. I 500 anni che ci separano dall’istituzione da parte della Serenissima di quello che è divenuto l’archetipo di tutti i ghetti, di tutte le separazioni. Appena un bagliore in Laguna, forse la sua prova più difficile, per spiegare il segreto del simbolo che ha reso immediatamente riconoscibili in tutto il mondo le tormentate, bimillenarie vicende dell’ebraismo italiano.

Professor Schama, lei è considerato il più autorevole fra gli studiosi che vogliono mettere le chiavi della Storia nelle mani della gente. L’accademia le va stretta?
La conoscenza della Storia – spiega – non risponde solo alle esigenze degli accademici. Perché è uno studio che ci consente di capire davvero non solo quello che è accaduto, ma anche quello che sta accadendo e quello che ci riserva il futuro. È un modo per scandagliare l’animo umano. Per capire l’energia che sta alla base della sua capacità creativa.

Il primo volume della sua Storia degli ebrei (In cerca delle parole, Mondadori editore per l’edizione italiana) ci accompagna dalle origini del popolo ebraico al 1492. Il secondo, attesissimo, libro dovrà condurci fino ai giorni nostri. Ma sono in molti a chiedersi come, e da dove, riaprirà il dialogo con i suoi milioni di lettori.
Si aprirà proprio a Venezia, e proprio con le vicende del primo ghetto. È quello il punto di svolta, il nostro inizio per comprendere il presente. Vorrei attraversare questi ultimi cinque secoli e rendere visibile il percorso. Il Rinascimento ebraico, l’affermazione della parola stampata, i Lumi, il graduale, faticoso ritorno degli ebrei nelle terre da cui erano stati cacciati, l’emigrazione dal vecchio mondo al nuovo, Hollywood, gli orrori della Shoah, il ristabilimento dello Stato di Israele.

Guido Vitale

(Disegno di Giorgio Albertini)
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la nomina dell'ex procuratore elan carr
Lotta all'antisemitismo, Trump
sceglie il suo inviato speciale

Il presidente Usa Donald Trump ha nominato l'avvocato Elan Carr come nuovo inviato speciale americano nella lotta all'antisemitismo. Ex procuratore penale e riservista dell'esercito americano, Carr “è un esperto di antiterrorismo” che “ha svolto un ruolo di primo piano nella difesa della sicurezza del popolo ebraico in patria e all'estero”, le parole del Segretario di Stato Mike Pompeo nell'annunciare la nomina che copre così un incarico rimasto vacante per due anni. Una scelta accolta con favore nel mondo ebraico americano: per l'Anti-Defamation League (Adl), è positivo il fatto che il nuovo inviato nella lotta all'antisemitismo abbia “esperienza nel perseguire crimini motivati dall'odio, omicidi e altre attività criminali”.
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qui roma - la targa
I Mistruzzi, coniugi Giusti
Una targa, un segno che resta nel tempo. Il coraggio dei coniugi Aurelio e Melanie Mistruzzi, che nascosero l’ebrea fiumana Lea Polgar nel loro villino romano nel quartiere Prati, è già valso ad entrambi l’inserimento tra i “Giusti tra le nazioni” riconosciuti dallo Yad Vashem.
Al riconoscimento, da questa mattina, si aggiunge una iscrizione apposta sulla facciata del palazzo di viale Carso 46 in cui ebbe luogo questa storia di salvezza e in cui altre iniziative di soccorso furono intraprese. Come la realizzazione di vari documenti falsi per ebrei braccati dal nazifascismo, anche grazie alle abilità manuali di un grande artista, punto di riferimento per molti papi, quale fu Aurelio.
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qui roma
Mortara, il figlio del rabbino
Protagonista della politica e del diritto a cavallo tra due secoli, accademico di fama tra Pisa e Napoli, presidente della Cassazione romana, Lodovico Mortara (1855-1937) era una figura un po’ dimenticata. Ci ha pensato Massimiliano Boni, con la sua monografia Il figlio del rabbino, pubblicata da poco dalla casa editrice Viella, a ridare lustro a questo grande ebreo italiano capace come pochi di incidere nella società del suo tempo. Uno studio rigoroso e appassionante, che mette in luce anche gli aspetti più strettamente ebraici di Mortara (che nacque a Mantova, figlio dell’allora rabbino capo.
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pilpul
Ticketless - Focus
La conversazione fra Merkel e Conte rubata da un abile cronista televisivo insegna molte cose. Indimenticabile rimane l’espressione della Merkel quando chiede quale sia il “focus” del M5S. In quello sguardo esterrefatto  si concentrano almeno due secoli di rapporti fra Italia e Germania. La Merkel sa benissimo che la fortuna (ed anche la pericolosità) dei grillini consiste nel non avere nessun focus. Nel suo sguardo si condensa la più classica immagine dell’Italia fuori d’Italia.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Utopie negli Emirati
Parlare di pace, fratellanza, dialogo, ripudio di ogni forma di violenza e coercizione è, certamente, una cosa lodevole, e deve quindi essere salutata con favore la recente visita pastorale di papa Francesco negli Emirati Arabi, così come l'incontro interreligioso che ad essa si è accompagnato. Certo, anche in considerazione del luogo dove si è svolta la manifestazione, si potrebbe segnalare qualche omissione e reticenza nei discorsi che sono stati pronunciati, a proposito di diritti umani, libertà di pensiero, condizione della donna, antisemitismo ecc. Ma il messaggio complessivo è apparso comunque apprezzabile e positivo.

Francesco Lucrezi, storico
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Capsula del tempo
La musica prodotta in prigionia e deportazione dal 1933 al 1953 contiene coordinate e reticolati di espressione artistica capaci di disegnare nuovi linguaggi e strutture architettoniche che attendono unicamente di essere applicate alle forme musicali della letteratura universale.
Neomadrigalismo di Gideon Klein e teatro musicale post–brechtiano di Viktor Ullmann a Theresienstadt; interazione tra oratorio, mimo e opera con espansione del materiale teatrale e musicale attraverso più giorni di stage da parte di Émile Gouè nello Oflag XA Nienburg am Weser.


Francesco Lotoro
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