 Alberto Sermoneta, rabbino
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"Ve ‘attà annicha li – E ora lasciami, affinché la mia ira divampi e possa distruggerli per fare di te una grande nazione”.
È con queste parole che inizia la contrattazione fra D-o e Moshè dopo
la costruzione e l’adorazione del vitello d’oro da parte del popolo.
D-o avverte Mosè che vuole punire il popolo per la grave colpa di cui si è macchiato.
È strana una cosa però: se D-o avesse voluto distruggere tutto il
popolo, non avrebbe avuto bisogno di comunicarlo a Moshè; tantomeno di
chiedergli di non cercare di trattenerlo nell’attuare tutto questo.
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Gadi
Luzzatto
Voghera, direttore
Fondazione CDEC
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Prima
che qualche negazionista se ne accorga e si diletti a infangare persone
e fatti storici sarà bene fare chiarezza su un libro e su una
testimonianza che non sembra avere riscontro nella realtà. Lo faccio
con cautela, conscio del valore che il tema della testimonianza ha
assunto in questi ultimi decenni come elemento a supporto di una
necessaria ricostruzione storica, in particolare degli eventi legati
allo sterminio degli ebrei in Europa. La Fondazione CDEC da molto tempo
raccoglie memorie scritte e orali nel rispetto dei criteri di ricerca
storica: si accolgono le testimonianze, quindi si sottopongono a
verifica documentaria e si contestualizzano. A volte il trascorrere del
tempo o l’età avanzata possono produrre delle imprecisioni, e proprio
la ricerca storica riconduce il ricordo annebbiato alla sua dimensione
reale. Per nostra fortuna le fonti archivistiche in questo senso sono
molto ricche e ancora in parte inesplorate. Le hanno prodotte gli
stessi massacratori, molto precisi nello stilare elenchi e descrivere
situazioni. Tuttavia è capitato a volte che siano apparsi negli anni
alcuni testimoni non credibili, che seguendo dinamiche psicologiche
complesse e tutte da studiare hanno raccontato storie personali di
persecuzioni non supportate da riscontri documentari.
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Levi, il ricordo a Fossoli
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L’attore
Fabrizio Gifuni, leggendo alcuni brani scelti per l’occasione da
Ernesto Ferrero, ha dato ieri il via a Fossoli alle celebrazioni per i
100 anni dalla nascita di Primo Levi. A 75 anni esatti dalla partenza
del convoglio che da Carpi lo portò ad Auschwitz, una giornata di
Memoria e testimonianza segnata da profondi significati.
Racconta Repubblica di questo evento, salutato anche dalle parole di
apprezzamento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “La
voce di Fabrizio Gifuni fa rivivere la vigilia di quel ‘viaggio verso
il nulla, viaggio all’ingiù, verso il fondo’ a duecento persone, tra
cui i commossi figli Lisa e Renzo Levi in prima fila, proprio dentro
una di quelle baracche, a pochi passi da quella dove Levi fu
prigioniero per circa un mese prima di diventare il numero 174.517 del
campo di sterminio polacco”.
Le manovre politiche israeliane in vista del voto di aprile continuano
ad essere al centro dell’interesse. In particolare, l’alleanza sancita
tra Benny Gantz, Yair Lapid, Moshè Yaalon e Gaby Ashkenazy che, secondo
gli ultimi sondaggi, sarebbe accreditata di un maggior numero di seggi
rispetto al Likud. Ma la battaglia per la leadership si annuncia
serrata. “Netanyahu combatterà duramente e gli ultimi anni di successo
economico e di relativa calma dal punto di vista della sicurezza gli
permetteranno di giocarsi le sue carte per restare al governo” scrive
al riguardo Repubblica. Secondo Avvenire la lista ha un “background
dichiaratamente ‘militarizzato’ e, pertanto, in grado di poter proporre
un’alternativa al ‘governo della sicurezza’ con cui Bibi guida Israele
da dieci anni”. Il Foglio apre così: “La fotografia che fa tremare il
lungo regno di Benjamin Netanyahu in Israele immortala un abbraccio tra
tre ex capi di stato maggiore e un ex conduttore di talk-show. Jeans,
magliette, camicie, felpe e facce stanche dopo una notte di trattative
per annunciare la nascita di un nuovo fronte unito contro il premier”.
Rispondendo a un lettore del Venerdì, Michele Serra scrive: “Quanto più
gli Stati in conflitto (Israele e Autorità palestinese) si dotano di
governi nazionalisti e aggressivi, tanto più ogni possibilità di
soluzione si allontana. Gli opposti fanatismi tengono in ostaggio i
rispettivi popoli. E questo, nell’Amaca, lungo gli anni l’ho scritto
diverse volte”.
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primo levi 100 - la cerimonia a fossoli "Il passato rischia di tornare,
ma la letteratura può salvarci"
“Leggere
Primo Levi e leggerlo a Fossoli ci fa capire ancora una volta, e sempre
di più, che solo la grande letteratura, la grande arte, le grandi
coscienze possono salvarci dalle acque del diluvio globale”.
Ieri sera Ernesto Ferrero, Presidente del Centro Internazionale di
Studi Primo Levi di Torino, ha concluso così il proprio intervento di
apertura delle celebrazioni per i cento anni dalla nascita dello
scrittore torinese. Lo ha fatto in una baracca del campo di transito da
cui, settantacinque anni fa, Levi fu deportato ad Auschwitz insieme ad
altri 649 “pezzi”, secondo l’umiliante nomenclatura adottata dai
nazisti.
“In una baracca simile a questa – ha ricordato Pier Luigi Castagnetti,
Presidente della Fondazione Fossoli, promotrice dell’evento insieme al
Centro Primo Levi –, lungo il filare di casupole che corrono parallele
a Via Renesina, Levi e i tre amici coi quali stava mangiando la
pastasciutta, a pranzo, seppero che il giorno dopo, il 22 febbraio
1944, sarebbero partiti col primo convoglio. Oggi ricordiamo quel
viaggio di quattro giorni, quelle carrozze merci terribili, lo sbarco a
Birkenau in condizioni disperate e la tragedia del campo di sterminio.
Una tragedia periodizzante non solo del Novecento, ma dell’intera
storia dell’umanità. Per sopravvivere, Levi si era dato la missione di
raccontare, affinché il racconto educasse le nuove generazioni. E i
libri e le testimonianze che ci ha lasciato, comprese le interviste
alla Rai, sono un magistero ancora oggi. Soprattutto quando parla dei
processi di disumanizzazione, che colpiscono le vittime e i carnefici,
e della necessità di ricostruire quelle porzioni di umanità perdute, di
restare umani”.
Concetti
espressi anche nel messaggio inviato dal Capo dello Stato, Sergio
Mattarella: “La memoria di Primo Levi costituisce un patrimonio
prezioso e una riserva etica e di umanità. Dal lager uscì avendo
toccato con mano l’abisso più profondo del male, l’annientamento della
dignità dell’uomo, l’inferno sulla terra. Le ferite impresse sulla sua
vita non poterono essere completamente sanate, eppure ebbe la forza di
ripensare, di raccontare e di consegnarci il dovere di non
dimenticare”.
Daniela Modonesi Leggi
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l'intervento di ferrero "Levi, un messaggio attuale"
Che
cosa possiamo cavare dalla miniera delle Opere di Primo Levi, che sono
un inno alla gioia della conoscenza e della competenza, in un’epoca un
cui il sapere sembra diventato una colpa?
Tra le tante altre cose, dobbiamo imparare a far nostre le qualità
professionali che distinguono il chimico: l’attitudine a pesare,
misurare, distinguere, sperimentare, sottoporre a sempre nuove
verifiche i risultati che ci sembra di avere raggiunto. Dunque il
rigore, la precisione, la capacità di imparare dagli insuccessi, la
tenacia, la progettualità, ma anche l’estro combinatorio, la curiosità
creativa che spinge a testare nuovi modi di mettere insieme gli
elementi del sistema periodico. Nella scrittura, questi elementi sono
rappresentati dai meravigliosi giacimenti delle parole che abbiamo a
disposizione. Tra i tanti interessi di Primo Levi, accanto all’etologia
c’è stata anche la linguistica, l’etimologia. Le sue divagazioni
linguistiche, raccolte nel volume L’altrui mestiere, sono tra le
letture più gratificanti che si possano fare.
Mai nella storia della civiltà è stato fatto e si fa ogni giorno un uso
così sciatto, volgare, cinico, truffaldino e in definitiva spregiativo
del linguaggio, ridotto a pochi lemmi svuotati di autenticità,
abbrutito dal turpiloquio, usato per le furberie di una sorta di
gigantesco marketing di massa che mira a ingannare milioni di creduloni
e di odiatori. Murati nell’eterno presente delle orribili favelle dei
social, ci stiamo rassegnando a vivere nello squallore di una miseria
linguistica che diventa miseria morale e civile. L’esatto contrario
della misura rigorosa, della strenua esattezza che sta nel DNA della
scrittura di Levi, che è riuscito a saldare nella sua pagina la
tradizionale scissione tra scienza e letteratura che rende anemica la
nostra cultura.
Leggere Primo Levi ci fa capire una volta di più, sempre di più, che
solo la grande letteratura e la grande arte saranno in grado di
salvarci dalle acque del diluvio globale. Leggi
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decollata la sonda beresheet Israele, lo sguardo alla luna
Gli
occhi di tanti, di tutto un paese, puntati verso l’alto. È decollato
stanotte da Cape Canaveral, con obiettivo la luna, il razzo Falcon 9
della Space-X. A bordo la sonda israeliana Beresheet, dal peso di 585
chili e contenente tra gli altri cd-rom con disegni di bambini, gli
oggetti personali di un sopravvissuto alla Shoah, una Bibbia. Una
missione storica, che farà di Israele il quarto paese a raggiungere il
suolo lunare.
Il progetto è stato lanciato nel quadro di un concorso bandito da
Google per incoraggiare le imprese del settore spaziale a organizzare
missioni a basso costo ed è stato poi portato avanti grazie a
finanziamenti privati, in particolare grazie al contributo del magnate
israeliano Morris Kahn. Leggi
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Prospettiva
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Democrazie
sempre più in crisi, antisemitismo in crescita, razzismo in crescita,
intolleranza sempre più diffusa, rispetto per gli altri sempre più
scarso, social network che propagano sempre più odio. E se poi si
confrontano certi segnali con la storia dell’ultimo secolo i motivi di
preoccupazione crescono ulteriormente. E ancora: sempre più allievi o
conoscenti che scappano all’estero perché in Italia non vedono
prospettive, e al contempo l’impressione che non ci sia un posto dove
andare che non rischi di essere peggio ancora. Neppure Israele – a
sentire le persone che ci abitano con cui ho avuto ultimamente
occasione di parlare – è immune da segnali inquietanti.
Anna Segre, insegnante
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Il mondo di Binyamin
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Finalmente
grazie a Giuntina e alla traduzione di Giulio Busi è di nuovo possibile
leggere in lingua italiana l’Itinerario o “Sefer massa’ot” di Binyamin
da Tudela. Il racconto del lungo viaggio che l’esploratore e rabbino
navarrese compì dalla sua città di origine sino ai confini della Persia
nel XII secolo. Un’opera preziosa non solo per ricostruire
etnograficamente il mondo ebraico del basso Medioevo, ma altresì per
scoprire la visione del mondo e le abitudini di un’epoca così lontana
dalla nostra.
Rileggerla in questi tempi e alla luce degli ultimi eventi che hanno
riportato l’antisemitismo come argomento di cronaca fa infatti un certo
effetto. Se oggi a qualcuno venisse in mente di ritornare sulle strade
dell’Itinerario troverebbe una geografia ebraica tristemente diversa:
in gran parte dei luoghi toccati da Binyamin sarà difficile trovare
anche un solo ebreo, per quanto le cifre riportate dal viaggiatore
siano poco attendibili e andrebbero certamente dimezzate.
Francesco Moises Bassano
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