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22 Febbraio 2019 - 17 Adar 5779
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Alberto Sermoneta, rabbino
"Ve ‘attà annicha li – E ora lasciami, affinché la mia ira divampi e possa distruggerli per fare di te una grande nazione”.
È con queste parole che inizia la contrattazione fra D-o e Moshè dopo la costruzione e l’adorazione del vitello d’oro da parte del popolo.
D-o avverte Mosè che vuole punire il popolo per la grave colpa di cui si è macchiato.
È strana una cosa però: se D-o avesse voluto distruggere tutto il popolo, non avrebbe avuto bisogno di comunicarlo a Moshè; tantomeno di chiedergli di non cercare di trattenerlo nell’attuare tutto questo.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
direttore
Fondazione CDEC
Prima che qualche negazionista se ne accorga e si diletti a infangare persone e fatti storici sarà bene fare chiarezza su un libro e su una testimonianza che non sembra avere riscontro nella realtà. Lo faccio con cautela, conscio del valore che il tema della testimonianza ha assunto in questi ultimi decenni come elemento a supporto di una necessaria ricostruzione storica, in particolare degli eventi legati allo sterminio degli ebrei in Europa. La Fondazione CDEC da molto tempo raccoglie memorie scritte e orali nel rispetto dei criteri di ricerca storica: si accolgono le testimonianze, quindi si sottopongono a verifica documentaria e si contestualizzano. A volte il trascorrere del tempo o l’età avanzata possono produrre delle imprecisioni, e proprio la ricerca storica riconduce il ricordo annebbiato alla sua dimensione reale. Per nostra fortuna le fonti archivistiche in questo senso sono molto ricche e ancora in parte inesplorate. Le hanno prodotte gli stessi massacratori, molto precisi nello stilare elenchi e descrivere situazioni. Tuttavia è capitato a volte che siano apparsi negli anni alcuni testimoni non credibili, che seguendo dinamiche psicologiche complesse e tutte da studiare hanno raccontato storie personali di persecuzioni non supportate da riscontri documentari.
 
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Levi, il ricordo a Fossoli
L’attore Fabrizio Gifuni, leggendo alcuni brani scelti per l’occasione da Ernesto Ferrero, ha dato ieri il via a Fossoli alle celebrazioni per i 100 anni dalla nascita di Primo Levi. A 75 anni esatti dalla partenza del convoglio che da Carpi lo portò ad Auschwitz, una giornata di Memoria e testimonianza segnata da profondi significati.
Racconta Repubblica di questo evento, salutato anche dalle parole di apprezzamento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “La voce di Fabrizio Gifuni fa rivivere la vigilia di quel ‘viaggio verso il nulla, viaggio all’ingiù, verso il fondo’ a duecento persone, tra cui i commossi figli Lisa e Renzo Levi in prima fila, proprio dentro una di quelle baracche, a pochi passi da quella dove Levi fu prigioniero per circa un mese prima di diventare il numero 174.517 del campo di sterminio polacco”.

Le manovre politiche israeliane in vista del voto di aprile continuano ad essere al centro dell’interesse. In particolare, l’alleanza sancita tra Benny Gantz, Yair Lapid, Moshè Yaalon e Gaby Ashkenazy che, secondo gli ultimi sondaggi, sarebbe accreditata di un maggior numero di seggi rispetto al Likud. Ma la battaglia per la leadership si annuncia serrata. “Netanyahu combatterà duramente e gli ultimi anni di successo economico e di relativa calma dal punto di vista della sicurezza gli permetteranno di giocarsi le sue carte per restare al governo” scrive al riguardo Repubblica. Secondo Avvenire la lista ha un “background dichiaratamente ‘militarizzato’ e, pertanto, in grado di poter proporre un’alternativa al ‘governo della sicurezza’ con cui Bibi guida Israele da dieci anni”. Il Foglio apre così: “La fotografia che fa tremare il lungo regno di Benjamin Netanyahu in Israele immortala un abbraccio tra tre ex capi di stato maggiore e un ex conduttore di talk-show. Jeans, magliette, camicie, felpe e facce stanche dopo una notte di trattative per annunciare la nascita di un nuovo fronte unito contro il premier”.
Rispondendo a un lettore del Venerdì, Michele Serra scrive: “Quanto più gli Stati in conflitto (Israele e Autorità palestinese) si dotano di governi nazionalisti e aggressivi, tanto più ogni possibilità di soluzione si allontana. Gli opposti fanatismi tengono in ostaggio i rispettivi popoli. E questo, nell’Amaca, lungo gli anni l’ho scritto diverse volte”.
 
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  davar
primo levi 100 - la cerimonia a fossoli
"Il passato rischia di tornare,

ma la letteratura può salvarci"
“Leggere Primo Levi e leggerlo a Fossoli ci fa capire ancora una volta, e sempre di più, che solo la grande letteratura, la grande arte, le grandi coscienze possono salvarci dalle acque del diluvio globale”.
Ieri sera Ernesto Ferrero, Presidente del Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino, ha concluso così il proprio intervento di apertura delle celebrazioni per i cento anni dalla nascita dello scrittore torinese. Lo ha fatto in una baracca del campo di transito da cui, settantacinque anni fa, Levi fu deportato ad Auschwitz insieme ad altri 649 “pezzi”, secondo l’umiliante nomenclatura adottata dai nazisti.
“In una baracca simile a questa – ha ricordato Pier Luigi Castagnetti, Presidente della Fondazione Fossoli, promotrice dell’evento insieme al Centro Primo Levi –, lungo il filare di casupole che corrono parallele a Via Renesina, Levi e i tre amici coi quali stava mangiando la pastasciutta, a pranzo, seppero che il giorno dopo, il 22 febbraio 1944, sarebbero partiti col primo convoglio. Oggi ricordiamo quel viaggio di quattro giorni, quelle carrozze merci terribili, lo sbarco a Birkenau in condizioni disperate e la tragedia del campo di sterminio. Una tragedia periodizzante non solo del Novecento, ma dell’intera storia dell’umanità. Per sopravvivere, Levi si era dato la missione di raccontare, affinché il racconto educasse le nuove generazioni. E i libri e le testimonianze che ci ha lasciato, comprese le interviste alla Rai, sono un magistero ancora oggi. Soprattutto quando parla dei processi di disumanizzazione, che colpiscono le vittime e i carnefici, e della necessità di ricostruire quelle porzioni di umanità perdute, di restare umani”.
Concetti espressi anche nel messaggio inviato dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella: “La memoria di Primo Levi costituisce un patrimonio prezioso e una riserva etica e di umanità. Dal lager uscì avendo toccato con mano l’abisso più profondo del male, l’annientamento della dignità dell’uomo, l’inferno sulla terra. Le ferite impresse sulla sua vita non poterono essere completamente sanate, eppure ebbe la forza di ripensare, di raccontare e di consegnarci il dovere di non dimenticare”.

Daniela Modonesi
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l'intervento di ferrero
"Levi, un messaggio attuale"
Che cosa possiamo cavare dalla miniera delle Opere di Primo Levi, che sono un inno alla gioia della conoscenza e della competenza, in un’epoca un cui il sapere sembra diventato una colpa?
Tra le tante altre cose, dobbiamo imparare a far nostre le qualità professionali che distinguono il chimico: l’attitudine a pesare, misurare, distinguere, sperimentare, sottoporre a sempre nuove verifiche i risultati che ci sembra di avere raggiunto. Dunque il rigore, la precisione, la capacità di imparare dagli insuccessi, la tenacia, la progettualità, ma anche l’estro combinatorio, la curiosità creativa che spinge a testare nuovi modi di mettere insieme gli elementi del sistema periodico. Nella scrittura, questi elementi sono rappresentati dai meravigliosi giacimenti delle parole che abbiamo a disposizione. Tra i tanti interessi di Primo Levi, accanto all’etologia c’è stata anche la linguistica, l’etimologia. Le sue divagazioni linguistiche, raccolte nel volume L’altrui mestiere, sono tra le letture più gratificanti che si possano fare.
Mai nella storia della civiltà è stato fatto e si fa ogni giorno un uso così sciatto, volgare, cinico, truffaldino e in definitiva spregiativo del linguaggio, ridotto a pochi lemmi svuotati di autenticità, abbrutito dal turpiloquio, usato per le furberie di una sorta di gigantesco marketing di massa che mira a ingannare milioni di creduloni e di odiatori. Murati nell’eterno presente delle orribili favelle dei social, ci stiamo rassegnando a vivere nello squallore di una miseria linguistica che diventa miseria morale e civile. L’esatto contrario della misura rigorosa, della strenua esattezza che sta nel DNA della scrittura di Levi, che è riuscito a saldare nella sua pagina la tradizionale scissione tra scienza e letteratura che rende anemica la nostra cultura.
Leggere Primo Levi ci fa capire una volta di più, sempre di più, che solo la grande letteratura e la grande arte saranno in grado di salvarci dalle acque del diluvio globale.
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decollata la sonda beresheet
Israele, lo sguardo alla luna
Gli occhi di tanti, di tutto un paese, puntati verso l’alto. È decollato stanotte da Cape Canaveral, con obiettivo la luna, il razzo Falcon 9 della Space-X. A bordo la sonda israeliana Beresheet, dal peso di 585 chili e contenente tra gli altri cd-rom con disegni di bambini, gli oggetti personali di un sopravvissuto alla Shoah, una Bibbia. Una missione storica, che farà di Israele il quarto paese a raggiungere il suolo lunare.
Il progetto è stato lanciato nel quadro di un concorso bandito da Google per incoraggiare le imprese del settore spaziale a organizzare missioni a basso costo ed è stato poi portato avanti grazie a finanziamenti privati, in particolare grazie al contributo del magnate israeliano Morris Kahn.
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ieri la discussione delle tesi
Diploma UCEI, tre nuove lauree
Tre nuove lauree conseguite al termine del percorso formativo del Diploma universitario triennale in studi ebraici organizzato dall’UCEI.
A concludere il percorso, con la discussione della tesi nella sede del Collegio Rabbinico, sono state Claudia Di Cave, Lidia Calò ed Heloisa Hayon. Le tracce del greco nel Talmud e nella letteratura rabbinica al centro del lavoro svolto da Di Cave (relatore rav Riccardo Di Segni, correlatrice Francesca Calabi), mentre Calò si è focalizzata su ebraismo ed educazione (relatore rav Roberto Colombo, correlatrice Antonella Castelnuovo) e Hayon sull’inaugurazione della Sinagoga di Amsterdam e la figura del rabbino Aboab (relatore rav Umberto Piperno, correlatrice Myriam Silvera).
A tutte e tre un caloroso mazal tov!


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pilpul
Prospettiva
Democrazie sempre più in crisi, antisemitismo in crescita, razzismo in crescita, intolleranza sempre più diffusa, rispetto per gli altri sempre più scarso, social network che propagano sempre più odio. E se poi si confrontano certi segnali con la storia dell’ultimo secolo i motivi di preoccupazione crescono ulteriormente. E ancora: sempre più allievi o conoscenti che scappano all’estero perché in Italia non vedono prospettive, e al contempo l’impressione che non ci sia un posto dove andare che non rischi di essere peggio ancora. Neppure Israele – a sentire le persone che ci abitano con cui ho avuto ultimamente occasione di parlare – è immune da segnali inquietanti.

Anna Segre, insegnante
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Il mondo di Binyamin
Finalmente grazie a Giuntina e alla traduzione di Giulio Busi è di nuovo possibile leggere in lingua italiana l’Itinerario o “Sefer massa’ot” di Binyamin da Tudela. Il racconto del lungo viaggio che l’esploratore e rabbino navarrese compì dalla sua città di origine sino ai confini della Persia nel XII secolo. Un’opera preziosa non solo per ricostruire etnograficamente il mondo ebraico del basso Medioevo, ma altresì per scoprire la visione del mondo e le abitudini di un’epoca così lontana dalla nostra.
Rileggerla in questi tempi e alla luce degli ultimi eventi che hanno riportato l’antisemitismo come argomento di cronaca fa infatti un certo effetto. Se oggi a qualcuno venisse in mente di ritornare sulle strade dell’Itinerario troverebbe una geografia ebraica tristemente diversa: in gran parte dei luoghi toccati da Binyamin sarà difficile trovare anche un solo ebreo, per quanto le cifre riportate dal viaggiatore siano poco attendibili e andrebbero certamente dimezzate.


Francesco Moises Bassano
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