Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui        25 Febbraio 2020 - 30 Shevat 5780
VIAGGI, LE AUTORITÀ ISRAELIANE SCONSIGLIANO DI RECARSI NEL NORD ITALIA

Tra Gaza e Coronavirus, Israele si prepara alle elezioni

A una settimana dalle elezioni, Israele riesce a far tornare la calma sul confine con Gaza ma guarda con attenzione agli sviluppi legati al coronavirus. Dopo 48 ore di scontri, con il lancio di decine di razzi contro la popolazione del Sud d'Israele, la Jihad islamica – il movimento terroristico palestinese responsabile dell'aggressione – ha annunciato il cessate il fuoco. E con il ritorno della calma, il Sud d'Israele sta tornando lentamente alla normalità: il traffico ferroviario che collegava le città meridionali è stato riattivato e le strade lungo il confine con Gaza sono state aperte al traffico civile. Le scuole di Ashkelon, Netivot, Sderot e dei consigli regionali circostanti sono però rimaste chiuse oggi per precauzione. Nella regione di Eshkol è ancora in vigore il divieto di raduni in aree aperte. Misure che le autorità hanno preso per tutelare la sicurezza dei cittadini. E di altre misure si parla molto in queste ore: quelle adottate per evitare o contenere il contagio da coronavirus. Come già anticipato su queste pagine, Israele ha chiuso le frontiere a tutti gli stranieri non residenti che abbiano soggiornato in Cina, in Corea del Sud, in Giappone, in Thailandia, a Singapore, Hong Kong e Macao nei 14 giorni precedenti l’arrivo previsto nel paese. Rispetto all'Italia – tra i paesi, fuori dalla Cina, con il maggior numero di contagi assieme a Corea del Sud, Giappone e Iran - il ministero della Sanità israeliano (nell'immagine, il direttore generale del Ministero, Moshe Bar-Siman-Tov e la dottoressa Siegal Sadetzki, a capo del servizio sanitario pubblico) ha spiegato di stare tenendo sotto osservazione la situazione ma per il momento non ha applicato misure drastiche come in altri casi. Per il momento, “chiunque sia stato in Italia, a Taiwan o in Australia nei 14 giorni precedenti l’arrivo in Israele e sviluppi sintomi compatibili con il COVID-19 dovrà sottoporsi a controlli medico-sanitari secondo le linee guida le Ministero della Salute israeliano”, come ricorda il sito dell'ambasciata italiana in Israele. Il governo israeliano ha inoltre sconsigliato di effettuare viaggi non necessari nel Nord Italia, in particolare nelle regioni Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Friuli-Venezia-Giulia, Trentino-Alto-Adige e Liguria.

PAGINE EBRAICHE - FEBBRAIO 2020

Presepi di tutto il mondo, unitevi

Anche il presepe entra a pieno titolo tra i simboli utilizzati da chi non perde occasione per alimentare incomprensioni e storture sulle complesse vicende mediorientali. Lo racconta sull'ultimo numero di Pagine Ebraiche Andrea Atzeni, il docente che ha già firmato diverse inchieste per il giornale dell'ebraismo italiano dedicate a come il mondo cattolico racconta l'ebraismo sui libri di testo usati nelle scuole e a come in classe, non di rado, si diffondano in modo strumentale ostilità e pregiudizi verso lo Stato di Israele. 

A differenza di altri orpelli confessionali, il presepe nei luoghi pubblici non si impone sulle pareti, non troneggia in forma monumentale, non ingombra piazze e vestiboli, non invade la toponomastica e le intitolazioni. È pure temporaneo, scade con certe festività ormai secolarizzate e condivise, al pari dell’alberello e di Babbo Natale. Rappresenta un quadretto di vita familiare e non sacrifici e morte. Spesso non è riprodotto in serie ma lascia spazio alla creatività e al gioco dei bambini. È quasi discreto, inoffensivo, persino simpatico.
Sennonché anche il presepe viene spacciato per simbolo di valori universali dei quali si rivendica il monopolio. E, grazie a questa copertura, viene variamente strumentalizzato. Allora, se i puristi bigotti sono sempre pronti a rimproverare la presenza di qualsiasi gingillo fuori luogo tra i personaggi del presepe, gli assennati dovranno piuttosto tenerne presente il significato profondo e insieme porre attenzione agli anacronismi più insidiosi. 
Nel mito originario l’odio e il sangue sono tutt’altro che assenti. Secondo il vangelo di Matteo alcuni “magi” arrivarono dall’oriente dopo essere stati avvertiti della nascita di un nuovo re dei Giudei dal sorgere di un astro. Dopo averli ascoltati, allo scopo di prevenire qualsiasi minaccia al suo trono, Erode il Grande avrebbe ordinato di sterminare tutti i bambini di Betlemme sotto i due anni. Gesù sopravvisse solo perché i suoi genitori vennero avvertiti in sogno del pericolo e poterono tempestivamente riparare in Egitto. Chiunque può giudicare da sé l’attendibilità di un simile racconto. Notiamo solo che di tutto ciò non vi è alcuna traccia storica, neppure della cosiddetta strage degli innocenti. Tuttavia la familiare immagine dell’ebreo potente che, per proprio tornaconto personale, non esita a massacrare masse inermi, di bambini magari, non ha certo bisogno di prove. Ci sono anche gli ebrei buoni, d’accordo, che però sono solo quelli morti, o al limite perseguitati. Posto che si vogliano davvero considerare ebrei l’attempato falegname, l’immacolata vergine deipara e, soprattutto, lo stesso Gesù. 
Basti pensare alla storiella del Gesù palestinese. Banksy ce ne ha di recente offerto una sua versione plastica sotto forma di sacra famiglia con retrostante muro di separazione crivellato da un colpo di artiglieria a mo’ di cometa (anche se, virtù dell’arte, il quadretto può esser visto al contrario rappresentare un’inerme famiglia ebraica protetta dall’apposita barriera). Quattro anni fa persino Bergoglio ha celebrato la messa nella basilica della Natività a Betlemme davanti a un presepio murale con Gesù e familiari ammantati di kefiah. L’anno dopo ha parlato del Gesù del presepe come di un migrante cui era stata rifiutata l’accoglienza. Quest’anno se ne uscito con Maria e Gesù meticci. Ma questi sono solo alcuni dei casi più eclatanti. Vediamone a titolo d’esempio uno più provinciale e personale. 

LA CONFERENZA INTERNAZIONALE DI PARIGI 

“Educazione, una leva da muovere”

“Educazione, educazione, educazione”. Anders Fogh Rasmussen, ex segretario generale della Nato, lo ripete come un mantra. È da lì che deve partire ogni impegno, ogni sforzo per contrastare l’antisemitismo e favorire la crescita di una società plurale, democratica, sempre più consapevole. Un’istanza favorevolmente accolta dai partecipanti alla due giorni “Jews in Europe: United for a Better Future” organizzata a Parigi dalla European Jewish Association, con il contributo del Concistoro centrale delle Comunità ebraiche di Francia. Il convegno, svoltosi nella sede del nuovo Centro europeo dell’ebraismo, si avvia alla fase conclusiva. Tra gli ospiti leader di comunità ebraiche, rappresentanti di governi, ambasciatori, funzionari di organismi sovranazionali.
Due le direttrici che hanno animato i lavori: le strategie comuni per affinare la lotta all’odio antiebraico, nelle diverse forme in cui si presenta compresa quella sempre più aggressiva del rifiuto di Israele. Il rafforzamento dei progetti per l’educazione, dentro e fuori le scuole.
Toccanti le parole di Samuel Sandler, che perse il figlio e due nipoti nell’attentato alla scuola Ozar Hatorah di Tolosa, il 19 marzo del 2012. “Jonathan, Arié, Gabriel. Ogni volta che posso pronunciare il loro nome in pubblico, lo faccio. Per questo – ha detto – vi sono grato per l’opportunità che mi è stata data”.
“Ancora oggi – ha proseguito Sandler – rifiuto di vedere la realtà, di riconoscerla per quello che è. Ma una cosa almeno la posso fare. Ed è quella di non fare mai il nome di chi ha ucciso mio figlio e i miei nipoti. Se lo facessi, gli attribuirei una umanità che non ha”.
Sandler ha poi parlato della complessa sfida educativa, portando l’esempio della progressiva marginalizzazione della sua testimonianza. Ad oggi le chiamate dalle scuole si sono ridotte quasi a zero. “C’è stato chi ha parlato dei territori perduti della nostra Repubblica. Aggiungerei un altro capitolo: quello dedicato ai licei perduti”. L’invito è però a non perdere la speranza, ad agire “con tenacia e determinazione”. 

L'EVENTO ORGANIZZATO DALL'AMBASCIATA ISRAELIANA PRESSO LA SANTA SEDE 

“Archeologia, argomento che unisce.
In Israele le nostre radici comuni”

Il Kinneret College on the Sea of Galilee è un istituto di istruzione superiore basato su una filosofia educativa multiculturale. In particolare il dipartimento “Land of Israel Studies” offre programmi universitari e post-laurea in studi regionali sul territorio di Israele e si dedica all’esplorazione del suo paesaggio umano e naturale, passato e presente.
Progetti e impegni futuri sono stati al centro di un evento organizzato dall’ambasciata israeliana presso la Santa Sede, in collaborazione con il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana.


Rassegna stampa

Porte chiuse agli italiani
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Civiltà di abbuffoni
L'esperienza più comune, in questi giorni, non è l'ansia, e non è la preoccupazione: è l'attesa. Si attendono notizie sull'aumento dei contagiati e dei morti, si attende che passi il tempo dell'isolamento chiusi in casa o nel rifugio di montagna dove si è cercato incerto scampo, si attende che qualcuno comunichi che l'incubo è finito. E nelle more dell'attesa qualcuno si chiede se la situazione che si sta vivendo non abbia magari uno scopo, una funzione intermedia.
Dario Calimani
Shoah, un approccio discutibile
Col trascorrere del tempo, le istituzioni dell’ebraismo hanno accentuato la tendenza a modellarsi sulla Shoah, il che è stato icasticamente descritto, da autorevolissima fonte rabbinica, a stregua di “religione de la Shoah”, tant’è che troviamo assessori comunitari alla Memoria, ma non all’antisemitismo, malgrado le chiare previsioni dello Statuto UCEI. Nello stesso senso, in Francia, si è fatto riferimento alla “banalisation et sacralisation de la Shoah".
Potremmo avanzare un’altra ipotesi su questo inquietante fenomeno? 
Emanuele Calò
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Uno sguardo più ampio
Tra i consigli che la scorsa settimana provavo ad annotare come via per sostenere l’urto con l’antisemitismo che torna a colpire, indicavo quello di non chiudersi nel vittimismo. Non lo suggerivo solo come mezzo per evitare un isolamento perseguito da chi ci vuol male, ma anche come condizione per cercare di capire, per provare a volare alto guardando l’orizzonte dietro e davanti a noi, per comprendere che l'antisemitismo stesso non è fenomeno particolare e frammentario ma si insinua e si amplia in condizioni specifiche insieme ad altre manifestazioni analoghe, collaterali o anche apparentemente diverse.
David Sorani
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