Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui       26 Maggio 2020 - 3 Sivan 5780
PARLA IL FIGLIO DELL'ULTIMA VITTIMA IDENTIFICATA ALLE FOSSE ARDEATINE

"Finalmente sappiamo dove è sepolto mio padre
Una consapevolezza che colma un lungo vuoto"

“Ti spiego subito qual è l’importanza per me di sapere dove è sepolto mio padre. Ogni anno celebriamo Yom HaShoah. In questa data ho sempre acceso il ner neshamah, la candela commemorativa per mio padre. Perché in quella data? Perché non sapevo quando mio padre fosse morto. Ora lo so, è tutto sarà diverso. È importante avere questa nuova consapevolezza, sapere cosa è successo, vedere quel luogo, le Fosse Ardeatine, e capire cosa hanno passato”.
È la testimonianza di David Reicher a Pagine Ebraiche sull’importanza, a 76 anni di distanza, di aver scoperto il destino di suo padre Marian, sepolto alle Fosse Ardeatine assieme alle altre 334 vittime dell’eccidio nazista del 24 marzo 1944. Alcuni mesi fa, attraverso l’esame del dna, è stato possibile identificare una delle nove persone ancora senza identità: Marian Reicher, appunto.
“Mia madre ha fatto l’aliyah in Israele subito dopo la guerra e io sono cresciuto qui. Le ho chiesto mille volte del periodo in Italia, di mio padre. Non mi ha mai risposto, non ha mai detto nulla di nulla. Come se fosse in stato di shock… come un black out” ha raccontato David, ospite dell’ultimo approfondimento pilpul (clicca qui per rivederlo) curato dalla redazione UCEI. A lungo il destino paterno è rimasto ignoto in famiglia: per ben 76 anni. In Italia invece, già nel 1991 il suo nome compariva ne Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945) curato dalla storica Liliana Picciotto come possibile vittima delle Fosse Ardeatine ma senza una conferma ufficiale. “Noi in famiglia non sapevamo nulla”, sottolinea David. 
I Reicher erano scappati dalla Polonia verso l’Italia, trovando riparo in un primo momento tra Bassano del Grappa, dove nel 1942 nacque la sorella di David, e Vicenza. Per poi continuare a spostarsi verso sud. 

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SUGGESTIONI TRA GLI SCAFFALI 

Mayer: dal cuore dell'Europa a Gerusalemme
Una storia di libri, cultura, incontro tra mondi

Tempo fa ho chiesto a un’amica della Hebrew University, la prima università d’Israele, quale fosse una buona libreria a Gerusalemme. Girando per la città ne avevo incrociate diverse ma nessuna di queste aveva risvegliato quelle reminiscenze che ci obbligano a fermarci, a guardare libri che non credevamo avrebbero potuto interessarci, comprare i libri che non cercavamo tralasciando il percorso previsto.
Queste esperienze sono complementari alla lettura elettronica e all’acquisto online, senza pregiudizi negativi verso le modalità recenti di lettura e acquisto dei libri. L’imprinting sedimentato con la specializzazione delle abilità linguistiche e l’acquisizione delle capacità relazionali tra parole, immagini e mondo ci consentono di entrare in una biblioteca o in una libreria con una memoria retrospettiva che ci orienta tra titoli, argomenti e secoli. Trovando anche ciò che non cercavamo.
Alla mia domanda Manuela ha risposto con una sola parola – “Mayer” – aggiungendo: “Non è lontana dal tuo albergo”. Ovviamente l’indomani mattina sono andata alla ricerca della libreria gerosolimitana. Arrivata in Rehov Shlòmzion Hamalka, una traversa di Jaffa Road, non l’ho notata subito, la libreria è stretta tra il caffè Khadosh (Manuela sostiene che vi si trovino i migliori croissants di Gerusalemme) e il ristorante Agvanià – Pomodoro – la cui insegna precisa che si prepara anche ‘pizza italkit’.

Gea Schirò

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IL VIDEOPILPUL IN ONDA STASERA

"Festeggiamo Shavuot con una pioggia di rose"

Una tenda composta da una pioggia di rose, sospesa tra le nove arcate che delimitano l’aula centrale. Con un richiamo, omaggio alla città, alla sua storia e al suo estro, a due celebri opere di Sandro Botticelli ospitate agli Uffizi: La Nascita di Venere e La primavera.
È l’installazione artistico-floreale pensata dall’architetto David Palterer per festeggiare Shavuot e la riapertura della sinagoga di Firenze.
Ne parliamo nel videopilpul che sarà trasmesso stasera alle 22.30 sui canali social Pagine Ebraiche e UCEI e, in versione audio, nella sezione Pagine Ebraiche da ascoltare del portale www.moked.it.

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LA TESTIMONIANZA DEGLI ITALKIM 

Vivere in Israele (al tempo del virus)

Dal confrontarsi con la didattica a distanza e la gestione dei figli a casa alla completa cancellazione del proprio lavoro, dalle innovative proposte del mondo hightech al ritorno del rapporto diretto tra consumatore e agricoltore. Alcuni italkim, gli italiani d’Israele, hanno raccontato come è stato per loro confrontarsi con l’emergenza sanitaria e con gli effetti del lockdown sul proprio lavoro e sulla vita famigliare. A riunire una decina di voci ed esperienze diverse il gruppo della Comunità ebraica torinese Anavim.
Micol e Sara Finzi, Daniela Fubini, Daniele Lanza, Micol Nizza, Elena Ottolenghi, Alice Silva, Michael Sorani e Rebecca Treves hanno raccontato, collegati da tutta Israele, come è cambiata la loro quotidianità a causa della pandemia.

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L'APERTURA IN VISTA DI SHAVUOT 

Giardino delle domande, il Meis riapre le porte

 

“Nell’ebraismo la quotidianità è scandita dalla consapevolezza che la Terra e i suoi prodotti non siano di nostra proprietà e che ci si debba comportare con rispetto nei confronti di ciò che ci circonda. Riaprire il Giardino ai visitatori prima di una delle feste ebraiche più importanti, durante la quale si celebra il rapporto tra l’uomo e la natura circostante, rappresenta quindi un ulteriore simbolo di rinascita”.
È con queste parole che il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara dà l’annuncio dell’imminente riapertura, questo giovedì, in prossimità di Shavuot, delle proprie porte.

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L'INIZIATIVA DELL'ADEI WIZO ROMA 

Verso la festa: le ricette e la solidarietà

In occasione di Lag Baomer è tradizione che l’Adei Wizo organizzi un evento dedicato alle derashot, quest'anno svoltosi in videoconferenza. 
Un incontro i cui contenuti sono andati ad arricchire un gustoso ricettario per Shavuot realizzato, con finalità benefiche, dalla sezione romana dell’associazione ebraica femminile.
Un’iniziativa che nasce da una convinzione ormai radicata: “Attraverso le tradizionali ricette, trasmesse di madre in figlia, le feste ebraiche si arricchiscono di sapori e profumi che accompagnano la celebrazione dei moadim e allietano le riunioni famigliari”.

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Rassegna stampa

La fase due della sfiducia
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Il mito del fascismo buono
Il mito di Giorgio Almirante democratico. Da oltre settant’anni, ormai, c’è chi si sforza di convincerci che il fascismo non è più fascismo, che la destra fascista è ora inserita, convinta e a pieno diritto, nel sistema democratico, e che, comunque, il fascismo, quello passato e ora aggiornato è sempre stato migliore dei crudeli regimi comunisti dell’Europa orientale e dell’Unione Sovietica. Il fascismo ha sempre cercato la propria assoluzione e il proprio lasciapassare nella malvagità comunista.
Ma il riconoscimento del male rappresentato dal comunismo in giro per il mondo – e non ci si stanca di affermarlo – non può né potrà mai assolvere il male incarnato e commesso dal fascismo.
Dario Calimani
Pesach è anche un fatto quotidiano
Daniele Luttazzi (Il Fatto Quotidiano, 20 maggio 2020, p. 12) si domanda: “Sono il solo a vedere la contraddizione tragica fra la Pesach, che celebra la liberazione degli ebrei dalla schiavitù d’Egitto, e la schiavitù in cui l’Israele di Netanyahu tiene il popolo palestinese?”.
Fa bene a domandarselo, perché essere il solo genio al mondo può portare a montarsi legittimamente la testa ma, al contempo, a rafforzare un eventuale sentimento di solitudine.
 
Emanuele Calò
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Vita activa, ricostruire l'uomo e la politica
Proseguiamo l’itinerario arendtiano iniziato la settimana scorsa, viatico prezioso in questi tempi di difficile ripartenza. Prendendo in esame la condizione umana, Hannah Arendt affrontava di petto nell’omonimo saggio del 1958 il problema dei problemi: l’analisi della situazione sociale che a partire dall’età moderna aveva condotto l’umanità a una progressiva alienazione dai suoi più autentici valori portandola alle mostruosità del XX secolo.
David Sorani
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