ISRAELE - LO SCONTRO TRA LIKUD E KACHOL LAVAN

Il governo si divide sulla legge di Bilancio
e sulle voci di un ritorno alle urne 

“Fin dall'inizio della crisi, abbiamo sentito il grido dei piccoli imprenditori. So che dietro ogni piccola impresa c'è un grande sogno. Non dobbiamo lasciare che questi sognatori crollino, rappresentano le fondamenta della nostra economia e dobbiamo aiutarli a sopravvivere. Il governo deve costruire un piano di emergenza per salvare le piccole imprese e imparare da altri paesi come si può fare. Uno Stato di successo deve affrontare le sfide del momento e adattarsi alla realtà. Il modello dello Stato sociale è quello che ci ha tenuti in piedi per molti anni e non deve lasciare feriti sul campo”. L'appello a non lasciare indietro nessuno è quello del Presidente d'Israele Reuven Rivlin, preoccupato per la piccola-media imprenditoria israeliana, tra le più segnate dalla crisi economica innescata dalla pandemia. Intervenendo a una conferenza organizzata dai giornali Jerusalem Post e Maariv, Rivlin ha richiamato la politica alla sua responsabilità di tutelare i lavoratori e sottolineato come l'imprenditoria locale non debba essere dimenticata. Il ministro delle Finanze Israel Katz, membro del Likud, ha annunciato l'intenzione di approvare un piano economico semestrale per rispondere alle difficoltà di questo e altri settori dell'economia nazionale. Un'opzione che però non convince gli alleati di Kachol Lavan: nell'accordo di coalizione era prevista l'approvazione di un Bilancio biennale e il ministro della Difesa Benny Gantz ha chiesto che venga rispettato quel punto. “È irresponsabile agire sulla base di un programma che non tiene conto dell'intero periodo nel suo complesso. Non è professionalmente corretto”, ha dichiarato Gantz all'emittente pubblica Kan. "Di cosa ha bisogno Israele in questo momento di instabilità? Dobbiamo guardare insieme al prossimo anno e mezzo. Non sappiamo quale tipo di realtà si svilupperà nei prossimi mesi, ma abbiamo bisogno di un piano economico stabile – la tesi del leader di Kahol Lavan, che poi ha citato la minaccia (riportata dai media israeliani) di un ritorno alle urne arrivata dal Premier Benjamin Netanyahu – Andare alle elezioni in questo momento sarebbe irresponsabile. Sono convinto che il primo ministro Netanyahu lo capisce e credo che troveremo il modo di stabilizzare il governo”.

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L'ANALISI DEL VICEPRESIDENTE USCENTE DELLA ORTHODOX UNION

Educazione, antisemitismo, emergenza sanitaria
Le sfide dell'ebraismo americano

Il coronavirus, il costo della vita, l'educazione, l'antisemitismo. Sono alcuni dei problemi che secondo Allen Fagin, vicepresidente uscente dell'Orthodox Union (tra le più grandi organizzazione dell'ebraismo ortodosso americano), la comunità ebraica Usa dovrà affrontare nel prossimo futuro. Intervistato dall'agenzia Jta, Fagin, che lascia la sua posizione ai vertici dell'OU dopo sei anni, si sofferma su alcune questioni che saranno centrali per il domani dell'ebraismo americano. Tra queste l'impatto sulle scuole ebraiche della crisi economica innescata dalla pandemia. “Ci sono molte scuole in cui stanno aumentando le richieste di aiuti per le rette scolastiche - ed erano già a livelli record. Significa che queste istituzioni dovranno trovare i mezzi per soddisfare tali richieste, altrimenti un certo numero di genitori potrebbe trovarsi escluso, a causa dei costi, dalla possibilità di fornire l'istruzione ebraica ai propri figli”. “Sono entrambe preoccupazioni tremende per tutti noi”, sottolinea Fagin.

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PAGINE DI SPORT CON NICOLA SBETTI

Lotta al razzismo, lo sport che scende in campo

Tra gli aspetti più significativi della mobilitazione internazionale contro il razzismo in corso spicca il coinvolgimento di sportivi di assoluto primo livello. Come il britannico Lewis Hamilton, il sei volte campione del mondo di Formula Uno che ha rivelato le vessazioni subite in gioventù e che punta a cambiare per sempre l’ambiente dei motori. O come LeBron James, il 35enne asso dei Los Angeles Lakers universalmente riconosciuto come uno dei più grandi cestisti della storia.
“Capite adesso? Le cose vi appaiono ancora confuse? Restate svegli” ha recentemente scritto sui propri profili social, pubblicando due immagini a confronto: l’uccisione di George Floyd soffocato dall’agente e l’emblematico gesto di Colin Kaepernick, il quarterback della Nfl che alcuni anni fa si inginocchiò durante l’esecuzione dell’inno nazionale per protestare contro la violenza esercitata dalle forze dell’ordine.
E se fosse il mondo dello sport a orientare il cambiamento? Ne abbiamo parlato con Nicola Sbetti, docente di storia dello sport all’Università di Bologna e autore del volume di recente pubblicazione “Giochi diplomatici. Sport e politica estera nell’Italia del secondo dopoguerra”. 

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Rassegna stampa

Italia, la risalita dei contagi
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Furbi e fessi
Nessuno si salva da solo. La “seconda ondata”, “all’osso”, non è che questo: l’idea che sia sufficiente isolarsi, tirarsi fuori, per poi, forti del successo, tornare a riprendere “come prima”. Insieme va col negazionismo: ovvero l’idea e la convinzione che il virus sia un complotto perché non solo “non può capitare a me”, ma in ogni caso “non ce la beviamo”. Talvolta, non volendo, “furbi” e “fessi” coincidono.
                                                                          David Bidussa
 
Il tempo e la misura
La pandemia che stiamo attraversando, i cui effetti di lungo periodo sono ancora per buona parte da misurare, non muta solo il modo in cui ci relazioniamo gli uni con gli altri (ovvero la trascorsa quarantena ed i suoi effetti di lungo periodo) ma anche e soprattutto le prospettive di vita dei molti. In tutta probabilità, un giorno verrà ricordata come uno spartiacque, al pari delle due guerre mondiali trascorse. Uno spartiacque tra ciò che è stato e quello che, nel mentre, è poi intervenuto, andando infine a confermarsi con il trascorre delle cose. Quindi, tra come abbiamo vissuto noi stessi fino all’inizio di quest’anno e come saremo, o riusciremo ad essere, nei tempi a venire. 
 
Claudio Vercelli
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