Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     13 Luglio 2020 - 21 Tamuz 5780
LA STORICA GIORNATA A 100 ANNI DAL ROGO DEL NARODNI DOM 

'Sofferenza di queste terre diventi patrimonio comune'

“La storia non si cancella e le esperienze dolorose sofferte dalle popolazioni di queste terre non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabiltà a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite da una parte e dall’altra l’unico oggetto dei nostri pensieri coltivando i sentimenti di rancore, oppure al contrario farne patrimonio comune”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che a Trieste in queste ore ha incontrato il presidente sloveno, Borut Pahor, per condividere insieme la storia di sofferenze delle terre della Venezia-Giulia e restituire, a distanza di cento anni dal rogo fascista che la incendiò, la Casa della cultura slovena di Trieste (Narodni dom) alla Slovenia. I due capi di Stato hanno infatti siglato un protocollo d’intesa che trasferisce la proprietà dell’edificio – bruciato il 13 luglio del 1920 e oggi sede della scuola interpreti di Trieste – a una fondazione costituita dalle due associazioni che rappresentano la minoranza slovena, l’Unione Culturale Economica Slovena (Skgz), e la Confederazione delle Organizzazioni Slovene (Sso).
Immagini simbolo di questa giornata nel segno della riappacificazione, le corone di fiori deposte da Mattarella e Pahor in omaggio alle vittime delle foibe a Basovizza e davanti al monumento ai Caduti sloveni fucilati dai fascisti. In entrambi i luoghi i due capi di Stato si sono emblematicamente tenuti la mano. Entrambi hanno inoltre consegnato a Boris Pahor, scrittore italiano in lingua slovena e testimone dell’incendio del Narodni Dom, il cavalieriato di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’onorificenza slovena “dell’ordine per meriti eccezionali”. “Dedico le onorificenze a tutti i morti che ho conosciuto nel campo di concentramento e alle vittime del nazifascismo e della dittatura comunista”, le parole di Boris Pahor, che sopravvisse all'esperienza del lager, diventando poi una voce a tutela dei diritti della minoranza slovena e contro i soprusi del regime comunista. “La sua esperienza di vita è stata incredibile – racconta a Pagine Ebraiche lo scrittore triestino Mauro Covacich (guarda il video) – È riuscito ad attraversare il Novecento con il proprio corpo, oltre che con la propria intelligenza, affrontando ogni avversità tra cui il nazismo, e già questo basta. Mi sembra giusto ricordare l’eccezionalità della figura di Boris Pahor: è stato da sempre un bastian contrario. Era talmente convinto della causa slovena, del fatto che la Slovenia dovesse avere una sua identità, che anche ai tempi della federazione jugoslava era un fervente oppositore del regime comunista. Boris Pahor detesta il comunismo, è sempre stato un democristiano, al punto che era molto poco conosciuto in Jugoslavia perché si ostinava a non scrivere in serbo-croato, la lingua ufficiale, ma in sloveno, che era considerato un dialetto. Quindi non veniva letto”. Un anticonformista che all’età di quasi 107 anni (li compirà ad agosto), ha visto oggi passare un traguardo importante, un traguardo per cui ha combattuto con negli occhi le fiamme del Narodni dom. “La sua vita è stata ed è come una lunghissima performance teatrale: la sua opera vera è stata quella di gridare in ogni luogo, in ogni spazio, in ogni piazza”. Per i diritti della comunità slovena e contro l’oppressione dei regimi totalitari.

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L'ULTIMO INCONTRO DEL PROGETTO NOT IN MY NAME

Lotta alla violenza contro le donne,
gli studenti presantano le loro idee

Vincitore di un bando della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il progetto “Not in my name. Ebrei, Cattolici e Musulmani in campo contro la violenza sulle donne”, avviato lo scorso autunno e sviluppato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane come ente capofila, ha visto il mondo della scuola al centro di molti sforzi e impegni. A confronto con questa delicata tematica trenta studenti del triennio delle Scuole secondarie superiori per ciascuna delle città interessate dal progetto (Roma, Milano e Torino), accompagnati in un percorso di formazione che è passato anche dall’organizzazione di alcuni seminari che hanno permesso di approfondire l’argomento da molteplici punti di vista e sensibilità. Un percorso il cui momento conclusivo avrebbe dovuto svolgersi in primavera a Milano. Naturalmente, per via dell’emergenza sanitaria, ciò non è stato possibile. Ma un primo bilancio è stato comunque fatto in queste ore, mettendo a confronto a distanza organizzatori, formatori, studenti. 

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PAGINE DI LETTERATURA CON ALBERTO CAVAGLION 

Perché la parodia è una cosa molto seria

Negli anni ’20 del Novecento un imprenditore ed editore modenese brillante e fuori dagli schemi come Angelo Fortunato Formiggini (nell'immagine) – le cui energie saranno concentrate nel dare valore alla storia del comico – incarica un altro ebreo italiano, il diplomatico e giornalista Paolo Vita-Finzi, di realizzare una contro-storia della letteratura italiana. Attraverso la forma della parodia, Vita Finzi riscrive a suo modo i grandi autori dell’Ottocento e del Novecento italiano, da D’Annunzio a Pirandello. L’opera (Antologia apocrifa), già dalla sua prima edizione del 1927, è un successo e Vita-Finzi continuerà il suo lavoro anche dopo la tragedia che colpirà il suo editore, Formiggini, che arriverà al gesto estremo di togliersi la vita a causa della persecuzione fascista. A spiegaci il ruolo della parodia e il suo legame con l’Italia ebraica a cavallo tra i due secoli è il critico letterario Alberto Cavaglion.

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Il voto polacco e il futuro dell'Europa
E così alla fine ha vinto il presidente Duda nel ballottaggio delle elezioni presidenziali in Polonia che lo ha visto affrontare Rafal Trzaskowski, il sindaco di Varsavia. L’uno deciso antieuropeista, vicino alla destra ultranazionalista e antisemita di Kaczinskj, colui che durante la campagna elettorale ha accusato Trzaskowski di voler “vendere il Paese agli ebrei”. L’altro liberale di centro, europeista convinto. A favore di Trzaskowski hanno votato prevalentemente gli elettori delle città, a favore di Duda quelli delle campagne, legati ad un cattolicesimo tradizionalista, ostili all’Europa e alla modernità. Sotto la precedente presidenza di Duda la Polonia è diventata, con l’Ungheria di Orban, il cuore del sovranismo e dell’autoritarismo illiberale in Europa. 

Anna Foa
Oltremare - Arte al tempo del Covid
Mentre gli italiani, almeno quelli che conosco io, ricominciano a fare cose normali come prendere treni e persino aerei e andare in vacanza in montagna o al mare, e noi qui siamo passati invece nell’incredulità generale da paese dai risultati esemplari a esempio negativo additato dagli esperti come paradigma di tutto quello che si può fare di sbagliato a partire da una situazione gestita inizialmente molto bene, io ho scoperto con sgomento che apparentemente per qualche giorno abbiamo avuto i cinema aperti, e non me ne sono accorta. 
 
Daniela Fubini
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