Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     20 Luglio 2020 - 28 Tamuz 5780
L'APPELLO DEL PRESIDENTE D'ISRAELE

Rivlin: "In questo momento di crisi
dobbiamo dimostrare unità"

“Sento le grida di uomini e donne d'Israele mentre il loro mondo crolla. Queste persone meravigliose hanno fatto la cosa più israeliana che c'è: hanno costruito con le loro mani imprese e carriere fiorenti, hanno osato e sognato, hanno raggiunto i loro obiettivi e hanno avuto successo. Questa crisi, a differenza di qualsiasi cosa abbiamo mai conosciuto prima, richiede un cambiamento di paradigma. Ora sappiamo che il virus è qui per rimanere per il prossimo futuro; dobbiamo tutti imparare a conviverci rispettando le misure mediche mentre ricostruiamo le nostre vite, il tessuto della nostra società e la nostra economia. Non c'è altro modo per il nostro paese e per gli altri nel mondo per andare avanti”. È quanto scrive il Presidente d'Israele Reuven Rivlin in un editoriale pubblicato sulla stampa israeliana nelle scorse ore. Un messaggio che suona come un chiaro appello all'unità in un momento molto complicato per il paese: l'emergenza sanitaria è tornata ad acuirsi in Israele, con un improvviso aumento dei contagi e un ulteriore colpo all'economia. Nelle ultime 24 ore il dato dei nuovi positivi è sceso ma la situazione resta complicata (è di oltre 28mila il dato dei contagi attualmente registrato nel bollettino del ministero della Salute). Nuove misure restrittive sono al vaglio della Commissione parlamentare sul Coronavirus e migliaia di famiglie temono le ulteriori ripercussioni sulle proprie condizioni economiche. Diverse proteste sono state portate avanti in queste settimane e in strada sono scesi anche gli operatori sanitari: questa mattina infatti centinaia di infermieri hanno chiesto maggiori tutele e soprattutto nuove assunzioni. Ma anche altre categorie sono sul piede di guerra. “In questo momento difficile, tutti noi, leader e tutti i membri della società, torniamo ai nostri valori fondamentali, alla solidarietà sociale e all'unità", il messaggio del Presidente Rivlin a tutti i cittadini.

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PAGINE EBRAICHE - DOSSIER CINEMA

Le identità di Israele sullo schermo

Kadosh, il noto film del regista Amos Gitai, inizialmente non fu accolto bene in Israele. “Ricordo la prima volta che lo vidi. Ne fui irritata. Mi sembrava fosse una rappresentazione troppo brutale della società religiosa, una generalizzazione pericolosa” spiega Sarah Kaminski, docente di ebraico all’Università di Torino. “Riguardandolo a distanza di tempo, si vede invece il procedimento contrario: è un racconto fedele, seppur violento, di una sfaccettatura del mondo haredi di Mea Shearim. Per farlo, Gitai ha studiato a fondo questa realtà. Voleva una rappresentazione fedele. E anche per questo ha chiesto che all’estero si mantenesse il titolo originale: Kadosh. Perché già nel titolo c’è l’identità del film”. Gitai, spiega Kaminski, non si nasconde e mette in campo le questioni più ruvide e complesse. O per dirla con le parole dello stesso regista: “Quel che bisogna assolutamente evitare in Medio Oriente è la visione monodimensionale delle cose. Concentrarsi su un microcosmo permette di evitarlo…Cambio microcosmo di film in film e, a poco a poco, la visione si allarga, ed è come se finissi per disegnare un puzzle fatto di una serie di enclavi”. Un’operazione di scomposizione in pezzi identitari che ha adottato anche Kaminski in un recente seminario organizzato per gli studenti dell’Università di Torino. Un percorso nel cinema israeliano fatto a tappe, dalle origini pre-statali, passando per i legami con il cinema yiddish, il racconto delle diverse migrazioni in Israele, il riferimento al conflitto perenne, l’esplorazione della dimensione religiosa.

Diversi filoni raccontati attraverso l’evoluzione cinematografica ma anche attraverso riferimenti culturali, letterari e sociali così come eventuali contraltari ai punti di vista dei singoli film. Un esempio è proprio Kadosh. “Tra i temi del film c’è l’imposizione del ripudio, da parte della comunità, al marito dalla moglie da cui non ha avuto figli. È vero che c’è un’interpretazione restrittiva del Talmud che lo permette ma agli studenti ho spiegato che ci sono esempi diversi: il Rebbe Lubavitch Schneerson che non ebbe figli dalla moglie ma mai la ripudiò. Anzi la Rebbetzin è sempre stata tenuta in grande considerazione”. Oggi poi, sottolinea Kaminski, c’è tutto un mondo di cinematografia prodotta per le donne religiose da donne religiose che ha un grandissimo successo. 

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L'APPELLO A BRUXELLES SIGLATO DA PARLAMENTARI EUROPEI

“L'Unione europea metta al bando Hezbollah”

È giunto il momento che, senza ulteriori tentennamenti e ambiguità, l’Europa si pronunci in modo chiaro su Hezbollah. E in particolare che ne riconosca la natura di gruppo terroristico responsabile di molte stragi e massacri. 
È la richiesta di oltre 230 parlamentari di varie forze politiche in Europa, Usa e Israele che hanno siglato l’appello formulato dal Transatlantic Friends of Israel, un gruppo che raccoglie adesioni trasversali nella sfera politica e che fa riferimento all’American Jewish Committee. 
Un’iniziativa senza precedenti, rivolta ai vertici della Ue e ai governi degli Stati membri. A presentarla, nel corso di una conferenza stampa, sono stati il presidente del gruppo di amicizia a Israele, l’austriaco Lukas Mandl, e il suo vice, il tedesco Dietmar Köster (Germania). In loro compagnia Matthew Levitt del Washington Institute e l’amministratore delegato di Ajc David Harris. 

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PAGINE DI LETTERATURA CON MARCO VIGEVANI 

Tolstoj e l'inquietante sonata a Kreutzer

“Un classico molto anomalo perché in qualche modo ripugnante”. Così l'agente letterario Marco Vigevani presenta La sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj, scelto come libro da proporre per la nuova puntata della rubrica “pagine di letteratura”. “Quest'opera ci propone una visione del mondo lontana dalla nostra. Credo sia importante fare letture di questo tipo con opinioni per noi scandalose o inquietanti, che non ci lisciano il pelo: anzi, La sonata a Kreutzer è un libro che va assolutamente contro tutte le nostre idee”, spiega Vigevani, invitando gli ascoltatori a riprendere in mano l'opera di Tolstoj, magari mettendo nel mentre come sottofondo Sonata per pianoforte e violino n. 9 di Ludwig van Beethoven, nota appunto come Sonata a Kreutzer (dedicata dal grande compositore tedesco al direttore d'orchestra francese Rodolphe Kreutzer).

Ascolta qui la puntata

(Nell'immagine, Lev Tolstoj ritratto dal pittore russo Nikolaj Ge)

IL PROGETTO DEDICATO ALLE VITTIME DELL'ECCIDIO NAZISTA 

Fosse Ardeatine, dodici storie per la Memoria

Un emozionante annuncio, in pieno lockdown, ha commosso l’opinione pubblica. L’associazione dei resti di una delle ultime vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine ancora non identificate a un nome: quello di Marian Reicher, 43 anni, un ebreo polacco fuggito dal Paese d’origine nel 1942. Una speranza di salvezza in Italia infrantasi davanti a nuove terribili prove. È stato il test del dna a cui si è recentemente sottoposto suo figlio David, nato pochi mesi prima, a confermarlo. Sono ancora otto i resti senza nome. Una sfida di Memoria che si intreccia a un progetto editoriale di recente avvio. Le Fosse Ardeatine: dodici storie, curato da Claudio Procaccia e pubblicato da Gangemi, nasce infatti nel segno della collaborazione avviata nel 70esimo anniversario dell’eccidio tra il Dipartimento di Cultura della Comunità ebraica di Roma guidato dallo stesso Procaccia e l’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri.
Anche un altro volume di recente pubblicazione mette al centro l’eccidio delle Ardeatine e la sfida di Memoria. Si intitola Il corpo e il nome, lo pubblica Viella e lo firma Alessia Glielmi, responsabile degli Archivi del Consiglio Nazionale delle Ricerche, docente di Archivistica presso l’Università degli Studi Roma Tor Vergata e responsabile del patrimonio archivistico del Museo storico della Liberazione. Ad essere ricostruito uno degli aspetti meno indagati: il lavoro svolto dalla Commissione tecnica medico-legale della Scuola Superiore di Polizia per il riconoscimento e l’identificazione delle vittime. 

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Diritti civili, una lotta comune
C’è una bella foto del campione dei diritti civili negli Stati Uniti, John Lewis, morto all’età di ottant’anni dopo una vita di battaglie e impegno costante. In questa immagine, che risale alla marcia del 1965 di Selma, in Alabama, Lewis manifesta insieme a Martin Luther King, al rabbino Abraham Joshua Heschel e a altri leader del movimento per i diritti civili. L’immagine rappresenta quella stagione straordinaria e irripetibile della storia in cui ebrei e neri americani combatterono insieme la battaglia per i diritti dei neri negli Stati isolazionisti del Sud. Arrestato più di 40 volte, membro del Congresso dal 1986, considerato un eroe della lotta contro la segregazione razziale, Lewis ha anche ricevuto nel 2016 dall’Holocaust Memorial Museum il premio Elie Wiesel ed è sempre stato un sostenitore dell’amicizia fra ebrei e afroamericani negli Stati Uniti.

Anna Foa
Oltremare - Cinghiali a Haifa
In quanto lettrice accanita di Asterix, l'esistenza dei cinghiali per me è sempre stata una cosa che aveva a che vedere con gli albi di Goscinny e Uderzo e i loro personaggi bidimensionali che si esprimono con parole scritte in inchiostro nero dentro a fumetti bianchi, e soprattutto con l'immancabile banchetto che prende tutta l'ultima pagina dell'albo, nella quale i cinghiali di cui sopra sono il piatto principale, arrostiti e serviti a zampette all'aria ai Galli festanti dopo una ennesima vittoria contro l'invasore romano. Nella vita reale non mi era mai capitato di vedere un cinghiale, forse perché le montagne che ho frequentato ne sono sprovviste, o perché sono animali di norma non tanto desiderosi di dividere lo spazio con noi umani.
Daniela Fubini
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