Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui      6 Ottobre 2020 - 18 Tishri 5781
STORICO INCONTRO AL MEMORIALE DI BERLINO

Israele ed Emirati, l'intesa valorizza anche la Memoria

La politica internazionale in questo momento è l’unica a regalare buone notizie a Israele. Sul fronte interno infatti, il governo di Gerusalemme con ogni probabilità estenderà il lockdown nazionale fino al 18 ottobre a causa del numero elevato di contagi da coronavirus. La situazione degli ospedali è ancora sotto controllo, ma la pressione legata al numero di malati sta mettendo a dura prova il sistema sanitario.
E così gli israeliani guardano all’estero per avere qualche notizia che dia fiducia. In particolare alla Germania. Qui, in queste ore, si sta consolidando il percorso costruito dalla diplomazia israeliana con il mondo arabo. Nel segno dello storico accordo siglato il 15 settembre scorso a Washington, il ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi ha infatti incontrato a Berlino il collega degli Emirati Arabi Uniti Sheikh Abdullah bin Zayed Al Nahyan. Su iniziativa del capo della diplomazia di Abu Dhabi, il primo incontro si è tenuto al Memoriale della Shoah di Berlino. “Una foto storica”, hanno commentato i media israeliani in riferimento all’immagine che ritrae Ashkenazi, bin Zayed Al Nahyan e il ministro degli Esteri Heiko Maas, insieme nel luogo che commemora il genocidio degli ebrei d’Europa.

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L'EMOZIONE DEL VIROLOGO NEO PREMIO NOBEL 

"Figlio unico in una famiglia ebraica,
dovevo per forza fare il medico"

“La miglior sveglia ascoltata in vita mia. Per due volte ho ignorato la chiamata. Ho poi risposto, con un certo fastidio. Ma è passato un istante dopo”. Harvey James Alter racconta così la telefonata ricevuta alle 4.45 americane da Stoccolma. All’altro capo la giuria del Premio Nobel per la medicina che gli comunicava la vittoria, in coabitazione con i colleghi Michael Houghton e Charles M. Rice, per gli studi da loro svolti che hanno portato alla scoperta del virus dell’epatite C. Una scoperta che, ha sottolineato la Fondazione Nobel nella motivazione ufficiale, “ha rivelato la causa di molti casi di epatite la cui origine non era ancora stata scoperta, aprendo la via alla possibilità di fare diagnosi attraverso l’analisi del sangue e mettere a punto farmaci che hanno salvato milioni di vite”. 
Una strada aperta proprio da Alter, nato nel 1935 in una famiglia ebraica newyorkese e formatosi all’Università di Rochester, con alcune ricerche compiute negli Anni Settanta presso il National Institutes of Health. Una intuizione che ha portato alla composizione di vari tasselli. “Prima del loro lavoro – ricorda l’Accademia di Svezia – la scoperta dei virus dell’epatite A e B era stata un passo avanti fondamentale, ma la maggior parte dei casi di epatite trasmessa per via ematica era rimasta inspiegabile”. Milioni le vite salvate grazie al lavoro dei tre virologi. 
Il Nobel rappresenta anche nel caso di Alter il riconoscimento a una vita di impegno per la scienza, particolarmente simbolico nell’anno in cui il mondo intero combatte contro un nuovo, terribile virus. In un articolo autoironico pubblicato nel 2013 e citato in queste ore da alcuni media americani, Alter scherza: “Essendo l’unico figlio di genitori ebrei a New York City, era predeterminato che sarei diventato un medico. Uno dei miei amici, dallo stesso background, ha scelto una strada diversa. Non se ne è saputo più niente”.

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IL FILM SUL PROCESSO AI CHICAGO7

Il Vietnam e gli anni della contestazione, 
Sacha Baron Cohen punta all'Oscar

Dopo aver conquistato fama internazionale nei panni di Borat Sagdiyev, l’improbabile giornalista kazako in missione “culturale” negli Usa, e dopo aver confermato il suo talento con altre esilaranti incursioni nel mondo della commedia, l’attore Sacha Baron Cohen ha scelto da qualche tempo di alzare l’asticella.
L’ha fatto, di recente, interpretando la figura Eli Cohen. E cioè l’agente segreto israeliano che beffò per anni il regime siriano e il cui corpo, dopo l’impiccagione pubblica seguita al suo arresto, è reclamato da Israele oltre mezzo secolo. Una prova formidabile, osannata dai fruitori della piattaforma Netflix (dove la serie The spy è uscita nel 2019) e dagli ambienti della critica.
Ci riprova adesso in un film molto atteso, in uscita su Netflix a ridosso del voto per le presidenziali ma già disponibile in alcune sale selezionate. Il processo ai Chicago 7, scritto e diretto da Aaron Sorkin, già premio Oscar nel 2011 con The Social Network, racconta l’azione di un gruppo di militanti contro la guerra del Vietnam che nel ‘68 inscenarono una protesta all’interno della convention del Partito democratico causando scontri con la polizia e la guardia nazionale. Iniziativa che diede luogo a una celebre vertenza giudiziaria. 
Sacha Baron Cohen, in questa nuova produzione targata Netflix, è Abbot “Abbie” Hoffman. E cioè la figura più simbolica del gruppo e una delle più significative in assoluto di quegli anni di contestazione.

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IL VINCITORE UN GIOVANE INGEGNERE BIOMEDICO EMIGRATO DA ROMA IN ISRAELE

Eliseo 2020, assegnata la borsa di studio

È Ilan Misano, classe 1995, il vincitore di una borsa di studio istituita negli scorsi mesi in ricordo di Enrica Piazza e di suo marito, il Maestro Cesare Eliseo, che fu chazan e direttore delle materie ebraiche nelle scuole a Roma e rabbino a Napoli.
Misano è un ingegnere biomedico e studente di Economia&Management del Technion Institute of Technology, appassionato di innovazione tecnologica e business, emigrato in Israele dopo aver compiuto gli studi nelle scuole ebraiche della Capitale.

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Rassegna stampa

Covid, le nuove regole
sulle mascherine

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La donna nell'ebraismo
A qualcuno la donna piace seduta in ultima fila. La donna in veste di testimone passivo, la donna astante. E a qualche donna questo ruolo sembra piacere, evidentemente.
Che l’ebraismo riservi alla donna una funzione domestica piuttosto che liturgica è innegabile, ma che questo significhi relegarla alla stregua di un puro strumento e negarle la partecipazione al rito pubblico è cosa che è lecito, almeno, dibattere.
Accade probabilmente un po’ dovunque che ogni giorno dell’anno si accendano discussioni su ciò che una donna può o non può fare durante una cerimonia religiosa pubblica.
Dario Calimani
Amor d'imprecisione
Un importante quotidiano nazionale, nel riferirsi al piano di pace del Presidente USA Donald Trump per porre fine al conflitto israelo – palestinese (“Peace to prosperity. A vision to improve the lives of the Palestinian and Israeli People. January 2020”), asserisce che “non era pensabile che un popolo rinunciasse alla terra in cambio di dollari”.
Il resto dell’articolo, pur con qualche vistoso abbaglio, appare bilanciato, tranne la cennata frasetta, che ci appare tutt’altro che innocua perché un popolo senza terra sarebbe condannato a girovagare per il mondo, come gli ebrei dopo l’esilio, in cambio di denaro, poco o molto che sia.
Emanuele Calò
Il canto dell'esule
È straordinario il progetto elaborato dal Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio “G. Verdi” di Torino (una sezione di eccellenza all’interno di un’assoluta eccellenza subalpina): eseguire gli Hashirim Asher li-Shlomo di Salomone Rossi – trentatré salmi, inni e canti sinagogali a 3-8 voci, primo esempio di polifonia su testi ebraici – nelle antiche sinagoghe o comunque nei luoghi ebraici del Piemonte. Un modo per restituire alla sua destinazione naturale un patrimonio di grande valore musicale e spirituale, opera di una delle più alte e produttive personalità creatrici dell’ebraismo rinascimentale italiano.
David Sorani
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Montanelli in Israele
Tra le notizie riportare ieri nel notiziario Bokertov c’è quella dell’anniversario dei 60 anni del primo viaggio di Montanelli in Israele. Ebbene, 60 anni fa era appena nato a Roma il circolo culturale giovanile ebraico Kadimah di cui sono stato uno dei fondatori. Il ricordo sta in un mio scritto nella sezione “Testimonianze” del volume 84, numero 1-2 del Gennaio-Agosto 2018, de La Rassegna Mensile di Israel (pagg. 315-362). In particolare si cita alla pagina 331 la visita e il discorso che Montanelli fece sul suo viaggio in Israele, proprio al Kadimah. Io mi ricordo di una riunione affollatissima con molta gente in piedi e anche la presenza di persone non ebree del quartiere (miei compagni di liceo) che vennero ad ascoltarlo. Una sintesi del suo discorso lo si può trovare sul numero del giornale Ha-Tikwà giugno 1960 (pagina 6) che si può reperire presso il Cdec. È veramente una coincidenza importante come tra i tanti articoli scritti da Montanelli sia stato preso a esempio proprio questo viaggio e il suo rapporto su Israele, cosa che mi porta con emozione a tanti ricordi.
Sergio Di Veroli
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