Il Vietnam e gli anni della contestazione
Sacha Baron Cohen punta all’Oscar
Dopo aver conquistato fama internazionale nei panni di Borat Sagdiyev, l’improbabile giornalista kazako in missione “culturale” negli Usa, e dopo aver confermato il suo talento con altre esilaranti incursioni nel mondo della commedia, l’attore Sacha Baron Cohen ha scelto da qualche tempo di alzare l’asticella.
L’ha fatto ad esempio interpretando di recente la figura Eli Cohen. E cioè l’agente segreto israeliano che beffò per anni il regime siriano e il cui corpo, dopo l’impiccagione pubblica seguita al suo arresto, è reclamato da Israele oltre mezzo secolo. Una prova formidabile, osannata dai fruitori della piattaforma Netflix (dove la serie The spy è uscita) e dagli ambienti della critica. Ci riprova adesso in un film molto atteso, in uscita su Netflix a ridosso del voto per le presidenziali ma già disponibile in alcune sale selezionate.
Il processo ai Chicago 7, scritto e diretto da Aaron Sorkin, già premio Oscar nel 2011 con The Social Network, racconta la vicenda, anche processuale, che si aprì con l’azione di un gruppo di militanti contro la guerra del Vietnam che nel ‘68 inscenarono una protesta all’interno della convention del Partito democratico causando scontri con la polizia e la guardia nazionale.
Sacha Baron Cohen, in questa nuova produzione targata Netflix, è Abbot “Abbie” Hoffman. E cioè la figura più simbolica del gruppo e una delle più significative in assoluto di quegli anni di contestazione. “La rivoluzione non è un qualcosa di legato all’ideologia, né una moda di una particolare decade. È un processo perpetuo insito nello spirito umano” sosteneva Hoffman, nato nel 1936 in una famiglia ebraica del Massachusetts. Per Cohen un ruolo che sembra cucito su misura, anche tenuto conto del carattere istrionico di Hoffman e delle molte uscite provocatorie, come quella di prestare giuramento alzando il dito medio, di cui fu capace anche in tribunale.
Dove pure dovette difendersi, assieme agli altri esponenti della sinistra radicale che sedevano al banco degli imputati, da un’accusa molto seria: cospirazione e incitamento alla rivolta.
(6 ottobre 2020)