Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     4 Novembre 2020 - 17 Cheshvan 5781
L'ESITO DEL VOTO ANCORA INCERTO

Trump o Biden, il mondo col fiato sospeso

Il mondo segue con trepidazione l'esito del voto per le presidenziali Usa. Trump o Biden: il verdetto sui prossimi quattro anni di presidenza non è ancora chiaro. 
Qualche tema sta però già emergendo. Ne abbiamo parlato con quattro autorevoli interlocutori. 

ELEZIONI USA - L'OPINIONE DI DAVID KERTZER

"Metà Paese ha scelto di seguire un bugiardo"

“Evidentemente abbiamo un problema grande qui negli Stati Uniti. Nonostante le ripetute bugie, le parole e i comportamenti oltre la decenza, metà del Paese vota ancora Donald Trump. Non riesco a spiegarmelo. È qualcosa di inquietante, profondo”. 
È l’opinione dello storico e accademico David Kertzer, premio Pulitzer nel 2015 con la biografia The Pope and Mussolini. Il suo voto è andato a Joe Biden. 
“C’è un’America che chi vive a fondo in un contesto universitario non riesce a comprendere. Mi guardo attorno, osservo professori e studenti. Farei fatica, tra migliaia di loro, a trovare un solo sostenitore di Trump. Fuori – dice – c’è invece tutto un altro mondo. Un Paese purtroppo spesso ostaggio dell’ignoranza”. 
Kertzer non si dice però così sorpreso dall’esito del voto: “Lo abbiamo già visto nel 2016. Le previsioni possono andare da una parte, gli elettori da un’altra. È successo ancora una volta. E ci consegna ore di grande, drammatica incertezza”. 

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ELEZIONI USA - L'OPINIONE DI EDWARD LUTTWAK

"I media più autorevoli sono fuori dalla realtà"

“Questa elezione, tra le tante, ci dice una cosa: i media ritenuti più autorevoli si sono sbagliati di nuovo. Come nel 2016. I loro inviati sono spesso in giro, fanno tanti viaggi. Dovrebbero farne uno negli Stati Uniti. Visitare il loro Paese". 
Usa l'ironia il politologo Edward Luttwak, molto vicino al partito repubblicano. "Da giorni, da settimane, i media pronosticavano una larga vittoria di Biden. Quasi che questa elezione fosse un fatto superfluo, inutile. La realtà ha dimostrato il contrario. E pur nell'incertezza che ancora c'è una cosa senz'altro possiamo dirla: questa grande vittoria non c'è stata". 
L'opinione di Luttwak è che non ci sarebbe stata partita se Trump si fosse mostrato meno aggressivo verbalmente nei confronti del rivale. "Il primo dibattito televisivo con Biden è stato gestito molto male. Un grande errore mostrarsi così al Paese. Serviva un altro tipo di approccio. In quel confronto, a mio parere, potrebbe essersi giocato la presidenza". 

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ELEZIONI USA - L'OPINIONE DI BEN DROR YEMINI 

"Chiunque vinca sarà sempre con Israele"

“Credo che qualsiasi sia il risultato, Israele avrà un alleato alla Casa Bianca. Certo la scelta di Biden o di Trump avrà un’influenza sulla nostra politica interna, ma credo non sarà così significativa. Il cambiamento in Medio Oriente è oramai in atto e chiunque sarà presidente vi darà continuità. L’interrogativo è cosa faranno i palestinesi”. È l’analisi di Ben-Dror Yemini, firma di punta del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth.
Per Yemini la differenza tra Trump e Biden, quando si tratta di rapporti con Israele, non sposterà di molto le nuove alleanze mediorientali. “Io non ho mai visto Barack Obama come un nemico di Israele, pur non condividendo le sue posizioni sull’Iran. Per questo credo che Biden, se dovesse essere eletto, non sarà contro Israele e non sono preoccupato. Forse farà pressione sul governo israeliano in materia di insediamenti, ma dovrà confrontarsi soprattutto con i palestinesi. Sono loro a continuare a dire no a ogni discorso di pace". 

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ELEZIONI USA - L'OPINIONE DI MASSIMO TEODORI 

"Violenze e scontri sono una possibilità"

“L’ho scritto e detto più volte. In caso di incertezza, senza una vittoria netta di uno dei due candidati, il prezzo sarebbe stata un’incertezza assai pericolosa. Animi infiammati dalla propaganda rischiano di far gravi danni”.
Massimo Teodori è uno dei massimi esperti di America in circolazione. Non è propriamente un sostenitore di Trump, come si desume anche dal titolo del suo ultimo libro Sconfiggere Trump e la pandemia globale. Il suo timore è che, nelle prossime ore, la violenza divampi. “Vedo possibili incidenti all’orizzonte. Non a caso diversi negozi delle città più importanti hanno blindato le loro vetrine. Il rischio che accada qualcosa di grave – commenta – purtroppo esiste”.

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SEGNALIBRO 

Ebrei a Roma, gli anni dall'Unità al 1938
visti attraverso gli occhi dell'infanzia

In libreria da domani con Fefè Editore, “Ebrei a Roma. Asili infantili dall’Unità alle Leggi Razziali” propone un originale e stimolante punto di vista sul periodo storico che va dalla fine del Ghetto alla stretta antisemita del fascismo. Anni segnati da libertà e diritti sconosciuti, ma anche da una necessaria riorganizzazione di modelli, spazi e strutture.
A firmare questo interessante contributo è Giovanna Alatri, laureata in pedagogia, già docente montessoriana e da anni collaboratrice del museo Storico della didattica Mauro Laeng di Roma e dell’Opera Nazionale Montessori.
Si tratta di un libro che, sottolinea nella prefazione il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, “apre un’ulteriore finestra su un periodo storico che malgrado contributi di studi importanti lascia ancora molto da scoprire”.

 

L’arrivo del regio esercito sabaudo a Roma, nel settembre del 1870, segnò, per gli ebrei di Roma, ultimi tra gli ebrei viventi in Italia, l’emancipazione da tempo desiderata. Per i circa quattromila ebrei che vivevano nel ghetto iniziò una nuova era che comportò cambi di ogni tipo, nella vita privata e in quella pubblica. Le forme organizzative comunitarie vennero ristrutturate mentre lo stesso storico quartiere dove erano stati rinchiusi per secoli venne demolito. Un problema fondamentale da gestire era, come sempre, quello assistenziale; la struttura sociale della comunità era di tipo piramidale con una larga base di indigenti e strati sempre più sottili di benestanti che dovevano sopperire alle loro necessità. In questa situazione il supporto all’infanzia rappresentava una componente essenziale.
Durante il periodo del ghetto funzionavano due asili distinti, uno per i maschi e l’altro per le femmine. Dopo il 1870 fu avvertita la necessità di riordinare questo servizio, accorpando i due asili, dargli una organizzazione funzionante, una sede dignitosa e un indirizzo pedagogico efficiente. Fu un lavoro lento che durò decenni; la sede inizialmente si spostò da un locale all’altro nel vecchio e malsano ghetto in attesa di demolizione e solo nel 1913 fu possibile avere sul Lungotevere Sanzio una palazzina dedicata a questo scopo. I programmi furono sistematizzati e particolare attenzione fu dedicata ai metodi educativi, introducendo i concetti pedagogici froebeliani che per l’epoca erano una novità.

Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma 

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Ticketless - Migliorismo
Imparo sempre qualche cosa dalla Piccola posta, la rubrica di Adriano Sofri sul Foglio. La nota “Pessimismo del Covid. La seconda ondata con gli occhi di Gramsci”, apparsa giovedì scorso, mi ha fatto tornare in mente una discussione d’inizio Novecento, nella quale l’ebraismo ha avuto una sua non piccola parte. 
Alberto Cavaglion
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Un paese diviso
L’unico dato certo che emerge dalle elezioni Usa è la polarizzazione presente nel Paese. Per carità, i sintomi li avevamo già visti tutti in questi quattro anni di presidenza Trump, che ha accentuato il più possibile questa divisione per compattare un elettorato quel tanto basta per vincere le elezioni, foss’anche di un’incollatura. 
Davide Assael
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Periscopio - Come il 1989
Nella mia nota di mercoledì scorso, dedicata ai molteplici accordi di pace sottoscritti tra Israele e alcuni Paesi arabi, suoi storici e ostinati nemici, avevo sollevato tre distinte domande, alle quali mi riservavo di cercare, in seguito, delle risposte. 
 
Francesco Lucrezi
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Il linguaggio musicale 
Durante il regime stalinista la produzione musicale ebraica fu pressoché interamente cancellata; l’opera di eradicamento del background culturale, letterario e artistico-musicale ebraico precedette quello del Reich e non fu affatto meno sistematico e devastante.
 
Francesco Lotoro
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La condanna che manca  
Personalmente non sono d’accordo con chi scrive: “Non chiederemo agli islamici di dissociarsi dal terrorismo islamista, come non abbiamo mai accettato che nessuno chiedesse a noi, ebrei, di dissociarci dal male commesso da un qualunque ebreo in giro per il mondo”.
Ariel Finzi
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