Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui      20 Novembre 2020 - 4 Kislev 5781
PAGINE EBRAICHE - L'INTERVISTA A SYLVAN ADAMS  

“Nella mia vita ho avuto molto.
Cerco di restituire, nel nome d'Israele"

Vuoi realizzare un sogno? Chiedi a Sylvan Adams. Nato nel 1958 in Quebec, da qualche anno cittadino israeliano, questo imprenditore e filantropo dall’entusiasmo contagioso ne ha raggiunti già parecchi. Appassionato di sport e in particolare di ciclismo, ha portato una squadra con il nome e i colori di Israele a competere nelle più importanti gare internazionali. Il suo impegno abbraccia vari campi: dalla scienza all’intrattenimento. Ma è sui pedali che vuole fare l’impresa più grande: vincere il Tour de France. La stagione ciclistica che va concludendosi gli ha già regalato alcune gioie, con vittorie di tappa sia al Giro d’Italia che alla Vuelta.
Solo un antipasto però di quel che si aspetta nel 2021: Chris Froome in maglia gialla sul traguardo di Parigi.

Fino a pochi anni fa in Israele il ciclismo non era troppo popolare. Adesso ha una squadra nel World Tour e la possibilità di lottare per il traguardo più ambito. Qual è il segreto di questo miracolo sportivo?
Pianificazione, concretezza, entusiasmo. Ce lo ha insegnato Theodor Herzl: nessun traguardo è irraggiungibile. La Israel Cycling Academy, oggi Israel Start-Up Nation, nasce un po’ come una scommessa. Il salto di qualità è arrivato nel 2018, con la prima partecipazione al Giro d’Italia e l’organizzazione di una storica partenza da Gerusalemme.

L’anno prossimo il leader della Israel Start-Up Nation sarà Chris Froome. Quattro volte vincitore del Tour, uno dei più grandi ciclisti di sempre. Naturale che le aspettative siano tante. Già questo autunno ha detto qualcosa. Vittorie di tappa al Giro e alla Vuelta, molte fughe, la voglia di lasciare sempre un segno. È sorpreso?
In realtà no, fa tutto parte di un percorso di crescita. Mi aspettavo anzi qualcosa di più dal nostro primo Tour. Purtroppo la vittoria lì non è arrivata, anche se qualche soddisfazione ce la siamo tolta. Come la maglia di “più combattivo” di giornata assegnata a un nostro corridore. Un riconoscimento molto ambito.

Come ci si prepara a una sfida così impegnativa come il Tour?
Naturalmente, come tutti, scontiamo il clima di grande incertezza. Programmare è un verbo molto difficile in tempo di pandemia. Resto però fiducioso. Tutti i nostri atleti si stanno allenando bene. Li seguiamo con attenzione.

Oltre al Tour c’è una speranza di vedere Froome anche al Giro?
Allo stato attuale no. Con Chris abbiamo previsto di correre Tour e Vuelta. Il Giro potrebbe entrare come opzione solo nel caso in cui il calendario della stagione fosse pesantemente stravolto. Nulla può essere escluso. Ma ad oggi è improbabile.

Lei stesso è un ciclista più volte vincitore di titoli nelle categorie over. Tra le finalità che si era posto, lanciandosi in questa avventura, c’era quello di sensibilizzare un numero crescente di israeliani. Di farli avvicinare alla bicicletta. Le sembra di esserci riuscito?
Direi di sì. La nostra squadra sta catalizzando un interesse crescente. Quando vinci e hai delle belle storie da raccontare è più facile entrare nei cuori della gente.

Tra le collaborazioni che caratterizzano il vostro impegno in questo sport c’è quella con il Centro Peres per la Pace. Come a dire che non c’è sport senza valori.
La nostra visione è questa, da sempre. Non a caso tutti i nostri atleti vengono proclamati “ambasciatori per la pace”. Non uno slogan vuoto, ma l’invito ad assumersi una responsabilità che vada oltre la mera dimensione sportiva. È un qualcosa in cui credo. A breve spero di potervi annunciare qualcos’altro di molto interessante.

Ci può anticipare qualcosa?
Posso solo dire che sto lavorando a qualcosa che mette in gioco uno dei Paesi che hanno siglato gli “Accordi di Abramo”.

Riguarda il mondo del calcio?
No, non è uno sport che mi interessa particolarmente.

Lo stesso non troppo tempo fa ha portato un certo Lionel Messi in Israele.
Sì, è vero. Un’iniziativa molto importante dedicata ai bambini africani che non possono essere curati nel Paese d’origine. In Israele sono ospedalizzati e operati. Salviamo loro la vita.

Lei ha spesso detto di avere un modello: suo padre Marcel. Sopravvissuto alla Shoah, eroe della guerra di indipendenza di Israele, è stato un vero self-made man.
È proprio così. Mio padre, che ci ha da poco lasciati dopo aver tagliato il traguardo dei 100 anni, è stato un uomo straordinario. Da lui ho imparato che bisogna saper rendere alla società il bene che si riceve. E soprattutto che non bisogna mai piangersi addosso. Mai e poi mai. Da lui e da mia madre, entrambi di origine rumena, ho anche appreso l’importanza del sionismo. Di battersi per quella grande causa che è Israele. Io cerco di unire le due cose: restituire qualcosa agli altri, e farlo nel nome di Israele.

Tra le imprese più significative che ha sostenuto c’è il tentativo di allunaggio compiuto da Israele nel 2019. Un risultato che sembrava a portata di mano e che si è infranto sul più bello, a un passo dalla meta.
Mi piace un po’ scherzarci sopra: sulla luna alla fine ci siamo arrivati, anche se in mille pezzi. Ci riproveremo però a breve, con lo stesso scienziato che ha realizzato il progetto originario ma con l’intenzione di implementarlo ulteriormente. Non sarà quindi soltanto un lancio, ma l’avvio di uno studio più approfondito. Ci riproveremo. E magari stavolta il finale sarà diverso. Sono ottimista.

Adam Smulevich, Pagine Ebraiche Novembre 2020

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IL LIMMUD IN RICORDO DI ALDO ZARGANI  

"Curava la sofferenza con il sorriso"

Per Aldo Zargani il nome ebraico Isaia era molto più di un fatto anagrafico. Al profeta biblico si ispirava infatti costantemente, tanto da citarlo anche nei suoi libri. Come l’ultimo, In bilico (noi gli ebrei e anche gli altri), dove ricordando una spiacevole situazione pubblica in cui aveva dovuto replicare a velenose illazioni sulla Brigata Ebraica e il 25 Aprile così si era descritto: “Gridavo nei microfoni le maledizioni del libro di Isaia”. 
È partito da questa immagine rav Gianfranco Di Segni, direttore della Rassegna Mensile di Israel, autore della testimonianza conclusiva di un intenso limmud organizzato da familiari e amici a un mese dalla scomparsa.
Il ricordo dell’intellettuale e scrittore torinese è stato declinato da vari punti di vista (il rav lo ha fatto con parole di Torah dedicate proprio a Isaia). Ad aprire la serata, moderata da Laura Quercioli Mincer, il rav Riccardo Di Segni. Il rabbino capo di Roma, sviluppando un tema caro a Zargani, ha parlato dei due opposti della Memoria: il rischio di dimenticare tutto, ma anche quello al contrario di restare prigionieri del passato facendo della Shoah “una religione con i suoi rabbini, i suoi predicatori, i suoi pellegrinaggi”.
Alberto Cavaglion (Università di Firenze) ha parlato di Per violino solo. La mia infanzia nell’Aldiqua. 1938-1945, il suo libro d’esordio, come di una delle più alte testimonianze della letteratura novecentesca. Cavaglion si è in particolare soffermato sull’umorismo, tema di importanza vitale nei suoi scritti. “La sofferenza curata dal sorriso: è lì – ha spiegato – che sta la forza della sua narrativa”. 

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SORGENTE DI VITA  

Nel segno di Renzo Gattegna

Si apre con un servizio in ricordo di Renzo Gattegna la puntata di Sorgente di Vita in onda su Rai Due domenica 22 novembre.
Mancato lo scorso 10 novembre, Gattegna è stato presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane dal 2006 al 2016. Nato nel 1939, avvocato civilista, fin dalla giovinezza aveva partecipato attivamente alla vita ebraica romana e italiana. È stato il protagonista di una importante stagione di cambiamento dell’ebraismo italiano e dell’UCEI, che ha guidato con equilibrio, garbo e con un forte senso delle istituzioni.

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Bibbia incompresa
La letteratura che si dedica a “rivelare” al mondo che la Bibbia non racconterebbe né svelerebbe alcuna verità si arricchisce di un nuovo titolo (Massimiliano Paelari, La Bibbia. Una storia inventata). Per il momento non me ne occuperò, perché ancora non l’ho letto. Mi interessa invece fare qualche annotazione alla lusinghiera recensione che ne ha fatto ieri il matematico Piergiorgio Odifreddi sul quotidiano “Domani”. Un intellettuale che già in passato ha preso di punta tutto ciò che sa di religione, con particolare accanimento verso la tradizione giudaico-cristiana. A suo parere la Bibbia sarebbe un testo senza alcuna relazione col divino, prodotta da uomini che l’hanno prima scritta (con intenti né “etici” né “devozionali”) e poi utilizzata per costruire solidi poteri politici.
Gadi Luzzatto Voghera
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Insieme fuori dallo spazio e dal tempo
A scuola tutto è (giustamente) fisso e ben regolato: ogni classe ha il suo link, ci si connette secondo l’orario prestabilito, si fa l’appello, si parla, ci si confronta, si discute, si ride e si scherza, e poi ci si saluta dopo 50 minuti esatti come se fosse suonata la campanella. Le differenze tra la didattica a distanza e quella in presenza, per chi lo vuole, non sono così significative come sembrerebbe da alcuni interventi apparsi su queste colonne (che francamente mi hanno molto addolorato per la mancanza di generosità con cui hanno liquidato in poche parole sprezzanti la didattica a distanza e con essa l’impegno quotidiano di migliaia di insegnanti). D’altra parte, se io ho scoperto l’acqua calda solo pochi mesi fa, ci sono altri ambiti lavorativi in cui le riunioni a distanza sono la pratica quotidiana da anni.
Anna Segre
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Destino
Un insegnamento rabbinico ci dice: "hakol talui be mazal afillu sefer Torà she bahechal - tutto dipende dal destino, persino il sefer Torah che si trova nell'aron ha qodesh" (Zohar parashat Nasò 134). C'è il sefer Torah che viene estratto tre volte alla settimana, c'è quello che rimane sempre nell'aron o viene estratto una sola volta all'anno.
Rav Alberto Sermoneta
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Spazzatura stampata 
“Un veterinario ebreo ci infilerà l’ago, conto alla rovescia per il terrore del vaccino obbligatorio”, così un titolo in prima pagina sul “quotidiano” greco Makeleio, affiancate da una foto di casacche a strisce dei lager nazisti, una foto del criminale nazista Josef Mengele e una più grande del CEO dell’azienda farmaceutica Pfizer, Albert Bourla, ebreo di Salonicco. Makeleio – in greco moderno “massacro” – è stato più volte criticato per i suoi contenuti razzisti, omofobi e antisemiti, il suo fondatore, Stefanos Chios, vicino ad Alba Dorata, ha subito numerose condanne penali. 
Francesco Moises Bassano
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Matematici o biblisti 
"Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza, per non divenire anche tu simile a lui" (Prov 26,4).
"Rispondi allo stolto secondo la sua stoltezza, perché egli non si creda saggio" (Prov 26,5).
"Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere, è di non trapassarli" (Giacomo Leopardi, Pensieri LVXXXVI).
Marco Cassuto Morselli
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