Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui    24 Novembre 2020 - 8 Kislev 5781
IL FIGLIO DI DUE EBREI CUBANI ALLA GUIDA DEL DIPARTIMENTO DI SICUREZZA USA

"Gli Stati Uniti mi hanno accolto e dato rifugio,
proteggerò chi fugge dalle persecuzioni"

Invertire la rotta impressa dall’amministrazione Trump alle politiche sull’immigrazione degli Stati Uniti. Sarà quello il compito principale di Alejandro “Ali” Mayorkas, scelto dal Presidente eletto Joe Biden per guidare il Dipartimento di Sicurezza Nazionale (Homeland Security – DHS).
Figlio di ebrei cubani fuggiti dalla rivoluzione di Fidel Castro del 1959, Mayorkas sarà “il primo latino e immigrato” nominato in questo ruolo, si legge nella nota del team di transizione di Biden. “Quando ero molto giovane, gli Stati Uniti hanno dato alla mia famiglia e a me un rifugio”, ha commentato Mayorkas dopo l’annuncio del suo nuovo incarico. “Ora, sono stato nominato segretario del Dipartimento di Sicurezza Nazionale e sovrintenderò alla protezione di tutti gli americani e di coloro che fuggono dalle persecuzioni in cerca di una vita migliore per sé e per i loro cari”.
Sessanta anni, vice segretario della Sicurezza interna sotto Obama, ha iniziato a lavorare per il governo come assistente procuratore degli Stati Uniti nel Distretto Centrale della California, specializzandosi nei crimini dei colletti bianchi (crimini economici), ed è poi diventato il più giovane procuratore degli Stati Uniti. Già confermato dal Senato a guida repubblicana nei tre ruoli governativi che lo richiedevano, Mayorkas non dovrebbe avere problemi ad ottenere anche questa volta il via libera. A lui spetterà il compito di rivoluzionare il dipartimento di Sicurezza interna, concentratosi negli anni di Trump nel limitare l’immigrazione.

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L'ESPLOSIONE DEL TALENTO CERCATO ANCHE DALLA SERIE A 

Il sogno di Solomon, la nuova speranza di Israele

Il calcio al tempo del Covid regala sorprese inaspettate. Come la vittoria di una squadra ucraina che agevolmente si impone sul campo del Real Madrid.
È successo in ottobre, nel turno d’esordio della Champions League: Real 2, Shakhtar Donetsk 3. A siglare l’ultima marcatura degli ospiti un giocatore di cui già si dice un gran bene e di cui, con tutta probabilità, sentiremo parlare ancora a lungo.
Manor Solomon ha 21 anni, è nato a Kfar Saba ed è uno dei più promettenti talenti in circolazione. Per la nazionale israeliana, con la cui maglia ha esordito nel 2018, è ormai un punto di riferimento imprescindibile. Qualcuno giorno fa ha anche deciso con una sua rete l’incontro di Nations League con la Scozia.
Si tratta di un centrocampista esterno dalle spiccate doti offensive, cresciuto nel Maccabi Petah Tikwa e acquistato dallo Shakhtar nel gennaio del 2019. “Una sorta di mix tra Giovinco e Messi” lo presentava, qualche tempo fa, un sito italiano specializzato in questioni di calciomercato.
Solomon d’altronde è stato ed è ancora nel mirino di alcuni grandi club di casa nostra. Come la Juventus, che pare abbia chiesto informazioni sul suo conto già quando indossava la casacca del Maccabi e sognava un ingaggio in Europa. Di sicuro lo Shakhtar ha rifiutato in estate un’offerta dell’Atalanta, storicamente la squadra di Serie A che più ne capisce di giovani.

(La rete di Manor Solomon al Real Madrid)

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IL MEIS CHIAMA A RACCOLTA GLI STUDENTI FERRARESI 

Eccidio del Castello, un progetto per i giovani

All’alba del 15 novembre 1943, davanti al muretto del Castello Estense, criminali in camicia nera massacrano cittadini inermi con lo scopo di vendicare l’uccisione del federale di Ferrara Igino Ghisellini, avvenuta poche ore prima. La notizia che Ghisellini è stato ucciso arriva fino a Verona, dove si sta svolgendo il primo Congresso della Repubblica Sociale. 
In breve tempo la situazione precipita. Squadracce fasciste lasciano Verona al grido di “A Ferrara, tutti a Ferrara”, con l’obiettivo di scatenare l’inferno. Settantadue ferraresi sono arrestati. Tra loro e tra 34 antifascisti ed ebrei già detenuti nelle carceri di via Piangipane vengono scelti dieci uomini da destinare al plotone d’esecuzione. Si tratta di Emilio Arlotti, Pasquale Colagrande, Mario e Vittore Hanau, Giulio Piazzi, Ugo Teglio, Alberto Vita Finzi, Mario Zanatta, Gerolamo Savonuzzi e Arturo Torboli. A loro si aggiunge il giovane ferroviere Cinzio Belletti, testimone della strage, che viene inseguito per non essersi fermato all’alt e assassinato poco dopo. Lo storico Claudio Pavone faceva risalire a questo drammatico episodio, al centro di un celebre racconto di Giorgio Bassani e poi di una trasposizione cinematografica, l’inizio della guerra civile. 
Per onorare il ricordo delle vittime, ma anche per alimentare un confronto consapevole sull’importanza di storia e memoria con le nuove generazioni, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (il cui complesso sorge proprio nell’area dell’ex carcere) e l’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara hanno predisposto un progetto didattico, presentato quest’oggi nel corso di una conferenza stampa, rivolto a cinque scuole del territorio. 

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Rassegna stampa

La missione di Bibi 
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Rav Sacks, la forza delle parole
“La scienza isola le cose per vedere come funzionano. La religione mette assieme le cose per vedere cosa significano […] La scienza spiega, la religione interpreta. La scienza analizza, la religione integra. La scienza scompone le cose in parti, la religione lega le persone insieme in un rapporto di fiducia. La scienza ci dice cosa è, la religione ci dice cosa dovrebbe essere”.
Così rav Jonathan Sacks si accinge ad affrontare uno dei temi che gli sono cari, il rapporto fra scienza e religione. A una prima lettura queste belle parole possono suonare retoriche, con una venatura apologetica, dette o scritte da chi è ormai affermato. Però man mano che si prosegue nella lettura delle sue opere, in questo campo o in uno dei molteplici altri che ha affrontato nella sua vita, ci si rende conto che questa impostazione segue invece con estrema coerenza la sua concezione del mondo e dell’ebraismo.
Rav Michael Ascoli
La distorsione delle idee
Si scrive per comunicare un’opinione personale. Si cerca di farlo in modo onesto per trasmetterla a chi onestamente cerchi di capirla per quel che vuole significare, presumendo un lettore disposto, per un breve istante, ad assumere l’esatta prospettiva di chi sta esprimendo una precisa idea nel suo esatto contesto, con i suoi ben precisi riferimenti e per i suoi precisi significati. Naturalmente, un’idea può anche essere male espressa, male comunicata, e l’opinione può essere errata o non da tutti condivisibile – chi si è per qualche tempo occupato di linguaggio e di comunicazione letteraria ne è perfettamente consapevole. Ma può anche accadere che chi fruisce del messaggio recepisca quanto legge sulla base di idee pregresse, di pregiudizi, di diversi contesti culturali di riferimento, o anche di fraintendimenti, distorcendo parole e significati altrui.
 
Dario Calimani
L'immenso edificio del ricordo
Il problema del rapporto fra passato e presente è soltanto uno degli aspetti della dialettica fra percezione e realtà: “The past is a foreign country: they do things differently there.” (L. P. Hartley, The go – between, 1953); “The past is everywhere” (David Lowenthal, The past is a foreign country, 1985)(...).

Emanuele Calò
Antisemitismo in rete, il rischio fake-news
Certo molto interessante, per vari aspetti inquietante l’incontro online dedicato il 18 novembre da Milena Santerini – coordinatrice nazionale contro l’antisemitismo – e dall’Unar (l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Governo italiano) col patrocinio di UCEI e CDEC a “Antisemitismo e odio online. Il complottismo al tempo di internet”.
David Sorani
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