Il potere malato

L’ultima teoria cospirazionista di Donald Trump, accennata da lui via twitter e descritta per esteso dal suo avvocato di grido Rudolph Giuliani, è che centinaia di migliaia di voti gli siano stati sottratti dai democratici grazie a un software comunista prodotto da una cricca formata dai cinesi, da Hugo Chavez (già presidente del Venezuela, morto nel 2013) e dal solito George Soros. Una teoria facilmente demistificata dalla stampa e irrisa dalla politica, ma ugualmente pericolosa, con i tempi che corrono. I cinesi e Chavez (defunto, come si è sottolineato) sono in fin dei conti poteri stranieri che complotterebbero contro gli Stati Uniti, e la loro messa in stato di accusa da parte di Trump potrebbe anche rientrare nella guerra di intelligence e di false notizie che gli stati spesso si dedicano con malsano fervore. Ma Soros è, come si sa, l’ebreo di origine ungherese naturalizzato statunitense, quindi, secondo questa ardita teoria del complotto, una quinta colonna che cospirerebbe contro la propria madre patria. In tempi di antisemitismo crescente, con il timore di un’insurrezione alle porte istigata irresponsabilmente a ogni piè sospinto, con gente minacciosamente armata per le strade sotto gli occhi compiacenti di diversi corpi di polizia, l’ebreo americano ha poco di cui stare tranquillo.
Per Trump le elezioni, così come il Covid, non sembrano essere cose da prendere seriamente, quanto armi retoriche di cui servirsi per gestire un potere malato, mettendo a repentaglio la sicurezza del suo popolo.

Dario Calimani

(17 novembre 2020)