Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui    29 Dicembre 2020 - 14 Tevet 5781
LE DUE DELEGAZIONI AL LAVORO 

Israele-Marocco, la diplomazia continua a fare progressi

Quasi 100mila vaccini somministrati nelle ultime ventiquattro ore. Oltre 379mila quelli totali fatti a partire dal 19 dicembre scorso. Primo posto nel rapporto tra popolazione e vaccini somministrati. Israele sta viaggiando a ritmi da record nella campagna di vaccinazione di massa dei suoi cittadini contro il coronavirus. Una campagna fondamentale per superare la pandemia, che prosegue, anzi sta accelerando, mentre gli israeliani sono tornati a chiudersi in casa per il terzo lockdown deciso dal governo di Gerusalemme. Da domenica scorsa infatti, per almeno due settimane, si è tornati alla chiusura su scala nazionale per far scendere la curva dei contagi, con molti esercizi e attività chiusi. Tra le professioni esentate dal blocco quella dei diplomatici israeliani, che in questo difficile anno continuano a raggiungere obiettivi importanti. Nel giorno dell’inizio del lockdown una delegazione israeliana ne ha accolta una dal Marocco. I funzionari di Rabat sono arrivati per gettare le basi per l’apertura di un ufficio di diplomatico in Israele, passo avanti nell’annunciata nuova normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.

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LA PROMESSA DI MOSHE HOGEG, ARTEFICE DELLA STORICA TRATTATIVA CON DUBAI 

"Beitar, nessuno spazio in futuro per i razzisti"

L’otto dicembre scorso, a Dubai, si faceva la Storia. Impensabile soltanto fino a un paio di mesi prima, si concretizzava in quelle ore il passaggio del cinquanta per cento del Beitar Gerusalemme allo sceicco Hamad bin Khalifa Al Nahyan. Una sfida nella sfida essendo a tutti noto l’estremismo di una parte della tifoseria locale, la tristemente nota Familia distintasi più volte, in un passato anche recente, per la violenta ostilità anti-araba.
“È proprio questo il motivo per cui ho acquistato il club: un problema che si ripercuoteva non solo sulla squadra, ma anche sull’immagine di Israele” racconta in queste ore alla Associated Press il 39enne Moshe Hogeg, precedente proprietario al 100 per cento e ora detentore di metà Beitar insieme allo sceicco. L’operazione formalizzata a Dubai è in gran parte frutto del suo coraggio e della sua visione. “Cercavo – spiega nell’intervista – qualcuno con cui condividere la stessa idea del mondo per mostrare ai più giovani, ma in realtà un pò a tutti, che ebrei e musulmani possono lavorare e fare belle cose insieme. Il calcio è il mezzo migliore per farlo”. Parlando con l’Associated Press, Hogeg lancia un chiaro messaggio agli estremisti: “Chi propugna odio e razzismo non ci rappresenta”. Rendere effettivi questi propositi non sarà semplice. Ma è senz’altro un nuovo, incoraggiante, inizio.

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LO PNEUMOLOGO SERGIO HARARI A PAGINE EBRAICHE

"Vaccino svolta storica, ora il Paese ritrovi l'unità"

“Mi è spesso capitato di riflettere sui valori che permeano l’esperienza, la storia e l’identità ebraica. Sull’impegno e sul senso di responsabilità che ci vengono richiesti nei confronti del prossimo. Un tema assai attuale per chi svolge la professione medica”.
Direttore dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano, Sergio Harari è stato tra i primi in Italia a ricevere il vaccino. Una giornata che, assicura, resterà indelebile nella sua mente.
“E ancora difficile razionalizzare quel che ci è successo nell’anno che va concludendosi. Le emozioni sono state e continuano a essere molteplici”, confessa a Pagine Ebraiche. “Una forte commozione, innanzitutto, per l’alto senso della professione che ho visto davvero ad ogni livello del sistema sanitario. È poi subentrata una certa stanchezza. Quindi delusione e rabbia per alcune mancanze, a livello politico, su questa seconda ondata: un problema purtroppo sottovalutato”.
L’opinione di Harari è che, anche in ragione dell’esperienza maturata in primavera, “avremmo dovuto essere molto meglio organizzati”. E quindi che “certi ritardi, ad esempio sulla scuola, potessero essere evitati”. A pesare negativamente anche “alcune manifestazioni di individualismo, le ripetute e sterili polemiche senza sbocco”. Oltre a una “diffusa forma di assuefazione al virus e alla terribile contabilità dei morti”.
L’invito è a guardare in faccia la realtà. “Tutti ci aspettiamo l’onda lunga di questo secondo flusso, è inevitabile”, spiega Harari. Il vaccino segna però una svolta storica. “Per la prima volta – osserva – passiamo da un ruolo passivo ad attivo. Se fino a pochi giorni fa abbiamo giocato una battaglia di rimessa, adottando strategie di contenimento in occasione di criticità ma senza a monte una strategia ben definita, adesso cambia tutto”.
Harari predica comunque calma: per uscirne ci vorranno tempo e pazienza. Il vaccino sarà il veicolo, ma da solo non basterà. “È essenziale – conclude – che si recuperi l’iniziale senso di comunità e responsabilità nazionale che per tutti noi, medici e operatori del settore, è stato un formidabile sostegno. Lo abbiamo visto soprattutto nella prima fase. Mentre in questa seconda si è purtroppo un po’ sfibrato”.

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Auschwitz e il no-vax
Il candidato anti-vax (immeritevole di menzione) di una lista civica di centrodestra, a Fano, posta su Facebook la nota e disgustosa immagine del cancello di Auschwitz con la scritta ignominiosa nazista trasformata in ‘Il vaccino rende liberi’. Un vaccino, in verità, lo si dovrebbe scoprire per renderci liberi da individui del genere, che mancano dell’intelligenza e di quel minimo di cultura per capire che cosa sia stata Auschwitz.
Personalmente non vedo l’ora di potermi vaccinare e, con la speranza che cervelli del genere non vogliano farlo, proverò un piacere anche maggiore all’inserimento dell’ago.
Dario Calimani
Regaliamo libri
Un tempo, nel Bar Mitzvah – quando il mondo era agli albori e nessuno si sarebbe mai permesso di volgere in dubbio il tepore delle caverne, la funzionalità del perizoma e la convenienza di spingere gli oggetti anziché, trascinati dal consumismo, vivere nelle case, indossare dei vestiti e servirsi delle ruote – si ricorreva al barbaro costume, politicamente e moralmente squalificante, di regalare dei libri, senza badare alle conseguenze: e se qualcuno li avesse letti?
Nei primissimi anni Sessanta, si regalavano la Storia degli Ebrei, la Bibbia, Exodus, Il Vicario, cosicché quegli incoscienti donanti fabbricavano, letteralmente, dei sionisti, dei pro israeliani, insomma, dei fascistoni.
Emanuele Calò
Un popolo nella storia
Venerdì scorso, 10 Tevet – quest’anno 25 dicembre, mentre il mondo cristiano celebrava il Natale noi ebrei digiunavamo in ricordo dei morti nella Shoah. Mentre la visione cristiana rammemorava e consacrava con la nascita di Gesù di Nazareth l’avvento di una interpretazione della realtà divenuta poi dominante nel mondo occidentale, la visione ebraica riannodandosi a un grave fatto della sua storia lo interpretava come occasione del Kaddish generale e della riflessione collettiva in memoria di chi fu assassinato nello sterminio.
 
David Sorani
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