Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui   31 Gennaio 2021 - 18 Shevat 5781
L'INTERVISTA DI PAGINE EBRAICHE ALLA DIRETTRICE DELL'ISTAT 

"La democrazia vive nei numeri"

“È fondamentale che le note dolenti del Paese vengano aggredite. Da tempo, non certo da adesso, stiamo sprofondando su occupazione, parità di genere, istruzione. Abbiamo molti meno giovani laureati di altre nazioni. Siamo la patria della bellezza, ma gli investimenti in cultura sono ai minimi termini. È un problema strutturale che si trascina da anni. A mancare è una visione strategica complessiva”.
Direttrice centrale dell’Istat, Linda Laura Sabbadini è una che ai numeri dà del tu. E quelli italiani, ormai da diversi anni, la preoccupano. Non si tratta solo di dati, cifre, statistiche. “I numeri – ricorda infatti – sono anche uno strumento di democrazia: li devi guardare con attenzione, per capire cosa veramente accade attorno a noi. I numeri sono uno straordinario e al tempo stesso irrinunciabile strumento di libertà. Senza una loro anche minima padronanza si finisce in pasto alle ideologie”.

Lei è una delle massime esperte in circolazione sul tema delle disuguaglianze. Che effetti ha prodotto in questo senso l’epidemia? 
Un incremento notevole, purtroppo. L’epidemia è andata a inserirsi in una situazione già difficile, caratterizzata da un parziale e non esaustivo recupero rispetto alle disuguaglianze generate dalla precedente crisi economico-finanziaria. La povertà è più che raddoppiata, triplicata per bambini e giovani. Nel mondo del lavoro, dove già significative erano le differenze tra il Nord e il Sud del Paese, questo divario si è ancor più accentuato. Per le donne in particolare la situazione è drammatica. Sono loro a pagare per prime gli effetti della crisi.

C’è un motivo?
La crisi del 2008-2009 era andata a danneggiare in particolare l’industria, dove il maggior numero di lavoratori è costituito da uomini. Oggi la categoria più penalizzata è quella dei servizi, dalla ristorazione agli alberghi. Un settore in cui le donne sono più presenti degli uomini e in una condizione di precarietà palese già ben prima del Covid. C’è un problema di fondo, purtroppo ancora irrisolto.

Quale?
La verità è che il tema della parità di genere, in Italia, non è mai stato troppo di moda. Le conseguenze di questa mancanza, di questa incapacità di visione, le scontiamo tutte. E ora, con il Covid, anche di più.


 

Che prospettive ci sono per il futuro?
Uscire da questo stato di cose non sarà semplice. Perché, come detto, il Covid si innesta in criticità già consistenti. Abbiamo fatto un balzo all’indietro senza aver avuto prima il tempo di recuperare tutto quel che già era stato perso. È uno dei motivi per cui la situazione, anche da un punto di vista sociale, ci appare grave. 

Lei ha fatto parte della task force coordinata da Vittorio Colao. Quale è il bilancio di questa esperienza? 
Una stagione di lavoro breve, ma molto importante e impegnativa. Soprattutto centrata sugli obiettivi. Mi auguro che il documento che abbiamo elaborato a giugno sia preso un po’ più in considerazione di quanto avvenuto finora. Le indicazioni sulla strada da perseguire sono chiare. Per rifondare il Paese servono investimenti su queste tre direttrici: innovazione e digitalizzazione, cardine essenziale del rilancio; una rivoluzione verde nel segno della grande sfida posta dai cambiamenti climatici; inclusione e parità di genere.

Recentemente è arrivata una nomina prestigiosa: quella di chair del Women 20 che si terrà quest’anno in Italia.
Women 20 è un gruppo formale del G20 sulle tematiche di genere che si prefigge di essere uno stimolo, un pungolo costante per adottare misure all’altezza delle sfide del presente. Come noto, il G20 è spesso incentrato su questioni di esclusiva natura economica. La pandemia ha però stravolto un po’ lo scenario. Le risposte che si chiederanno ai potenti della terra non potranno infatti prescindere da valutazioni e interventi di tipo ambientale e sociale. È qui che entriamo in gioco noi di Women 20 per garantire un approccio di genere globale.

In che modo?
Nostro compito sarà quello di far sì che la parità di genere venga posta al centro di ogni strategia di rilancio. Partiremo in ciò dall’affermazione di un concetto piuttosto chiaro, anche se finora poco considerato: le donne sono la metà del mondo, ma se a questa metà si precludono strade di un certo tipo è il mondo nel suo insieme, non soltanto le donne, a risentirne in negativo. Se vogliamo andare nella direzione opposta, cioè quella della crescita, è necessario che si eliminino tutte le barriere. Una sfida difficile da vincere perché il primo nemico è una resistenza culturale assai diffusa al cambiamento.
Non voglio però che passi solo un messaggio negativo. Sono anzi un’ottimista, che crede fermamente nelle battaglie per cui combatte. Il margine per lasciare un segno esiste. La lacuna da colmare è quella della consapevolezza. Le donne emergono con la loro creatività e forza in tutti i settori. Ce la faremo.

Lei non manca di citare, come suo modello, la grande matematica Emma Castelnuovo (1913-2014). Nota anche come Emmatematica, è stata una figura affascinante per numerosi motivi.
Direi di più, un vero mito. Ho avuto il privilegio di averla come insegnante. È lei che mi ha fatto innamorare, con i suoi metodi innovativi e stimolanti, a questa materia. Ce la insegnava giocando, togliendoci quel blocco che in Italia causa purtroppo, da sempre, danni anche gravi. La matematica è logica, intuizione, creatività. Apprenderla con Emma è stata un dono. C’è poi un ulteriore aspetto da prendere in considerazione. La sua scelta di dedicarsi agli studenti delle scuole medie inferiori dice infatti molto della sua umanità tutta speciale. Del modo in cui ha inteso l’insegnamento: prima di tutto un servizio alla comunità. Avrebbe potuto aspirare a carriere assai più prestigiose: i numeri e la preparazione certo non le mancavano. Ma nessuno l’ha mai fatta desistere dalla convinzione che la cosa più utile, per mettere a frutto le sue competenze, fosse quella di dedicarsi a una fascia d’età così complessa ma anche così decisiva nella formazione. Una figura unica, a cui devo molto. Sono orgogliosa di essere stata sua alunna, come lo è stata mia madre alla scuola ebraica dove lei insegnava dopo la promulgazione delle leggi razziste e mio fratello più piccolo. Emma è indimenticabile.

Adam Smulevich, Pagine Ebraiche febbraio 2021

Leggi 

IL RICORDO DELL'INSEGNANTE CHE LE FECE AMARE LA MATEMATICA  

Il segno indelebile di Emma Castelnuovo

Figlia di Guido Castelnuovo e di Elbina Enriques, nipote del matematico Federigo Enriques, Emma Castelnuovo era nata a Roma il 12 dicembre 1913. Laureatasi nel 1936, vinse nel 1938 una cattedra di insegnante per la scuola media, ma fu sospesa dal servizio dopo pochi giorni, a causa delle leggi razziste. Furono così gli allievi della scuola ebraica di Roma, dove insegnò dal 1939 al 1943, i primi a beneficiare dei suoi metodi innovativi e della sua capacità di affascinare gli studenti.
Emma avrebbe consacrato per decenni la sua vita all’insegnamento. Tra i suoi studenti il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che in occasione dei festeggiamenti per il centenario avrebbe affermato di aver imparato da lei almeno tre lezioni: “La prima: non avere paura della matematica. Se non avessi avuto la fortuna di aver come insegnante Emma Castelnuovo, forse avrei avuto difficoltà a superare il trauma di avere ‘saltato’ la quinta elementare (passando da Napoli a Roma) e aver fallito l’esercizio di matematica: ancora oggi, peraltro, ho qualche difficoltà con le divisioni, che risolvo per trial and error (e mi pare, anche se non ne sono sicuro, che la stessa difficoltà palesai all’esame di terza media, o forse di quinta ginnasio…). La seconda lezione: non avere paura del cambiamento. Il cambiamento in questo caso era quello che riguardava la relazione tra docenti e allievi; la posizione relativa non era ovviamente in discussione, ma la comunicazione non era traumatica, si acquisiva la consapevolezza che si potevano porre domande e ricercare insieme risposte, senza timore di dire (eccessive) sciocchezze, anche qui come trail and error. Infine, la terza lezione: non avere paura dei giovani. Molti professori, anche negli anni remoti della nostra infanzia e adolescenza, avevano, hanno timore dei loro studenti. Lo stesso timore si manifesta a volte in altri contesti. La lezione è semplice: quanto più e quanto meglio riesci a comunicare, con l’esempio e con la trasmissione semplice e disinteressata della conoscenza tanto più profonda e tanto più positiva sarà la risposta”.

Leggi 

LA CERIMONIA AL MEMORIALE DELLA SHOAH DI MILANO 

“Figli e nipoti, la nostra vittoria"

“Credo che papà sarebbe molto orgoglioso di vedere il suo nome in un luogo che rimarrà per le prossime generazioni”. Nel silenzio del Memoriale della Shoah di Milano, Emanuele Fiano ha ricordato con commozione il padre Nedo, scomparso nel dicembre scorso, ringraziando per la decisione di intitolargli una delle Stanze delle Testimonianze. “Il doveroso tributo al suo impegno instancabile nel testimoniare”, le parole del presidente del Memoriale Roberto Jarach. Al termine della tradizionale commemorazione organizzata il 31 gennaio da Memoriale, Comunità ebraica di Milano e Comunità di Sant’Egidio, si è tenuta la ristretta cerimonia dedicata a Fiano, a cui ha preso parte la senatrice a vita Liliana Segre. “Ho raccontato tante volte a Lele come con Nedo, fratello di spirito, non parlavamo mai del passato. Per reciproca protezione verso l’altro. Parlavamo invece sempre dei figli, dei nipoti. Perché la vittoria più grande delle nostre vite è stata quella”, le parole di Segre, sopravvissuta come Fiano ad Auschwitz. “Tra noi sopravvissuti parlavamo di vita e non di morte. In particolare con Nedo, con Goti, con Luciana, ricordare il passato era inutile, bastava guardarci. Ma raccontare che da noi era uscita altra vita, quella sì era vittoria non prevista, né da noi né tanto meno dai meccanismi di morte nazisti”.

Leggi 

Traversie e opportunità
Varcando la soglia della «zona gialla» mi è tornato in mente quanto scrive Claudio Pavone in apertura del suo Una guerra civile (Bollati Boringhieri). Il 23 agosto 1943 – scrive Pavone – uscendo dal carcere di Castelfranco Emilia, Vittorio Foa, nel regalare a un compagno di prigionia la sua copia della Scienza nova di Vico la sigla con queste parole del filosofo napoletano: “Per varie e diverse vie, che sembravano traversie ed erano in fatti opportunità”. Nei venti mesi successivi quelle traversie in effetti furono anche il percorso preparatorio per opportunità. Si potrà dire anche per noi?
                                                                          David Bidussa
Fascino fascista
Scriveva Susan Sontag, in un memorabile saggio con il quale analizzava l’opera della regista tedesca Leni Riefenstahl, già nelle grazie di Hitler e Goebbels, che «secondo una convinzione molto diffusa il nazional-socialismo significa solo brutalità e terrore. Il nazional-socialismo – più in generale, il fascismo – significa un ideale, o piuttosto degli ideali che resistono ancora oggi sotto bandiere diverse: l’ideale della vita come arte, il culto della bellezza, il feticismo del coraggio, l’annullamento dell’alienazione in estatici sentimenti di comunanza; il rifiuto dell’intelletto […]».
Claudio Vercelli
Leggi
Un vaccino contro l'indifferenza
Giovedì, in prima serata, l’amministrazione comunale di Pelago, a chiusura di una settimana ricca di iniziative, ha organizzato un incontro su “L’esercizio della memoria come vaccino all’indifferenza”, svoltosi su una piattaforma cui potevamo accedere anche gli alunni delle scuole e resa pubblica in diretta sui canali sociali del Comune toscano.
Lionella Viterbo
Leggi
Pagine Ebraiche 24, l'Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Le testate giornalistiche non sono il luogo idoneo per la definizione della Legge ebraica, ma costituiscono uno strumento di conoscenza di diverse problematiche e di diverse sensibilità. L’Assemblea dei rabbini italiani e i suoi singoli componenti sono gli unici titolati a esprimere risoluzioni normative ufficialmente riconosciute. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo comunicazione@ucei.it Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: comunicazione@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
Twitter
Facebook
Website