La direttrice dell’Istat Sabbadini
“La democrazia vive nei numeri”
“È fondamentale che le note dolenti del Paese vengano aggredite. Da tempo, non certo da adesso, stiamo sprofondando su occupazione, parità di genere, istruzione. Abbiamo molti meno giovani laureati di altre nazioni. Siamo la patria della bellezza, ma gli investimenti in cultura sono ai minimi termini. È un problema strutturale che si trascina da anni. A mancare è una visione strategica complessiva”.
Direttrice centrale dell’Istat, Linda Laura Sabbadini è una che ai numeri dà del tu. E quelli italiani, ormai da diversi anni, la preoccupano. Non si tratta solo di dati, cifre, statistiche. “I numeri – ricorda infatti – sono anche uno strumento di democrazia: li devi guardare con attenzione, per capire cosa veramente accade attorno a noi. I numeri sono uno straordinario e al tempo stesso irrinunciabile strumento di libertà. Senza una loro anche minima padronanza si finisce in pasto alle ideologie”.
Lei è una delle massime esperte in circolazione sul tema delle disuguaglianze. Che effetti ha prodotto in questo senso l’epidemia?
Un incremento notevole, purtroppo. L’epidemia è andata a inserirsi in una situazione già difficile, caratterizzata da un parziale e non esaustivo recupero rispetto alle disuguaglianze generate dalla precedente crisi economico-finanziaria. La povertà è più che raddoppiata, triplicata per bambini e giovani. Nel mondo del lavoro, dove già significative erano le differenze tra il Nord e il Sud del Paese, questo divario si è ancor più accentuato. Per le donne in particolare la situazione è drammatica. Sono loro a pagare per prime gli effetti della crisi.
C’è un motivo?
La crisi del 2008-2009 era andata a danneggiare in particolare l’industria, dove il maggior numero di lavoratori è costituito da uomini. Oggi la categoria più penalizzata è quella dei servizi, dalla ristorazione agli alberghi. Un settore in cui le donne sono più presenti degli uomini e in una condizione di precarietà palese già ben prima del Covid. C’è un problema di fondo, purtroppo ancora irrisolto.
Quale?
La verità è che il tema della parità di genere, in Italia, non è mai stato troppo di moda. Le conseguenze di questa mancanza, di questa incapacità di visione, le scontiamo tutte. E ora, con il Covid, anche di più.
Che prospettive ci sono per il futuro?
Uscire da questo stato di cose non sarà semplice. Perché, come detto, il Covid si innesta in criticità già consistenti. Abbiamo fatto un balzo all’indietro senza aver avuto prima il tempo di recuperare tutto quel che già era stato perso. È uno dei motivi per cui la situazione, anche da un punto di vista sociale, ci appare grave.
Lei ha fatto parte della task force coordinata da Vittorio Colao. Quale è il bilancio di questa esperienza?
Una stagione di lavoro breve, ma molto importante e impegnativa. Soprattutto centrata sugli obiettivi. Mi auguro che il documento che abbiamo elaborato a giugno sia preso un po’ più in considerazione di quanto avvenuto finora. Le indicazioni sulla strada da perseguire sono chiare. Per rifondare il Paese servono investimenti su queste tre direttrici: innovazione e digitalizzazione, cardine essenziale del rilancio; una rivoluzione verde nel segno della grande sfida posta dai cambiamenti climatici; inclusione e parità di genere.
Recentemente è arrivata una nomina prestigiosa: quella di chair del Women 20 che si terrà quest’anno in Italia.
Women 20 è un gruppo formale del G20 sulle tematiche di genere che si prefigge di essere uno stimolo, un pungolo costante per adottare misure all’altezza delle sfide del presente. Come noto, il G20 è spesso incentrato su questioni di esclusiva natura economica. La pandemia ha però stravolto un po’ lo scenario. Le risposte che si chiederanno ai potenti della terra non potranno infatti prescindere da valutazioni e interventi di tipo ambientale e sociale. È qui che entriamo in gioco noi di Women 20 per garantire un approccio di genere globale.
In che modo?
Nostro compito sarà quello di far sì che la parità di genere venga posta al centro di ogni strategia di rilancio. Partiremo in ciò dall’affermazione di un concetto piuttosto chiaro, anche se finora poco considerato: le donne sono la metà del mondo, ma se a questa metà si precludono strade di un certo tipo è il mondo nel suo insieme, non soltanto le donne, a risentirne in negativo. Se vogliamo andare nella direzione opposta, cioè quella della crescita, è necessario che si eliminino tutte le barriere. Una sfida difficile da vincere perché il primo nemico è una resistenza culturale assai diffusa al cambiamento.
Non voglio però che passi solo un messaggio negativo. Sono anzi un’ottimista, che crede fermamente nelle battaglie per cui combatte. Il margine per lasciare un segno esiste. La lacuna da colmare è quella della consapevolezza. Le donne emergono con la loro creatività e forza in tutti i settori. Ce la faremo.
Lei non manca di citare, come suo modello, la grande matematica Emma Castelnuovo (1913-2014). Nota anche come Emmatematica, è stata una figura affascinante per numerosi motivi.
Direi di più, un vero mito. Ho avuto il privilegio di averla come insegnante. È lei che mi ha fatto innamorare, con i suoi metodi innovativi e stimolanti, a questa materia. Ce la insegnava giocando, togliendoci quel blocco che in Italia causa purtroppo, da sempre, danni anche gravi. La matematica è logica, intuizione, creatività. Apprenderla con Emma è stata un dono. C’è poi un ulteriore aspetto da prendere in considerazione. La sua scelta di dedicarsi agli studenti delle scuole medie inferiori dice infatti molto della sua umanità tutta speciale. Del modo in cui ha inteso l’insegnamento: prima di tutto un servizio alla comunità. Avrebbe potuto aspirare a carriere assai più prestigiose: i numeri e la preparazione certo non le mancavano. Ma nessuno l’ha mai fatta desistere dalla convinzione che la cosa più utile, per mettere a frutto le sue competenze, fosse quella di dedicarsi a una fascia d’età così complessa ma anche così decisiva nella formazione. Una figura unica, a cui devo molto. Sono orgogliosa di essere stata sua alunna, come lo è stata mia madre alla scuola ebraica dove lei insegnava dopo la promulgazione delle leggi razziste e mio fratello più piccolo. Emma è indimenticabile.
Adam Smulevich, Pagine Ebraiche febbraio 2021
(31 gennaio 2021)