IL COLLOQUIO CON PAGINE EBRAICHE RIPRESO DA TUTTA LA STAMPA ITALIANA 

Salute, il chiaro monito di Liliana Segre
mette in luce l'odio cieco dei no-vax

Da una parte una ripresa immediata su tutte le principali testate e agenzie di stampa nazionali, dall’altra una nuova e prevedibile ondata di odio online. L’intervista rilasciata a Pagine Ebraiche dalla senatrice a vita Liliana Segre ha generato immediate reazioni in tutto il paese. La sua ferma condanna del folle paragone no vax tra Shoah e disposizioni sui vaccini è diventata subito una delle notizie principali rilanciate dai media italiani, a dimostrazione del peso delle parole di Segre. Sopravvissuta ad Auschwitz, voce di Memoria e simbolo della lotta contro odio e indifferenza, la senatrice ha dichiarato che le manifestazioni in cui si paragonano leggi razziste e Green pass “sono follie, gesti in cui il cattivo gusto si incrocia con l’ignoranza”. Affermazioni diventate, tra ieri e oggi, titoli di giornale, così come l’invito a chi si ostina a negare l’efficacia e l’importanza dei vaccini “a rimanere a casa e non danneggiare gli altri”. Il popolo no vax – che nelle piazze è guidato dall’estrema destra – non ha gradito e sui social network ha cominciato a riversare il proprio odio.

Innumerevoli i commenti vergognosi su Twitter all’intervista a Pagine Ebraiche, tra antisemitismo e ostinata e ignorante rivendicazione che, sì, il Green pass sarebbe la nuova stella gialla, simbolo della persecuzione degli ebrei durante la Shoah. C’è chi arriva a mettere in dubbio la tragica esperienza nel lager di Segre, chi delira affermando “da antinazista a nazista è un attimo”, chi parla di invito da parte della senatrice a “ghettizzare i no vax” e “a mandarli nel lager”.

Demenza digitale di una minoranza che si presenta come paladina della libertà, ma rappresenta solo il volto più ignorante del paese, come nota anche Segre nell'intervista. Un mondo, tra bandierine dell’Italia e complottismo, che finge di essere vittima di una fantomatica dittatura sanitaria.

Per loro restano valide le parole della Testimone della Shoah: “Se uno vuole vedere il complottismo ovunque, beh resti a casa. Da solo. Non giri per le strade, non vada nel mondo, non danneggi gli altri”.

(Nelle immagini, dall'alto in basso: Liliana Segre testimonial della campagna di vaccinazione; un dettaglio dalla prima pagina del Corriere della sera; un post della redazione di "Che tempo che fa"; il lancio in lingua inglese dell'agenzia Ansa)

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SPORT E IDENTITÀ

Il sogno di Beatie, maratoneta haredi:
"Ai prossimi Giochi ci sarò anche io"

A Tokyo sperava di esserci. Ma i suoi tempi di corsa, pur ottimi, non le sono bastati per la qualificazione. E comunque, visto che la maratona femminile è in programma di Shabbat, non avrebbe partecipato. Resta un’ultima possibilità: Parigi 2024.
Di sé dice: “Sono una sognatrice”. E per questo guai a sottovalutarla. Perché i sognatori, si sa, spesso riescono dove i non sognatori difettano. Trentadue anni e cinque figli, Beatie Deutsch è la più forte maratoneta d’Israele. Una donna tenace e combattiva, fiera di essere parte di quel mondo haredi spesso definito impropriamente, anche sulla stampa italiana, con l’aggettivo “ultraortodosso”.
Deutsch, che rispetta il principio ebraica della tzniut, la modestia, indossa abiti forse meno confortevoli delle sue colleghe – la testa coperta, maglietta con maniche lunghe, una gonna che arriva fino all’altezza delle ginocchia. Ciò non le ha comunque impedito di laurearsi campionessa nazionale e di vincere una gara prestigiosa come la Maratona di Gerusalemme.
Emozionante la sua storia personale: nata e cresciuta negli Stati Uniti, si è trasferita in Israele all’età di 18 anni. Per poi sposarsi l’anno successivo con Michael, un insegnante di Yeshivah. Al quarto figlio uno scossone: “Pannolini e cumuli di biancheria minacciavano di consumarmi”, ha raccontato in una intervista. Un nuovo equilibrio, con il sostegno della famiglia che l’ha spronata in quella direzione, l’ha trovato proprio grazie alla corsa.
“Correre – le sue parole – mi ha ricordato il potenziale che abbiamo come essere umani. A 26 anni ho imparato a sognare di nuovo”. Non a caso un importante brand internazionale l’ha scelta come testimonial di una campagna denominata “Impossible is nothing”. Beatie lo sa bene. A Parigi conta di essere protagonista per ricordarlo al mondo intero.
Non l’unico sogno nel cassetto: “Vorrei – spiega – rappresentare Israele ai prossimi Mondiali, diventare psicologa nello sport, pubblicare un romanzo storico, viaggiare, insegnare Torah e apprenderla ulteriormente io stessa”.

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LA CONFERENZA ONLINE

"Cultura ed educazione antidoto all'antisemitismo"

Nel contrasto all’antisemitismo devono essere coinvolti tutti i settori della società, dall’istituzioni civili a quelle religiose, dalla scuola al mondo della cultura. Contro il veleno antisemita non è possibile muoversi su un piano solo.
Lo hanno ricordato nei propri interventi i relatori dell’incontro “Cultura ed educazione; antidoto all’antisemitismo”, organizzato dall’Associazione Italia-Israele di Milano. Dopo i saluti istituzionali dell’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno, sono intervenuti il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara, il coordinatore della Commissione educazione e giovani UCEI Saul Meghnagi, il presidente del Coreis e imam Yahia Pallavicini, mentre le conclusioni sono state affidate a David Meghnagi, Consigliere UCEI e presidente del Comitato accademico europeo contro l’antisemitismo. A introdurre e moderare il confronto, il presidente dell’Associazione Italia-Israele di Milano Pier Francesco Fumagalli.
Guardando all’Italia, il vicepresidente UCEI Mortara ha parlato di una profonda preoccupazione “per le nuove forme di antisemitismo, radicate in secoli di pregiudizi e intolleranze". L’Italia, il suo pensiero, "non ha elaborato a fondo quello che è successo durante il Novecento e serve oggi una riflessione più ampia”. Una riflessione che educhi in particolare i giovani a non cadere nella rete dell’hate speech. 
Proprio in materia di educazione, Saul Meghnagi ha richiamato un elemento concreto: la firma, lo scorso gennaio, di un protocollo d’intesa tra l’UCEI, la Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Milena Santerini e il ministero dell’Istruzione sul tema della condivisione e definizione di iniziative, azioni, modelli e strumenti volte contrastare l’antisemitismo in tutte le sue forme. "Questo accordo – ha detto Meghnagi – prevede di promuovere un piano di attività comuni, soprattutto la stesura di linee guide per il contrasto dell’antisemitismo, e sarà poi sottoposto al ministero stesso". 
Sul rapporto tra comunità si è invece soffermata la riflessione dello psicanalista David Meghnagi, con un particolare riferimento ai pregiudizi diffusi nei cittadini arrivati in Europa dai paesi islamici. “L’antisemitismo di matrice antisionista in Europa negli anni '80 era importato politicamente", ha evidenziato Meghnagi. "Oggi - le sue parole - è parte del vissuto di una parte consistente della comunità di cittadini che vivono in Europa e che magari hanno delle origini di terza generazione”.

(Nell'immagine l'intervento dell'assessore Del Corno)
 
SEGNALIBRO 

Antisemitismo e antisionismo,
quelle convergenze tra estremismi

Esperienze ideologiche agli antipodi per molti aspetti, ma che su un punto almeno sembrano convergere: un antisemitismo feroce. Talvolta sfacciato, altre volte più subdolo ma comunque non in discussione. “Antisemitismo e antisionismo nell’estrema sinistra e nell’estrema destra italiane”, saggio di recente uscita a cura di Joel Terracina, è un compendo di grande valore. Una ricognizione utile per cogliere quanto questo fenomeno, nelle sue diverse declinazioni, abbia preso il sopravvento in alcuni movimenti extraparlamentari che, sottolinea l’autore, laureato in Scienze politiche e in possesso di una laurea magistrale in Studi Europei presso l’Università degli Studi Roma Tre, “nutrono avversione sia nei confronti della minoranza ebraica italiana sia per lo Stato d’Israele”.
Pubblicato dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, si apre con un riferimento storico alla Guerra dei Sei Giorni: da quel conflitto si fa infatti discendere un mutamento di percezione dello Stato ebraico che una certa narrazione “anti-imperialista” ha collocato, da allora, nel novero degli “oppressori”. Colpa anche di alcuni intellettuali che, evidenzia Terracina, “si posero come obiettivo quello di riscrivere la storia d’Israele, rielaborando una nuova immagine che iniziò ad acquisire caratteristiche tipicamente negative”.

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Idolatria della domanda e idolatria della risposta
Che cos’è e come si recepisce un racconto? Un racconto è un’esperienza di condivisione, e un bisogno di liberare energie represse, un racconto nasconde sempre in sé piccoli e ingombranti segreti dell’anima. Ma più avanza l’era di Facebook più si perde la capacità di ascolto.
Siamo tutti pensatori, siamo tutti giudici, abbiamo tutti una risposta per ogni quesito. Anzi, i quesiti stanno scomparendo, si rischia che rimangano solo le risposte, immotivate, in sospensione. Anche risposte al silenzio. Interrogarsi sembra diventato superfluo. Si va dritti verso la soluzione di un problema che non è mai stato posto.
Capita, dunque, che tu racconti una storia, e ti venga sparata addosso una sentenza. Non ci si accontenta del proprio ruolo di fruitori e testimoni, non è appagante il semplice apprendere l’esperienza altrui, si sente invece di dover emettere un verdetto, il verdetto.
Dario Calimani
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Una pietra di paragone
Francis Rooney (già ambasciatore Usa presso la Santa Sede), nel suo libro “The Global Vatican” (USA, 2013), scrive che nel 1968 un gruppo di giovani cattolici fonda Sant’Egidio, divenuta una ong “molto influente” che conta sessantamila volontari in settantatré Stati, ed ha l’inusuale virtù di allocare soltanto il 4% del suo bilancio per i compiti d’amministrazione. Sant’Egidio – soggiunge Rooney – vien detta “l’Onu di Trastevere”; potremmo pure ritenerla migliore dell’Onu, dove abbondano e predominano i regimi autoritari. Per l’Onu di Trastevere la pace è un valore in sé, e quindi non è condizionata ad alcunché. Sempre Rooney, citando Andrea Riccardi, riporta che la vera utopia, intesa come follia, è la guerra: chi avrebbe il coraggio di dargli torto?
Da Pagine Ebraiche si apprende che la Comunità di Sant’Egidio ha aderito alla definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (Ihra).
 
Emanuele Calò
Mass media, politica e strumentalizzazione
Si parla di tutto, nei numerosi talk show che si susseguono sui vari canali tv in diverse fasce orarie o sulle pagine di molti quotidiani e settimanali. Si parla di tutto, e in realtà spesso non si parla di niente. Sono tanti i temi complessi in discussione, spesso di una attualità drammatica e bruciante. Tre su tutti, in queste ultime settimane: il Ddl Zan e in particolare il rapporto tra la legge anti-omofobia e la necessità o meno di definire “l’identità di genere”; la tormentata riforma del processo penale; la violenza brutale e gratuita della polizia carceraria sui prigionieri del Carcere di Santa Maria Capua Vetere e in genere la difficile situazione delle carceri italiane. Argomenti centrali e ineludibili; rispetto ai quali, però, gli approfondimenti veri, quelli che mettono al centro i vari aspetti del tema per comprenderne le implicazioni e le dinamiche, non sono molto numerosi.
 
David Sorani
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