La casa come sicurezza, protezione, famiglia. Ma anche come possibile trappola, luogo di oppressione e insofferenza. La casa, nelle sue diverse declinazioni, è il filone della XII edizione della Festa del Libro ebraico di Ferrara, organizzata dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (23-26 settembre). Una rassegna che si svolge sotto alla tradizionale capanna costruita in occasione della festa di Sukkot. Una casa provvisoria che richiama la fragilità della vita. “La Festa di Sukkot - ha sottolineato nel corso dell'inaugurazione il presidente del Meis Dario Disegni - è chiamata in ebraico 'zeman Simchatenu', il tempo della nostra gioia, pur simboleggiando la precarietà e l’incertezza, ma al tempo stesso la grande fiducia di conseguire, con l’aiuto del Signore, il traguardo promesso a Mosè. Mi sembra che questa gioia sia la stessa gioia che proviamo noi oggi ritrovandoci in presenza in questo splendido spazio, dopo i mesi tremendi della pandemia che ha sconvolto tutto il mondo, per quella che da sempre abbiamo voluto denominare come ‘festa’ del libro ebraico. Al tempo stesso noi nutriamo un certo qual sentimento di insicurezza, che ci fa ritenere di trovarci ancora a metà del guado, anche se i nostri cuori e le nostre menti si stanno ora aprendo alla ragionevole speranza di un prossimo futuro che ci renda liberi da questo flagello”.
“La sukkah sotto la quale ci ritroviamo oggi - ha aggiunto il direttore del Museo Amedeo Spagnoletto - è il simbolo della precarietà, ci porta a riflettere su come cambiano le cose, sulle certezze che si perdono ma che si riacquisiscono anche grazie a questi momenti di condivisione così importanti”.
Ad aprire la festa, i saluti del rappresentante del ministero della Cultura Daniele Ravenna, dell’assessore alla Cultura dell'Emilia-Romagna Mauro Felicori, dell'assessore alla Cultura di Ferrara Marco Gulinelli e dell’ambasciatore Luigi Maccotta, capo della delegazione italiana dell’Ihra, che hanno sottolineato l'importanza del Meis per il territorio. Sul tema del libro ebraico si è invece soffermato il messaggio della Presidente UCEI Noemi Di Segni. “Nel libro ebraico c’è qualcosa di speciale, perché al di là del rapporto con lo scrittore vi è il rapporto con la propria identità, con un popolo, con una comunità, con una storia lunga e faticosa, con un patrimonio che non è solo quello nostro personale, ma di una collettività”, le parole di Di Segni, lette da Gloria Arbib, membro del cda del Meis. “Parlare oggi del libro ebraico – la riflessione della presidente UCEI - equivale per noi ad affermare che ci interroghiamo sulla nostra identità, sul nostro poter essere futuro, sull’essere profezia o memoria”. Una chiave, quella di interrogare il passato per comprendere l'oggi e il domani, ripresa anche nel primo appuntamento della Festa, che ha visto confrontarsi il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli Paolo Giulierini, lo storico, filologo e saggista Luciano Canfora e lo storico dell'arte Samuele Rocca, moderati dall’archeologa Astrid D’Eredità. I tre relatori hanno accompagnato il pubblico in un viaggio tra Roma, Gerusalemme e Pompei, intrecciando la storia dei luoghi con quella ebraica nel periodo da Giulio Cesare ad Erode il Grande.
Una storia di famiglia, profondamente legata al territorio e al Novecento italiano, è stata invece la protagonista della mattinata - aperta dal laboratorio per bambini curato da Sara Gomel - del secondo giorno della rassegna. In particolare si è parlato della storia della Petrolifera Italo Rumena, al centro del libro Il merito dei padri (Il Mulino), firmato da Tito Menzani, Emilio Ottolenghi e Guido Ottolenghi. A presentare il volume al fianco di Guido Ottolenghi, l'ex Presidente del Consiglio Romano Prodi e la neo rettrice dell’Università degli Studi di Ferrara Laura Ramaciotti. “Una vicenda – ha evidenziato Prodi - che mi ha profondamente colpito per la capacità della famiglia di darsi continuità nella discontinuità del paese”. Di costruire e mantenere un'impresa di successo resistendo al colpo inferto dalle Leggi razziste e dalla Shoah. Una resistenza dimostrata, seppur in modo profondamente diverso, anche dalla Testimone Edith Bruck, sopravvissuta ad Auschwitz. È la sua voce di Memoria a concludere in queste ore la giornata. Assieme al direttore Spagnoletto e alla presidente dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara Anna Quarzi, Bruck interverrà per presentare il suo libro Il pane perduto.
IL CONFERIMENTO DELL'ORDINE AL MERITO DALLA REPUBBLICA TEDESCA
La Germania onora Liliana Segre:
"Impegno straordinario contro l'odio"
“Sono molto onorata ma anche colpita nel profondo. È un’occasione per meditare sul mio lungo e doloroso percorso di riconciliazione con la Germania”. Nel ricevere in queste ore dall'ambasciatore tedesco Viktor Elbling l’Ordine al merito della Repubblica Federale di Germania, la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, ha voluto aprire una riflessione più ampia sul passato e sul presente. Sul profondo lavoro portato avanti dallo Stato tedesco per fare i conti con la propria storia.
“Rivedo – le parole di Segre - lo storico gesto del Cancelliere Willy Brandt, che nel 1970 nella sorpresa generale si inginocchiò a Varsavia davanti al monumento ai caduti del Ghetto. Ripenso alle migliaia di intellettuali e di insegnanti tedeschi che, nel corso dei decenni, ribellandosi al precedente oblio, hanno fatto un lavoro straordinario affinché le nuove generazioni, nate dopo la guerra, facessero i conti con il passato della nazione, con un impegno che è d’esempio per molti paesi europei, compresa l’Italia”, le riflessioni della senatrice, che ha ricevuto l'alta onorificenza nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani presso il Senato della Repubblica. Un riconoscimento conferitole nel 2020 (con cerimonia poi rimandata a causa della pandemia) dal Presidente Frank-Walter Steinmeier per il suo “straordinario impegno per ricordare la Shoah e l’instancabile lotta contro l’odio e l’intolleranza”.
Guardando alla Germania di oggi, Segre ha ricordato proprio il ruolo di Steinmeier e della cancelliera Angela Merkel come punti di riferimento che “guidano con saggezza una Germania baluardo della democrazia e messaggera di pace nel mondo”. Il pensiero della senatrice si è poi rivolto alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, “che ho avuto il piacere di conoscere personalmente: vera paladina di un’Europa sempre più unita e solidale, contro nazionalismi e oscurantismi”.
Nel ricevere l'Ordine al merito, Segre ha ringraziato “le amiche Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato, e Noemi Di Segni, presidente dell’UCEI, che hanno voluto essere al mio fianco in una giornata per me così particolare e colma di significati”. Giornata e riconoscimento che la Testimone ha voluto dedicare alla memoria dei suoi cari scomparsi nella Shoah: il padre Alberto e i nonni Olga e Giuseppe Segre.
Simonino da Trento e i colpevoli inventati,
la mostra premiata dall'Europa
Un allestimento esemplare, in grado di stimolare “la riflessione critica sulla costruzione di un ‘altro’ ostile; la diffusione di comportamenti intolleranti alimentati da pregiudizi e stereotipi; il potere della propaganda e delle fake news”.
Agli European Heritage Awards, massima onorificenza europea nel settore, vittoria del Grand Prix per il Museo Diocesano Tridentino e la mostra “L’invenzione del colpevole” basata sul caso di Simonino da Trento, l’infame accusa di omicidio rituale nei confronti di alcune famiglie ebraiche locali e il macabro culto antisemita celebrato, da allora e per quasi cinque secoli, dalla Chiesa cattolica.
La fine del culto, si ricorda nel percorso storico tracciato sotto la guida della direttrice del Museo Domenica Primerano con Domizio Cattoi, Lorenza Liandru e Valentina Perini, è molto recente. Risale infatti al 1965, l’anno in cui prese avvio una diversa consapevolezza sul caso e su tutte le sue implicazioni. Merito dell’azione di monsignor Iginio Rogger, primo artefice di una revisione avvenuta anche su spinta dell’insegnante ebrea triestina Gemma Volli. Un momento di svolta decisivo.
“L’applicazione di un’imparziale coscienza critica all’ampia documentazione su cui si fondò l’accusa nei confronti degli ebrei – rifletteva Primerano in un suo saggio di presentazione della mostra – portò a cogliere la reale configurazione dei fatti, facendo riemergere la verità storica. Una ‘verità’ che impone a tutti noi una responsabile riflessione circa le terribili conseguenze che pregiudizi, stereotipi, meccanismi di esclusione del ‘diverso’ comportarono e comportano tuttora”. La storia, questa storia, ci consegna pertanto “un severo monito che sarebbe colpevole ignorare”.
Si apre con un servizio sulla prossima Giornata Europea della Cultura Ebraica la puntata di Sorgente Di Vita in onda su Rai Due domenica 26 settembre.
Padova sarà la “città capofila” dell’evento che domenica 10 ottobre aprirà sinagoghe, musei e altri siti ebraici alla cittadinanza. Filo rosso che unirà idealmente tutti gli eventi sarà il tema “Dialoghi”, per sottolineare l’importanza dell’incontro e del confronto tra le culture.
Il nostro Paese soffre di una certa reticenza nel confrontarsi con la storia, in special modo quando questa non segua un certo mainstream tranquillizzante e una narrazione ampiamente condivisa e poco problematizzata. L’estrema difficoltà incontrata dall’idea stessa di realizzare un museo dell’Italia fascista, con polemiche e liti sul luogo adatto e sul tipo di narrazione proposta, è solo un esempio, peraltro ormai accantonato e non più all’ordine del giorno.
La parola corretta credo sia “reticenza”. Si fa estrema fatica ad accettare l’idea che la nostra storia è ben diversa dalla comoda narrazione del “bravo italiano” e comprende momenti in cui italiani e italiane hanno condotto azioni moralmente non irreprensibili, con le quali in ogni caso è necessario fare i conti per comprendere appieno la nostra contemporaneità.
Siamo ormai nel vortice delle festività del mese di Tishrì, quel mese conosciuto già dal Tana"kh con l'appellativo di "Yerach ha etanim - il Mese dei Giganti". La festa di Sukkot è la festività culminante del periodo subito dopo Rosh ha shanà e Kippur - che sono considerate i giorni severi, ossia il momento di riflessione sull'anno trascorso e le promesse per l'anno che sta entrando. Sukkot celebra la raccolta del prodotto agricolo che è considerato il premio e la benedizione divina alla fine di questo periodo. Tutto è all'insegna dello studio della Torà e dell'osservanza delle mitzvot, che ci provengono direttamente dal Signore.
Secondo Sukkot in tempo di pandemia. Ormai le cene comunitarie e le riunioni affollate in sukkà sono un ricordo sbiadito, ma se non altro almeno per una settimana è tornato il kiddush collettivo alla fine della tefillà (seppure a turni, con mascherine e con tutte le attenzioni e gli accorgimenti possibili), e finalmente c’è la possibilità di incontrare le persone e fare due chiacchiere con calma. Chissà se torneremo mai come prima?
“[Trieste è] una città che parla un dialetto veneto, circondata da una campagna nella quale non si parla che una lingua slava, la parte più intellettuale della borghesia, che si sente staccata dal paese cui crede di appartenere per lingua e per cultura (è benché non conoscano il ‘toscano’ e benché la cultura… ma della cultura non parliamo), e che è dunque costretta, in pieno ventesimo secolo a ricorrere a un frasario retorico ottocentesco da Risorgimento, che tiene alta la fiaccola, che crede che l’italiano sia l’idioma gentil sonante e puro, e Firenze la città dei fiori, che crede che a Roma mungano la lupa per dar da bere il latte alla stirpe, che offre lampade votive, che attacca dappertutto leoni di San Marco…”.
Questa è Trieste come la descriveva Roberto Bazlen in un’intervista presente tra i suoi pochi scritti.