Gli uomini e le lettere della Torah

Siamo ormai nel vortice delle festività del mese di Tishrì, quel mese conosciuto già dal Tana”kh con l’appellativo di “Yerach ha etanim – il Mese dei Giganti”. La festa di Sukkot è la festività culminante del periodo subito dopo Rosh ha shanà e Kippur – che sono considerate i giorni severi, ossia il momento di riflessione sull’anno trascorso e le promesse per l’anno che sta entrando. Sukkot celebra la raccolta del prodotto agricolo che è considerato il premio e la benedizione divina alla fine di questo periodo.
Tutto è all’insegna dello studio della Torà e dell’osservanza delle mitzvot, che ci provengono direttamente dal Signore.
Mercoledì segnerà la conclusione di questo lungo periodo, con la festa di Simchat Torah – la gioia della Torah – festa in cui si concluderà la lettura del ciclo annuale della Torah, per essere poi, immediatamente ricominciata.
Nella tradizione ebraica, tutta la nostra vita scorre a cicli: dalla nascita alla morte; dalla mattina alla sera; così come lo studio e la lettura della Torah, considerati “la nostra vita e la lunghezza dei nostri giorni”. Fanno notare i chakhamim che, per festeggiare il Chatan Torah – lo sposo della Torah (colui che avrà l’onore di leggerne il brano conclusivo) – si fanno sette giri attorno a lui: le hakkafot.
Esse simboleggiano una forma di protezione per costui da parte del resto della Comunità, durante l’anno in corso. Insegnano ancora i nostri Maestri che tutto nella nostra vita deve essere circondato e quindi protetta, come ad esempio le lettere contenute proprio nel Sefer Torah. Esse, per rendere kasher un Sefer Torah, debbono essere circondate dal kelaf (la pergamena non scritta). Ossia, devono essere ben staccate dalle altre lettere. Questo simboleggia che ogni ebreo che studia la Torah ha il diritto di essere una unità indipendente, ma tutti gli ebrei che la studiano e la osservano – indipendentemente – formano un unico popolo.
Così come tutte le lettere che compongono il testo della Torah debbono essere riconoscibili e tutte insieme formare qualcosa di sacro, anche la nostra vita, quella del nostro popolo e la Torah stessa che proviene da D-o, debbono essere distinte dal resto del Creato.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna