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IL CAPO DEL GOVERNO DRAGHI IN VISITA AL MEMORIALE DELLA SHOAH DI MILANO

“Nutriamo la Memoria, ogni giorno”

Il Memoriale della Shoah a Milano, il Binario 21, “non è stato soltanto un punto di partenza, ma anche di  arrivo. La conclusione della deriva liberticida che ha preceduto la  Seconda Guerra Mondiale. Con le 'leggi razziali', che dovremmo chiamare 'leggi razziste', che hanno aperto una nuova stagione di  discriminazioni e violenze. La sospensione e soppressione dei diritti  politici e civili. L'uso politico dell'odio, che ha eroso le basi della nostra democrazia”. Così il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo intervento in occasione della visita al Memoriale della Shoah di Milano. Al fianco del capo del governo, la Testimone della Shoah e senatrice a vita Liliana Segre, che proprio dal binario 21 fu deportata ad Auschwitz assieme al padre. “A nome del Governo e di tutti gli italiani voglio ringraziarLa per il Suo impegno in difesa della verità e dell’umanità”, le parole di Draghi rivolte alla senatrice che ha ringraziato il Premier per “aver accolto il mio invito al Memoriale”. Al loro fianco, anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e la vicepresidente della Regione Lombardia, Letizia Moratti, oltre al presidente del Memoriale Roberto Jarach e la coordinatrice nazionale per la lotta all'antisemitismo Milena Santerini.
Di seguito l'intervento del Presidente del Consiglio Draghi al termine della visita.

È una grande emozione per me essere qui oggi. Questo luogo è la rappresentazione tangibile della memoria della Shoah in Italia. Dei mali dell’occupazione nazista e del collaborazionismo fascista.
Ci mette davanti alle nostre responsabilità storiche, in modo netto e inequivocabile.
Da qui sono partite migliaia di persone, non solo ebrei, dirette ai campi di concentramento e di sterminio. Tra loro c’era anche la Senatrice Liliana Segre, allora poco più che bambina. Sopravvissuta ad Auschwitz, è diventata testimone contro l’odio nazifascista. Una “donna libera e donna di pace”, come si è definita in passato. A nome del Governo e di tutti gli italiani voglio ringraziarLa per il Suo impegno in difesa della verità e dell’umanità.
Il Binario 21 non è stato soltanto un punto di partenza, ma anche di arrivo. La conclusione della deriva liberticida che ha preceduto la Seconda Guerra Mondiale. Con le “leggi razziali” – che dovremmo chiamare “leggi razziste” – che hanno aperto una nuova stagione di discriminazioni e violenze.
La sospensione e soppressione dei diritti politici e civili.
L’uso politico dell’odio, che ha eroso le basi della nostra democrazia.
Il 25 aprile scorso, al Museo storico della Liberazione a Roma, ho voluto ricordare la scritta all’ingresso di questo memoriale. “Indifferenza”. Questa parola ci riguarda tutti. Come ha detto Liliana Segre, “l’indifferenza porta alla violenza, perché l’indifferenza è già violenza”. È un insegnamento che dobbiamo mettere in atto. Perché la salvaguardia della memoria è un atto di responsabilità. Contro una pericolosa illusione: che le sofferenze degli altri non ci riguardino.
Ricordare non è un atto passivo: è un impegno per il presente. Dobbiamo agire sulle radici profonde del razzismo e dell’antisemitismo e contrastare le loro manifestazioni violente, arginare ogni forma di negazionismo. Sono una minaccia al nostro vivere civile. Alla nostra libertà.
Le istituzioni italiane sono impegnate nel contrasto all’antisemitismo. Con la Strategia nazionale, coordinata dalla Professoressa Santerini. E con la Commissione straordinaria presieduta dalla Senatrice Segre. È uno sforzo che non deve riguardare soltanto l’Italia, ma tutta l’Europa.
Il Memoriale non ci parla soltanto di morte. Ci ricorda – e ricorda soprattutto ai più giovani – l’esempio di chi oppose all’orrore delle deportazioni le ragioni della vita. È la memoria dei Giusti – coloro che rischiarono la propria vita per salvare gli ebrei negli anni dello sterminio. Per offrire loro un rifugio e una via di fuga quando ne avevano bisogno. Qui a Milano come in altre città italiane.
Dobbiamo custodire le loro storie di eroismo disinteressato. E dobbiamo custodire il patrimonio della cultura ebraica. Il suo contributo fondamentale alla storia italiana ed europea.
Dalla scienza alla tecnologia, dall’arte alla letteratura, dalla medicina all’economia.
Un’eredità costruita con coraggio in mezzo ai traumi della storia, come, per esempio, nella saga della famiglia Karnowski raccontata nel bel libro di Israel Singer.
Sono felice che il Memoriale della Shoah sia tornato a essere frequentato dagli studenti, da tutti i cittadini, dopo la chiusura durante la fase più dura della pandemia. L’attività economica e sociale del Paese riprende. Ma l’anima di ogni ricostruzione è la vita civile e morale della nostra democrazia.
Quei valori repubblicani di fratellanza e libertà a cui dobbiamo essere fedeli. E che dobbiamo proteggere e promuovere, con determinazione. Per nutrire la memoria, ogni giorno. Per scegliere, contro ogni indifferenza.

Mario Draghi, Presidente del Consiglio

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LA NORMA CHE GARANTIVA LA CITTADINANZA AGLI EBREI DI ORIGINE SEFARDITA  

Spagna, lusinghe e tradimenti della legge “riparatrice”

“Cari Sefaradim, grazie per la vostra lealtà, e per aver salvaguardato come un tesoro prezioso la vostra lingua…, i vostri usi che non sono altro che i nostri. Grazie anche per aver fatto sì che l’amore prevalesse sul rancore, e per avere insegnato ai vostri figli ad amare questa patria spagnola…Quanto ci siete mancati!…Voglio oggi dirvi che siete di nuovo a casa, la vostra casa, per sempre”.
Fra le parole più toccanti e significative nel discorso pronunciato dal re Filippo VI di Spagna quando, con cerimonia solenne, inaugurò la Legge n. 12 del 24 giugno 2015 che sanciva la possibilità, per gli ebrei sefarditi di provata origine spagnola, di acquistare a pieno diritto la cittadinanza del paese. La legge, approvata all’unanimità dal Parlamento, prevedeva una richiesta formale con allegata documentazione da presentare ad un notaio spagnolo entro e non oltre il primo ottobre 2019. I notai spagnoli, figure giuridiche in gran parte simili ai notai italiani, erano infatti stati delegati dalla legge stessa a verificare personalmente le singole richieste presentate dai relativi firmatari, con conseguente facoltà di dichiarare a pieno titolo costoro “ebrei sefarditi”.

Annalisa Di Nola

(Nell’immagine: l’intervento del re Filippo VI di Spagna davanti alle rappresentanze ebraiche)

 

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LA MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE NEGLI EMIRATI ARABI UNITI

Israele e la storica presenza all'Expo di Dubai:
"Con i paesi arabi, per costruire un nuovo domani"

La tenda di Abramo era aperta su tutti lati in modo da permettere a chiunque, da ogni latitudine e provenienza geografica, di accedervi. Era un luogo che rappresentava una lezione di accoglienza. Lezione richiamata oggi nella storica partecipazione d'Israele all'Expo di Dubai. Qui infatti il padiglione israeliano, come la tenda di Abramo, è aperto su tutti i lati per dare al visitatore l'idea che non ci sono barriere, non ci sono confini. Soprattutto con i paesi arabi che vogliono dialogare con Israele. “Il nostro è un padiglione aperto a tutti, dove chiunque è benvenuto, senza file e senza ostacoli”, racconta a Pagine Ebraiche da Dubai Menachem Gantz, portavoce d'Israele all'Expo negli Emirati Arabi Uniti. “Essere qui è incredibile. La sensazione è di fare la storia ogni giorno. Non avremmo mai immaginato di essere ospiti di una manifestazione così importante in un paese arabo. E invece siamo qui a Dubai, accolti in maniera esemplare, con tutti gli onori e tutto lo spazio. E con un grandissimo interesse da parte del pubblico”. Perché, spiega Gantz, anche se l'inaugurazione dell'Expo sarà il Primo ottobre, già centinaia di persone sono passate dal Padiglione Israele. Uno spazio il cui tema è presentato al pubblico in Aravrit, ovvero con una scritta in arabo ed ebraico: “Verso il domani”. “È un modo per ricordare, attraverso la lingua, come le nostre culture siano vicine e come possano proiettarsi assieme, grazie agli storici accordi di Abramo, verso il futuro”.

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IL PREMIER NAFTALI BENNETT E L'INCONTRO CON IL MONDO EBRAICO AMERICANO

“Tra Israele ed ebrei Usa una relazione da ridisegnare”

Una relazione da ridisegnare. Ha usato quest’espressione Naftali Bennett nel suo primo confronto, da premier d’Israele, con i leader e rappresentanti dell’ebraismo americano incontrati a New York a margine del suo intervento alle Nazioni Unite. Un rapporto strategico fondamentale, ma non sempre idilliaco, quello tra governo di Gerusalemme ed ebraismo Usa. Almeno in alcune sue componenti che al passato Primo ministro avevano rimproverato l’apertura di credito, pressoché totale, nei confronti di una figura ingombrante come Donald Trump (il voto ebraico americano è in genere orientato verso il Partito democratico). A pesare anche alcune divergenze su questioni di politica interna ed estera.
Senza mai menzionare Netanyahu, il suo successore ha sostenuto l’importanza di un dialogo aperto e franco. “Ciò non significa che saremo d’accordo su tutto. È però essenziale che ci si parli e ascolti reciprocamente”, il suo messaggio.
Un messaggio anche per lo storico alleato, la Casa Bianca. Sulla questione del nucleare iraniano al centro in questi mesi di una complessa partita diplomatica che mette in gioco anche l’amministrazione Biden, Bennett ha assicurato che “non esternalizzeremo con nessuno, neanche con i nostri migliori amici, tutto quello che ha a che fare con la sicurezza”.

 

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VERSO LA GIORNATA EUROPEA DELLA CULTURA EBRAICA

Musica ebraica, musica per l’incontro

Fare musica è un dialogo, per definizione. Un dialogo fra chi esegue e chi sta a sentire, prima di tutto; e un dialogo fra musicisti, quando si suona in un insieme. Più in generale la musica è basata su un elemento che del dialogo è alla base: l’ascolto. Non solo la musica si apprezza ascoltandola: ma la si crea, ascoltando – non solo ciò che esce dal proprio strumento, ma prima di tutto ciò che sta intorno, ciò che altri musicisti stanno suonando insieme a te, e anche quando si suona da soli, avvertendo il declinare del tempo, ascoltando il dialogo fra strumento e ambiente. Non a caso suonare in un ensemble è un fantastico metodo per insegnare ad ascoltare e ascoltarsi, per insegnare l’attenzione per l’altro, per il dialogo a volte complicato fra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori di noi. Non a caso la musica è spesso usata come veicolo di incontro fra mondi lontani, superamento della distanza e a volte delle barriere fra culture. Fare musica è un mettersi in gioco, ascoltando ed esprimendosi: un dialogo senza linguaggio verbale. E la parola è di una potenza straordinaria ma a volte può costituire un impedimento, un ostacolo. L’emozione che scaturisce dalla musica, dal comunicare on la musica, è invece libera da preconcetti, convenzioni, steccati.
Di questa fluidità della musica, l’esperienza ebraica è stata spesso testimone. Le mille e più espressioni diverse della musica ebraica sono spesso espressioni di incontro musicale: di dialogo fra comunità e società, fra fuori e dentro dalle mura del ghetto, fuori e dentro dallo spazio dedicato della sinagoga. 

Enrico Fink, musicista e presidente della Comunità ebraica di Firenze

Testo tratto dal sito della Giornata Europea della Cultura Ebraica. Sul sito sono presenti programmi, contenuti, approfondimenti, video, gallery fotografiche e percorsi multimediali per scoprire le tante località che aderiscono al circuito. Clicca qui per accedere.

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Birobidžan, storia tragica di un esperimento fallito
Oggi il nome stesso di Birobidžan non dice niente alla quasi totalità delle persone e degli stessi ebrei. Eppure c’è stato un tempo nel quale questa regione, posta all’estremo limite della Russia asiatica, al confine con la Cina, è stata, per decenni, lo scenario di uno dei più insensati esperimenti del comunismo sovietico, la creazione di una regione autonoma ebraica che avrebbe dovuto costituire un’alternativa al sionismo che si stava diffondendo anche nella Russia staliniana.
Valentino Baldacci
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Piccola bugia di Freud
Scrive Arthur Schopenhauer che, per essere conosciuto, “l’uomo va studiato ben a fondo e deve essere messo alla prova, perché la ragione lo rende quanto mai capace di fingere” (da: Il mondo come volontà e rappresentazione). Si noti: non dice che l’uomo è il solo capace di finzione, anche le piante e ancor più gli animali sanno fingere; dice che la finzione è opera della ragione e come tale si trova in massimo grado negli esseri umani. Tra chi raccolse la lezione eccelse Sigmund Freud, che con la psicoanalisi offrì una teoria delle nevrosi come meccanismi di rimozione e finzione, o meglio di auto-finzione nonché di occultamento di traumi passati e di moventi per il nostro agire quotidiano.
Massimo Giuliani
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