Spagna, lusinghe e tradimenti
della legge “riparatrice”
“Cari Sefaradim, grazie per la vostra lealtà, e per aver salvaguardato come un tesoro prezioso la vostra lingua…, i vostri usi che non sono altro che i nostri. Grazie anche per aver fatto sì che l’amore prevalesse sul rancore, e per avere insegnato ai vostri figli ad amare questa patria spagnola…Quanto ci siete mancati!…Voglio oggi dirvi che siete di nuovo a casa, la vostra casa, per sempre”.
Fra le parole più toccanti e significative nel discorso pronunciato dal re Filippo VI di Spagna quando, con cerimonia solenne, inaugurò la Legge n. 12 del 24 giugno 2015 che sanciva la possibilità, per gli ebrei sefarditi di provata origine spagnola, di acquistare a pieno diritto la cittadinanza del paese. La legge, approvata all’unanimità dal Parlamento, prevedeva una richiesta formale con allegata documentazione da presentare ad un notaio spagnolo entro e non oltre il primo ottobre 2019. I notai spagnoli, figure giuridiche in gran parte simili ai notai italiani, erano infatti stati delegati dalla legge stessa a verificare personalmente le singole richieste presentate dai relativi firmatari, con conseguente facoltà di dichiarare a pieno titolo costoro “ebrei sefarditi”.
La documentazione da allegare era peraltro piuttosto complessa. Secondo la legge bisognava dimostrare genealogicamente la propria discendenza da almeno un antenato ebreo residente in Spagna e di lì espulso o forzosamente convertito. Bisognava inoltre dimostrare la propria appartenenza all’ebraismo sefardita, consistente nel mantenimento di una varietà di tradizioni culturali e di una delle lingue giudeo-spagnole. Inoltre, si rendeva necessario superare un esame linguistico che attestasse un livello adeguato di conoscenza della lingua e della cultura spagnola, oltre che delle norme civiche del paese. Alla Federazione delle comunità ebraiche spagnole o ad un’istituzione equivalente del paese d’origine del richiedente spettava il compito di certificare la validità e autenticità dell’ascendenza spagnola e dell’appartenenza all’ebraismo sefardita attraverso l’esame di tutta la documentazione genealogica e archivistica. Era invece l’istituto Cervantes del paese d’origine l’ente preposto a sottoporre ad esami linguistici e culturali gli interessati (maggiori di 18 anni e minori di 70) fornendone al ministero spagnolo della Giustizia i relativi esiti. A seguito della dichiarazione verificata dal notaio e della firma apposta dal richiedente in quella sede, il ministero della Giustizia non avrebbe potuto far altro che assegnare la cittadinanza spagnola al candidato purché, ovviamente, incensurato.
Tutti questi passaggi e procedimenti hanno richiesto mesi, se non anni, di ricerche e di preparazione, e si sono rivelati anche molto dispendiosi in termini di energie e di denaro. Negli Stati Uniti molti centri ed istituzioni comunitarie si sono mobilitati per fornire agli interessati l’assistenza e la competenza necessarie. Ma le domande sottoposte al vaglio di queste istituzioni provenivano anche da diversi paesi dell’America Latina. È ad esempio il caso della Federazione ebraica del New Mexico che ha fornito consulenze rabbiniche e giuridiche e provveduto all’inoltro di migliaia di queste richieste provenienti anche da paesi quali Costa Rica, Messico, Argentina, Colombia, Venezuela solo per elencare gli esempi più noti.
La legge era ovviamente stata accolta con grande entusiasmo da schiere crescenti di ebrei sefarditi, che vedevano in questo modo finalmente riconoscere e, in certa misura, porre riparo alle severe ingiustizie subite dai propri antenati, cinquecento o più anni prima, percependo al contempo il dischiudersi di nuove possibilità per se stessi e per i propri figli. Cittadini messicani e venezuelani erano in primo piano fra gli aspiranti, ma tantissimi cittadini statunitensi hanno partecipato al programma, e fra loro soprattutto rifugiati cubani e abitanti del sud-ovest degli Stati Uniti. L’iniziativa non ha interessato infatti soltanto membri consolidati della comunità sefardita americana, bensì moltissimi cosiddetti cripto-giudei. Particolarmente nel corso degli ultimi due decenni, infatti, con la diffusione e lo scambio di informazioni consentito da internet, e con la popolarità di cui godono ormai i test genetici, un numero crescente di persone residenti in Nuovo Messico, in Texas, ma anche in molti paesi dell’America centro-meridionale si sono impegnati a scavare nel proprio passato ancestrale, sospettando che molte delle insolite usanze tramandate segretamente in famiglia tradissero un’origine ebraica. E così singoli individui o intere famiglie si sono avvicinate all’ebraismo, hanno proclamato con orgoglio la loro ritrovata identità, si sono convertite o sono in procinto di farlo, nonostante l’opposizione e la resistenza incontrate tanto in seno alla cerchia parentale d’origine, saldamente radicata nel cristianesimo, quanto nelle comunità ebraiche istituzionali, poco convinte dell’autenticità di tale ebraismo di ritorno o scarsamente abituate alla diversità dei nuovi adepti.
Negli anni successivi all’entrata in vigore della legge sulla cittadinanza spagnola per i sefarditi, dunque, quasi 30mila domande sono state accolte e – a quanto pare- solo un paio respinte. Già, perché una volta completato tutto il procedimento, ottenuti i riconoscimenti dall’Istituto Cervantes, dalle comunità ebraiche e finalmente dai notai, la pratica, come si diceva sopra, non poteva che essere accolta dal ministero della Giustizia e la cittadinanza assegnata.
Ebbene, dall’aprile del 2021 le cose sono andate in maniera ben diversa. Non solo per molto tempo, con la giustificazione della pandemia, i richiedenti non avevano ricevuto risposta. In seguito a quella data, tutte le pratiche ancora in attesa di risposta sono state respinte e, addirittura, persone già in possesso della cittadinanza, ottenuta grazie alla suddetta legge e perfino residenti da qualche anno in Spagna, se la sono vista ritirare, senza motivo plausibile. Particolarmente terrorizzati sono i tantissimi richiedenti venezuelani che temono di non venire accolti in Spagna o magari, qualora già stabilitisi nella nuova patria, di essere rispediti al paese d’origine, dove le condizioni attuali sono estremamente difficili e comportano non di rado gravi rischi per la loro incolumità e sopravvivenza. Tanti di loro, come del resto tutti coloro che sono stati interessati e coinvolti in questa impresa, hanno impiegato lunghi mesi o anni per reperire il materiale richiesto e hanno speso diverse migliaia di dollari che appaiono ora sperperate a fondo perduto.
Per di più, appare inammissibile ed inaudito che si contravvenga alla lettera e all’intendimento di una legge approvata all’unanimità dal Parlamento di un paese democratico o che si revochi una cittadinanza a persone assolutamente incolpevoli di alcun reato. In molti si domandano se questa improvvisa virata di 180 gradi non dipenda da un preciso orientamento avverso del nuovo governo presieduto dal PSOE.
Le federazioni dell’ebraismo sefardita negli Stati Uniti hanno intrapreso azioni legali nei confronti degli ultimi stupefacenti provvedimenti e nello stesso tempo hanno mobilitato membri del Congresso americano, quali la rappresentante democratica del Nuovo Messico, Teresa Leger Fernandez, perché promuovano interrogazioni ed azioni diplomatiche nei confronti delle istituzioni spagnole responsabili.Il New York Times ha pubblicato un articolo allarmante sull’argomento.
Il venezuelano Jason Silva, che vive e lavora da anni negli Stati Uniti ed è noto come regista, uomo di spettacolo, divulgatore scientifico per il National Geographic Channel, presentatore di popolari serie TV, si è anche lui impegnato in questa difficile battaglia, sentendosi direttamente coinvolto dalle richieste dei suoi familiari che ancora vivono in Venezuela.
L’azione legale ha coinvolto anche avvocati spagnoli, che assicurano prospettive favorevoli, sulla base dei principi stessi del diritto in vigore nel loro paese. Eppure, gli esiti sono tuttora incerti e il destino di migliaia di sefarditi precariamente sospeso. Sembra quasi che l’infelice sorte dei loro lontani avi iberici, dapprima irretiti da lusinghe e assicurazioni, poi repentinamente traditi e oltraggiati, voglia beffardamente replicarsi a secoli di distanza.
Annalisa Di Nola
(Nell’immagine: l’intervento del re Filippo VI di Spagna davanti alle rappresentanze ebraiche)
(30 settembre 2021)