Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui       27 Dicembre 2021 - 23 Tevet 5782
SOMMINISTRATO IL SIERO AL PERSONALE DELLO SHEBA MEDICAL CENTRE

Quarta dose, in attesa del via libera
Israele avvia la fase dei test

In queste ore Israele sarebbe dovuto diventare il primo Paese al mondo ad avviare la somministrazione della quarta dose del vaccino anti-Covid. Sarebbe e ancora non è, ma forse presto comunque sarà, a causa dello stop imposto dal direttore generale del ministero della Salute Nachman Ash dopo l’analisi dei primi dati giunti dalla Gran Bretagna sulla variante Omicron e sulla sua apparente minor pericolosità rispetto alla variante Delta. Sarà proprio Ash ad avere l’ultima parola nel merito. Una riserva che, secondo i media israeliani, sarà sciolta nei prossimi giorni. Il governo, a partire dal Primo ministro Naftali Bennett, preme per il sì.
La quarta dose l’ha ricevuta intanto un campione di 150 medici in servizio allo Sheba Medical Centre di Ramat Gan. Un test importante anche ai fini di future decisioni a livello nazionale. “Esamineremo gli effetti sul livello degli anticorpi, sulla prevenzione del contagio, e sulla sua sicurezza”, le parole del direttore del reparto virologia dell’ospedale Gili Regev-Jochai nell’annunciare l’avvenuta inoculazione del personale.
Ad oggi risultano vaccinati con almeno due dosi il 63% degli israeliani, mentre il dato di quanti hanno ricevuto tre somministrazioni si attesta oltre il 45%. Gli attuali quarantenati sono all’incirca 85mila, tra cui lo stesso premier Bennett. Secondo alcuni esperti, anche per via della rapida circolazione di Omicron, il numero potrebbe decuplicare nel giro di appena due, tre settimane.
La settimana appena iniziata potrebbe essere caratterizzata da un’ulteriore novità: la riapertura, dopo il blocco alla circolazione imposto a novembre, dei voli internazionali.
“Nel momento in cui i contagi si stanno diffondendo, non ha senso bloccare l’ingresso dall’estero”, ha affermato il ministro Nitzan Horowitz in una intervista alla televisione pubblica. La decisione ufficiale dovrebbe arrivare a breve.

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LA TESTIMONIANZA DEL RAV AVRAHAM DAYAN, PRESENTE AL VERTICE

Erdogan e l'incontro con i rabbini
"Ecco perché abbiamo detto sì"

Dopo anni ad altissima tensione le relazioni tra Turchia e Israele sembrano avviate a una possibile svolta. Lo dimostrerebbero, anche se il percorso resta lastricato di insidie, le dichiarazioni distensive che hanno caratterizzato i recenti colloqui telefonici tra il leader turco Erdogan e il presidente israeliano Herzog prima e il premier Bennett poi. Tra le ipotesi in campo quella di riaprire, da parte di entrambi i governi, un ufficio di rappresentanza diplomatica chiuso dai tempi della Mavi Marmara.
Un altro segnale è arrivato la scorsa settimana con la decisione, presa un po’ a sorpresa da Erdogan, di incontrare una delegazione di membri dell’Alleanza dei rabbini nei Paesi islamici riuniti ad Istanbul per concertare alcune strategie comuni in materia di offerta di servizi rituali, casherut, progetti educativi. “Una mossa inaspettata, nessuno ne sapeva niente. Eravamo riuniti per parlare di tutt’altro genere di cose quando alle 11 di mattina ci è arrivata la notizia di questa richiesta di incontro. L’assemblea ha scelto di accoglierla positivamente” racconta a Pagine Ebraiche rav Avraham Dayan, rabbino capo di Livorno, che in quel consesso rappresentava la comunità di Alessandria d’Egitto di cui è stato per anni il rabbino. Una realtà oggi risicata nei numeri ma tra le più gloriose, per storia e tradizione, dell’intero mondo arabo.


 

“Alle 14 – prosegue il rav – eravamo già sull’aereo che ci avrebbe portati ad Ankara, dove Erdogan ci attendeva al palazzo del governo. È stato un incontro interessante, con parole non scontate su questioni come contrasto all’antisemitismo e a ogni altra forma di intolleranza religiosa a partire dall’islamofobia. Erdogan ha definito la Shoah un crimine contro l’umanità, auspicando una maggiore conoscenza di questi fatti nelle scuole. Si è soffermato inoltre sullo stato delle relazioni con Israele, esprimendo la speranza di un ulteriore miglioramento in vari contesti e settori. Anche, ha affermato, nell’ottica di una maggiore stabilità regionale”. Su questi temi, sottolinea rav Dayan, “forte è stato l’apprezzamento dei rabbini presenti”.
Ad essere rappresentate le istanze di un universo variegato e che copre un’area sia geograficamente che culturalmente ampia. “Si va dalla Turchia stessa all’Iran, dalle ex Repubbliche sovietiche all’Africa”, conferma il rav. “L’Alleanza si occupa di fornire un vasto spettro di servizi: aiuti finanziari, libri, prodotti casher e molto altro ancora. In Turchia la sfida è quella di sostenere una vita ebraica che si è fatta meno intensa, in apparenza più blanda rispetto a un passato in cui era senz’altro più vibrante”. Nell’occasione, riferisce, è stata strappata anche la promessa di un impegno personale per sostenere la costruzione di una sinagoga nell’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord. 
Tra i partecipanti anche Berel Lazar, il rabbino capo di Russia nato e formatosi a Milano.

(Nelle immagini: l'incontro ad Ankara tra il presidente turco Erdogan e i rabbini; rav Avraham Dayan e rav Berel Lazar, entrambi intervenuti al vertice)

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L'APPROFONDIMENTO SUL PROGRAMMA RADIOFONICO RAI 

DafDaf e le pagine ad alta leggibilità:
una svolta da raccontare

Un giornale più leggibile per tutti. È l’obiettivo che si è dato DafDaf, il giornale ebraico dei bambini edito dall’UCEI. Per questo dal numero di novembre le sue pagine hanno cambiato aspetto con l’adozione di un carattere innovativo che viene incontro ai piccoli lettori. Si chiama “leggimi” ed è stato ideato dalla casa editrice Sinnos di Roma. Una scelta voluta e pensata per aiutare in particolare chi soffre di dislessia, disturbi visivi o difficoltà di concentrazione a poter leggere in modo più agevole i testi. Un passaggio importante, come ha riscontrato anche il programma di Radio Rai 1 Babele. I sentieri della fede nel dare evidenza a questa svolta e nel dare voce alla collega Ada Treves, che ogni mese cura l’uscita di DafDaf.
Nell’intervista trasmessa nelle scorse ore Treves illustra il perché del passaggio a “leggimi”, la collaborazione con Sinnos, ma anche il significato di puntare su un giornale con questa specifica identità. “La scelta di DafDaf è chiara”, aveva sottolineato presentando la recente novità. “Non solo passare a ‘leggimi’, il carattere ad alta leggibilità, ma aprire con pagine che spiegano ai giovani lettori le motivazioni di una scelta ragionata e condivisa: ‘Cos’è l’alta leggibilità?’ Leggere è un’attività complessa e impegnativa. Per tutti. Far leggere bambini e bambine, ragazzi e ragazze, è una sfida. Oggi è ancora più difficile: ci sono alternative alla lettura che sono molto meno faticose e che risultano facilmente appaganti”.

Clicca qui per scaricare il depliant relativo all’alta leggibilità

Clicca qui per leggere le pagine dedicate su DafDaf di novembre

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Un'intuizione su cui riflettere
Ieri, 26 dicembre, è morto Desmond Tutu. Aveva 90 anni ed era un arcivescovo anglicano, il primo arcivescovo nero del Sudafrica. Una figura significativa ma anche problematica nella sue talvolta difficili relazioni con le realtà ebraiche. Aveva ricevuto il premio Nobel per la Pace nel 1984. Insieme a Nelson Mandela aveva combattuto l’apartheid in Sudafrica e aveva poi presieduto la Commissione per la Verità e la Riconciliazione, basata sul riconoscimento da parte dei perpetratori delle proprie colpe e responsabilità e sulla rinuncia da parte delle vittime alla vendetta. Ma riconciliazione e giustizia dovevano andare insieme. Era un’intuizione geniale su cui dovremmo tutti riflettere.
Anna Foa
Oltremare - Al Nord
Una cosa che si può dire serenamente di questa infinita pandemia che colpisce gli umani è che è appunto “pan”, nel senso originale greco di tutto, nel nostro caso: ovunque. Tolta l’origine in Cina, una volta che si è innescato l’effetto domino a gennaio 2020 è poi sempre stata una questione globale, in modo più o meno consapevole da parte del mondo occidentale ed ex coloniale. In questi giorni in Israele si parla invece – non abbastanza, in realtà – di un’altra malattia ricorrente che si sta espandendo forse a partire dai polli di allevamento in un kibbutz nel Nord attraverso tutta la popolazione libera e pennuta locale che ha la peculiare caratteristica di avere le ali e di potersi quindi spostare, finché abbastanza in forze, anche oltre la nordica valle israeliana di Ahula, sostanzialmente in ogni direzione. 
Daniela Fubini
Storie di Libia -  Rav Scialom Bahbout
Rav Scialom Mino Bahbout, ebreo di Libia, nato a Tripoli. Entrambi i genitori hanno educato la famiglia nel rispetto e nell’osservanza della tradizione religiosa, delle feste, delle liturgie, di un certo comportamento di vita compresa l’alimentazione rigorosamente kosher. Abitavano nel Palazzo delle Colonne, di fronte all’Upim. Suo padre, che si chiamava David Zard, era nato a Gerusalemme ed era stato mandato dall’Agenzia Ebraica ad insegnare l’ebraico nel Nord Africa. 
David Gerbi
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