Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui  16 Gennaio 2022 - 14 Shevat 5782
DOPO LA STRAGE SVENTATA A COLLEYVILLE

Sinagoghe sotto attacco, in America torna la paura

Dopo la grande paura, il sospiro di sollievo. È stato il governatore Greg Abbott, nel tardo pomeriggio texano, le prime ore del mattino in Italia, a dare la notizia più attesa: “I quattro ostaggi sono tutti sani e salvi”. La parola fine a dieci ore ad altissima tensione con gli occhi del mondo puntati sulla sinagoga della congregazione riformata Beth Israel di Colleyville dove un uomo armato aveva fatto irruzione durante la funzione dello Shabbat e, con la minaccia di una strage, chiesto la liberazione della terrorista pakistana Aafia Siddiqui che in un carcere americano sta scontando una pena a 86 anni di reclusione.
Più passano le ore e più si apprendono dettagli su quanto avvenuto. Il terrorista, rimasto ucciso non si sa ancora se sotto i colpi delle forze speciali o perché suicidatosi prima del loro intervento, era un cittadino britannico. Non sarebbe però il fratello di Siddiqui come erroneamente riportato dai media nelle prime fasi del sequestro. Il suo nome, tuttavia, non è stato ancora reso noto.
“Sono grato per tutte le veglie, le preghiere, l’amore e il supporto ricevuti. Per l’aiuto delle forze dell’ordine e dei primi soccorritori che si sono presi cura di noi. Sono grato di essere vivo” le parole di Charlie Cytron-Walker, il rabbino a capo della congregazione, appena libero. Ad esprimere l’apprezzamento di tutta la nazione il Presidente Joe Biden, che ad operazione conclusa ha lodato “l’instancabile lavoro collegiale per salvare gli ostaggi”. Biden ha poi rivolto un messaggio “contro chiunque diffonda odio: ci opporremo all’antisemitismo e all’aumento dell’estremismo in questo paese”.
Per Jonathan Greenblatt, il ceo dell’Anti Defamation League, questo episodio “è un doloroso promemoria del fatto che le sinagoghe in America continuano a essere a rischio di attacchi terroristici”.
Una deriva che negli scorsi anni ha raggiunto effetti devastanti, come nel caso degli attentati alla sinagoga Tree of Life di Pittsburgh (ottobre 2018) e a quella di Poway (aprile 2019). Secondo Greenblatt “non c’è dubbio, da quel che sappiamo, che il rapitore abbia scelto con cura il suo obiettivo”.

 

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PAGINE EBRAICHE - IL DOSSIER 

Gli strumenti per contrastare l'odio

Docenti universitari, filosofi, giornalisti, politici, psicoanalisti. Sono ventidue gli intervistati che hanno preso parte all’ultima indagine dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione Cdec, presentata sul numero di Pagine Ebraiche di gennaio in distribuzione. Attraverso le loro risposte, l’indagine, curata dalla sociologa Betti Guetta, analizza il fenomeno antisemita nella sua complessità e nelle diverse modalità in cui viene percepito nella società italiana.

Valorizzare la storia del popolo ebraico; equilibrare il rapporto tra identità e Memoria: cercare di svincolare il lavoro sull’antisemitismo dalla Shoah; sviluppare il lavoro di educazione e formazione, tenendo conto che anche l’educazione ai nuovi media online e l’alfabetizzazione digitale sono molto importanti; estendere il dibattito pubblico su antisemitismo e razzismo in generale ed essere forti nel condannare ogni azione di intolleranza e di odio; favorire il dialogo fra culture consentendo quindi di conoscere il mondo ebraico nel suo complesso; porre l’antisemitismo in rapporto ad altre forme ed espressioni di intolleranza; creare alleanze e occasioni di incontro nel mondo dello sport, in particolare del calcio dove spesso si incontrano episodi di antisemitismo e/o di banalizzazione; perseguire penalmente i discorsi e le azioni di odio; rispondere, fare disseminazione, laddove più forte è l’antisemitismo: ossia nel web e sui social media. Sono alcuni dei suggerimenti, giunti dagli intervistati, per contrastare questo fenomeno.
“Gli elementi di antisemitismo esistono da quando l’Occidente è Occidente, e non vanno sottovalutati ma non vanno neanche esagerati. Io penso che ci sia anche un’anti pedagogia della lotta all’antisemitismo. Se tu dici a una persona ‘tu sei antisemita, tu sei antisemita perché hai detto a, b, c’ e quello non è antisemita, ma è semplicemente uno che ripete quattro scemenze che non ha capito e cui non ha pensato, finirà poi per dirti: ‘Bene, se è così, allora forse l’antisemitismo non è così grave’”.
“Penso che il dialogo sia la via maestra perché s’identifica così l’altro nella sua interezza umana e non appiccicandogli addosso degli stereotipi razzisti che si possono avere ‘in the back of your mind’, nella tua formazione culturale. Anche la formazione e la scuola possono avere un ruolo”.
“Secondo me tutto ciò che è il contrario dell’arroccamento identitario. La retorica del ‘solo noi siamo capaci di difenderci davvero, solo noi possiamo sviluppare la forza autonoma(…)’. Io trovo fantastico che persone come Liliana Segre e finché era vivo Piero Terracina mettano la loro esperienza anche al servizio di una riflessione sull’oggi. Quando Liliana dice: ‘Anch’io sono stata clandestina. So cosa vuol dire vivere senza documenti. Anch’io sono stata respinta alla frontiera e questo ha provocato la mia deportazione’ oppure quando dice ‘Mi hanno insegnato che chi salva una persona salva il mondo e non capisco come si possa punire chi attua un soccorso in mare’… questo mettere la vicenda ebraica dentro alle problematiche contemporanee è fondamentale”.
“Un dibattito pubblico costante sul razzismo e l’antisemitismo. Uno studio serio e critico della storia occidentale (vista anche attraverso lo sguardo e la voce dei gruppi che hanno costituito ‘l’Alterità’ occidentale). Una vigilanza costante e una condanna senza esitazioni delle manifestazioni antisemite e razziste”.
“Credo che Liliana Segre stia facendo un lavoro stupendo in questo senso.(…) Parlarne anche con metodologie moderne. Parlare del percepito che hanno anche i giovani ebrei, rispetto ad eventuali episodi di razzismo a scuola. Cercare una narrativa diversa della Shoah, forse. Cercare di mostrare l’antisemitismo per quello che è oggi”.
 

(Le immagini che accompagnano il Dossier Antisemitismo di Pagine Ebraiche sono tratte dal catalogo della mostra “Saul Steinberg Milano New York” curata da Italo Lupi e Marco Belpoliti con Francesca Pellicciari e realizzata insieme alla casa editrice Electa)

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DAFDAF GENNAIO 2022

La psicologia e il racconto delle emozioni

“Per la psicologia comunicare è molto importante; infatti, questa scienza usa delle medicine molto particolari, che si chiamano ‘parole’. Un metodo efficace per essere felici è quello di parlare di come ci si sente”. Così Aharon Ferrari su DafDaf inaugura la nuova rubrica, dedicata alla psicologia. Di mese in mese, oltre ad approfondire il discorso più generale, presenteremo ai giovani lettori una specifica emozione.
Nel numero 129 del giornale ebraico dei bambini, in distribuzione in questi giorni, il tema è la rabbia: “Cosa succede quando siamo costretti a fare qualcosa che non ci piace? Per esempio, quando vogliamo giocare ma non possiamo farlo o quando desideriamo una cosa che non si può avere? In questo caso non siamo più felici, potremmo essere arrabbiati”. Buona lettura!

a.t. social ada3ves

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SEGNALIBRO - TU BISHVAT

"L'uomo? È come un albero"

Attenzione rigorosa alle fonti, ma anche molte interpretazioni originali, caratterizzano l’ultimo saggio di Paolo Orsucci Granata.
Piccolo libro per il 15 del mese di Shvat. Appunti sul Capo d’Anno degli Alberi, pubblicato dall’editore Salomone Belforte nella sua collana di studi ebraici, esce nel momento giusto dell’anno, quello che cioè coincide con la festa cui è dedicato. Ma è un volume che ha almeno un altro pregio considerevole: quello di non avere scadenza.
“Se hai in mano un giovane albero e qualcuno viene a dirti che è venuto il Messia, pianta prima l’albero, e poi vai ad accoglierlo”, diceva rav Yohanan Ben Zakkai. L’itinerario tracciato da Orsucci Granata conferma quanto rilevante sia, in tutta la storia ebraica passata e moderna, questa relazione.
I primi alberi sono naturalmente quelli del giardino dell’Eden. Ma non ce lo ricordiamo, spiega l’autore, “perché quando nasciamo tutto ricomincia daccapo e ogni volta è la prima”. Eppure quell’albero, dal cui frutto siamo stati esclusi ma che ci siamo comunque presi, “vive dentro di noi: la nostra colonna vertebrale è quell’Albero della Conoscenza e noi siamo l’Eden che lo ospita”.
L’albero anche come “concetto-casa che tutto racchiude e dispiega, l’albero che è moltitudine”. Tra le moltitudini il cipresso con cui è costruita l’arca di Noè. Abitazione salvifica, prosegue, ma anche “rifugio in attesa di un nuovo inizio per il mondo, lavato dall’acqua che porta via l’eccedente”. L’uomo stesso, fa notare Orsucci Granata, è come un albero. Che è “purezza nella forma e purezza di creatura vivente”. Ed è perché l’uomo è come un albero che quando nasce un bambino “è tradizione piantarne uno, i cui rami serviranno a costruire la chuppà”. E cioè il baldacchino nuziale.

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ERA SOPRAVVISSUTO ALL'ATTENTATO AL TEMPIO MAGGIORE DI ROMA

Nereo Musante (1921-2022)

“Professor Toaff, ora che sono stato ferito in quest’attentato alla sinagoga ho superato la prova per la conversione all’ebraismo?”.
Così Nereo Musante, sopravvissuto all’attacco palestinese al Tempio Maggiore e steso sul letto dell’ospedale, si rivolgeva al rabbino capo di Roma. A salvarlo miracolosamente il suo libro di preghiera contro il quale si infransero i proiettili dei terroristi, conservato oggi al Museo ebraico della Capitale. La risposta del Professore fu immediata “È ora”. Così si chiuse l’aspetto giuridico e halachico di una richiesta che Nereo Israel Ben Avraam Musante si portava addietro da diversi anni con tormento, dedizione e passione incessanti. Pur provenendo da una famiglia cattolica praticante, Musante provava una profonda adesione al credo israelita. Con rav Elio Toaff c’era un sodalizio antico, instaurato a Livorno dove erano entrambi nati.
Musante ci ha lasciato venerdì scorso dopo aver superato la soglia dei cent’anni. La sua figura viene ricordata da tutti con simpatia e stima. Assiduo frequentatore della sinagoga, è stato un personaggio che si è fatto voler bene per le sue virtù umane: innanzitutto una spiccata sensibilità e disponibilità verso gli altri. Grazie alla sua innata bonomia toscana sapeva interagire alternando la battuta alla citazione dotta. Sia il suo ricordo di benedizione.

Jonatan Della Rocca

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I 90 minuti di Wannsee
Quando qualcuno sostiene che la democrazia è un regime lento che non decide, mi viene a mente questo fermo immagine.
Wannsee, 20 gennaio 1942 (80 anni fa il prossimo giovedì): tredici gerarchi nazisti, in 90 minuti – la durata di una partita di calcio, tempi supplementari esclusi – rendono operativa una convinzione e varano un ordine di servizio che realizza il genocidio degli ebrei d’Europa. Un obiettivo che la loro ideologia e il regime di cui sono entusiasti costruttori hanno «sognato» da sempre. Quando si dice non perdere tempo.
 
                                                                          David Bidussa
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La veemenza
Non è vero che la nostra età esprima idee, pensieri ed atteggiamenti necessariamente peggiori di quelli manifestatisi in altri momenti. Ogni epoca, infatti, ha coltivato, insieme ai sentimenti, anche i risentimenti del proprio tempo. Se pensiamo poi al secolo trascorso, che insieme ai diritti collettivi ci ha “regalato” anche due guerre mondiali con annesse pratiche di sterminio, affermare che oggi, almeno per noi europei, le cose vadano nel medesimo modo se non peggio di quanto è stato allora, costituisce francamente un clamoroso abbaglio. Detto questo, tuttavia, ciò che invece cambia non in meglio rispetto al passato, è l’ampia diffusione e socializzazione dei peggiori moti d’animo. 
 
                                                                          Claudio Vercelli
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