Gli strumenti per contrastare l’odio

Docenti universitari, filosofi, giornalisti, politici, psicoanalisti. Sono ventidue gli intervistati che hanno preso parte all’ultima indagine dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione Cdec, presentata sul numero di Pagine Ebraiche di gennaio in distribuzione. Attraverso le loro risposte, l’indagine, curata dalla sociologa Betti Guetta, analizza il fenomeno antisemita nella sua complessità e nelle diverse modalità in cui viene percepito nella società italiana.

Valorizzare la storia del popolo ebraico; equilibrare il rapporto tra identità e Memoria: cercare di svincolare il lavoro sull’antisemitismo dalla Shoah; sviluppare il lavoro di educazione e formazione, tenendo conto che anche l’educazione ai nuovi media online e l’alfabetizzazione digitale sono molto importanti; estendere il dibattito pubblico su antisemitismo e razzismo in generale ed essere forti nel condannare ogni azione di intolleranza e di odio; favorire il dialogo fra culture consentendo quindi di conoscere il mondo ebraico nel suo complesso; porre l’antisemitismo in rapporto ad altre forme ed espressioni di intolleranza; creare alleanze e occasioni di incontro nel mondo dello sport, in particolare del calcio dove spesso si incontrano episodi di antisemitismo e/o di banalizzazione; perseguire penalmente i discorsi e le azioni di odio; rispondere, fare disseminazione, laddove più forte è l’antisemitismo: ossia nel web e sui social media.
Sono alcuni dei suggerimenti, giunti dagli intervistati, per contrastare questo fenomeno.
“Gli elementi di antisemitismo esistono da quando l’Occidente è Occidente, e non vanno sottovalutati ma non vanno neanche esagerati. Io penso che ci sia anche un’anti pedagogia della lotta all’antisemitismo. Se tu dici a una persona ‘tu sei antisemita, tu sei antisemita perché hai detto a, b, c’ e quello non è antisemita, ma è semplicemente uno che ripete quattro scemenze che non ha capito e cui non ha pensato, finirà poi per dirti: ‘Bene, se è così, allora forse l’antisemitismo non è così grave’”.
“Penso che il dialogo sia la via maestra perché s’identifica così l’altro nella sua interezza umana e non appiccicandogli addosso degli stereotipi razzisti che si possono avere ‘in the back of your mind’, nella tua formazione culturale. Anche la formazione e la scuola possono avere un ruolo”.
“Secondo me tutto ciò che è il contrario dell’arroccamento identitario. La retorica del ‘solo noi siamo capaci di difenderci davvero, solo noi possiamo sviluppare la forza autonoma(…)’. Io trovo fantastico che persone come Liliana Segre e finché era vivo Piero Terracina mettano la loro esperienza anche al servizio di una riflessione sull’oggi. Quando Liliana dice: ‘Anch’io sono stata clandestina. So cosa vuol dire vivere senza documenti. Anch’io sono stata respinta alla frontiera e questo ha provocato la mia deportazione’ oppure quando dice ‘Mi hanno insegnato che chi salva una persona salva il mondo e non capisco come si possa punire chi attua un soccorso in mare’… questo mettere la vicenda ebraica dentro alle problematiche contemporanee è fondamentale”.
“Un dibattito pubblico costante sul razzismo e l’antisemitismo. Uno studio serio e critico della storia occidentale (vista anche attraverso lo sguardo e la voce dei gruppi che hanno costituito ‘l’Alterità’ occidentale). Una vigilanza costante e una condanna senza esitazioni delle manifestazioni (parole e azioni) antisemite e razziste”.
“Credo che la Segre stia facendo un lavoro stupendo in questo senso.(…) Parlarne anche con metodologie moderne. Parlare del percepito che hanno anche i giovani ebrei, rispetto ad eventuali episodi di razzismo a scuola. Cercare una narrativa diversa della Shoah, forse. Cercare di mostrare l’antisemitismo per quello che è oggi”.
“Sensibilizzazione nelle scuole. Valorizzare la storia degli ebrei e non far convogliare tutto ed esclusivamente sulla Shoah, senza togliere nulla al fatto che ovviamente vada ricordata, anche alla luce della progressiva scomparsa dei Testimoni diretti. Energie le spenderei anche nel valorizzare quello che gli ebrei hanno fatto nella storia”.
“Sono contrario a tutte le leggi repressive, il mezzo migliore per contrastare l’antisemitismo è l’educazione. Bisogna far conoscere la storia degli ebrei, portare la gente in sinagoga. Ricordo quanto sia stato utile visitare una sinagoga e ricevere spiegazioni su ebrei ed ebraismo ai tempi delle scuole superiori”.
“La conoscenza. Il nazismo è un orrore perché deportava le persone per come erano: gli ebrei per essere nati così, e tutti gli oppositori, tutti. Quindi diciamo: conoscenza storica, contestualizzazione e poi conoscenza empatica. I viaggi servono, i ragazzi ne hanno bisogno”.
Nell’ottica della progressiva scomparsa dei Testimoni, molti sottolineano l’importanza dell’educazione e della formazione “portate avanti in modo continuo e serio, perché le posizioni antisemite non possano più nascere dall’ignoranza o dalla scarsa conoscenza”.
Tuttavia, alcuni intervistati ritengono ormai necessario anche un impegno sul piano legislativo per disincentivare lo hate speech, i discorsi e le azioni di matrice antisemita attraverso iniziative giuridiche e penali. “L’applicazione del Codice penale, per andare a colpire quelli che sono comportamenti o commenti di odio. Questo da un punto di vista giuridico, ma c’è un discorso un po’ più profondo e culturale. È importante cercare di spiegare e far passare il messaggio che determinati comportamenti e commenti non dovrebbero essere espressi, e spiegare quindi quella che è la storia del popolo di Israele, raccontare quelli che sono anche i punti in comune tra la cultura cristiana e la cultura ebraica, quelle che sono state nella storia le sofferenze del popolo ebraico”.
“Regolamentare, trovare nuove norme. Le nuove norme devono adattarsi all’epoca del digitale”.
“Sono a favore di una certa quantità di legislazioni che includano l’hate crime e il negazionismo, come in parte negli Stati Uniti, ma soprattutto in Francia e in molte forme in Germania. Noi dovremmo avere, più in generale, legislazioni che vadano in queste direzioni”.
“Sicuramente esserci nei luoghi dove c’è. Secondo me è sbagliato l’atteggiamento di non essere nella rete, di non rispondere, di non portare il proprio rumore di fondo. Se è vero che ognuno porta il proprio rumore non puoi lasciare che la rete ne abbia uno unico”.
Rispetto al ruolo che giocano in Italia il governo e le istituzioni politiche nel segnalare il pericolo di crescita dell’antisemitismo, gli intervistati esprimono opinioni contrastanti: c’è chi sostiene che le istituzioni italiane abbiano lavorato e stiano lavorando bene, altri sostengono invece che il contrasto dello Stato sia ancora troppo debole.
“Storicamente il nostro paese è stato dal dopoguerra ad oggi abbastanza attento, rispetto a tanti altri, alle minoranze e ai sentimenti che queste minoranze possono provocare.(…) Intanto nel nostro paese tutte le minoranze hanno numerose tutele che in altri paesi non ci sono, compresi alcuni occidentali”.
“Credo che ricorderemo tutti la nomina di Liliana Segre a senatrice a vita da parte del Presidente Mattarella come uno degli atti più significativi del suo settennato. È stata una operazione politico-culturale formidabile, non scontata per nulla, ed è stato un modo di richiamare la Nazione intera ad assumere una memoria collettiva sulle responsabilità storiche di questo paese”.
“Mi pare che le istituzioni italiane siano attente e ferme nei discorsi ufficiali, mentre a livello di rappresentanti politici ci siano stati e continuino a esserci comportamenti più ambigui”.
“Hanno un ruolo molto debole, si potrebbe fare molto ma molto di più. Mi sembra che abbiano fatto molto di più le associazioni ebraiche e che abbiano un grande valore le testimonianze prodotte negli ultimi 50 anni. Non mi sembra che il governo abbia nessun ruolo da questo punto di vista”.
“Poco, nullo. Mi sembra che a livello istituzionale vengano fatte delle azioni, ma sono quelle un po’ legate agli anniversari, alle scadenze storiche, che hanno anche un’importanza, ma che non so quanto impatto abbiano sull’opinione pubblica”.
“Troppo poco, c’è scarsa consapevolezza della gravità del fenomeno, proprio perché inserito più in generale nel fenomeno dei reati d’odio. Sotto questo profilo c’è più consapevolezza”.
“Ma adesso c’è il nuovo commissario e varrebbe la pena, dopo un po’ di tempo, cercare di capire se ha funzionato… perché sì e perché no. Può fare tanto soprattutto in termini di collaborazione tra diverse istituzioni e tra diversi ambiti di intervento. Non usa più, ed è un peccato, un’attenzione più simbolica da parte della politica: visite, presenze e gesti che secondo me andrebbero fatti nei confronti sia delle comunità ebraiche che delle altre comunità culturali e religiose presenti in Italia in modo diciamo inclusivo e diffuso, in maniera tale da disperdere l’idea che si va in sinagoga perché lì c’è qualcuno che conta”.

(Le immagini che accompagnano il Dossier Antisemitismo di Pagine Ebraiche sono tratte dal catalogo della mostra “Saul Steinberg Milano New York” curata da Italo Lupi e Marco Belpoliti con Francesca Pellicciari e realizzata insieme alla casa editrice Electa)

(16 gennaio 2022)