La veemenza

Non è vero che la nostra età esprima idee, pensieri ed atteggiamenti necessariamente peggiori di quelli manifestatisi in altri momenti. Ogni epoca, infatti, ha coltivato, insieme ai sentimenti, anche i risentimenti del proprio tempo. Se pensiamo poi al secolo trascorso, che insieme ai diritti collettivi ci ha “regalato” anche due guerre mondiali con annesse pratiche di sterminio, affermare che oggi, almeno per noi europei, le cose vadano nel medesimo modo se non peggio di quanto è stato allora, costituisce francamente un clamoroso abbaglio. Detto questo, tuttavia, ciò che invece cambia non in meglio rispetto al passato, è l’ampia diffusione e socializzazione dei peggiori moti d’animo. Così come la loro politicizzazione, ovvero l’utilizzo nell’arena della politica di essi in quanto strumento, il più delle volte, di delegittimazione altrui. Al pari dell’essere presentati come critica dei cosiddetti «poteri forti». Oggi, in ragione di una società basata sulla circolazione permanente delle informazioni – vere o false che siano, costituiscono comunque quelle particelle elementari della comunicazione che, una volta aggregate tra di loro, alimentano modi comuni di giudicare persone e cose –, l’influenza di certi impressioni superficiali, che si stratificano e solidificano poi in luoghi comuni (interfaccia del pregiudizio e delle superstizioni), risulta enormemente aumentata, radicalizzata ed accelerata. Fa quindi riflettere il fatto che a distanza di oramai due anni dall’esplosione della pandemia, continuino ad avere voce (e quindi un qualche riscontro) quelle posizioni negazioniste – poiché altrimenti non potrebbero essere definite – rispetto ai riscontri in merito alla diffusione del virus medesimo e alle forme tortuose ma indispensabili per contenerne l’espansione, partendo dai medesimi vaccini. Il problema, a conti fatti, non è costituito dal riscontro che ci siano persone che diffondono tesi irresponsabili bensì che esse abbiano un qualche accredito da parte dei mezzi di comunicazione. Il nocciolo della questione sta in questo passaggio. In quanto non si tratta di un fenomeno in sé marginale ma di una parte significativa della cosiddetta «informazione», ovvero di ciò che è presentato come tale. La ragione per la quale i gruppuscoli anti-vaccinali e contrari alla medicina allopatica (bollata come «ufficiale», quindi menzognera poiché al servizio di sordide élite che coltivano un «pensiero unico») trovano udienza pubblica, vedendosi così amplificata quella che altrimenti sarebbe una contenuta onda d’urto, è legata essenzialmente al marketing che un certo tipo di comunicazione va da molto tempo proponendo, cercando di rendersi maggiormente appetibile ad un ampio pubblico con il ricorso al sensazionalismo. Tuttavia, in una situazione d’incertezza quale quella nella quale stiamo vivendo, il dare spazio a quelle che non sono voci dissenzienti bensì vere e proprie strologate, non fa altro che aumentare il disorientamento dei molti. Generando l’equivoco per cui chi si esprime – possibilmente in maniera polemica, al limite della veemenza – contro qualcosa o qualcuno, abbia in sé molto spesso ragione, a prescindere da qualsiasi riscontro oggettivo. Poiché nella carica di rabbia e di diniego verso la realtà, spesso assai poco consolatoria, si troverebbe la radice della condivisibilità di certi radicalismi furiosi. L’ideologia pubblicistica della «par condicio», quella per cui le posizioni più estreme, quand’anche siano contro il riscontro dell’ovvietà più palmare, possono trovare non solo cittadinanza ma anche eco sui mezzi di informazione, è la cornice mistificatoria di un tale genere di ricaduta di quello che è solo il grado zero del pensiero. Dinanzi a certe derive che, non a caso, rivelano spesso di essere costituite della medesima materia (chi nega determinati riscontri storici molto spesso rimuove o stravolge il senso di molti fatti del tempo presente), la risposta è molto difficile poiché non può affidarsi alla sola razionalità del buon senso così come della conoscenza condivisa. Non di meno, il cercare di identificare i modi e i contenuti di quelle che debbono essere le necessarie repliche ai lucidi deliri è parte integrante dell’agire democratico. Che di per sé, lo si sarà inteso, non è mai agevole. Tuttavia, è indispensabile poiché senza di esso le società rischiano di frantumarsi.

Claudio Vercelli

(16 gennaio 2022)