PAGINE EBRAICHE MARZO 2022
Il momento della solidarietà

Solidarietà, una delle parole chiave in queste giornate di dolore e angoscia. È in evidenza anche sulla prima pagina del numero di marzo di Pagine Ebraiche in distribuzione, che si apre con l’impegno delle istituzioni dell’ebraismo italiano ed europeo per alleviare la sofferenza della popolazione ucraina. Anche pensando a chi ha lasciato e ancora lascerà il Paese.
“Ci stiamo tutti preparando al peggio. Nessuno si fida della Russia” ci aveva raccontato rav Yaakov Bleich, rabbino capo d’Ucraina, diversi giorni prima che Mosca sferrasse questo ignobile attacco. La sua previsione è stata purtroppo confermata e molti da allora sono stati i traumi e lutti inflitti alla popolazione. Ecco perché è importante agire, subito e con determinazione.
Uno dei punti di osservazione del conflitto che vi proponiamo è quello di Israele, realtà strategica anche ai fini di una possibile mediazione tra le parti che resta ancora sullo sfondo. Dall’esito positivo improbabile, ma forse ancora possibile.
Tra i temi che aprono Pagine Ebraiche c’è anche l’indagine “The Jewish identities of European Jews – What, why and how” sviluppata dall’Institute for Jewish Policy Research e frutto del lavoro di due importanti studiosi: Sergio Della Pergola e Daniel Staetsky. Dodici i Paesi presi in esame, per un totale di 16mila risposte. Ad emergere tra i più giovani un rafforzamento dei due gruppi più religiosi, ortodossi e haredim, mentre diminuiscono quelli che si definiscono ‘just jewish’ e tradizionalisti. Nell’Europa ebraica, sostiene della Pergola, ci sarebbe quindi “un aumento dell’ortodossia, dell’interesse per la religione e della fede in Dio”.
L’intervista del mese è a Massimo Popolizio, attore e regista di fama, che ha scelto di portare sul palco un adattamento teatrale della trilogia su Mussolini di Antonio Scurati. Uno spettacolo complicato e ambizioso, capace di rappresentare in tre ore gli anni che portarono il fascismo alla ribalta e di far riflettere sul significato di quel percorso e dei personaggi che ne furono protagonisti.
Una città dove l’innovazione è sempre più di casa. È il nuovo volto di Gerusalemme, in equilibrio tra preservazione del passato e costruzione del futuro. Lo descriviamo nelle pagine di Eretz, ricordando anche la missione svolta da poco dal suo primo cittadino Moshe Lion in Italia. In Economia invece analizziamo gli effetti dello storico viaggio compiuto dal Primo ministro israeliano Bennett in Bahrein. Ad attenderlo, a conferma del nuovo clima tra i due Paesi, un tappeto rosso, larghi sorrisi e le note dell’Hatikvah.
La vicenda degli ebrei di Libia ha molto da raccontarci anche in relazione agli anni della persecuzione fascista. Un tema in genere poco approfondito e che resta sullo sfondo rispetto ad altre questioni più vicine nel tempo. Serve un cambio urgente di passo, suggeriscono alcune iniziative recenti che vogliono riportare queste memorie al centro del nostro orizzonte. Partendo dalla vergogna, tutta italiana, di Giado. Ne parliamo nel grande dossier “Libia”, segnalando l’impegno in questa direzione di realtà votate alla trasmissione del retaggio di questa antica comunità come l’associazione Astrel.
Le pagine della Cultura si aprono con l’eredità morale di una grande protagonista del nostro tempo, Tullia Zevi: a lei è dedicato l’ultimo numero della Rassegna Mensile di Israel. Una raccolta di saggi che è anche un omaggio agli insegnamenti trasmessi nel suo agire in campo ebraico (e non): come quello di fare un uso della lingua sempre comprensibile a tutti.
Pagine Ebraiche prosegue soffermandosi anche sula battaglia per la Memoria e la dignità dell’uomo avviata dal pianista Francesco Lotoro e oggi descritta anche in un libro. Un impegno senza soluzione di continuità, seguendo il richiamo incessante dell’arte.
Quattro pagine esplorano poi la passione tutta speciale di Israele per la figura di Heidi, approfondita nella mostra “Shadow and Light. Heidi’s success story in Israel – A search for traces”. Non è un caso che ciò sia avvenuto, spiega un’autorità in materia di letteratura per l’infanzia come Hannah Livnat: “Heidi viveva in Svizzera, è andata sulle Alpi, è stata deportata ‘a forza’ nella grigia e brutta Francoforte ed è tornata con orgoglio alla casa del nonno sulle Alpi. Il popolo di Israele ha vissuto nella Terra di Israele, è stato esiliato in paesi che l’ideale sionista descriveva in modo negativo e ha orgogliosamente fatto ritorno alla propria terra”.
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LA TESTIMONIANZA DI VASYL, CUSTODE DEL CIMITERO EBRAICO DI PADOVA
“I miei genitori aiutano chi combatte l'invasione
Il mondo deve fare di più per l'Ucraina”

Beth ha-Chaim, casa della vita. Così l’ebraismo qualifica l’istituzione del cimitero.
“Ti ho posto davanti la vita e la morte…scegli dunque la vita, onde tu viva, tu e la tua progenie”, si legge nel Deuteronomio. Vasyl Kachmar, 33 anni, è il custode di una di queste “case”: quella di Padova, nel segno di una collaborazione con la Comunità ebraica che è iniziata nel 2016.
Vasyl è nato a Sambir, città situata nell’Oblast’ di Leopoli nell’Ucraina occidentale. Il confine con la Polonia dista all’incirca 40 chilometri. Il suo cuore, come si può facilmente immaginare, è lacerato. “Sono undici giorni che piango e che ho gli occhi rossi. Mi alzo con l’angoscia e la prima cosa che faccio è telefonare a casa, per sapere dai miei genitori come stanno, come hanno trascorso le ultime ore, cosa sta succedendo. A dormire ci vado con lo stesso senso di dolore e frustrazione. È tremendo, non trovo altre parole”, racconta a Pagine Ebraiche. All’inizio del conflitto ha provato a convincerli a raggiungerlo in Italia ma loro, con gentilezza ma al tempo stesso fermezza, hanno declinato l’offerta. “Vogliono restare lì, darsi da fare, aiutare. Ogni giorno vanno in una scuola, dove è allestito un rifugio e dove si prepara da mangiare per i militari. Ciascuno – sottolinea – sente di dover fare la sua parte”.
La voce di Vasyl si interrompe qualche istante. “Parlare è difficile”, confessa. Soprattutto quando si ha una figlia di otto anni e mezzo “che capisce tutto e sta male: posso solo immaginare lo strazio di chi si trova nella mia stessa situazione in Ucraina”. Le immagini di quesi giorni, d’altronde, “le abbiamo viste tutti, non le si possono equivocare”. Vasyl parla di guerra come male assoluto “ma che fa ancora più male pensando alla retorica dei popoli fratelli”. Le prime vittime, ricorda, sono proprio loro: i civili “senza nessuna colpa, i bambini e gli anziani: ora anche scappare non sembra più una opzione praticabile”.
Vasyl teme anche per la famiglia della sorella, che ha un figlio di 23 anni che potrebbe ritrovarsi a combattere a breve. Per il momento, almeno lui, non pensa di raggiungere l’Ucraina e arruolarsi. “Devo confrontarmi con il fatto che ho due bambini, di cui uno nato appena due mesi fa. Ti passano tanti pensieri per la testa in una situazione del genere”, la sua testimonianza. Vasyl è coinvolto nelle attività della comunità ucraina di Padova che, attraverso la propria chiesa, ha lanciato una campagna di solidarietà cui anche la Comunità ebraica locale ha aderito. C’è bisogno un po’ di tutto. In particolare, spiega, di medicinali, prodotti e strumenti. Un vero e proprio “Sos Ucraina” per salvare “il maggior numero possibile di vite”.
Kachmar ci saluta con un messaggio: “Il sostegno che stiamo ricevendo è fondamentale, un grande supporto anche sul piano morale. Ma l’Italia, l’Europa e il mondo intero devono fare di più, perché Putin non si fermerà”.
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LE DICHIARAZIONI DELL'AMBASCIATORE UCRAINO
"Mediazione israeliana più importante delle armi"

“Il nostro governo vede Gerusalemme come un possibile luogo di negoziazione con la Russia”. Ad affermarlo in queste ore l'ambasciatore ucraino in Israele Yevgen Korniychuk. Parole pronunciate in una conferenza stampa in cui il diplomatico di Kiev ha ringraziato “il governo israeliano per i suoi sforzi di mediazione tra noi e la Russia. È importante anche se le probabilità di riuscita sono basse. È più importante delle armi”.
Il Primo ministro israeliano Naftali Bennett è volato di sabato per incontrare il presidente russo Vladimir Putin e ha poi proseguito il suo viaggio per Berlino per aggiornare il cancelliere Olaf Scholz. “Il fatto stesso che il primo ministro sia partito durante lo Shabbat per parlare di pace è senza precedenti”, le parole di ringraziamento dell'ambasciatore Korniychuk. Quest'ultimo ha paragonato l'invasione russa del suo paese alla guerra dello Yom Kippur del 1973, in cui Israele ha affrontato “un nemico con armi molto più grandi e più forti”. E in merito alle forniture di armi richieste da Kiev a Israele, il diplomatico ha affermato di capire le difficoltà d'Israele nell'inviarle. Poi però ha aggiunto di non comprendere il blocco sugli elmetti. Ponendosene uno in modo dimostrativo in testa, Korniychuk ha mandato un messaggio ai ministri israeliani: “Di cosa hanno paura? Di fornire sicurezza personale agli ucraini?”. Interrogativi che mostrano la complessa situazione in cui si trova Israele, che ha scelto la via della mediazione. Pur condannando esplicitamente l'invasione russa, ha mantenuto un canale aperto con Mosca, a differenza di molti paesi occidentali. E ora lavora per mantenere un equilibrio diplomatico, come dimostrano i voli a Mosca di Bennett e le sue ripetute telefonate con il presidente ucraino Zelensky. A cui aggiungere il vertice in Lettonia di queste ore tra il ministro degli Esteri Yair Lapid e il capo della diplomazia Usa Antony Blinken.
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LA TESTIMONIANZA DI LEA POLGAR
“Guerra, un ricordo indelebile
Impegniamoci tutti per la solidarietà”

Commovente testimonianza di Lea Polgar, 89enne ebrea fiumana, al sit in organizzato dai giovani della Comunità di Sant’Egidio in Campidoglio per dire “sì alla pace” e “no alla guerra”. Tra i partecipanti il sindaco di Roma Roberto Gualtieri.
“La guerra me la ricordo benissimo, è una paura che non si può spiegare a parole. Ricordo sopra il cielo di Roma gli aerei che lanciavano bombe e il sole oscurato. E ancora: i vetri che si rompevano, un rumore davvero terribile. Si rischiava la morte del topo”, ha detto Polgar rivolgendosi a una platea composta in larga parte da studenti. Una delle sue fortune, ha poi aggiunto, “è stata quella di aver incontrato delle persone che mi hanno aiutato”, riuscendo così ad evitare l’arresto da parte nazifascista. Nel suo caso i coniugi Aurelio e Melanie Mistruzzi, poi riconosciuti tra i “Giusti tra le Nazioni” dallo Yad Vashem.
Da qui l’invito ai giovani: “Ci sono tante persone in arrivo in Italia: vanno aiutate e capite, dobbiamo fare tutto quello che è nelle nostre possibilità”. Al tempo delle persecuzioni antiebraiche, ha poi evidenziato Polgar, l’indifferenza “creò gravi danni, ma adesso è diverso: quasi tutto il mondo si sta rivoltando e si sta dando da fare”. Anche noi, ha concluso, “possiamo fare qualcosa”.
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LA CATALOGAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE EBRAICO
Ebraismo italiano, molte identità
Un progetto che guarda al futuro

Il progetto di catalogazione del patrimonio culturale ebraico in Italia è stato avviato nel 2016 con il duplice obiettivo di aggiornare scientificamente e con il supporto di immagini fotografiche le schede compilate negli anni ’80 nell’ambito del piano di lavoro Ars – Presenza Ebraica in Italia, nonché di inventariare ex novo il materiale conservato presso le singole Comunità, i cimiteri ebraici non ancora censiti, i musei statali e civici. Un lavoro che la pandemia non ha arrestato e che è destinato in prospettiva, si ricordava in occasione dell’ultima riunione del Consiglio della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia (FBCEI), “a dare vita a un vero e proprio Centro del Catalogo” che sarà collocato all’interno del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara.
Una conferenza online in programma mercoledì 9 marzo alle 18 sarà l’occasione per fare il punto sul “recupero delle identità dell’ebraismo italiano” che questo progetto sta realizzando. Apriranno l’evento, che sarà possibile seguire via Zoom e in streaming sul canale Facebook della Fondazione, i saluti istituzionali del suo presidente Dario Disegni e di Carlo Birrozzi, direttore dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD).
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Guerra e disonore

Sembrerebbe tutto chiaro, più chiaro di così? Uno Stato che invade un altro Stato sovrano, bombarda le sue centrali nucleari, uccide i suoi civili, vuole impadronirsene e intanto minaccia il mondo di un olocausto nucleare. Eppure, troppi intorno a noi sono confusi, per usare un'espressione eufemistica. Per non parlare della vecchia sinistra, che è riuscita a mettere 50mila persone in piazza senza una, o solo con due o tre, bandiere ucraine. Una manifestazione contro l'Ucraina, in realtà.
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Oltremare - Casa

Ultimo giorno di una breve ma completissima vacanza. Come da tradizione, ci armiamo di gps e di indirizzi raccolti nei giorni precedenti e partiamo alla ricerca di casette, viste o ipotizzate come piccoli souvenirs da mettere in salotto. Tutto è iniziato a Venezia, anni fa, durante un viaggio in famiglia, in cui siamo arrivati quasi per caso nel negozio (che spero ardentemente che esista ancora) di una specie di agglomerato di artisti locali, uno dei quali fa piccole casette veneziane in legno colorato, simpatiche e assolutamente non kitsch.
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Storie di Libia - Giulio Hassan

Giulio Hassan, ebreo di Libia. È nato a Tripoli il 4 giugno 1940. La sua famiglia non era molto osservante, rispettavano solo alcune tradizioni. Il sabato andavano al Tempio e in casa mangiavano solo kosher, italiano e non tripolino, perché sua madre era fiorentina mentre suo padre era nato a Tripoli. A lui mancava quella particolarità del profumo di spezie dei cibi che sentiva in casa dei suoi amici. A otto anni fu ospite alla fine di Pesach in casa della famiglia Mimun, per un pranzo in miniatura che si faceva per i bambini (Ciahlit) e gli piacque molto.
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Guardando a Odessa

“Proiezione Potëmkin” è un mio lavoro su Odessa come ricorrente centro della storia ebraica (e non solo). Dipinto alcuni anni fa. Ma, mi pare, violentemente attuale.
Tobia Ravà
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