PURIM 5782
Il Re del Mondo

“In quella notte il re fu insonne e ordinò di portare il libro delle memorie…”: conosciamo a memoria questo versetto della Meghillà, che cantiamo in coro fin da bambini. Si può ben capire che il re Assuero fosse teso e preoccupato per tutto ciò che stava succedendo. Nonostante il brano sembri piuttosto semplice, i Maestri non lo leggono con altrettanta facilità: “Disse rabbì Tanchum: andò perso il sonno del Re del Mondo (TB Meghillà, 15b)”. Nel loro linguaggio quasi fiabesco, i Maestri riprendono così qui un tema che sottende a tutta la storia di Ester: chi è davvero il re? La domanda è ancora più rilevante se si considera quanto vasto fosse il regno di Assuero, che regnava su 127 nazioni, in pratica sul mondo intero! Gli scribi amano sottolineare questa questione iniziando ogni foglio di pergamena della Meghillat Ester con la parola “haMelekh”, “il re”. Come noto in tutta la vicenda di Ester non compare mai il nome divino. Tutto avviene, in apparenza, “normalmente”. Nella realtà però è il Cielo a decidere come va a finire la storia. Dipende da come si guarda alle cose, da quanto si riesce a scavare sotto la superficie. Il passo del Talmud citato sopra prosegue: “I Maestri dissero invece: si agitarono (gli angeli) in Alto, (di conseguenza) si agitarono in basso”. Anche in quest’ottica, quanto avviene sulla terra non solo non sfugge al Cielo, bensì perfino Lo turba. E se gli abitanti della Terra pensavano di rimanersene in una tranquilla indifferenza, ecco che dall’Alto si provvede a scuoterli e ad agitarli. Del resto, non aveva il re Assuero accettato la proposta di Haman di eliminare tutti gli ebrei rinunciando perfino al compenso che Haman gli aveva proposto? Se non di deliberata malvagità, il re aveva dato una prova estrema di indifferenza. È interessante notare che la parola ebraica usata nel versetto per indicare la perdita del sonno sia, letteralmente, “nomade”: questa parola suggerisce che si tratti di uno scombussolamento profondo, più forte che una semplice insonnia.
Questo semplice Midrash è dunque un monito, estremamente attuale, contro il tiranno egemone e una chiamata al risveglio per chi aspira a rimanersene da parte. La svolta di tutta la storia di Ester è nel momento in cui Mordechai la costringe a scrollarsi dalla sua profonda apatia: “se resterai inerte in questa circostanza, sollievo e salvezza verranno per gli ebrei da qualche altra parte, e tu e il tuo casato perirete”. Con una trasformazione repentina, l’Ester fino ad allora passiva, smette di trovare buoni motivi per non agire e prende in mano le redini dell’intera vicenda.
Rav Michael Ascoli
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A DIECI ANNI DALL'ATTACCO ALLA SCUOLA EBRAICA DI TOLOSA
L’Islam di Francia e la deriva radicale,
il j’accuse di un imam coraggioso

Una cena interreligiosa in moschea, per confrontarsi in un clima conviviale sui valori che uniscono le religioni nel rispetto delle reciproche differenze. Un’iniziativa piuttosto ordinaria, niente di così sovversivo. Anche in una Francia scossa da crescente insofferenza, dal dilagare sempre più accentuato di un odio non solo verbale e virtuale ma anche fisico. Eppure a qualcuno quella cena resta indigesta. Sono i giovani del collettivo Cheikh Yassine che stazionano davanti alla moschea, brandiscono bandiere palestinesi, insultano e minacciano i presenti. Un nome, un programma: lo Yassin che si vuole omaggiare non è altri che il sanguinario sceicco fondatore del gruppo terroristico Hamas che oggi governa Gaza all’insegna del terrore.
“Ho subito minacce di morte e aggressioni. Hanno diffuso dei video in cui sono etichettato come un Satana. Mi hanno anche demonizzato ‘faccia a faccia’, per mesi. Sui social, invece, questo è accaduto per anni. Sono venuti persino a casa mia, due volte. Un camion parcheggiato all’esterno dell’abitazione sarebbe dovuto servire per depredare i miei beni o per rapire la mia famiglia: la famiglia di un ‘infedele’. Per fortuna mia moglie e i miei figli erano assenti…”.
C’è anche questa drammatica testimonianza nell’ultimo libro dell’imam Hassen Chalghoumi, “Libérons l’islam de l’islamisme” (Hugo Doc). Il nuovo atto d’accusa di un simbolo tra i più luminosi nella lotta al radicalismo che pervade la società francese e che è stato all’origine, in questi anni, di molti attacchi e purtroppo anche di molte morti. Il saggio dell’imam di Drancy, che è anche il presidente della conferenza degli imam di Francia, vede luce e diffusione in un momento tra i più pertinenti. A pochi giorni, cioè, dal decimo anniversario dell’attentato alla scuola ebraica Ozar HaTorah di Tolosa visto da molti, Conseil Représentatif des Institutions Juives de France (Crif) in testa, come l’inizio di un’ulteriore e terribile deriva. Una scelta temporale che collima con il suo costante sforzo per accendere di nuova luce la coscienza di una Francia spesso smarrita davanti alla minaccia del terrorismo islamico. Incapace talvolta anche solo di riconoscerlo e quindi anche di definirlo e contrastarlo in modo opportuno. Anche di questo si parlerà, tra qualche giorno, al Bataclan. “La France face à l’antisémitisme et à l’islamisme” il titolo di una serata promossa dal Crif in quest’altro luogo sfregiato dalla morte cui prenderanno parte, in un dialogo molto atteso, i due ex Presidenti Nicolas Sarkozy et François Hollande.
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L'ESPOSIZIONE AL MUDEC DI MILANO
Chagall, vita ebraica in mostra

Dalla Yiddishkeit di Vitebsk, riprodotta con amore e nostalgia nella serie “Ma vie”, alle illustrazioni dei libri dell'amata moglie Bella Rosenfeld, incentrati sulla vita ebraica; dalla rappresentazione dell'orrore dei pogrom alle riproposizioni su tela delle vicende bibliche. L'opera di Marc Chagall continua ad affascinare il grande pubblico, rappresentando un racconto originale del mondo ebraico, delle sue radici e della sua vitalità. Un racconto al centro ora di una nuova mostra che porta dall'Israel Museum di Gerusalemme al Mudec di Milano oltre cento opere di Chagall, con il proposito di scavare in particolare il contesto culturale da cui l'artista attinse la sua ispirazione.

Aperta al pubblico dal 16 marzo, l'esposizione “Marc Chagall. Una storia di due mondi” è curata da Ronit Sorek dell’Israel Museum. Sorek, presentando la mostra, ha sottolineato come le scene e le esperienze della prima giovinezza formarono la base del mondo simbolico di Chagall, e ciò costituisce forse il segreto del duraturo successo delle sue opere. Il progetto espositivo mette in relazione proprio questi lavori con il contesto culturale da cui nacquero: la lingua, gli usi religiosi e le convenzioni sociali della comunità ebraica yiddish, così come i colori e le forme che l'artista assimilò da bambino ed espresse al meglio da adulto.
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PURIM 5782 - LE INIZIATIVE DELL'ITALIA EBRAICA
“Più forti dopo la crisi, nel segno della solidarietà”
Come coniugare la gioia della festa di Purim con la situazione contingente, con l’ansia e la preoccupazione che pervadono il mondo intero per quanto sta accadendo in Ucraina? Questo l’interrogativo che Miriam Haiun, direttrice del Centro di Cultura Ebraica della Comunità di Roma, ha posto al rabbino capo rav Riccardo Di Segni nel corso di un evento trasmesso in streaming dal Centro. Incentrato sul valore di Purim “nei momenti difficili della nostra Storia”, l’intervento si è aperto nel segno della testimonianza di un grande protagonista del nostro presente: l’ex dissidente Natan Sharansky, nativo proprio dell’Ucraina, la cui voce si è più volte levata negli scorsi giorni. Anche per denunciare lo sfregio compiuto dai russi nell’area del memoriale di Babyn Yar, la fossa comune più grande d’Europa. Una crisi terribile “ma dalla quale potremo uscire rinforzati”, ha detto il rav Di Segni facendo riferimento ad alcune iniziative di solidarietà avviate dalla Comunità. Come la missione svolta da alcuni volontari che, “con seicento chili di alimenti sono arrivati fino al confine con la Moldavia, sfidando intemperie, neve, difficoltà burocratiche”. Il tutto, è stato sottolineato, “per portare un aiuto concreto” ai profughi.
Molte le iniziative, in tutta l’Italia ebraica, per celebrare la festa ormai imminente e coglierne ogni aspetto e significato. Domani sera, al Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma, un nuovo evento del ciclo di incontri dedicato alle feste ebraiche a cura dell’area Educazione e Cultura UCEI insieme al Pitigliani stesso e all’Unione Giovani Ebrei d’Italia. “Eliminare apparenze e stereotipi per scoprire una festa a cavallo tra equità e inclusione”, il messaggio che ha ispirato questa iniziativa. In programma una lettura della Meghillà tradizionale e “delle donne per le donne”, seguita da un dialogo tra il rav Roberto Della Rocca e Keren Perugia moderato da Nathania Zevi.
(Nell'immagine: il municipio di Tel Aviv illuminato in solidarietà all'Ucraina)
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L'INIZIATIVA DELLA FONDAZIONE MUSEO DELLA SHOAH DI ROMA
Dalla carta al web, condividere la Memoria
Incentivare la lettura e la condivisone di libri tra studenti di scuola secondaria di primo e secondo grado. È l’obiettivo che ha spinto la Fondazione Museo della Shoah di Roma ad attivare un “Social book club” rivolto a giovani lettori che potranno commentare in forma critica i libri che hanno suscitato maggiormente il loro interesse, “aprendo un dibattito fatto di condivisione e scambio di opinioni, attraverso l’utilizzo dei mezzi di comunicazione” di cui fanno un uso rilevante nel loro vissuto quotidiano. Come, tra gli altri, Instagram e TikTok.
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Chi legittima Putin
 Se c’è una cosa che salta evidente agli occhi è come un certo pacifismo stia parteggiando focosamente per una pace che riconosce tacitamente alla Russia di Putin il diritto all’invasione, al massacro e alla devastazione di un paese. Pacifisti, in genere di sinistra spinta, che sostengono Putin come se fosse l’erede legittimo dei beneamati Stalin, Lenin e Krusciov.
L’Ucraina e la politica della Nato non saranno certo del tutto innocenti a fronte di quanto sta accadendo. Fiammelle e focherelli li hanno accesi sicuramente anche loro con una politica di espansione dell’influenza economica e non solo. Ma è oggi un problema, di fronte a cui non si può non prendere posizione, il rischio di legittimare le azioni di una potenza che diventa prepotenza e prevaricazione. Putin, poi, non è certo un internazionalista, bensì un despota impazzito disposto a tutto, che non dà l’idea di volersi fermare dopo la conquista dell’Ucraina.
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La forza della ragione (e il suo contrario)
 Anni or sono Vladimir Putin scrisse una tesi (si discute se fosse di dottorato oppure di un grado minore, come il B.A.) redatta con una certa disinvoltura, la quale tesi rileva per la parte attinente alle idee soggiacenti (cfr.The Mystery of Vladimir Putin’s Dissertation, Igor Danchenko and Clifford Gaddy, The Brookings Institution). Tali idee riconoscono un nocciolo duro, concernente la sfiducia, vissuta e sperimentata nell’amministrazione di San Pietroburgo, nella partnership fra pubblico e privato, in quanto quest’ultimo tendeva a frodare il primo. Poiché Putin è laureato in legge, possiamo ipotizzare un suo scarso affidamento nell’idoneità dell’ordinamento domestico.
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Dignità morale e aiuto concreto
 Putin sta tentando di uccidere l’Ucraina quale Stato indipendente. Putin sta cercando di uccidere gli ucraini, come nazionalità e come popolazione. I bombardamenti aerei, il fuoco penetrante dell’artiglieria, l’invasione del territorio con i carri armati creano una tenaglia che da est da sud da nord comprime verso ovest e verso il centro il Paese. Provocando distruzione e morte, l’esercito russo sta di fatto strangolando un popolo. Un popolo che però non si lascia soffocare, ma che guardando al Presidente Zelensky come punto di riferimento e guida ideale resiste con una tenacia inimmaginabile, organizzando il suo esercito in gruppi pronti alla guerriglia più che al conflitto in campo aperto, riuscendo a rallentare e talvolta a respingere l’avanzata russa.
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