A MILANO L'INAUGURAZIONE IL 15 GIUGNO DEI NUOVI SPAZI DELLE DUE FONDAZIONI
Memoriale della Shoah e Cdec, un nuovo inizio insieme

Nel cuore di Milano, un luogo dove fare Memoria, ricerca storica, didattica, dove aprire dibattiti e riflessioni sulla nostra società. Lo sarà, ancor più di oggi, il Memoriale della Shoah con l’inaugurazione il prossimo 15 giugno di nuovi spazi e in particolare con l’apertura al pubblico della nuova sede del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec). “La sinergia tra i due enti ha l’obiettivo di restituire a Milano un luogo rinnovato in termini di intenti e prospettive, dove poter sperimentare e offrire contenuti trasversali, che partono dalla ricerca storica per approdare ad un dibattito sulla contemporaneità”, spiegano Memoriale e Cdec. A riassumere il significato di questa novità, le parole della senatrice a vita Liliana Segre. “Il Memoriale della Shoah, istituito per il ricordo dell’indifferenza, oggi prende un’altra forma e si evolve, non solo per merito di chi ha creato questo luogo da un punto di vista architettonico e storico, ma grazie a tutti i ragazzi e le persone che, avendolo visitato, hanno cominciato a ricordare. Ora – le parole di Segre – non è solo luogo di storia e memoria, ma anche di studio e riflessione: un luogo che dà la possibilità di ritrovare sia il passato che il futuro, ricco di conoscenza, sapere, curiosità e risposte. Questa è la speranza di noi pochi rimasti che quel luogo l’abbiamo vissuto e intensamente voluto: una speranza che oggi vediamo compiersi nella candela della Memoria e in quel raggio di vita futura che abbiamo sempre desiderato”. Si tratta dunque di un nuovo capitolo per il Memoriale, per il Cdec così come per l’intera città di Milano, raccontato in un recente Dossier di Pagine Ebraiche intitolato “Documentare la Memoria“.
Il grande pubblico potrà, a partire da metà giugno, accedere ai nuovi spazi progettati dallo studio Morpurgo de Curtis Architetti Associati: oltre 750 metri quadrati che includono la biblioteca, l’aula didattica e l’Agorà, luogo di incontro e dialogo. I visitatori potranno accedere al patrimonio della biblioteca della Fondazione Cdec, che conta 31.000 monografie in varie lingue, 700 tesi di laurea e 2000 testate di periodici. Al fianco di questo materiale, la possibilità di consultare l’archivio che raccoglie invece la maggior parte delle testimonianze esistenti sulla storia degli ebrei in Italia, dall’età dell’Emancipazione fino ai giorni nostri.
Per il presidente della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach con questa ultima e fondamentale tappa l’intero progetto “assume una spinta nuova e acquisisce maggiore intensità. Gli spazi del Memoriale diventano un palco per chiunque voglia aprirsi al dialogo e all’ascolto, per chiunque sia disposto a farsi coinvolgere per contribuire alla creazione di una comunità più inclusiva”. Per Giorgio Sacerdoti, presidente della Fondazione Cdec, il trasferimento “non è un semplice trasloco, ma rappresenta un salto di qualità della ricerca storica, dell’accesso alle attività culturali, del dialogo con il pubblico”. E l’occasione per sottolinearlo è stata la presentazione della ricerca dedicata ai resistenti ebrei d’Italia a cura della storica Liliana Picciotto, svoltasi ieri con numerosi interventi.
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IL GOVERNO DI GERUSALEMME SULL'UCCISIONE DELLA GIORNALISTA PALESTINESE
"Condoglianze alla famiglia di Shireen Abu Akleh,
Israele sta indagando per scoprire la verità"

“Israele condurrà un'indagine approfondita. Chiediamo all'Autorità Palestinese di cooperare con tale indagine per arrivare alla verità”. È quanto ha annunciato questa mattina il portavoce del ministero degli Affari Esteri israeliano Lior Haiat, commentando la notizia della morte della giornalista palestinese di Al Jazeera Shireen Abu Akleh. La giornalista è rimasta uccisa nel campo profughi di Jenin durante uno scontro a fuoco tra palestinesi armati e forze di sicurezza israeliane, che stavano conducendo un'operazione antiterrorismo nell'area.
Le dinamiche dell'incidente non sono ancora chiare e l'esercito sta indagando per fare luce sull'accaduto, ha spiegato il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz, inviando le sue condoglianze alla famiglia di Abu Akleh. Secondo risultati preliminari dell'inchiesta, ha aggiunto Gantz, “nessun colpo (israeliano) è stato diretto verso la giornalista”. “Abbiamo invece visto - ha aggiunto - filmati di spari indiscriminati da parte di terroristi palestinesi, che è probabile abbiano colpito” Abu Akleh. Anche il Primo ministro Naftali Bennett ha parlato di possibile responsabilità palestinese. “Abbiamo informazioni che indicano che potrebbe essere stata colpita dagli uomini armati palestinesi che sparavano indiscriminatamente”, il commento di Bennett, che ha criticato il presidente palestinese Mahmoud Abbas per aver incolpato Israele, senza portare prove, della morte della reporter. Nell'incidente un altro giornalista palestinese, Ali Samoudi, è rimasto ferito ed è ricoverato in condizioni stabili.
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GLI STORICI A CONFRONTO SUL NUOVO LIBRO DI DAVID KERTZER
“Pio XII, un papa pavido”
Il concetto di “silenzio” compare più di cinquanta volte. Un numero già di per sé eloquente che addirittura raddoppia se prendiamo in considerazione un altro termine emblematico come “paura”. Atteggiamenti e stati d’animo che furono la cifra del discusso pontificato di Eugenio Pacelli. E in particolare del suo rapporto, che da sempre appassiona gli storici, e non soltanto loro per la verità, con Hitler e Mussolini. All’opposto, molto spesso, due narrazioni: quella che vede in Pio XII “il papa di Hitler”; e quella di tipo apologetico che ne loda in modo sperticato eroismi e virtù di dubbia fattura. La leggenda nera e quella rosa. A fare chiarezza su tanti nodi irrisolti arriva ora un grande storico – David Kertzer, già vincitore del Premio Pulitzer – nel suo nuovo attesissimo libro.
“Un papa in guerra. La storia segreta di Mussolini, Hitler e Pio XII”, pubblicato da Garzanti e di cui vi avevamo anticipato l’uscita nei giorni scorsi, sarà nelle librerie a partire dal 26 maggio. Ma ha già suscitato un significativo fermento tra gli studiosi. Alcuni tra i massimi esperti di Shoah in Italia, ospiti dell’American Academy, hanno delineato la portata di un testo che sembra mettere a nudo tutte le fragilità e negligenze della Santa Sede dell’epoca. Anche quando la persecuzione antiebraica – è stato più volte rimarcato – si svolse “a un passo dalle finestre del Vaticano”, come nel caso degli oltre mille ebrei romani raccolti nell’ex Collegio Militare di via della Lungara dopo il rastrellamento del 16 ottobre e da lì deportati nei campi di sterminio.
Assieme all’autore, ad animare questo intenso incontro, Ruth Ben-Ghiat, Lutz Klinkhammer, Simon Levis Sullam e Marla Stone.
Kertzer, affiancato nel suo lavoro di ricerca da Roberto Benedetti, ha raccontato come si è mosso in contesti molto diversi, analizzando migliaia di carte da archivi “anglosassoni, francesi, tedeschi, italiani”. E in ultimo anche quello vaticano, aperto al pubblico soltanto nel marzo del 2020 con una pandemia ormai incombente che ha reso più arduo il compito.
Nuove ombre sembrano addensarsi sulla figura di Pacelli. Un papa, ha detto Kertzer, la cui prima missione è stata “quella di proteggere la Chiesa”. Qualunque cosa ciò significasse, qualunque sponda andasse cercata, per contrastare quello che ai suoi occhi era il nemico numero: il comunismo. Una prospettiva di cui appare evidente il riflesso anche nella stampa cattolica di allora, con riferimenti enfatici alle “Crociate” che non a caso apparvero su vari organi di informazione nel momento in cui l’Italia dichiarò guerra alla Russia. Mai, è stato detto, una simile retorica e stigmatizzazione fu rivolta contro i crimini del nazismo. Che pure erano noti.
“Sia Mussolini che Hitler erano esperti di intimidazione. E con il papa sapevano come muovere le giuste leve. Che fossero ‘buoni’ o ‘cattivi’ non aveva importanza. Per Pio XII la cosa fondamentale – ha spiegato Kertzer – era che sostenessero la Chiesa”.
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L'INIZIATIVA AL CENTRO BIBLIOGRAFICO UCEI DEL 23 MAGGIO
Sarah Halimi, ricordo e impegno

Una serata in speciale in memoria di Sarah Halimi, vittima dell’odio antisemita che ha insanguinato in questi anni la Francia e l’Europa.
Ad organizzarla l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per lunedì 23 maggio, nella sede del suo Centro Bibliografico: tra gli ospiti il figlio Yonathan e la nuora Esther.
Parteciperanno all’incontro, che prenderà il via alle 20.30 con la conduzione del Consigliere UCEI Gadi Schoenheit, anche l’ambasciatore francese in Italia Christian Masset, il presidente del Conseil Representatif des Institutions Juives de France Francis Kalifat, la coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Milena Santerini, l’avvocato penalista Tommaso Levi del foro di Torino e il professor Giuliano Balbi ordinario di Diritto Penale all’Università degli Studi della Campania. In apertura i saluti della presidente UCEI Noemi Di Segni.
La serata sarà dedicata a un approfondimento sul tema dell’antisemitismo, ai suoi inquietanti segnali di crescita, al quadro normativo di riferimento per contrastarlo. Ma sarà anche l’occasione per parlare del progetto “Ohel Sarah” avviato lo scorso anno da Yonathan in ricordo della madre. Per partecipare è necessario iscriversi all’indirizzo: segreteria@ucei.it
L’evento sarà trasmesso anche online sulla pagina Facebook UCEI
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IL VOLUME PRESENTATO AL MUSEO EBRAICO DI BOLOGNA
Nathan Ben Horin e la diplomazia del Dialogo

“Avevo avuto da un membro della direzione del mio ministero il consiglio di non occuparmi di questioni teologiche nel mio lavoro e di astenermi dal dialogo ebraico-cristiano, che era di competenza della comunità ebraica locale. Ma non avevo alcuna intenzione di seguire questo consiglio, e ciò per la buona ragione che, prima di essere israeliano, sono ebreo”.
È quanto confidava Nathan Ben Horin (1921-2017), il diplomatico israeliano che nelle vesti di ministro plenipotenziario dell’ambasciata in Italia per i rapporti con la Santa Sede svolse un ruolo di assoluta centralità nello sviluppo di un nuovo orizzonte di confronto e relazioni in un momento storico (si era all’inizio degli Anni Ottanta) in cui il Vaticano non aveva ancora contatti ufficiali con lo Stato ebraico. La svolta sarebbe arrivata nel 1994, con l’attesa “normalizzazione” sapientemente preparata, tra gli altri, proprio da Ben Horin. Un primo traguardo preceduto da una storia faticosa e complessa, ripercorsa nelle sue tappe più significative nel libro che ne porta la firma, pubblicato nel 2019 dall’editore Panozzo: “Le relazioni tra Israele e Santa Sede, 1904-2005”.
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L'INCONTRO CONCLUSIVO A PALERMO
Trasmettere il patrimonio culturale,
la sfida di MiDorLeDor

Si è da poco conclusa la prima edizione del corso di formazione dedicato alla trasmissione del patrimonio culturale ebraico MiDorLeDor. Avviato nel giugno dello scorso anno, il percorso di sessioni online e seminari in presenza è terminato con un ultimo incontro nella città di Palermo, dove la presenza ebraica prima della cacciata di fine Quattrocento aveva raggiunto un’importanza notevole e dove il gruppo ha potuto visitare le celle dell’inquisizione di palazzo Steri, per recarsi poi nelle strade dell’antica Giudecca, scoprire alcuni dei preziosi manoscritti e libri ebraici conservati all’interno della Biblioteca centrale della Regione Sicilia, incontrare alcuni amici di Palermo, membri della sezione locale afferente alla Comunità di Napoli, e godere di molte altre esperienze.
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Ticketless - Federalismo pragmatico
 Vorrei dare atto a Donatella Di Cesare. Le sue parole sono state travisate. Ho ascoltato in rete il suo discorso. Confesso però di non avere avuto la forza che ha avuto lei di seguire fino in fondo l’evento e mi scuso. Farei torto alla sua intelligenza se non pensassi che ha deciso di replicare qui, perché inascoltabili devono esserle sembrate molte delle voci risuonate lì.
Di Cesare parla di una guerra tra due nazionalismi e non, come penso io, una guerra asimmetrica fra un imperialismo espansivo e una nazione che si difende per conservare la propria integrità territoriale.
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Periscopio - Caronte
 Non c’è dubbio che una delle figure più drammatiche e tenebrose della Commedia sia quella di Caronte, il “nocchier della livida palude” (Inf. III.98), incaricato di traghettare le anime dannate al di là del fiume Acheronte, il cui passaggio segnerà per loro il definitivo ingresso nella “città dolente”, da cui non usciranno mai più. Le parole del nocchiero sono spietate, apodittiche, e, tra esse, l’avverbio “mai” pesa come un tremendo macigno, capace di schiacciare per sempre ogni minima illusione o speranza: “Guai a voi, anime prave!/ Non isperate mai vedere lo cielo:/ i’ vegno per menarvi a l’altra riva/ ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo” (Inf. III. 84-87).
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Un pianista polacco a San Francisco
 Nel 1932 il ventiduenne pianista ucraino Leonid Sagalov vinse il 4° Premio al Concorso pianistico internazionale Chopin di Varsavia, la vittoria al prestigioso concorso segnò l’inizio di una formidabile carriera; docente presso il Conservatorio di Kharkiv, nel 1940 Sagalov fu costretto a lasciare la città assediata dalla Wehrmacht e raggiunse Mosca, ivi morì per cause tuttora sconosciute.
Nel 1918 il medico e suonatore di bandura ucraino Mykhailo Pavlovych Teliha si trasferì dalla natia Akhtyrka Stanitsa (Kuban) a Kiev per fornire il proprio sostegno come chirurgo all’indipendenza dell’Ucraina; internato nel 1921 in un Campo polacco a Kalisz, alla fine dell’internamento si trasferì in Cecoslovacchia dove completò gli studi medici e conobbe Olena, poetessa e sua futura moglie.
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