Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui    24 Novembre 2022 - 30 Cheshvan 5783
GLI STATI GENERALI DELL'EBRAISMO ITALIANO

La continuità ebraica e il ruolo dell’educazione

Si svolgerà a partire da domenica una nuova edizione degli Stati Generali dell’ebraismo italiano, interamente incentrata sul tema dell’educazione. Tra i temi che saranno affrontati “La continuità ebraica e il ruolo dell’educazione”, “L’approccio UCEI e la rete istituzionale”, “Il ruolo d’Israele nell’educazione ebraica nella Diaspora”, “Come adattare la conoscenza alle sfide di un mondo che cambia”, “Le scuole ebraiche: quale mission?”, “La formazione rabbinica e i percorsi di studi ebraici superiori”, “Giovani, formazione e identità ebraica”, “Percorsi di educazione e formazione ebraica”. Pubblichiamo di seguito un’anticipazione dall’intervento del rav Roberto Della Rocca, direttore dell’area Educazione e Cultura UCEI.
 

VeShinnantam leVanekha VeDibarta bam… le ripeterai ai tuoi figli e ne parlerai con loro… (Deuteronomio 6, 7) veLimadtem otam ‘et benekhem leDaber bam… le insegnerete ai vostri figli parlandone stando in casa e andando per strada, quando sarai coricato e quando sarai alzato…(Deuteronomio 11, 19).
Nei due brani suindicati dello Shemà, il cui testo è parte integrale della Torà, ricorre l’imperativo di “insegnare”. In questa direttiva è racchiuso uno dei temi principali dell’ebraismo, l’educazione, ed in essa ravvisiamo uno dei cardini della “tradizione”. La tradizione, infatti, è necessariamente basata sull’insegnamento, ovvero la ripetizione di concetti, regole di comportamento e usi, finalizzata alla formazione di un’identità ebraica consapevole. La radice verbale di shinnantam è shanà, vale a dire ripetere per ricordare; la radice di limadtem è invece lamad, che nella forma intensiva ha proprio il significato di insegnare. Ciò che va assolutamente sottolineato è come questa disposizione dello Shemà sia rivolta ai genitori, elemento base della società e primo anello della catena della tradizione.
L’educazione ebraica passa dunque per lo studio, che ha il duplice fine di conoscere la Torà e i suoi dettami, e nel contempo di insegnare ciò che si impara, perché la conoscenza non sia un privilegio di pochi, e perché nell’istruzione generale si cresca nel rispetto sociale e umano. È peraltro importante comprendere come l’obbligo dello studio sia legato alla natura complessa e particolare della struttura religiosa, la quale conduce a una sorta di intellettualismo etico per cui “l’ignorante non può essere pio”. Non bastano il sentimento, la fede e la pratica, ma è indispensabile la continua verifica intellettuale. Ed è in questa linea che la tradizione ebraica, mentre pone lo studio a norma fondante, conclude con il principio che, in rapporto ai precetti, “lo studio della Torà vale come tutti gli altri messi insieme”.
Tornando ai versi dello Shemà sopra indicati, vogliamo evidenziare come l’imperativo di ripetere – insegnare (Deuteronomio 6, 7 e Deuteronomio 11, 19) è seguito in ambedue i passaggi dall’espressione vedibarta bam (e ne parlerai con loro), che pone l’accento su un insegnamento mnemonico (ripetere per ricordare) caratterizzato dal dialogo, e sull’invito a fornire un’istruzione aperta all’interrogativo da parte dei figli. In questo modo si rende chiara la differenza fra istruzione e insegnamento: non si trasmettono ai figli solo una serie di informazioni e di nozioni, ma si parla con loro dell’essere ebreo, fornendo nel contempo gli strumenti perché comprendano, attraverso il dialogo, stimolando l’elaborazione autonoma di ciò che viene raccontato, delineando quel passaggio importante e necessario dall’insegnamento alla cultura. Difatti si comanda di insegnare per parlare con i figli, ovvero per confrontarsi, perché l’educazione impartita divenga matura per il confronto, altro aspetto cardinale dell’educazione ebraica. Inoltre si evidenzia così come nell’ebraismo la cultura non è fissità, non è un rigido dogma, ma è convivenza e raffronto fra le contraddizioni, punto di partenza e stimolo per la ricerca di nuovi significati, un invito a proseguire. Questa prosecuzione, questo anello fondamentale della catena della tradizione si appoggia in modo importante sul passaggio genitori–figli, scegliendo come argomento preferito di dibattito le parole della Torà. Uno studio dinamico che si svolge “…Stando in casa e andando per strada…” (Deuteronomio 6, 7), ovvero partendo da una dimensione statica, che fornisce punti fissi, i quali – attraverso un processo evolutivo – trovano la propria validità nel dinamismo, che si esprime nel confronto con la strada, nell’incontro con la società circostante. E ancora: “…quando sarai coricato e quando sarai alzato…(Deuteronomio 11, 19), cioè sia nei momenti di crisi che in quelli di benessere, ove la crisi di valori può essere latente.
L’ebraismo è un sistema di vita basato tutto sull’azione, una cultura che si esprime attraverso dei comportamenti; è difficile poter comprendere pienamente questo tipo di cultura, se l’approccio si ferma ad una valutazione esterna teorica.
Anche la solidarietà e la giustizia sociale devono iniziare nelle nostre mura. Non possiamo pretendere rispetto dagli altri se non siamo capaci di rispettare noi stessi. La solidarietà è una cosa concreta e quotidiana, presente nei piccoli gesti.

Rav Roberto Della Rocca, direttore area Educazione e Cultura UCEI

 
DOPO IL DOPPIO ATTENTATO A GERUSALEMME 

Arieh, giovane vittima del terrorismo palestinese
Israele fa i conti con i traumi del passato

“Vorrei solo salutare mio figlio Aryeh e scusarmi con lui. Mi viene in mente solo questo: che nella vita ci sono cose importanti e cose che non lo sono. Tra le prime, apprezzare ogni minuto con il proprio figlio e con la famiglia”. Davanti alla folla raccoltasi al cimitero di Givat Shaul, a Gerusalemme, con voce rotta il padre del giovane Aryeh, rav Moshe Schupak, ha dato l'ultimo saluto al figlio, ucciso nel doppio attentato che ha sconvolto la capitale e l'intera Israele. “Aryeh non ha avuto una vita semplice, ma aveva intrapreso un ottimo cammino. E non sapeva cosa fosse la rabbia. Aiutava tutti e tutti lo amavano”, ha aggiunto Naftali Schreiber, direttore della yeshiva (scuola religiosa) Harei Yehuda, dove il sedicenne, cittadino canadese ed israeliano, studiava. Proprio per recarsi nella sua yeshiva, a pochi chilometri da Gerusalemme, Aryeh Shupak era alla fermata dell'autobus vicino all'ingresso occidentale della città. Erano circa le sette del mattino. La navetta che lo avrebbe portato a scuola era in arrivo. Aryeh  non ha avuto il tempo di salirci. La bomba, piazzata dentro una borsa, è esplosa, uccidendolo e ferendo decine di persone. Mezz'ora dopo un altro ordigno è esploso, ferendo tre persone. Nel complesso, un attacco per mano del terrorismo palestinese che ha risvegliato nella capitale e in tutta Israele i traumi del passato. Della seconda intifada e della sua violenza. 

LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MELONI INCONTRA IL PRESIDENTE DEL WJC LAUDER

“Insieme contro l’antisemitismo”

Incontro a Palazzo Chigi tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder: ad accompagnarlo la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e la Presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. In una nota del governo si parla di “piena sintonia sulla necessità di un forte e più incisivo impegno comune per combattere in ogni sua forma l’antisemitismo, fenomeno in preoccupante crescita anche attraverso il web e i social network”. La premier, si riporta ancora nella nota, "ha sottolineato l’imprescindibile importanza delle comunità ebraiche per l’identità nazionale italiana ed europea". Nelle ore precedenti Lauder aveva incontrato papa Bergoglio, nella giornata conclusiva della riunione del Comitato esecutivo del World Jewish Congress svoltasi tra Roma e Vaticano e caratterizzata dalla presentazione del progetto Kishreinu per far avanzare ulteriormente il Dialogo.

L'INCONTRO IN CAMPIDOGLIO

“Riviste di Cultura, un nuovo ruolo”

Un nuovo dialogo tra politica e cultura in modo che la seconda possa ravvivare la prima “nei principi e nei valori delle impostazioni di fondo”. È l’auspicio espresso da Valdo Spini, ex ministro e attuale presidente del Coordinamento delle Riviste Italiane di Cultura, durante un incontro su “Le riviste di cultura italiane nella storia d’Italia (1945-2022)” svoltosi in Campidoglio. Nella fase che si sta aprendo la sensazione di Spini è che le riviste di cultura possano avere “un nuovo ruolo” e “tornare ad avere quella importanza che hanno avuto nel passato”, legando insieme “politica e società civile”. Tra le sfide evidenziate nel corso dei lavori la promozione del pluralismo delle idee, l’analisi critica, la difesa del dialogo e confronto come metodo.

LA NUOVA EDIZIONE DEL FESTIVAL NESSIAH 

"Precetti e creatività, in viaggio nell’arte ebraica"

L’arte ebraica “tra precetti e creatività” sarà il filo conduttore dei setti appuntamenti, tutti dal vivo, che caratterizzeranno la ventiseiesima edizione di Nessiah (27 novembre-11 dicembre). Presentato quest’oggi in conferenza stampa, lo storico festival della Comunità ebraica di Pisa vedrà la combinazione di elementi di letteratura, teatro e musica. Un ricco programma con inediti e opere commissionate per l’occasione a giovani artisti. “Uno spettacolo teatrale, ‘Anime’, ispirato al libro dello scrittore israeliano Roy Chen scritto per il festival da Annick Emdin, e l’Opera da Camera ‘Il guanto nero’, ispirata alla vita di Marc Chagall, composta da Delilah Gutman e prodotta dalla Compagnia FuoriOpera” spiega Andrea Gottfried, direttore artistico del festival e suo fondatore. Il rapporto con l’arte permea da sempre l’avventura di Nessiah, tra le più longeve iniziative culturali dell’ebraismo italiano. Quest’anno la scelta è stata di rendere in modo ancora più esplicito alcuni nodi e complessità..

IL CONVEGNO A TRIESTE

Vita dietro le barricate, l’arte negli anni della Shoah

Hanno preso il via i lavori di “Life Behind Fences – La vita dietro le barricate”, convegno internazionale a cura del Festival Viktor Ullmann e del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste in collaborazione con il Museo della Comunità ebraica Carlo e Vera Wagner. Tra i relatori studiosi sia italiani che stranieri incaricati di affrontare il tema della produzione artistica e dei meccanismi di difesa nei ghetti e campi durante la seconda guerra mondiale. Coinvolti 15 studiosi provenienti da diversi paesi europei, gli Stati Uniti e Israele, insieme a quattro keynote speaker col compito di aprire le quattro sessioni in cui è suddivisa l’iniziativa. Al centro una panoramica generale sulla realtà dei ghetti e campi; un focus sulle rappresentazioni ed espressioni artistiche; la produzione durante e dopo la Shoah; il tema della testimonianza e del ricordo consapevole.

SEGNALIBRO 

Una famiglia ebraica nel cuore della Linea Gotica

Presidiata da nazisti e fascisti anche per via della sua posizione strategica nel cuore dell’Appennino, Firenzuola era uno dei luoghi più pericolosi in cui trovarsi nei mesi dell’occupazione tedesca del Paese. Eppure, proprio in faccia agli aguzzini, si svolse tra le sue strade un’incredibile storia di salvezza. A raccontarla il diario dell’ebreo fiumano Alessandro Smulevich, nelle librerie con il titolo “Matti e Angeli. Una famiglia ebraica nel cuore della Linea Gotica” (ed. Pendragon).
Il volume è stato presentato dal Museo ebraico di Bologna, con la partecipazione e l’intervento del presidente della Comunità ebraica Daniele De Paz, della direttrice del Museo Vincenza Maugeri e di Ermanno Smulevich, il figlio dell’autore. Chirurgo in pensione, ha curata la pubblicazione del manoscritto insieme agli studiosi locali Rosanna Marcato e Luciano Ardiccioni. L’esito di una lunga ricerca in cui molte testimonianze inedite sono venute alla luce. Ma anche la chiusura di un cerchio di Memoria, solennizzato di recente con il conferimento del titolo di “Giusto tra le Nazioni” ai salvatori del padre, della sorella Ester, dei loro genitori Sigismondo e Dora e del cugino Leo.

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