Israele e il mondo ebraico si preparano a riunirsi nelle case per celebrare il Seder di Pesach. “La notte più determinante del nostro passato. La notte in cui ci siamo trasformati da un gruppo di singole persone in una nazione. - la definizione del presidente d'Israele Isaac Herzog in un messaggio al paese - La notte del Seder (ordine) è una notte speciale. Una notte in cui non solo la tavola si svolge secondo un ordine, ma anche in noi, dentro di noi, si rivela un ordine che aiuta a distinguere tra le solide fondamenta che non devono essere toccate e devono essere consolidate e rafforzate, e tutto il resto”. Per Herzog il momento della festa deve essere un'occasione per ritrovare l'unità in un paese profondamente diviso. “Vedo con dolore le differenze tra di noi e gli insulti e le accuse lanciati a intere comunità. Credo che ognuno debba conoscere il proprio vicino di casa - la riflessione di Herzog - e non per nulla dedico il mio tempo a tutti”. Per il presidente non si può negare come in Israele vi sia una “enorme diversità” all'interno della società. “Diversità di atteggiamenti, credenze, visioni del mondo e stili di vita. Questo magnifico mosaico è sempre stato un'infrastruttura per la nostra crescita e il nostro sviluppo”. La forza dell'unità d'Israele e del popolo ebraico, la lettura di Herzog, “non risiede necessariamente nell'accordo”, ma nel ricordarsi “ancor più nei momenti difficili e impegnativi, che 'siamo tutti figli di un solo uomo (Genesi)'".
Tra poche ore ci avvieremo alle celebrazioni di Pesach, finalmente liberi di riunirci nelle nostre famiglie e gruppi di riferimento dopo tre anni di pandemia, con l’entusiasmo e la sana fatica di organizzare la tradizionale cena del Seder con tutte le attenzioni prescritte per legge divina, legge rabbinica o legge di casa. E il primo pensiero è proprio quello rivolto a questo impegno logistico ma fondamentalmente morale di fare sentire le persone, a noi vicine o più lontane, parte della comunità e parte di un consesso nel quale si è ben accolti e graditi ospiti.
I significati della festa sono profondi e molteplici – soprattutto la liberazione dalla schiavitù e il divenire popolo uniti da uno statuto e una meta – e ogni anno ci rendiamo conto di quanto si stia celebrando non solo la memoria di quanto avvenuto nel passato ma anche la condizione di come viviamo il nostro presente e le sfide esistenziali che ci si presentano. Sfide che riguardano le nostre comunità e la relazione al contesto socio-politico con il quale ci relazioniamo. Riconoscere in quale maniera si è ancora immersi in una situazione di limitazioni alle proprie libertà e sicurezza, idealmente ma in molti contesti anche realmente, e con quali energie e risorse lavoriamo per essere liberi e capaci di determinare il percorso delle nostre vite.
Una piccola anomalia apre il numero 139 di DafDaf: l’illustrazione della copertina è la copertina di un altro giornale per giovani lettori, Lo Spunk, disegnata da Martina Brigandì. Come raccontiamo nelle prime pagine “Lo Spunk è, secondo Pippi Calzelunghe, quella cosa di cui si ha voglia quando si ha voglia di qualcosa ma non si sa cos’è. Spunk non vuol dire nulla. Spunk vuol dire tutto. Spunk, poi, è anche il nome di un amico: un giornale delle bambine
e dei bambini”, con cui, come abbiamo annunciato nelle scorse settimane, abbiamo avviato una nuova collaborazione. Diretto da Milena Monti, con cui abbiamo presentato il progetto anche durante un’intervista a emmerreci radio, Lo Spunk è sostenuto dalla casa editrice Bacchilega, e dal prossimo mese le due testate condivideranno alcuni materiali, mantenendo sempre aperto il confronto su come offrire il meglio ai rispettivi lettori.
“’Perché ami il duce’ questo era il titolo del tema. Grazie alla mia fantasia, sono riuscita a superare questa prova anche se il duce non lo amavo perché nel 1940, proprio due giorni dopo lo scoppio della guerra, il mio papà era stato arrestato come ebreo antifascista e quindi internato a Urbisaglia, un paesino delle Marche”. Così raccontava Dory Bonfiglioli, classe 1931, ricordando nella sua Ferrara, davanti a giovanissimi studenti, i tragici momenti dell’Italia fascista e delle leggi razziste. Una vita passata nel solco dei valori paterni dell’antifascismo, al fianco del Testimone della Shoah e sopravvissuto a Buchenwald Franco Schoenheit, Dory Bonfiglioli ha lasciato la sua vita terrena all’età di 92 anni.
(Nell'immagine, Dory Bonfiglioli assieme al marito Franco Schoenheit)
Ero un bambino o forse un ragazzetto e dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale lentamente la vita riprendeva, anche dalle cose più semplici: c’era nuovamente la farina e perfino lo zucchero. Per comprare le uova e anche l’olio era sufficiente andare in un negozio e... comprarli: che meraviglia! Dopo anni di tessere e borsa nera, bastava entrare in un negozio! Uscivamo, miracolati, dalla persecuzione nazifascista. La mia famiglia non è mai stata molto ortodossa, ma la mia Mamma ha sempre cercato di mantenere almeno alcune tradizioni. Tra queste lo svolgimento del Seder di Pesach che veniva officiato dal mio Nonno paterno (Emilio). La Mamma ha sempre cercato di mantenere le tradizioni, non solo quelle scritte nei libri, ma anche (soprattutto a Pesach) quella dei sapori e profumi.
Si apre con un servizio sulla festa di Pesach, la Pasqua ebraica, la puntata di Sorgente di vita in onda su Rai Tre domenica 9 aprile.
Festività solenne, dura otto giorni, quest’anno a partire dalla sera del 5 aprile.
Seguiamo i preparativi per la festa nella Comunità ebraica di Venezia, dove in un antico forno del ‘600, l’unico ancora in uso, si cuociono il pane azzimo e gli altri cibi non lievitati tipici. Tra sinagoghe antiche e suggestive e “calli” del campo di gheto vecchio e di gheto novo, Alberto Sermoneta, da poco Rabbino Capo di Venezia, racconta le tradizioni e i significati della festa.