La festa e le ricette di un tempo
Ero un bambino o forse un ragazzetto e dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale lentamente la vita riprendeva, anche dalle cose più semplici: c’era nuovamente la farina e perfino lo zucchero. Per comprare le uova e anche l’olio era sufficiente andare in un negozio e… comprarli: che meraviglia! Dopo anni di tessere e borsa nera, bastava entrare in un negozio! Uscivamo, miracolati, dalla persecuzione nazifascista. La mia famiglia non è mai stata molto ortodossa, ma la mia Mamma ha sempre cercato di mantenere almeno alcune tradizioni. Tra queste lo svolgimento del Seder di Pesach che veniva officiato dal mio Nonno paterno (Emilio). La Mamma ha sempre cercato di mantenere le tradizioni, non solo quelle scritte nei libri, ma anche (soprattutto a Pesach) quella dei sapori e profumi.
Nei giorni precedenti Pesach c’era sempre grande agitazione in casa e soprattutto in cucina. Tanti piatti inconsueti venivano preparati, ma uno colpiva particolarmente noi bambini: le ciambelline. Venivano preparate con grande circospezione per evitare la contaminazione da chametz. Poi la cottura in rate successive perché il forno aveva capienza limitata ed infine la conservazione che avveniva in modo originale: per evitare anche minime tracce di chametz, appena sfornate le ciambelline venivano inserite e conservate in federe da guanciali che avevano il doppio vantaggio di una forma a sacchetto e di essere sicuramente esenti da chametz appunto. Fino a Pesach noi bambini eravamo ammessi soltanto ad annusarne il profumo sull’imboccatura del sacchetto/federa. Già quello era delizioso e prometteva gustosi sapori per i giorni successivi.
Conservo ancora la ricetta manoscritta che la Mamma ha ricevuto da sua suocera, la mia Nonna paterna Eugenia Verona Jona, e che, a quanto mi è stato riferito, derivava dalla tradizione dei famigliari che fino dai primi anni dell’Ottocento hanno vissuto a Carmagnola.
Roberto Jona