Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui   21 Aprile 2023 - 30 Nissan 5783

GRANDI TEMI E GRANDI FILM

Il cinema e il segno dell'identità

Dai giovanissimi di Ha’Mishlahat, il film del regista israeliano Asaf Saban che racconta il viaggio in Polonia di una classe di liceali, all’inconfondibile forza di Golda Meir ritratta da un altro regista israeliano: Guy Nattiv. Alla settantatreesima edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino non sono mancati gli spunti ebraici, compreso l’Orso d’oro alla carriera assegnato quest’anno a Steven Spielberg, il cui semiautobiografico inno al cinema The Fabelmans è stato proiettato durante il concorso. Adentro mío estoy bailando (The Klezmer Project), degli argentini Leandro Koch e Paloma Schachmann, ha portato il pubblico del festival a immergersi nelle tradizioni musicali dell’Europa dell’Est, in un metadocumentario che stordisce, avvolgendosi su se stesso. E poi la sorprendente forza di Tàr, e la voce di Ingebor Bachmann…

a.t.

GRANDE SCHERMO / 1

Una gita tra lager e memoriali 

L’atmosfera gioiosa di una gita scolastica di alcuni giorni lontano da casa, all’estero. L’adolescenza con i suoi drammi e la difficoltà a gestire le emozioni. E i campi di concentramento. La miscela sarebbe già esplosiva, ma ad aggiungere profondità e complessità c’è un “dettaglio” in più, capace di cambiare tutto: a visitare i luoghi della Shoah, in Polonia, è una classe di giovani israeliani alla fine del periodo scolastico, quando una fase della vita si chiude, e il servizio militare, obbligatorio per tutti, li allontanerà. Accompagnati non solo dagli insegnanti (e dalla sicurezza) ma anche da un sopravvissuto, che per di più è nonno di uno di loro, affrontano un viaggio di formazione che cinematograficamente si colloca a cavallo di due generi, un po’ “road movie” e un po’ “coming-of-age”, appunto. Ha’Mishlahat, tradotto in inglese con “Delegation”, la delegazione, è il secondo lungometraggio dell’israeliano Asaf Saban, che a Berlino ha raccontato come la sua personale esperienza – il viaggio è parte integrante del percorso scolastico dei giovani israeliani – lo abbia segnato profondamente, e sia stato il punto di partenza per un film che alla 73° edizione della Berlinale è stato lungamente applaudito. Un film tutto giocato sui contrasti, anche visivamente: da un lato le risate fragorose dei ragazzi che si ammassano in un bagno, in albergo, per nascondersi e poter stare ancora alzati e dall’altra la Storia, il vuoto, il silenzio, la neve. L’insofferenza all’ennesima visione di un film sulla Shoah e le lacrime, le scorribande notturne e il silenzio attonito. Confrontarsi in maniera così inevitabile e dura con la propria storia e la propria identità nello stesso momento in cui esplode la voglia di stare nel presente, di godersi ogni attimo. È un viaggio capace di mettere alla prova il carattere e le emozioni, e i personaggi centrali – i giovani Frisch (Yoav Bavly), Ido (Leib Lev Levin) e Nitzan (Neomi Harari) – non fanno eccezione: pur molto diversi sono legati da un’amicizia sincera, che verrà rinsaldata dall’esperienza. Il viaggio attraverso memoriali e campi di concentramento è capace di obbligare chiunque a mettersi in discussione, ma per gli adolescenti israeliani tocca corde in più, affonda la lama nelle storie personali, familiari, nella storia del Paese, obbliga a fare i conti con la responsabilità di tutti e di ognuno.

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GRANDE SCHERMO / 2

Kletzmer, una storia di confini

“Le culture e le lingue non muoiono mai di morte naturale, vengono assassinate”.
Sono parole che pronuncia Leandro Koch, regista e allo stesso tempo personaggio, insieme a Paloma Schachmann, di Adentro mío estoy bailando (The Klezmer Project), durante il loro viaggio alla ricerca delle ultime tracce della musica kletzmer, al confine fra Ucraina, Romania e Moldavia. Vincitore del GWFF Best First Feature Award alla settantatreesima edizione della Berlinale, il film – una coproduzione di Argentina e Austria – è un documentario che racconta un viaggio alla ricerca delle proprie origini e allo stesso tempo una vicenda sentimentale, che è però parte della storia stessa del documentario, con una costruzione a scatole cinesi che rende impossibile distinguere realtà e finzione. Non c’è da stupirsi, in fondo, è una coproduzione argentina. La narrazione stratificata fra fiction e metafiction parte dalla vita dello stesso Leandro, cameraman annoiato che riprende i matrimoni della comunità ebraica di Buenos Aires e non ha alcun interesse per le proprie radici. 

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GRANDE SCHERMO / 3

Lydia Tar e il demone della musica

Intenso e sorprendente il sapore ebraico che pervade già nei primi minuti Tár, diretto da Todd Field, il film che racconta la storia – fittizia – della prima donna direttrice di una grande orchestra tedesca. Cate Blanchett, straordinaria interprete di un personaggio estremamente complesso, discute di teshuvah e kavanah e dell’ammirazione per il suo mentore, Leonard Bernstein, in un’intervista che le viene fatta da Adam Gopnik, che interpreta se stesso, uno scrittore ebreo, durante un evento organizzato dal New Yorker. Il personaggio principale, Lydia Tár, un genio alle prese con demoni passati e presenti, non ha un legame personale con l’ebraismo, ma ha una forza potente, terrificante e violenta nel mondo della cultura alta. Si interroga sul rapporto tra arte, cultura e società, e sul ruolo che gli ebrei e l’antisemitismo hanno avuto nella musica.

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GRANDE SCHERMO / 4 

Ingeborg, Max e gli altri

“È l’estate più bella della mia vita e, dovessi campare cent’anni, queste resteranno per me la primavera e l’estate più belle”. Così nel suo diario una Ingeborg Bachmann appena diciottenne alla capitolazione del Terzo Reich. La scrittrice è allora una sconosciuta. Ha appena cominciato a farsi corteggiare nell’estremo lembo meridionale di un’Austria uscita esangue dal conflitto da un militare statunitense delle forze di occupazione. Il primo ragazzo è ebreo. Nella sua ricerca della libertà altri seguiranno, e la relazione più immensa, per una donna che di ogni amore volle fare un capitolo di grande letteratura, sarà il legame con la maggiore voce ebraica nella poesia del Novecento, il sopravvissuto Paul Celan. Il film che le dedica Margarethe von Trotta, di questi ardori mette al centro soprattutto la relazione fra la scrittrice e poetessa austriaca e il romanziere svizzero Max Frisch. Lo sfondo di una passione da cui è scaturito l’epistolario considerato a sole poche settimane dalla tardiva pubblicazione dello scorso inverno uno dei grandi classici della lettera tedesca contemporanea è Roma. 

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TORAH

L'ordine della Creazione

Questo Shabbat leggeremo due parashot, quella di tazri’a e quella di metzorà; entrambe narrano della problematica della lebbra, malattia misteriosa che capitava all’uomo dopo aver avuto un atteggiamento scorretto nei confronti del suo prossimo, che lo rendeva non idoneo ad avvicinarsi alle cose sacre e che poteva abbattersi anche sui muri delle case. È una problematica lunga e complessa e all’epoca era richiesta l’esclusiva competenza del Sommo Sacerdote, il quale era l’unico esperto a dichiarare una persona o una casa colpite dalla lebbra.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Venezia

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SORGENTE DI VITA

Mattarella ad Auschwitz

Si apre con una copertina dedicata alla visita del Presidente Mattarella ad Auschwitz-Birkenau la puntata di Sorgente di vita in onda su Rai Tre domenica 23 aprile.
Il 18 aprile scorso il Capo dello Stato, nel corso del suo viaggio istituzionale in Polonia, ha presenziato alla “marcia dei vivi”, alla quale partecipano ogni anno migliaia di ragazzi in occasione di Yom Ha Shoah, la data del calendario ebraico in cui si ricordano le vittime della Shoah. Una visita dal forte valore simbolico, nel corso della quale il Presidente ha pronunciato un alto e importante discorso.

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