IL DIBATTITO NELL'AULA DEL PARLAMENTO

Israele e la riforma della Giustizia:
la Knesset riunita, in piazza la protesta

È in corso alla Knesset, il Parlamento d’Israele, la seduta che dovrebbe portare all’approvazione della prima parte della controversa riforma della giustizia voluta dal governo Netanyahu. Quella che riguarda la cosiddetta “clausola di ragionevolezza”, il cui obiettivo è quello di togliere alla Corte suprema la possibilità di intervenire sui provvedimenti amministrativi. “La situazione attuale non è democrazia, non è degna di uno Stato di diritto. L’Alta Corte di Giustizia non determinerà ciò che è ragionevole, saranno i ministri a farlo” le parole in aula di Simcha Rothman, attuale presidente della Commissione Costituzione, Legge e Giustizia della Knesset e tra gli ideatori della riforma. A contestarla, tra gli altri, le molte decine di migliaia di manifestanti che hanno preso parte a una marcia che, iniziata da Tel Aviv, è arrivata in queste ore a Gerusalemme. Giunti nella Capitale, i manifestanti hanno formato una catena umana dal Kotel (il Muro occidentale) fino al Parlamento. Il rischio, evocato nei loro cartelli e slogan, è che Israele possa perdere la sua identità democratica. Ad opporsi alla riforma anche gli oltre mille riservisti dell’aviazione che, in una lettera inviata ai vertici militari e ai parlamentari, annunciano l’intenzione di non offrirsi più come volontari in caso di via libera al progetto. Nell’occasione della sua recente visita a Washington, il Capo dello Stato Isaac Herzog aveva affermato: “Stiamo attraversando un acceso dibattito come società. Un dibattito che rappresenta anche una virtù e un tributo alla grandezza della democrazia israeliana, che appare forte e resistente”. Herzog si era poi rivolto al presidente Usa Joe Biden, dicendo di condividere il suo appello sulla necessità che la riforma segua un iter di condivisione.

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IL RICONOSCIMENTO ISTITUZIONALE

Medaglia al valore, l'Ucraina
omaggia il rabbino Azman

Nato a San Pietroburgo, a Kiev da metà degli Anni Novanta, il rabbino capo d’Ucraina rav Moshe Reuven Azman è una delle voci del mondo religioso che più si sono fatte sentire al fianco della popolazione ucraina sotto attacco. Contribuendo non solo con le parole, ma anche con i fatti. Per questo il rav è stato il destinatario di un riconoscimento istituzionale di altissimo significato, una medaglia al valore conferitagli a Kiev dal tenente colonnello Sergey Kopashinskyi. Una delle figure, cioè, che hanno guidato la difesa della città nei primi mesi di guerra.
Il rav si è detto sorpreso di ricevere un’onorificenza “così importante per le nostre attività a Kiev e in tutta l’Ucraina”. Dedicandola poi “a ciascuno dei volontari della nostra Comunità”.

(Nell’immagine: il rav a Kherson, con elmetto e giubbotto antiproiettile)

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LA SCELTA DEL NUOVO DIRETTORE GENERALE

Tornare nel calcio che conta,
il Livorno punta su Mosseri

Diciotto stagioni in Serie A, ventisette in Serie B. Numeri di tutto rispetto per il Livorno, una delle squadre di calcio più rappresentative e tifate della Toscana. La dimensione presente è quella, non consona alla storia del club, della Serie D. Ma l’obiettivo è risalire al più presto, puntando al ritorno in B in cinque anni. Questa la road map tracciata dal nuovo proprietario, il finanziere brasiliano Joel Esciua.
“Livorno è una città diversa: aperta, passionale e multiculturale. Io la vedo come un diamante grezzo, sia la città che la squadra. Si tratta di una sfida e a me le sfide piacciono”, il suo pensiero al riguardo. Un progetto di rilancio che vedrà tra i protagonisti anche Vittorio Mosseri, a capo della Comunità ebraica livornese dal 2012 e neo direttore generale del Livorno. “Vittorio Mosseri è il nuovo direttore generale. È un uomo di grandissima esperienza sia a livello nazionale e internazionale, è un dirigente e leader sia a livello organizzativo che per trarre il meglio dalle persone”, le parole di Esciua nell'annunciarne l'arrivo in società. 

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SIMBOLO E MEMORIA STORICA DEGLI EBREI ROMANI 

Roberto Calò (1932-2023)

All’anagrafe era Roberto Calò. Ma per tutti, nel quartiere ebraico di Roma, è sempre stato “Zi Pallino”. Una delle figure di riferimento della Comunità e un volto tra i più amati della Piazza.
“I soprannomi sono sempre esistiti in questo quartiere. ‘Pallino’ era già mio zio, che aveva il mio stesso nome. Sin da ragazzino mi chiamano così” la sua testimonianza a Memorie ebraiche, la banca dati online dedicata alla trasmissione di storie e personaggi dell’ebraismo romano. 
Calò, che ebbe vari affetti deportati in campo di sterminio, restò ferito nel bombardamento di San Lorenzo, dove si trovava “per stracci”. E fu in seguito testimone, con la Liberazione, della riapertura del Tempio maggiore. 

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