Roberto Calò (1932-2023)
All’anagrafe era Roberto Calò. Ma per tutti, nel quartiere ebraico di Roma, è sempre stato “Zi Pallino”. Una delle figure di riferimento della Comunità e un volto tra i più amati della Piazza. “I soprannomi sono sempre esistiti in questo quartiere. ‘Pallino’ era già mio zio, che aveva il mio stesso nome. Sin da ragazzino mi chiamano così” la sua testimonianza a Memorie ebraiche, la banca dati online dedicata alla trasmissione di storie e personaggi dell’ebraismo romano. Sua una delle cinquanta interviste volte ad illustrare il percorso della più antica Comunità della Diaspora dalla Shoah ad oggi.
Un’occasione per parlare del segno lasciato da quelle vicende nella sua esistenza e dell’importanza di fare Memoria di generazione in generazione. Calò, che ebbe il padre e il fratello deportati in campo di sterminio, restò ferito nel bombardamento di San Lorenzo, dove si trovava “per stracci” per portare qualche soldo a casa. E fu in seguito testimone, nelle ore successive alla Liberazione, della riapertura del Tempio maggiore. “Roberto Caló, per tutti ‘Zi Pallino’, lascia un grande vuoto”, il saluto della Comunità ebraica romana. “Figura storica del Tempio Maggiore e di quello Spagnolo, lo abbiamo visto accogliere e aprire la portiera della macchina a tutte le spose, sempre presente nelle occasioni più o meno liete, amava dialogare con i turisti ai quali raccontava la nostra storia ed era un uomo dalla battuta sempre pronta”. Sia il suo ricordo di benedizione