Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Lui
(Ben 'Azay) diceva: "Non disdegnare nessuno e non divergere su ogni
cosa, perché non c'è persona che non abbia la sua ora e non c'è cosa
che non abbia il suo posto..." (Pirqè Avòt, 4; 3). Spesso le persone
più sprezzanti sono proprio i soloni dell'universalismo ma, si sa, è
molto più facile "amare il mondo intero" che il proprio vicino di casa
con il quale si deve convivere giorno dopo giorno.
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Uno
dei motivi di orgoglio della cultura ebraica è senza dubbio quello
della dialettica aperta all’infinito. La cultura del Talmud che riporta
sempre le opinioni della minoranza assieme a quelle della maggioranza.
Le voci anche dei singoli, per quanto ininfluenti, per quanto
superflue, che non vengono mai coperte da altre voci, mai zittite, mai
omesse omertosamente dal testo.
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"Menorah segno di pace"
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II
simbolo dei simboli che si fa metafora e poi rappresentazione. È
potente e suggestiva, scrive il Messaggero, la mostra sulla Menorah
allestita tra Musei Vaticani e Museo ebraico di Roma (ieri la
presentazione alla stampa, oggi l’inaugurazione al pubblico). “Dopo
quasi due millenni fa risorgere la Menorah d’oro perduta, indicando la
via. Illuminandola. Come se la Menorah della leggenda e del mito
riprendesse vita in altra forma. Un segno di pace in un momento in cui
attorno tutto sembra insinuare che le guerre di religione siano un
destino ineluttabile”.
Difficile che una mostra sia, nello stesso tempo, scientificamente
ineccepibile e anche profondamente significativa di una svolta
storico-culturale. “Capita qui a Roma con ‘La Menorà/ Culto, storia e
mito’ che si apre oggi” si legge sul dorso locale del Corriere.
“I migranti devono conformarsi ai nostri valori”. Lo ha stabilito la
Cassazione condannando un indiano sikh, che girava con un coltello
sacro kirpan, a 2mila euro di ammenda (molti giornali ne parlano, tra
cui Repubblica. Scrivono i giudici: “È essenziale l’obbligo per
l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo
occidentale”.
La società multietnica, si legge ancora, è una necessità. “Ma – viene
sottolineato – non può portare alla formazione di arcipelaghi culturali
configgenti, a seconda delle etnie che la compongono, ostandovi
l’unicità del tessuto culturale e giuridico del nostro Paese che
individua la sicurezza pubblica come un bene da tutelare e, a tal fine,
pone il divieto del porto di armi e di oggetti atti ad offendere”.
“Ci preoccupa la fanfara della xenofobia, che userà la sentenza come
un’arma nei confronti di qualcuno” dice il parlamentare democratico
Emanuele Fiano.
Il regime siriano avrebbe costruito forni crematori nella prigione
militare di Sednaya, a circa 45 chilometri da Damasco, per bruciare i
cadaveri degli oppositori uccisi e cancellare così le prove dei suoi
crimini. A darne notizia l’assistente segretario di Stato americano per
il Medio Oriente, Stuart Jones, durante una conferenza stampa che si è
svolta alla vigilia del primo viaggio che il presidente Trump farà
nella regione. “Questo orrore avrà un peso sulla linea che Washington
prenderà nei confronti di Damasco” sottolinea la Stampa.
Per Amnesty International quel carcere sarebbe un “mattatoio umano”.
Riflette sul Corriere la studiosa Donatella Di Cesare: “Il forno
crematorio è l’apice della disumanizzazione. Vuol dire togliere
l’umanità all’altro, al punto da poterlo non solo uccidere con
intenzionalità, in una catena di montaggio, ma anche bruciare e ridurre
a cenere”.
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la squadra di ciclismo israeliana Firenze-Assisi, l’omaggio a Gino
“Qui per ricordarne il coraggio”
È
previsto per il tardo pomeriggio l’arrivo ad Assisi degli atleti della
Israel Cycling Academy, la prima squadra professionistica israeliana di
ciclismo che oggi rende omaggio alla memoria di Gino Bartali
ripercorrendo la tratta (Firenze-Assisi, appunto) affrontata più volte
dal grande ciclista, Giusto tra le Nazioni dal 2013, per aiutare
numerose famiglie ebraiche perseguitate dal regime nazifascista.
Tre giorni in Toscana, per l’Israel Cycling Academy, che nascono nel
segno della Memoria e di valori profondi. Una squadra che guarda a
futuri traguardi agonistici di livello con la consapevolezza del ruolo
che incarna, del suo essere in qualche modo ambasciatrice di Israele
nello sport che conta.
Questo hanno voluto rappresentare sia il presidente Ron Baron che il
team manager Ran Margaliot presentando ieri sera l’iniziativa, che si
avvale della collaborazione di Pagine Ebraiche, nella solenne cornice
di Palazzo Vecchio.
A
fare gli onori di casa l’assessore allo Sport Andrea Vannucci, cui si è
unita anche l’assessora alle pari opportunità Sara Funaro per un saluto
iniziale.
Tante testimonianze di amicizia e vicinanza nel corso della successiva
conferenza stampa, svoltasi con la partecipazione tra gli altri del
presidente della Comunità ebraica Dario Bedarida, del rabbino capo
Joseph Levi e per l’UCEI, in sala, della Consigliera Sara Cividalli.
“Non si può capire quello che Bartali ha fatto senza capire la fatica
delle sue gambe, con la bici vecchia dei suoi tempi e con tutte le
condizioni avverse che gli presentavano davanti. È esattamente questo –
ha spiegato Ran, intrattenendosi con i giornalisti – quello che voglio
che colgano i miei atleti”. Leggi
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qui vercelli
Le’Haim, le note dell’incontro
Significativa
la partecipazione al concerto “Eshet Chail” ospitato dalla Comunità
Ebraica di Vercelli in sinagoga, su iniziativa della presidente
Rossella Bottini Treves. Al centro dell’iniziativa l’emozione del canto
e della musica tradizionale ebraica portata in scena dal gruppo Le’Haim.
Come ha scritto il rabbino capo di Verona rav Yosef Labi
nell’introduzione del cd musicale da cui prende il nome il concerto,
“la musica accompagna preghiere, festività e tradizione dando loro un
tocco forte sentimentale”. Proprio le emozioni suscitate dai Le’Haim
hanno sancito il successo dell’esibizione.
Il gruppo è stato fondato nel 2011 da Angel Harkatz Kaufman, tenore
argentino nato a Buenos Aires e discendente da una famiglia di origine
ucraina e polacca. Il cantore, noto per le sue collaborazioni con
diverse comunità ebraiche italiane (tra le quali Torino, Milano,
Verona, Venezia e Merano), ha collaborato come chazan anche in
Argentina, Uruguay, Spagna e Ungheria. Harkatz era già stato a Vercelli
in passato e, certo della entusiasta risposta della città, ha
ripresentato il suo gruppo alla Comunità vercellese ottenendo
nuovamente il favore del pubblico. Leggi
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Servizio civile per tutti |
La
ministra Roberta Pinotti ha avanzato la proposta di rendere
obbligatorio il servizio civile per tutti i giovani italiani, una sorta
di leva non militare. Quelli della mia generazione guardano
circospetti: devolvere un segmento della propria vita allo Stato, per
di più nell’epoca del precariato e del lavoro poco o nulla retribuito!
Si tratta però di una reazione sbagliata.
Oggi il servizio civile nazionale impegna per dieci mesi alcune decine
di migliaia di giovani vincitori di un bando – si punta ad alzarne il
numero fino a cento mila unità – in lavori socialmente utili, con la
possibilità di trascorrere massimo tre mesi all’estero. Il compenso è
di 433 euro netti al mese. Un’opportunità molto apprezzata da tante
ragazze e ragazzi che faticano a trovare lavoro, e fondamentale per
mantenere attivi alcuni servizi per la collettività.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - Vivà Nenni |
Nel
campo di sterminio di Auschwitz non furono deportati soltanto ebrei, ma
anche un gruppo di 230 donne prigioniere politiche provenienti dalla
Francia, tra cui due italiane: Alice Viterbo, una brava e famosa
cantante lirica, che aveva una gamba di legno, e Vittoria Nenni, detta
Vivà, figlia del leader socialista Pietro Nenni, che con la famiglia
viveva in esilio in Francia dal 1926 dopo la promulgazione delle leggi
“fascistissime”. La drammatica storia di Vittoria Nenni è stata
raccontata da Antonio Tedesco nel bel libro Vivà, la figlia di Pietro
Nenni dalla Resistenza ad Auschwitz (Bibliotheka Edizion, collana
“Bussole” della Fondazione Nenni). Il trasporto delle deportate avvenne
il 24 gennaio del 1943. Si trattava di un gruppo assai vario: giovani e
anziane; molte avevano lasciato a casa figli piccoli; 119 erano
militanti comuniste, 12 golliste, mentre erano resistenti senza colore
politico.
Mario Avagliano
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Essere esportatori di pace |
La
globalizzazione ha reso pressoché automatici i congegni
dell’import/export. Nel nostro Paese vi sono anche delle ottime riviste
giuridiche (ne rammento, ora come ora, ben due di editori presso i
quali ho pubblicato, nei quali sono rappresentati interessi olandesi in
maggiore o minore misura, a riprova di quanto sia globalizzata anche
l’editoria).
Gli scambi internazionali sono contraddistinti, come sappiamo, dal
fenomeno (irreversibile?) della rapidissima liberalizzazione, che
investe in pari misura democrazie e dittature, sistemi primitivi e
sistemi modernissimi, regimi oscurantisti e repubbliche al neon e
finanche al led.
Emanuele Calò, giurista
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