Se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui

30 gennaio 2018 -  15 shevat 5778
header
 

FOTOGRAFIA

L’immagine come metafora

img header

Si chiamava Gerda Phorylle, ed era nata a Stoccarda nell'agosto del 1910. Era affascinante, libera, coraggiosa, e i suoi amici di lei dicevano semplicemente che “Gerda era Gerda”. Era gioia di vivere, era sete di libertà, era molto più che la prima fotografa caduta su un campo di battaglia. Aveva spesso deluso e ferito i suoi amici, ma la sua presenza era sufficiente per far sembrare tutto possibile. Anche ad anni di distanza, anche decenni dopo la sua morte. Gerda era Gerda Taro, la fotografa morta il giorno in cui avrebbe compiuto 27 anni a Brunete, mentre immortalava la guerra civile spagnola. Nota soprattutto come compagna di quell'Endre Friedmann che aveva contribuito a trasformare in Robert Capa, è protagonista dell'ultimo lavoro di Helena Janeczeck, scrittrice capace di trasformare le storie dei singoli in grandi affreschi storici e sociali. La ragazza con la Leica, così, diventa narrazione di un periodo difficile, e di giovani liberi, idealisti, coraggiosi. Così come sognatore ha saputo essere un altro grande della fotografia, Helmer Lerski - Israel Schmuklerski - che usò la luce per arrivare a ritratti di drammaticità teatrale e sarà protagonista, la prossima primavera, della prima retrospettiva in Francia, al Mahj.
Negli scorsi giorni al libro è stato assegnato il prestigioso Premio Bagutta. Riproponiamo qui i testi usciti sul numero di Pagine Ebraiche di gennaio.

Leggi tutto

 

fotografiA

Gerda Taro: il coraggio della libertà

img header

img headerHelena Janeczek / LA RAGAZZA CON LA LEICA / Guanda

Un rimpianto e un mistero. Una donna, affascinante, vitale e soprattutto sfacciatamente libera, in un'epoca in cui la libertà era fatta di grandi ideali, di sogni, di pericolo. Un racconto corale, che esalta la già non comune vicenda di una fotografa, Gerda Taro, che per molto tempo è stata nota solo come compagna del ben più famoso Robert Capa. Questo e molto altro è La ragazza con la Leica, terzo romanzo di Helena Janeczek, autrice nota per la sua capacità di raccontare tempi oscuri scavando nelle storie dei singoli. Recentemente pubblicato da Guanda, il libro è cresciuto lentamente, con la stessa forza indomita di fiume sotterraneo che caratterizza la sua autrice. Voce pacata, eloquio lento che si permette pause e ripensamenti, parole che si allineano e si susseguono in maniera ipnotica, Helena è inarrestabile, determinata e aperta, decisa e generosa nel condividere dubbi, domande, e storie: "Ero andata a vedere una mostra, una retrospettiva del suo lavoro. che accompagnava una esposizione più grande dedicata a Capa, una decina di anni fa. Mi era rimasta la sensazione che mi sarebbe piaciuto trasformare la sua storia in un racconto, che doveva essere parte di un trittico, composto da storie di donne forti". Come già successo altre volte l'autrice - nata a Monaco di Baviera da una famiglia ebreo-polacca, in Italia da oltre trent'anni - ha iniziato ad approfondire, studiare, pensare. "Sto iniziando a convincermi che la narrazione lineare che meglio si adatta alla misura del racconto forse non è la mia cifra, anche Le rondini di Montecassino, in cui ho cercato di scavare nel portato della Seconda Guerra Mondiale attraverso le storie dei reduci e dei loro discendenti sarebbe dovuto essere un racconto".

Ada Treves, Pagine Ebraiche, gennaio 2018

Leggi tutto

 

fotografia

Agosto 1937, il ritorno a Parigi

img header

Helena Janeczek / LA RAGAZZA CON LA LEICA / Guanda

Gare d'Austerlitz a un'ora strana per la bohème dei rifugiati e per l'intellighenzia parigina abituata a fare notte. Ma tutti erano lì in anticipo quella mattina. E quando i compagni ferrovieri avevano estratto la bara coperta da una bandiera della Repubblica spagnola, c'era stato solo da stringere il pugno sinistro e le labbra. Poi il padre di Gerda era avanzato verso il feretro e aveva cominciato a recitare il kaddish. Qualcuno gli era andato dietro, yitgadal v'yitkadash sh'mei rabba', una sequenza di parole ritrovate in un bisbiglio. Ma la schiena che si agitava davanti a quel centinaio di persone, quel dondolarsi liturgico verso la bara allineata ai binari, ricordava i movimenti di un ossesso. Il signor Pohorylle si era arrestato di colpo, era barcollato in avanti, si era accasciato. Aveva terminato il kaddish riverso sulla bandiera rossa di seta morbida che avvolgeva le spoglie di sua figlia. Sarebbe crollato anche Capa, in quel momento, se l'amico al suo fianco non se ne fosse accorto. Willy li aveva visti l'uno abbrancato all'altro, e gli era parso di rivedere André quando litigava con Gerda, lei lo metteva alla porta e Seiichi doveva trascinarselo a casa ubriaco fradicio. C'erano per giunta le fotocamere, i cronisti di Ce Soir. Il quadro finale era stato questo: Capa, scarmigliato, la barba sfatta (ah, quanto lei avrebbe detestato vederlo così!) e l'incarnato terreo, appeso tra una musa moscovita e un giapponese elegantissimo. Capa era stato portato via, la cerimonia era andata avanti. «È finita » aveva pensato Willy, «c'est fini.» In testa gli girava continuamente quella frase, girava a vuoto e dal vuoto ripescava altre frasi, «c'est fini, fini, rien ne va plus, le jeux sont faits». Soma gli aveva chiesto se non avrebbero dovuto raggiungere i Pohorylle, dopo, in albergo.

Helena Janeczek, La ragazza con la Leica, Guanda

Leggi tutto

 

memoria

Sopravvivere in Italia  

judaica

«Benedizioni» per tutti

Liliana Picciotto / SALVARSI / Einaudi


Gli ebrei nell'Italia occupata alla fine del settembre 1943 erano 38.994, di cui 5.542 stranieri. Quelli identificati, arrestati e deportati (morti o sopravvissuti) oppure uccisi in Italia prima della deportazione furono 7.172. Sfuggirono alla Shoah 31.822 ebrei, una percentuale superiore all'81%. E altissima se si considerano la persecuzione scientifica messa in atto e i dati di altri Paesi dell'Europa. Come hanno fatto tutte queste persone a salvarsi? A questa domanda cerca di rispondere il libro di Liliana Picciotto Salvarsi. Gli ebrei d'Italia sfuggiti alla Shoah. 1943-1945, frutto del progetto di ricerca lungo nove anni «Memoria della salvezza», realizzato dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec). I Giusti italiani riconosciuti da Yad Vashem sono 682. Hanno soccorso gli ebrei, li hanno nascosti o aiutati a scappare. Rappresentano una piccola parte di un atteggiamento popolare molto più ampio: ma è evidente che il loro numero non può spiegare la sopravvivenza di una così alta di sopravvivenza.

Paola Italiano,
La Stampa Tuttolibri,
27 gennaio 2018


Leggi tutto

img

TALMUD BABILONESE. TRATTATO BERAKHÒT / Giuntina

Un re che si alza a mezzanotte? E per cosa, di grazia? Vorrà certamente andare a un ricevimento, divertirsi, folleggiare. Davide, quando s'è presentata l'occasione, è stato anche lui un po', molto scapestrato. Ma adesso deve aver messo la testa a partito, se proprio nel pieno dell'oscurità si mette a pregare. L'unico problema è svegliarsi al momento giusto, né troppo presto né più tardi del dovuto. In fondo, l'ha scritto lui stesso nei suoi Salmi: «Nel mezzo della notte mi levo a lodarti, per i tuoi giusti decreti». Un marchingegno miracoloso gli dà il segnale. Al di sopra del suo letto è appesa la sua fida arpa. Quando si avvicina mezzanotte, il vento del settentrione soffia sullo strumento, che comincia a suonare senza che nessuna mano lo tocchi. Così il pio sovrano si alza e s'infervora nella preghiera e nello studio. Cosa studia? La Torah, parola per parola, un versetto dopo l'altro. Inabissarsi nei mille significati del testo sacro non è che un altro modo di recitare una preghiera, lunga quanto la vita.

Giulio Busi,
Il Sole 24 Ore Domenica, 28 gennaio 2018


Leggi tutto

img
moked è il portale dell'ebraismo italiano
Seguici suFACEBOOK  TWITTER

Pagine Ebraiche 24, l’Unione Informa e Bokertov e Sheva sono pubblicazioni edite dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa, notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009. Pagine Ebraiche Reg. Tribunale di Roma – numero 218/2009. Moked, il portale dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 196/2009. Direttore responsabile: Guido Vitale.