FOTOGRAFIA Agosto 1937, il ritorno a Parigi

ragazza leika 3Helena Janeczek / LA RAGAZZA CON LA LEICA / Guanda

Gare d’Austerlitz a un’ora strana per la bohème dei rifugiati e per l’intellighenzia parigina abituata a fare notte. Ma tutti erano lì in anticipo quella mattina. E quando i compagni ferrovieri avevano estratto la bara coperta da una bandiera della Repubblica spagnola, c’era stato solo da stringere il pugno sinistro e le labbra. Poi il padre di Gerda era avanzato verso il feretro e aveva cominciato a recitare il kaddish. Qualcuno gli era andato dietro, yitgadal v’yitkadash sh’mei rabba’, una sequenza di parole ritrovate in un bisbiglio. Ma la schiena che si agitava davanti a quel centinaio di persone, quel dondolarsi liturgico verso la bara allineata ai binari, ricordava i movimenti di un ossesso. Il signor Pohorylle si era arrestato di colpo, era barcollato in avanti, si era accasciato. Aveva terminato il kaddish riverso sulla bandiera rossa di seta morbida che avvolgeva le spoglie di sua figlia. Sarebbe crollato anche Capa, in quel momento, se l’amico al suo fianco non se ne fosse accorto. Willy li aveva visti l’uno abbrancato all’altro, e gli era parso di rivedere André quando litigava con Gerda, lei lo metteva alla porta e Seiichi doveva trascinarselo a casa ubriaco fradicio. C’erano per giunta le fotocamere, i cronisti di Ce Soir. Il quadro finale era stato questo: Capa, scarmigliato, la barba sfatta (ah, quanto lei avrebbe detestato vederlo così!) e l’incarnato terreo, appeso tra una musa moscovita e un giapponese elegantissimo. Capa era stato portato via, la cerimonia era andata avanti. «È finita » aveva pensato Willy, «c’est fini.» In testa gli girava continuamente quella frase, girava a vuoto e dal vuoto ripescava altre frasi, «c’est fini, fini, rien ne va plus, le jeux sont faits». Soma gli aveva chiesto se non avrebbero dovuto raggiungere i Pohorylle, dopo, in albergo. «Schluss» si era detto Willy. Da domani avrebbe ripreso a fare le sue cose: andare in università, aiutare Soma con l’iscrizione e la carta di soggiorno. E poi non era finito proprio nulla: Madrid restava sotto assedio, Hitler si preparava alla guerra, la Cina era stata invasa dal Giappone, il Front Populaire si sgretolava, il partito comunista stava ricavando un’eroina e martire da una disgrazia. Ma André Friedmann, lui sì, era finito , qualsiasi cosa avesse fatto da quel momento in poi Robert Capa. Erano finiti gli spazi che André e Gerda avevano rubato nei caffè e sui giornali con il loro talento istrionico, finiti sotto la realtà di un cingolato che pesava più di un macigno.

Helena Janeczek, La ragazza con la Leica, Guanda