società
Non dimenticare il Giusto
Molti
mestieri cambiano, si adeguano, si rinnovano. Chi potrebbe vantarsi di
usare la tecnica e gli strumenti di 2500 anni fa? Forse non c'è tanto
da gloriarsene, ma uno storico lavora sempre allo stesso modo, con un
solo attrezzo. Il suo scalpello sono le domande. E il martello, altre
domande, che battono e ribattono sullo stesso punto. Per vocazione, per
dovere, per missione, lo storico ricerca, interroga le fonti, chiede ai
testimoni, vuol vedere con i propri occhi. Historein, chiama Erodoto
tutto questo instancabile inquisire. E perché, poi, darsi tanta pena?
Non sarebbe meglio decidere una volta per tutte che il dossier delle
risposte è abbastanza voluminoso? Perché ricominciare sempre daccapo,
una generazione dopo l'altra, con febbrile inquietudine? Gli storici
vorrebbero tanto cambiar lavoro, deporre i loro punteruoli aguzzi di
dubbi. Ma è la storia che non dà pace, né a loro né a se stessa. E
quando il nodo delle incertezze è grosso e aggrovigliato, più fitte
fioccano le domande, più difficili e stentate sono le risposte. Proprio
nel mezzo della civile Europa, a una manciata di decenni da noi, c'è
una voragine che sembra senza fondo. La Shoah è come un cratere che non
si riempie mai. «Basta, se n'è parlato fin troppo». L'insofferenza
serpeggia ormai da parecchio.
Giulio Busi, Il Sole 24 Ore Domenica,
4 marzo 2018
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