Jonathan Sacks, rabbino
| Una società che non ha spazio per le differenze, non ha spazio per l'umanità.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee | Il
25 aprile non è solo, né prevalentemente un fatto militare. È il segno
della responsabilità e anche della fermezza, un laboratorio di
democrazia, di educazione alla politica. Non è senza lati problematici
o controversi. Anche per questo è una di quelle scadenze in cui ogni
volta torniamo a riflettere su come vorremmo vivere e sulla distanza
rispetto a come viviamo tutti i giorni.
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Estrema destra, il blitz
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Un
muro di plastica sul Colle della Scala. È l’iniziativa “per fermare i
migranti” portata avanti da alcuni militanti di estrema destra
francesi. Un’operazione in grande stile, con tanto di elicottero che ha
ripreso dall’alto il blitz. “Dopo le occupazioni della moschea di
Poiters e i blitz nel Mediterraneo – scrive il Corriere – l’operazione
‘Defend Europe’ mette a segno una nuova impresa: la creazione di un
muro simbolico fra Italia e Francia con paletti di legno e una lunga
rete da cantiere”.
In una ampia intervista con Alain Elkann, su La Stampa, la direttrice
del Meis Simonetta Della Seta racconta sfide e prospettive del museo.
“Credo sia un privilegio avere l’opportunità di dar vita a un nuovo
museo e creare un centro per il dialogo e la convivenza”, afferma Della
Seta. “Gli ebrei – sottolinea la direttrice del Meis – sono in Italia
da 2.200 anni. È la comunità più antica al di fuori di Israele dopo
quella di Babilonia ed è una comunità tuttora viva, non solo una
memoria storica”.
Il dorso milanese del Corriere parla della grande manifestazione
nazionale prevista per il 25 Aprile. Volti alla libertà, il tema di
quest’anno. “Lo striscione Patrioti europei ci sarà ancora, ma
quest’anno abbiamo cambiato tema. La ragione? Nell’ultimo periodo
abbiamo assistito a provocazioni sempre più pericolose che ci ricordano
ancora di più l’importanza di tenere alta la guardia dei valori
democratici e antifascisti, dall’assassinio di Mireille Knoll,
cittadina francese superstite dell’Olocausto a Parigi, al più recente
attacco all’Istituto Pedagogico della Resistenza a Milano spiega il
segretario metropolitano del Pd Pietro Bussolati. Afferma Roberto
Cenati, presidente della sezione cittadina dell’Anpi: “Eventuali
contestazioni alla Brigata ebraica suonerebbero quest’anno ancora più
stonate rispetto al solito proprio in relazione al tema scelto e al
clima che si respira in Europa intorno ai rigurgiti razzisti e
antisemiti”.
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la solenne cerimonia allo yad vashem 'Gino Bartali, cittadino di Israele'
Mercoledì
2 maggio, all’interno di una solenne cerimonia che si svolgerà allo Yad
Vashem e che è stata organizzata insieme alla Israel Cycling Academy,
la prima squadra professionistica israeliana di ciclismo, Gino Bartali
otterrà ufficialmente in memoria la cittadinanza onoraria dello Stato
ebraico.
Un riconoscimento, per il grande ciclista fiorentino, che arriva a
cinque anni dalla proclamazione quale “Giusto tra le Nazioni” da parte
dello stesso Yad Vashem e a ridosso della partenza del Giro d’Italia,
che prenderà il via il 4 maggio da Gerusalemme anche per onorare il
ricordo dell’indimenticabile campione che, sotto il nazifascismo, aiutò
numerosi ebrei perseguitati a salvarsi dalle persecuzione.
Il riconoscimento sarà poi celebrato in occasione di una speciale
serata, organizzata ancora dalla Israel Cycling Academy, che si
svolgerà poche ore dopo al Museo delle scienze di Gerusalemme.
L’attore Ubaldo Pantani, volto noto del teatro e del piccolo schermo,
interpreterà infatti Gino il Giusto all’interno della performance
“Bartali. Il campione e l’eroe” (Modigliani produzioni) scritta dallo
stesso Pantani insieme a Max Castellani, Alessandro Salutini e Adam
Smulevich e con regia di Pablo Solari.
Il giorno successivo, sempre per onorare Gino, sarà inaugurata una
pista ciclabile voluta dal Keren Keyemeth Le Israel. Tinte bartaliane
anche per la prima maglia rosa, che il 4 maggio sarà assegnata con
menzione delle tante imprese compiute in quell’epoca buia.
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al via il progetto chance 2 work "Giovani e mondo del lavoro,
offriamo risposte concrete"
Trentadue
iscritti alla banca dati, dove sono inseriti i nomi di tutti i
candidati a un tirocinio, da Roma, Milano, Firenze, Torino, Livorno e
Napoli. E diciotto partecipanti stamane al primo dei quattro seminari
annuali, in svolgimento al Centro Bibliografico UCEI, con tema
“Comunicazione: dal public speaking al colloquio di assunzione”.
Ha preso il via la fase operativa di Chance 2 Work, progetto voluto da
Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Unione Giovani Ebrei d’Italia
che si rivolge a giovani in fascia di età 18-35 anni con l’obiettivo di
offrire un supporto concreto nel percorso di crescita e inserimento
professionale nel mondo del lavoro.
“Si tratta di un gruppo di ragazzi fortemente motivati e soprattutto
qualificati. Le aspettative sono alte” spiega il Consigliere
dell’Unione Saul Meghnagi, anima del progetto assieme alla
coordinatrice Raffaella Di Castro. “I giovani non se ne andranno, se
noi sapremo tenerli. E questo progetto, segnato da una significativa
partecipazione, ma anche ricco di contenuti e concretezza, vuol essere
una risposta. È un messaggio che mi sento di condividere con tutti i
leader comunitari”.
Soddisfatta anche Carlotta Micaela Jarach, presidente Ugei, che
afferma: “Sono qua con noi tanti ragazzi, arrivati a Roma dalle realtà
più diverse. Chi ha viaggiato di notte da Torino, chi ha preso un volo
dalla Sicilia all’alba. È un elemento partecipativo decisamente
rilevante”. Leggi
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la senatrice a vita liliana segre 'Segnali di odio mi preoccupano'
“Temo
di vivere abbastanza per vedere cose che pensavo la storia avesse
definitivamente bocciato, invece erano solo sopite. Vedo rinascere con
grande vigore teorie e simboli che credevo la storia avesse bocciato
definitivamente, sentimenti osceni che non si aveva il coraggio di
manifestare dopo la guerra e finché erano vivi i testimoni di quella
violenza, ora sono usciti di nuovo allo scoperto”.
È grande la preoccupazione di Liliana Segre, neo senatrice a vita, così
intervenuta nel corso della conferenza stampa di presentazione del
programma “La difesa della razza” condotto da Gad Lerner. Un
reportage-inchiesta in sei puntate, in onda da stasera su Rai Tre alle
20.30, che si propone di “attualizzare la lezione storica della
discriminazione e della persecuzione degli ebrei sotto il regime
fascista per analizzare e comprendere, tra analogie e distinzioni
rispetto ad allora, le nuove forme di espressione del razzismo nel
linguaggio e nei comportamenti, oggi, in Italia”. La prima puntata è
dedicata specificamente all’antisemitismo. Leggi
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il film in uscita il 25 aprile La Campania e il nazifascismo,
storie di ferite e di coraggio
È
un pezzo di storia riscoperto e consegnato al grande schermo quello
raccontato “Terra bruciata!”, film documentario di Luca Gianfrancesco
dedicato alle prime stragi naziste avvenute in territorio campano ma
anche alle prime azioni di Resistenza, individuali e collettive, che
furono adottate dalla popolazione locale nei giorni immediatamente
successivi all’armistizio dell’otto settembre del ’43.
Prodotto da Mediacontents production e in distribuzione in diverse sale
italiane per la Festa della Liberazione, il documentario ha avuto un
suo primo significativo lancio negli scorsi giorni, a Roma, al Cinema
Farnese, nel corso di una serata cui è intervenuta anche la presidente
nazionale dell’Anpi Carla Nespolo.
Tante voci, tanti testimoni oculari toccati da quei giorni, in alcuni
casi privati dei loro affetti più cari, aiutano a ricostruire cosa
accadde. Come fa da anni incessantemente Graziella Di Gasparro, il cui
padre fu uno dei 19 civili trucidati dai tedeschi il Primo novembre del
’43 a Conca della Campania, in provincia di Caserta. Fu proprio il
Casertano, ricorda Terra Bruciata, uno dei luoghi in cui più si accanì
la ferocia nazista. Come ricorda anche il dato dei 21mila uomini
rastrellati e deportati nei campi di lavoro in Germania, altra vicenda
cui il documentario dedica spazio.
Lutti, dolore, sofferenza. Ma anche straordinarie pagine di coraggio,
come quella che ebbe per protagonisti gli abitanti di Tora e Piccilli
nella loro azione di salvataggio di una cinquantina di ebrei
perseguitati.
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moked 5778
Israele, alle radici dell'odio
Nel
segno di Israele e dei suoi primi settanta anni di vita l’edizione alle
porte del Moked, la tradizionale convention di primavera dell’ebraismo
italiano (per partecipare clicca qui). Diversi infatti i momenti di confronto dedicati allo Stato ebraico.
Tra gli ospiti che si dedicheranno a questi temi lo studioso Claudio
Vercelli, che metterà in relazione la minaccia dell’antisemitismo e
quella dell’antisionismo. “Generatosi come strumento di
auto-legittimazione per le élite arabe nella loro lotta contro l’Yishuv
prima e lo Stato d’Israele poi, strumento di contrapposizione da parte
delle classi dirigenti dell’Olp nella guerra all’’entità sionista’ –
spiega Vercelli – l’antisionismo è oggi parte integrante di ciò che è
stata definita come nuova giudeofobia”. Si tratta di un pregiudizio
trasversale, aggiunge, e che si alimenta dei conflitti mediorientali (e
solo in parte di quello israelo-palestinese) “per divenire una sorta di
ideologia onnicomprensiva, grazie alla quale interpretare il mondo: se
le cose vanno male è perché dietro ad esse c’è il malefico zampino dei
‘sionisti'”. Leggi
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Il povero diavolo
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Distinguere
tra un antisemitismo vecchio ed uno nuovo non è facile. Senz’altro il
primo dato da cui partire è che qualsiasi pregiudizio di antica data
perdura nel corso del tempo soprattutto grazie alla sua struttura
camaleontica, ossia la capacità di adattarsi, in una specie di costante
metamorfosi, alle condizioni date di volta in volta, quindi nel corso
del tempo. Detto questo, l’antisemitismo non è il “razzismo contro gli
ebrei”. Semmai è un vero e proprio discorso ideologico su come la
società funzionerebbe a detta di coloro che se ne fanno convinti latori
e strenui alfieri. Una società siffatta è ricondotta ad una serie di
paradigmi complottisti, dove all’ebraismo è ascritta la natura di forza
occulta, capace di condizionarne l’evoluzione e gli sviluppi. Agli
ebrei è quindi attribuita una capacità egemonica, tanto più potente
quanto invisibile. Per l’antisemita ideologico, la “forza degli ebrei”
è la trasposizione della forza, non misurabile ma comunque sempre
percepibile, delle differenze e delle diseguaglianze nelle relazioni
sociali. È come se ad esse si fornisse una specie di carattere
antropomorfico: poiché spiegare le asimmetrie nei rapporti di potere –
in sé astratti – è tanto urgente quanto difficile, allora si identifica
un soggetto collettivo (gli “ebrei”, per l’appunto) al qual imputare la
colpa di tutto ciò che è vissuto come un’ingiustizia.
Claudio Vercelli
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