Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
|
Pochi
vogliono comprendere la dolorosa idea degli eventi accaduti durante la
piaga del buio in terra d’Egitto e pochi ricordano i diretti e concisi
versetti che la descrivono: “Uno non vedeva l’altro e nessuno si mosse
da dove si trovava per tre giorni; ma per tutti i figli d’Israele c’era
luce nelle loro dimore.” Shemot 10, 22-23. L’originale testo in ebraico
non parla di gente sconosciuta che non si vedeva l’un l’altro bensì di
“nessuno riusciva a vedere il proprio fratello” perché un popolo
schiavo, anche se intellettualmente di grande livello, non vedrà i
propri fratelli e finirà sempre per giocare alla rivoluzione nel mondo
altrui e mai nel proprio.
|
|
Leggi
|
Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
|
L’articolo
di cronaca allarmata scritto da Giulio Meotti per Il Foglio del 10
aprile scorso parla chiaro: l’assimilazione e la secolarizzazione
stanno completando l’opera di Hitler e fra pochi anni non ci saranno
più ebrei in Europa. Con tutto il rispetto per le statistiche e per gli
scenari che connettono questioni anche molto diverse fra loro come
l’antisemitismo, la paura, i matrimoni misti e l’abbandono delle
pratiche religiose, mi permetto di avanzare qualche dubbio sulla
linearità di questo “ineluttabile” processo di scomparsa. Parto
dall’esperienza personale: sono decenni che questo discorso ritorna, e
sono decenni che studiosi ed esperti predicono la scomparsa della
diaspora europea. Ma nulla di questo è accaduto. Per quel che riguarda
la marginalissima diaspora italiana i numeri nel dopoguerra non sono
mutati in maniera significativa mentre è molto cambiata la composizione
e la presenza dei gruppi ebraici. Demograficamente polarizzata nei due
grossi centri di Roma e Milano, ma anche variamente articolata sul
territorio. Qui da noi gli ebrei non sono più rintracciabili solo fra
gli iscritti alle comunità ebraiche (sono molti – nessuno sa quanti
veramente – gli ebrei che tali si sentono ma che sfuggono ai
censimenti), e il grado di adesione alle pratiche religiose e alle
attività culturali organizzate in ambito ebraico è incommensurabilmente
superore a quel che accadeva 50-60 anni fa. A Roma ci sono mi pare 16 o
17 sinagoghe (ce n’erano tre), a Milano non molte di meno (ce n’erano
due) e fra comunità ortodosse, riformate, Chabad (per non parlare delle
esperienze del tutto nuove che si registrano nel sud Italia) a me pare
che la prospettiva di scomparire sia piuttosto lontana. Detto questo,
proprio l’esperienza italiana dimostra storicamente che non è una
questione di numeri. Qui da noi non siamo mai stati molto numerosi, ma
questo non ha impedito all’ebraismo italiano di essere vero e proprio
punto di riferimento per l’intero mondo ebraico per molti secoli. Più
in generale, per ritornare al grido d’allarme lanciato dal rabbinato
(per la verità lì convenuto per esprimere con un atto chiaramente
politico un forte segnale di solidarietà all’ebraismo ungherese che a
70 anni dalle deportazioni è ancora oggi sotto grave attacco), a me
sembra che mettere nella stessa insalata antisemitismo, indebolimento
delle pratiche religiose e matrimoni misti costituisca un
ingiustificato azzardo. Sono tre questioni importanti che meritano di
essere valutate, fra l’altro senza limitarsi a uno sguardo solo ebraico
(la secolarizzazione è un fenomeno globale, che peraltro mostra segnali
non univoci visto il generalizzato ritorno di centralità che si
registra nella devozione religiosa). In ogni caso, ho avuto modo di
leggere solo le considerazioni e la cronaca fornita dal giornalista del
Foglio. Se devo basarmi su di esse, non posso che trovare
insopportabile che un ebreo (ancorché rabbino o comunque dirigente di
comunità ebraica) si permetta di paragonare l’assimilazione a Hitler.
L’assimilazione è infatti un fenomeno sociale che dipende da cause
personali tanto quanto da cause sociali, che si contrasta a mio parere
solo con iniziative intelligenti e solidali, con le buone pratiche.
Insomma, suggerirei meno insulti e più Ghemilùt hassadìm (azioni di
misericordia).
|
|
|
Temi e immagini
del pensiero ebraico
|
"Temi
e immagini del pensiero ebraico”. Questo il titolo del ciclo di
incontri ospitato presso la nuova sede della Biblioteca Universitaria
di Genova, l’ex Hotel Colombia (luogo storico della città, che ospitò e
fece cantare grandi nomi tra cui anche i Beatles). Protagonista del
primo incontro Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento
Educazione e Cultura UCEI.
|
|
Leggi
|
|
Francia, non è reato
dire "fascista" a Le Pen
|
Nuove
tensioni nell’aula del Senato. A scaldare gli animi anche il
parlamentare Giuseppe D’Anna (Gal, gruppo fiancheggiatore di Forza
Italia) che ha definito “squadristi” i colleghi del Movimento
Cinquestelle e, come estrema provocazione, ha scelto di attraversare
l’emiciclo con il braccio teso nel saluto fascista (Dino Martirano,
Corriere della sera).
Dalla Francia intanto la notizia che dire “fascista” al leader
dell’estrema destra Marine Le Pen non è reato. Il leader del Front de
Gauche, Jean-Luc Melenchon, è stato infatti assolto dal tribunale di
Parigi che ha ritenuto che il termine “può avere un carattere offensivo
se utilizzato fuori da ogni contesto politico o accompagnato da altre
espressioni degradanti” mentre non ci sarebbe nessun carattere
offensivo “quando viene utilizzato tra avversari politici su un tema
politico” (Messaggero, in breve).
“L’ Halakhah, la Legge ebraica, nella grande maggioranza dei casi
guarda con favore alle procedure che riguardano la fecondazione
assistita nella coppia quando non può avere figli. Perla fecondazione
eterologa c’è invece, in ambito rabbinico, una letteratura unanime nel
considerarla da evitare. È una procedura sconsigliata anche per motivi
etici e psicologici”. L’intervento del rabbino capo di Roma Riccardo Di
Segni sul notiziario Pagine Ebraiche 24 e sul portale www.moked.it è
oggi riportato dal Tempo. I colleghi dimenticano però di citare la
fonte.
|
|
Leggi
|
|
|
QUI PARIGI
Alain Finkielkraut all'Académie
"La
letteratura non è stata capace di impedire alcun massacro fra quelli
che hanno contrassegnato il Ventesimo secolo. Ma senza la letteratura
non saremmo più in grado di comprendere e di conseguenza resteremmo
senza difesa. Il pericolo dell'opacità della comprensione è il rischio
più grave". È il messaggio che il grande filosofo e intellettuale
francese Alain Finkielkraut ha voluto lasciare ai lettori di Pagine
Ebraiche in occasione dell'intervista concessa al direttore Guido
Vitale all'indomani dell'uscita di una delle sue prove più attese - "Un
cuore intelligente" (pubblicato in Italia da Adelphi).
Parole che assumono una luce tutta speciale con la nomina, avvenuta
nelle scorse ore, tra gli 'immortali' dell’Académie française.
Finkielkraut occuperà la poltrona numero 21, rimasta vacante dal 2012
in seguito alla scomparsa dello scrittore belga Fèlicien Marceau. "Mi
preoccupa l’impoverimento del nostro vocabolario, anche nelle élite.
L’Académie significa la lingua sostenuta dalla letteratura. Credo molto
in questo: la Francia è una patria letteraria”, ha subito dichiarato
alla stampa.
Nato a Parigi nel 1949, figlio di sopravvissuti ai campi di sterminio,
Finkielkraut è stato allievo dell'Ecole Normale Superieure. A segnare
la sua formazione il pensiero, tra gli altri, di Hannah Arendt, Martin
Heidegger, Emmanuel Lévinas e Vladimir Jankelevitch. Ospite fisso di
emittenti televisive e radiofoniche che se lo contendono per la
capacità di riflettere sui grandi temi della contemporaneità, è
universalmente ritenuto un intellettuale 'scomodo' per la schiettezza
(e talvolta l'irriverenza) che permea alcune sue affermazioni.
“Geniale, impertinente, quasi insopportabile, come chi lo apprezza ha
imparato a conoscerlo, Finkielkraut – scriveva Vitale – non sembra
accettare mezze misure e non sembra praticare la giustizia salomonica.
Non quella, almeno, che comunemente intende chi pratica i luoghi
comuni. L'intervistatore si addentra così in un terreno certo
affascinante, ma aspro e per nulla rilassante”.
Numerosi le tematiche affrontate nel corso dell'intervista: il valore
supremo della conoscenza, l'impegno per la cultura, l'equilibrio tra
intelligenza ed emotività, l'identità ebraica. In particolare,
relativamente all'ultimo punto, Finkielkraut ammoniva contro il
pericolo di una distorta percezione di se stessi. “È ancora necessario
riaffermare con forza la necessità di ricostruire un'identità ebraica
viva nel presente, nel quotidiano, non nel mito. Io – spiegava – sono
un discendente di sopravvissuti e di perseguitati, non sono un
sopravvissuto. La tentazione di vivere il presente nella categoria del
passato prossimo è sempre in agguato”. Alla domanda se l'antisemitismo
non fosse più una minaccia, il filosofo rispondeva di considerarla
ancora tale ma con una precisazione: nel corso degli anni avrebbe
cambiato natura. “L'antisemitismo che conta – sottolineava – oggi si
proclama antirazzista. E dobbiamo trovare il coraggio di dirlo. Il
nuovo antisemitismo è un antisemitismo islamoprogressista e si nasconde
dietro agli slogan dell'antirazzismo”. Secondo Finkielkraut prevarebbe
oggi una concezione di comodo secondo cui l'Europa dovrebbe quindi
continuamente espiare i propri peccati originari “sacrificando ogni
sua definizione sostanziale a vantaggio dell'affermazione di generici
diritti dell'uomo”.
In pericolo sarebbe anche la corretta trasmissione della Memoria della
Shoah. “È a rischio – il suo pensiero – se ci affidiamo esclusivamente
alla testimonianza degli ultimi sopravvissuti che per motivi
generazionali stanno scomparendo. Ma saper leggere vale più di mille
viaggi ad Auschwitz. Conoscere Primo Levi e imparare a capire Se questo
è un uomo e I sommersi e i salvati è la memoria che dobbiamo difendere".
Il maggior pericolo, metteva quindi in guardia, "è la paralisi
dell'intelligenza".
a.s twitter @asmulevichmoked
Per scaricare il pdf dell'intervista di Guido Vitale ad Alain Finkielkraut clicca qui
(Il
disegno è di Giorgio Albertini)
|
GERUSALEMME - ROMA Bergoglio viaggerà su El Al
In
occasione della prossima missione in Medio Oriente (24-26 maggio) papa
Bergoglio viaggerà su un aereo speciale della El Al, la compagnia di
bandiera israeliana che ha da poco stretto un accordo per la
distribuzione del mensile dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche
all'interno dei suoi voli.
"Siamo orgogliosi di essere stati scelti per riportare in Italia
l’intera Delegazione al termine della storica visita in Israele del
papa. Il volo dedicato all’evento prevede l’assegnazione di un
equipaggio e di un allestimento ad hoc", dichiara il presidente di El
Al David Maimon. Insieme a Bergoglio viaggerà un seguito di 30
ecclesiastici e 70 giornalisti accreditati.
(Nell'immagine il check-in da El Al con la distribuzione di una copia omaggio di Pagine Ebraiche)
|
BIOETICA
- L'INTERVENTO DEL RAV SOMEKH
Fecondazione
eterologa,
la
via israeliana contro i rischi
Sul
tema della fecondazione eterologa, il cui divieto introdotto dalla
Legge 40 nel 2004 è adesso venuto meno con il pronunciamento della
Corte Costituzionale, prosegue un significativo dibattito anche
all'interno del mondo ebraico. Dopo il rabbino capo di Roma Riccardo Di
Segni, intervenuto nel notiziario di ieri esprimendo alcune perplessità
in materia, è adesso rav Alberto Moshe Somekh (nella foto) a proporre
un contributo ricordando la preziosa testimonianza di rav Avraham
Steinberg - medico, docente di Medical ethics alla Hebrew University–
Hadassah Medical School di Gerusalemme e presidente della commissione
governativa israeliana sul “fine vita” - ospite lo scorso novembre
della Comunità ebraica di Torino per uno shabbaton dedicato alla
bioetica.
"Nella prima delle due sessioni tenute a Torino - ha scritto rav Somekh
sul notiziario comunitario - Steinberg si è soffermato sul difficile
tema dell’inizio vita e della fecondazione eterologa e ha
sostanzialmente affermato che benché oggi la si permetta anche in
Israele (non essendoci rapporto coniugale si esclude il problema
dell’adulterio), non c’è invece una visione univoca su un’altra
questione connessa: chi è la vera madre, quella che dona l’ovulo o
quella che mette a disposizione il proprio utero?".
Questa decisione può infatti essere determinante a tre fini: se una
delle due donne non è ebrea, stabilire l’identità religiosa del
nascituro; stabilire di quale delle due il nascituro sia il legittimo
erede; essere sicuri che, una volta cresciuto, il figlio/figlia non
sposi una propria sorella/fratello. Il problema in Israele viene
affrontato limitando la possibilità di fecondazione eterologa a due
donne della stessa religione e tenendo un’anagrafe riservata di tutte
le donatrici presso un’apposita commissione per cui, ha ricordato il
rav, al momento del matrimonio il ragazzo o la ragazza nati da questo
tipo di fecondazione "sono in grado di ottenere l’autorizzazione una
volta confrontate le generalità del proprio partner".
|
Incompatibilità |
In
quest’ultima settimana i media hanno parlato ampiamente dei test di
ammissione alle facoltà a numero chiuso e (giustamente) delle
difficoltà incontrate dai ragazzi nel doversi preparare
contemporaneamente ai test e alla maturità tra due mesi. Non si è
parlato altrettanto delle ore di scuola perse dai ragazzi per il test
stesso e per la preparazione, dell’anomalia di una situazione in cui ci
sono ufficialmente lezioni regolari ma con metà degli allievi assenti.
Non che sia una novità assoluta (continuamente gli alunni sono
autorizzati ad assentarsi per gare sportive, certamina, olimpiadi di
matematica o filosofia, ecc.), ma qui si trattava non di un’eccezione
ma della regola, non di un allievo o due che si assentano per motivi
particolari ma di migliaia di giovani in tutta Italia a cui lo Stato ha
detto: tu hai il dovere di chiuderti in casa a studiare per il test, ma
contemporaneamente hai il dovere di seguire regolarmente le lezioni e
studiare per l’esame di Stato. Come conciliare i due doveri?
Anna Segre, insegnante
Leggi
|
|
L'immagine
dei gitani |
Il
piano di sterilizzazione forzata attuato in Svezia dal 1934 al 1974 ai
danni dei gitani e di altri individui considerati “con difetti
genetici”, ha suscitato sconcerto anche sulle pagine di Moked, in un
contesto come quello ebraico da sempre impegnato e vigile sul tema
delle discriminazioni su stranieri e minoranze.
Diverse del resto potrebbero essere le analogie storiche riscontrabili
nel passato tra popolo Roma e popolo ebraico, dalla perdita del
territorio d’origine che ne ha determinato l’esilio e la dispersione,
entrambi furono etichettati come inner enemies dalle società
circostanti, subendo persecuzioni ed espulsioni in tutto l’emisfero
culminate poi tragicamente nello sterminio nazi-fascista, che non ha
comunque alterato in seguito, specie verso i primi, un’onnipresente
percezione collettiva di sospetto e indesiderabilità.
Francesco Moises Bassano, studente
Leggi
|
|
Pesach |
È
Pesach. Siamo liberi. Tante volte ce lo fossimo dimenticati. Liberi
perché disobbedienti all'autorità di un altro uomo. Liberi quando il
nostro tempo diventa occasione e non costrizione. Liberi dalla
schiavitù delle nostre paure. Liberi insomma di essere noi stessi e
poterlo raccontare. Auguri a tutti.
Ilana Bahbout
|
|
Il
Midrash e il silenzio |
Nell’ambito
del ciclo Temi e immagini del pensiero ebraico, organizzato a Genova da
Laura Quercioli Mincer, mercoledì è stata presentata e commentata da
Ilana Bahbout una videoconferenza di rav Benedetto Carucci dedicata al
Midrash e al silenzio. Chiunque conosca la magia espositiva di rav
Carucci non dubiterà dell’efficacia della lezione. Dopo una sintesi
introduttiva sulla specificità dell’esegesi ebraica, sul ruolo
propriamente metodologico dei Midrashim e sulla loro capacità di far
emergere il nuovo dall’antico, rav Carucci ha affrontato il tema del
silenzio.
Laura Salmon, slavista
Leggi
|
|
|