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21 agosto 2014 - 25 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
“Banìm attèm l-Ha-Shèm E-lokekhèm, lo’ thithgodedù we-lo’ thasìmu qorchà ben ‘enekhèm la-mèth”, “Voi siete figli del Signore D.o vostro, non fatevi incisioni e non radetevi tra i vostri occhi per un morto”.
Queste disposizioni sono evidentemente legate a usanze pagane dalle quali l’Ebreo deve tenersi lontano. Così le classifica il Maimonide, così le intendono la maggioranza dei commentatori.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Papa Francesco, durante il suo viaggio di ritorno dalla Corea, ha detto una frase storica che vale la pena di riportare, e su cui andrebbe aperta e sviluppata un'attenta riflessione: "In questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, soltanto posso dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare o fare la guerra, dico fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare dovranno essere valutati.”
 
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Cinque giorni di tregua
Un’Oltre 170 razzi piovuti da Gaza su Israele, la minaccia di Hamas all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, la risposta israeliana affidata ai raid aerei con 22 vittime tra i palestinesi. È il bilancio delle ultime ore di conflitto tra Gaza e Israele, ripreso dopo la violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas. I quotidiani nazionali aprono con la notizia del tentativo israeliano di eliminare Mohammed Deif, capo militare di Hamas. “Ma il leader delle Brigate Qassam – scrive Maurizio Molinari su La Stampa - è sfuggito all'attacco, confermando la fama di avere 'nove vite', essendo già sopravvissuto ad almeno cinque tentativi di eliminazione”. Molinari riporta le minacce di Hamas all'aeroporto israeliano Ben Gurion, intimando  alle compagnie aeree straniere di non atterrarvi oggi, ai cittadini del Sud di Israele e la rivendicazione dell'uccisione di Eyal, Gilad e Naftali, i tre ragazzi israeliani rapiti e uccisi vicino a Hebron. “Il premier Benyamin Netanyahu – scrive Massimo Lomonaco sul Secolo XIX - ha ribattuto che la fazione islamica ha subito il 'colpo più forte dalla sua fondazione'. In un discorso al paese, il premier israeliano ha dichiarato che l'operazione Margine Protettivo “continuerà fino a che la calma non verrà ristabilita”, ma “dice di essere disponibile a ricominciare le trattative per un accordo di pace con Abu Mazen, il presidente palestinese – scrive Davide Frattini sul Corriere della Sera che riporta poi le parole di Netanyahu- 'Vedo un nuovo orizzonte diplomatico per il Paese, quando i combattimenti cesseranno'”. Da Ashkelon, Alberto Flores D'Arcais (Repubblica) visita la sala operativa del sistema antimissile Iron Dome. “Grazie alla velocità dei sistemi di allarme — in pochi secondi viene individuata l'area dove i Grad e i nuovi razzi a maggiore gittata di cui dispone Hamas sono diretti — non ci sono state vittime”, spiega il giornalista che si sofferma sulle difficoltà di Ashkelon, la città più colpita dai razzi di Hamas. “Sedici chilometri da Gaza City, otto dal confine con la Striscia, con i suoi grandi palazzi e le sue lunghe spiagge, è il pasta ideale contro cui i terroristi di Hamas mettono a punto le loro armi di distruzione e paura”. E mentre D'Arcais parla di “inevitabile reazione” in riferimento alla risposta di Tzahal ai razzi da Gaza, sul Fatto Quotidiano – nel riportare le sofferenze degli abitanti della Striscia – non viene si legge che a violare la tregua è stato Hamas.
Sempre sul quotidiano di via Solferino, Bernard-Henri Lévy riflette sul tragico destino del giornalista americano James Foley, decapitato dai miliziani dello Stato islamico, e sulle sue ultime parole (i suoi carnefici hanno postato il video del crimine su youtube). Lévy ricorda il destino analogo di un altro giornalista, Daniel Pearl. Ebreo americano, Pearl fu rapito e decapitato da estremisti islamici in Pakistan. “Le sue frasi finali – afferma il filosofo francese – erano state un messaggio in codice, una specie di celebrazione, destinata alla famiglia, della sua identità ebraica, umiliata e schernita dai suoi aguzzini”. Secondo Lévy, poi, l’assassinio di Foley (su La Stampa un ricordo del giornalista) “ha avuto almeno l’effetto di risvegliare le coscienze e di costringere molti a prendere posizione”. Presa di coscienza però, afferma il filosofo, che sembra non valere per coloro che “ancora ieri, sfilavano per la Palestina e per Gaza”.
Intanto il presidente americano Barack Obama promette giustizia per Foley e per le vittime di quello che definisce un “genocidio” (Corriere, Sole 24 ore, La Stampa), riferendosi alla brutalità dei jihadisti in Iraq. E parole simili arrivano dal primo ministro italiano, Matteo Renzi nel corso della sua visita a Bagdad e Erbil. “Non ci sarà un’altra Srebrenica”, dichiara Renzi in riferimento al genocidio del luglio del 1995 nell’Ex Jugoslavia. “Nella battaglia contro il terrorismo l’Europa sa bene da che parte stare, come ha dimostrato nel recente consiglio Affari Esteri a Bruxelles. Quindi questa battaglia noi la vinceremo, voi la vincerete” ha dichiarato Renzi, incontrando il presidente Massud Barzani (Repubblica). Da Roma, il ministro degli Esteri Federica Mogherini spiega, in un’intervista a Repubblica, la pericolosità anche per l’Europa dell’Isis, con le infiltrazioni terroristiche, parla degli aiuti militari e umanitari inviati in Iraq dall’Italia e della sua candidatura ad Alto rappresentante per la politica estera europea.
 
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#IsraeleDifendeLaPace
Domande e risposte
Domande chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora. L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il lancio di una nuova area informativa dedicata dalla redazione a notizie, schede, dichiarazioni  sugli ultimi sviluppi relativi all'operazione delle forze di sicurezza israeliane nella Striscia di Gaza. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un contributo positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in contatto scrivendo a desk@ucei.it
 
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  davar
israele
La protesta delle tende in cucina 
Uno dei risultati più evidenti della "Protesta delle tende” che nell’estate del 2011 ha unito a Tel Aviv associazioni studentesche, sindacati, gruppi politici anche molto diversi in qualcosa di molto simile a un laboratorio dove dare vita a nuove idee, è la nascita di una trentina di cooperative. Partendo dal Rotschild Boulevard, la protesta contro il caro affitti si è rapidamente trasformata nel tentativo di creare una piattaforma sociale comune e altre alla richiesta di più giustizia sociale le molte nuove idee che vi sono nate sono state il segnale della grande voglia dei giovani israeliani di partecipare al processo democratico, di sviluppare nuovi progetti. In cooperativa.
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J-CIAK
Di chi è questo film?  
Per qualche settimana il caso ha attirato l’attenzione della stampa. Poi è scomparso dai riflettori ma senz’altro se ne riparlerà tra poco, all’avvio del Festival del cinema di Venezia. La protagonista è Suha Arraf, filmaker palestinese, sceneggiatrice in passato di “La sposa siriana” e “Il giardino di limoni”, bei film entrambi diretti dall’israeliano Eran Riklis.
Questa volta è passata alla regia con “Villa Touma” che ha scelto di presentare alla Settimana internazionale della critica della Biennale cinema come film palestinese e non come israeliano. Peccato però che la pellicola sia stata per due terzi realizzata con contributi pubblici israeliani: nello specifico dell’Israel Film Fund, sostenuto dal ministero della Cultura, del Mifal HaPais (la Lotteria nazionale) e del ministero dell’Economia. E la bufera non si è fatta attendere.

Daniela Gross
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#israeledifendelapace
Calma, l'auspicio di Shalit 

“Non abbiamo nulla da dire sull'uccisione di Al-Attar. L'unica cosa che speriamo è che la calma venga ripristinata nelle comunità del sud e che i soldati di Tsahal tornino a casa sani e salvi”. Il padre di Gilad Shalit, Noam non vuole commentare la morte di Raed Al-Attar, comandante di Hamas, responsabile del rapimento del figlio nel 2006. Cinque anni ci vollero per riabbracciare Gilad, cinque anni di prigionia e una trattativa lunga e faticosa per liberarlo dai terroristi di Hamas.
Durante la notte due dei responsabili di quel rapimento sono morti, Raed Al-Attar e Mohammed Abu Shamaleh, uccisi assieme a Muhamad Barhoum un raid israeliano a Rafah. Tre nomi di rilievo all'interno del movimento terroristico che controlla Gaza, tre duri colpi inferti a Hamas che giura vendetta. Al Sud di Israele intanto la calma auspicata da Shalit non arriva, nella mattinata decine i missili caduti nell'area.
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congresso mondiale ebraico - la denuncia
"Si manifesta contro Israele
ma
sulle stragi in Iraq silenzio"
Perché il mondo tace mentre i cristiani sono sterminati? In Europa e negli Stati Uniti abbiamo assistito a dimostrazioni di massa per la morte dei palestinesi, usati come scudi umani come copertura per il lancio di razzi da parte delle organizzazioni terroristiche di Gaza. L'Onu fa le sue indagini e indirizza la sua attenzione solo su Israele. Ma il terribile massacro di migliaia e migliaia di cristiani nei modi più barbari è stato accolto con assoluta indifferenza. Le comunità cristiane del Medio Oriente e di parte dell'Africa centrale stanno scomparendo più o meno allo stesso modo nel quale in Europa ottanta anni fa gli ebrei furono uccisi o si diedero alla fuga. Poche proteste si levarono sulle campagne di epurazione naziste del 1930 prima che fosse troppo tardi, e come allora, il silenzio di oggi è altrettanto assordante. Gli storici guarderanno a questo periodo chiedendosi se le persone avessero veramente perso la ragione. Pochissimi i giornalisti che hanno potuto testimoniare in Iraq l'ondata di terrore simil-nazista che sta invadendo il Paese. Le Nazioni Unite sono state per lo più immobili. I leader mondiali sembrano essere impegnati in altre questioni in questa strana estate del 2014. Non ci sono «flottiglie» umanitarie in viaggio verso la Siria o l'Iraq. Perché le grandi celebrità e le invecchiate stelle del rock non sono preoccupate quando sono i cristiani ad essere macellati?
Lo Stato islamico dell'Iraq e della Siria (Isis) non è una semplice coalizione di gruppi jihadisti. Si tratta di una vera e propria forza militare che è riuscita a conquistare gran parte dell'Iraq, con un modello economico vincente che diffonde in punta di lancia dispensando omicidi a sangue freddo. L'Isis prende i soldi dalle banche ed usa le estorsioni vecchio stile per finanziare la sua macchina di morte. Sistema che lo ha reso forse il più ricco gruppo terroristico islamico al mondo. Ma dove eccelle veramente è negli eccidi a sangue freddo che rivaleggiano con le carneficine medievali. Lungo il suo cammino l'obiettivo principale sono diventate tutte le comunità cristiane incontrate, purtroppo molto numerose. Un uomo d'affari caldeo-americano di nome Mark Arabo intervistato dalla Cnn ha descritto questa scena in un parco di Mosul, «... decapitano bambini e mettono la loro testa su dei bastoni. Per ogni nuovo bambino ucciso, altre madri violentate e uccise, e i padri impiccati». Ora, dove sono le proteste? Dove sono. le grandi manifestazioni di massa con i cartelli e gli slogan urlati? Dov'è la rabbia e lo sdegno?
In un discorso davanti a migliaia di cristiani a Budapest lo scorso giugno, ho fatto una promessa solenne: così come non rimarrò in silenzio di fronte alla crescente minaccia dell'antisemitismo di destra e sinistra in Europa e Medio Oriente, non sarò mai indifferente alla sofferenza cristiana. Ebrei e cristiani leggono la stessa Bibbia, la loro religione condivide la stessa base comune e ora, purtroppo, essi condividono un tipo di sofferenza che li ha presi di mira per una e una sola ragione: muoiono a causa delle loro convinzioni. Muoiono perché sono stati presi di mira da assassini, perché sono indifesi e perché il mondo è indifferente alle loro sofferenze. Ma questo può e deve essere fermato. Invito i leader mondiali a riunirsi insieme, non per parlare, ma per agire. Abbiamo bisogno di una coalizione formata da uomini e donne di buona volontà per unirsi e fermare questo abominio. Non siamo impotenti. Scrivo questo come cittadino della più forte potenza militare sulla terra. Scrivo questo come leader ebreo che si preoccupa per i suoi fratelli e sorelle cristiani. Questa ondata di morte deve essere fermata. Ora.

Ronald Lauder, presidente del Congresso ebraico mondiale
Corriere della Sera, 21 agosto 2014

#israeledifendelapace - domande e risposte 
Media / Le minacce di Hamas
Esistono numerose testimonianze di come Hamas abbia minacciato i giornalisti presenti a Gaza, condizionando pesantemente la copertura del conflitto da parte dei media. Il motivo principale per cui non esistono inchieste giornalistiche sull’operato e sui crimini di Hamas potrebbe essere semplicemente la paura. Il Times of Israel, per esempio, ha confermato come ci siano stati numerosi casi in cui i giornalisti sono stati interrogati e minacciati, con una particolare aggressività nei confronti di coloro che avevano scattato fotografie o effettuato riprese di terroristi impegnati a preparare il lancio di missili, soprattutto se in aree in cui erano presenti strutture civili. Apparecchiatura sequestrata, minacce, in alcuni casi il divieto di lasciare Gaza, probabilmente sono queste le ragioni di una autocensura che però sta ora lasciando filtrare notizie sempre più precise.
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pilpul
Setirot - Il rispetto
Bella lezione di democrazia reale quella che emerge dalle parole del neopresidente di Israele, Reuven Rivlin, quando interviene duramente sulla campagna di odio (sia virtuale via internet che attraverso reali manifestazioni e minacce) messa in piedi nel suo Paese contro la giovane coppia di Yafo “colpevole” di essere lui musulmano e lei ebrea convertitasi all’islam: «Mahmud e Morel hanno deciso di sposarsi e di esercitare la propria libertà.

Stefano Jesurum, giornalista
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Time out - Con chi parlare
Se la pace si fa con il nemico e bisogna dialogare con Hamas, perché non dialogare anche con l'Isis? Forse la barbara uccisione del giornalista vale meno di quella di Eyal, Gilad e Naftali rivendicate ieri dal movimento terroristico palestinese? Chissà, forse andrebbe chiesto ai professionisti della pace e a chi crede che con il terrorismo si possa scendere a compromessi.

Daniel Funaro
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