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17 settembre 2014 - 22 Elul 5774
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“... circonciderà il tuo cuore … così che tu possa vivere” (Devarìm 30, 6). In questo modo usava interpretare l’Admòr Rabbì Ytzchak Meir Alter di Gur, conosciuto come Baàl Chidushè Arìm, questo verso: Per tutta la mia vita non dimenticherò i Tuoi comandamenti poiché in essi ho vissuto. Non potrò mai dimenticare le Tue mitzvòt poiché io so che essi sono la mia vitalità, ed una cosa da cui dipende la vita è impossibile dimenticare, cosi come è impossibile che un uomo si dimentichi di mangiare.

 
David
Assael,
ricercatore
Con una divertente espressione, Giulio Tremonti paragonava la crisi economica a un videogame: quando uccidi un mostro ne viene subito un altro. Estendendo l'immagine tremiontiana alle intere conseguenze dell'attuale situazione economica, possiamo dire che il nuovo mostro europeo si chiama secessione. Una vittoria dei sì nel referendum scozzese, aprirebbe una porta che potrebbe essere attraversata da Spagna, Belgio, e perché no, Italia. Un esito davvero inimmagninabile fino a solo pochi anni fa, che avrà conseguenze deleterie per il già fragile progetto europeo: se non ci si metteva d'accordo in 28, figuriamoci moltiplicando il numero. Speriamo di sconfiggere questo e aspettiamo il prossimo mostro.
 
"Il nostro impegno
contro l'antisemitismo"
“Un’iniziativa finalizzata a rendere vane le minacce di chi ancora oggi propugna odio e discriminazione. Un impegno concreto a beneficio della collettività in un momento in cui antichi pregiudizi mai del tutto sradicati tornano a manifestarsi in modo sempre più inquietante nelle nostre società progredite e democratiche”, così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha annunciato il progetto Antenna antisemitismo, promosso dall’UCEI e dal Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano. “Italy’s top Jewish council creates anti-Semitism hotline”, titola tra gli altri Haaretz.
C’è lo spettro dell’antisemitismo, come scrive Libero, anche nelle fiamme divampate in una sinagoga di Anderlecht, già nel mirino di un attacco condotto con molotov nel 2010. Un episodio inquietante che arriva nelle stesse ore in cui il museo ebraico di Bruxelles ha riaperto le proprie porte dopo l’agguato mortale degli scorsi mesi.
 
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  davar
qui milano - jEWISH AND THE CITY
L'insegnamento dello straniero
“Lanciare un forte e diffuso messaggio di apertura, di dialogo, di amicizia, dando nuova luce all’antica e profonda integrazione degli ebrei in tutta l’Europa e in particolare nella società italiana”. Questo il significato, nelle parole del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, di eventi come Jewish and the City, il Festival Internazionale di Cultura Ebraica assoluto protagonista in questi giorni dell’agenda milanese. Davanti al folto pubblico presente nella Sinagoga Centrale, testimonianza dello straordinario successo della manifestazione curata da rav Roberto Della Roberto Della Rocca, direttore scientifico del festival organizzato dalla Comunità ebraica di Milano in collaborazione con il Comune, il presidente UCEI ha voluto sottolineare l’importanza della rassegna milanese nel suo fondamentale ruolo di ponte tra cultura ebraica e società civile. Dopo la partecipazione dello scorso anno, la seconda edizione del festival era chiamata al complicato compito di ripetersi e, a giudicare dalle gremite, l’obiettivo è stato centrato. Grazie anche a ospiti di livello internazionale come rav Adin Steinsaltz, uno dei massimi studiosi e divulgatori contemporanei del Talmud, che nella sinagoga di via Guastalla ha tenuto ieri una lectio magistralis sul tema Dialoghi sullo Straniero. Ad aprire l’appuntamento al tempio, il saluto del presidente Gattegna che ha voluto fare un plauso “alla eccezionale sinergia” creatasi tra la Comunità ebraica di Milano – rappresentata dal presidente Walker Meghnagi e da rabbino capo della città rav Alfonso Arbib – e il Comune. “Ciò che vogliamo oggi esprimere e manifestare – ha dichiarato Gattegna, introdotto dal consigliere alla Cultura della Comunità ebraica di Milano Daniele Cohen – è la preziosa ricchezza che può derivare per tutti dalla pacifica convivenza e dalla reciproca accettazione di diverse matrici e di molteplici radici culturali”. Una convivenza di cui la minoranza ebraica si è fatta da sempre promotrice, affermando la sua diversità come un valore prezioso per la società. Concetto, quello della diversità, toccato dall’apprezzata riflessione dell’antropologo Francesco Remotti, che ha aperto l’evento con rav Adin Steinsaltz di ieri. Remotti ha infatti parlato di somiglianze e differenze: della necessità di essere consapevoli di somigliare agli altri quanto, contemporaneamente, di differenziarci dalla collettività. “Non possiamo soltanto imitare, dobbiamo differenziarci, anche da noi stessi”, ha affermato l’antropologo.
Un articolato invito a riflettere, invece, quello proposto da rav Adin Steinsaltz nella sua lezione.“Io non sono qui per darvi delle soluzioni” ha più volte affermato il rav, invitando il pubblico a interrogarsi sul significato di giustizia, sulla bontà, sul rispetto degli stranieri (“Non opprimere lo straniero: voi infatti conoscete l’animo dello straniero, perché foste stranieri in terra d’Egitto” Es. 23,9). E, in riferimento allo straniero, rav Steisaltz ha ricordato che “siamo tutti stranieri, sempre” e per questo “dobbiamo capire chi sta male”, facendo riferimento alle drammatiche notizie dei profughi che dall’Africa e dal Medio Oriente cercano la salvezza sulle nostre coste. Di fronte alla sofferenza altrui, ha affermato il rav – ricordando che “noi ebrei siamo abituati a essere maltrattati, purtroppo la storia lo testimonia” -, non si possono fare scelte sbrigative, semplici, e dobbiamo tenere presente che “fare giustizia significa avviarsi in un processo lungo, complesso, che tiene conto della pietà”. Un monito, quello di rav Adin Steinsaltz, profondamente attuale.


Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
qui milano - JEWISH AND THE CITY
I perché di Pesach
“Il Seder di Pesach è occasione per vivere i rapporti umani in modo molto diverso, contrapponendo nostre diversità, domandando e insegnando ai nostri figli che saggezza è sapere di non sapere, consapevolezza nostra limitatezza”. È stata l'applaudita lezione di rav Roberto Della Rocca a chiudere la seconda edizione del festival Jewish and the city di Milano. Al direttore scientifico della rassegna, organizzata dalla Comunità ebraica milanese, è stato infatti affidato il compito di chiudere - prima del concerto serale dedicato al pittore Marc Chagall, in concomitanza con l'inaugurazione di un'importante retrospettiva a lui dedicata a Palazzo Reale - la quattro giorni di appuntamenti e incontri del Festival internazionale di cultura ebraica dedicato quest'anno a Pesach e alla libertà. Il sentito applauso al termine della lezione del rav – È vecchio chi smette di imparare, il titolo dell'incontro tenutosi alla sinagoga di via Guastalla -, è sintomatico di come, per il secondo anno consecutivo, il festival sia stato un successo, portando centinaia di milanesi a fare un passo in più per conoscere la cultura ebraica. Una tradizione millenaria, come ha ricordato il rav, che del suo passato ha sempre fatto tesoro. Un percorso, quello ebraico, che si snoda attraverso i secoli ed è privo di scorciatoie, come lo fu l'uscita dall'Egitto. “Non sempre la via più breve è infatti la migliore”, ha sottolineato Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Nella sua riflessione, davanti a un pubblico numeroso e partecipe, il rav ha fatto riferimento alla storia dell'uscita dall'Egitto, di Pesach, per articolare alcuni dei concetti fondamentali dell'ebraismo.
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qui milano - JEWISH AND THE CITY
I musei come storia visibile
Un incontro molto atteso quello di ieri, intitolato “Spazi di memoria. Musei come storia visibile”, inserito nell’ultima giornata milanese del Festival internazionale di cultura ebraica Jewish and the city, dedicata in gran parte alla Storia e alla sua trasmissione. “I relatori di questo pomeriggio hanno le caratteristiche più adatte per parlare del museo come luogo di esposizione della storia”, questa l’introduzione della moderatrice Maria Canella, professoressa all’Università degli Studi di Milano, nella cui suggestiva Sala Napoleonica si è svolto l’incontro. Ad intervenire il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, l'architetto e consigliere UCEI Luca Zevi e il presidente dell’International Council of Museums Daniele Jalla.
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master cultura ebraica e comunicazione
"Iniziativa per rispondere

a un interesse sempre più forte"
“Un corso innovativo con la possibilità di approfondire, da molteplici punti di vista, la ricchezza della cultura ebraica e allo stesso tempo di conseguire nuove e importanti nozioni relative al mondo dell’informazione e della comunicazione. L’interesse per queste tematiche, come ci hanno dimostrato le iniziative culturali degli scorsi giorni, è estremamente significativo. Si tratta pertanto di una sfida, quella di assecondare questo interesse, che intendiamo assolvere mettendo a disposizione degli interessati docenti e programmi di alto livello”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nell’introdurre il Master di primo livello in cultura ebraica e comunicazione che l’UCEI propone per l’anno accademico 2014-2015 con l’obiettivo di intersecare lo studio della Torah e della lingua ebraica con i diversi linguaggi offerti oggi dal mondo della comunicazione. Diretto dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il Master è coordinato dalla professoressa Myriam Silvera.
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qui roma
Quale valore per la famiglia
Giornata interamente dedicata alla famiglia quella di ieri al Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica nell’antico ghetto di Roma. A confrontarsi sul tema, nella cornice del Palazzo della Cultura, rav Roberto Colombo e il teologo Piero Stefani. “L’amore e il dialogo con i figli sono alla base della famiglia” ha spiegato rav Colombo. E alla domanda “è giusto ogni tanto punire i figli con uno scapaccione?”, ha risposto: “Rav Wolbe spiega che quando ti chiederai perché il tuo figlio di quattordici anni non ti ascolta, il motivo lo troverai dietro alle ‘sculacciate’ dispensate per rimproverarlo quando aveva quattro anni”.
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qui parma
Un festival tra musica e cinema
IFilm, cortometraggi, documentari e film d’animazione. Con pellicole provenienti dalla Serbia all’India, dalla Spagna alla Cina. Oltre, naturalmente, all’Italia. È la ricetta della seconda edizione del Parma International Music Film Festival in programma fino al 20 settembre presso la Casa della Musica della città emiliana. Presieduto da Eddy Lovaglio, il festival ha come direttore artistico il musicista e compositore Riccardo Moretti (nell’immagine), noto per le numerose realizzazioni a carattere ebraico oltre che attuale vicepresidente della Comunità di Parma.
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rosh hashanah 5775
Padova - Un anno per migliorare
Non è facile formulare un augurio, quando ronzano ancora nelle orecchie i fischi dei missili e gli scoppi di una guerra che ha obbligato i nostri fratelli a correre nei rifugi più volte al giorno; non è facile, quando siamo stati così vicini ad una deflagrazione mondiale, se si sommano i tanti focolai del Medio Oriente più vasto, dell’Europa dell’Est, del Nord e Centro Africa, e altri ancora; quando migliaia di persone muoiono inseguendo la semplice speranza di una vita dignitosa; quando centinaia di migliaia hanno perduto la sicurezza di un lavoro; quando corruzione e malaffare inondano le pagine dei giornali; quando latita la cultura, soppiantata da comunicazioni collettive; quando riaffiora con veemenza l’antisemitismo; e quando, gli ebrei stessi, sono incapaci di andare d’accordo.

Davide Romanin Jacur,
presidente Comunità ebraica di PadovaLeggi
rosh hashanah 5775
Bologna - Un anno per crescere
Oggi più che mai c’è bisogno di riappropriarsi dei nostri luoghi, di ricordare la nostra storia e rincontrarci per condividere e vivere assieme momenti istituzionali e sociali del nostro calendario. Ci piace pensare all’idea di “identità territoriale ebraica”, in grado di rafforzare nelle persone un profondo senso di appartenenza nelle città in cui risiedono. Che quest’anno porti benedizioni e crescita a tutte le kehillot con l’auspicio che ogni ebreo possa in esse riconoscersi. Grazie a tutti coloro che si sono impegnati e si impegneranno affinché le Comunità restino “Vive”. Shanà tovà u metukà.

Daniele De Paz,
presidente Comunità ebraica di Bologna
pilpul
Ticketless - I Moncalvo, patrimonio dell'umanità
La scorsa settimana ho ricordato incidentalmente Enrico Castelnuovo, il grande storico dell’arte che da qualche mese ci ha lasciato. Vorrei tornare su di lui, non per un necrologio, genere di scrittura che non mi piace, ma per ricordare, attraverso un libro, la libertà del suo pensiero e la bellezza di un luogo. Le coincidenze, talora, favoriscono i nostri ricordi. Nei giorni tristi in cui Enrico ci lasciava, le Langhe, il Roero e il Monferrato ottenevano il riconoscimento del World Heritage List dell’Unesco, ovvero divenivano patrimonio dell’umanità. C’è di che esserne orgogliosi – almeno fino a quando riusciremo a conservare questo patrimonio per le generazioni future. Per l’ebraismo il Roero e le Langhe non sono luoghi così nevralgici come il Monferrato. La capitale del 50esimo mo luogo italiano scelto come patrimonio dell’umanità non potrà che essere Moncalvo, il cui cimitero è una delle sette meraviglie dell’ebraismo nazionale. Non così, purtroppo, la sinagoga, da decenni abbandonata. Su questo luogo convergono frutti di antiche benedizioni e moderne narrazioni letterarie.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Pubblicità
Lunedì scorso, 15 settembre, godendomi un meritato momento di relax dopo il lavoro, comodamente adagiato sul divano, ho preso a sfogliare il quotidiano la Repubblica, che acquisto di tanto in tanto. Purtroppo il relax si è rapidamente trasformato in dolore e raccapriccio, perché le prime pagine del giornale (segnatamente, parte della prima, e poi la seconda, la terza, la quarta, la sesta e la settima, essendo la quinta dedicata a un’inserzione pubblicitaria) erano tutte dedicate agli sgozzamenti da parte dell’ISIS e ai vari progetti di interventi militari annunciati dalle potenze occidentali, nonché dai Paesi arabi minacciati. Il fatto che ben sei pagine e mezzo delle prime utili fossero dedicate a questo argomento mi ha dato l’idea della gravità della situazione, facendomi tornare ai tempi delle Torri gemelle o cose del genere. Naturalmente, essendo io fatto, oltre che – spero – di cervello, anche di carne e sangue, sentivo in me crescere la frustrazione, la rabbia, il senso di impotenza per dovere assistere impotente a queste tanto efferate esibizioni di sadica crudeltà, ed è montato in me un legittimo desiderio di risposta, di rivalsa. Alla mia età, ormai, non si spera più nell’arrivo della cavalleria, ma, insomma, mi chiedevo, quando mai il mondo si muoverà per fare qualcosa?

Francesco Lucrezi, storico
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