
Paolo Sciunnach,
insegnante
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Sovente
mi capita di partecipare a conferenze dove i miei interlocutori sono
sacerdoti di grande spessore culturale o docenti universitari, che
colgo ebraicamente preparati, addirittura nel campo della lingua
ebraica, del midrash e della letteratura esegetica rabbinica. Del resto
questo non è una novità: citano passi e detti, costruendo un percorso
coerente con la tradizione ebraica.
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Anna
Foa,
storica
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Quante
centinaia, migliaia di anni sono che nel mondo si sparge sangue in nome
di Dio? Ora, sono i versetti del Corano, usati per distinguere il
fedele dall’infedele e per sterminare il secondo. Settant’anni fa, nei
conventi romani invasi dalla Banda Koch, erano le preghiere cattoliche,
la cui conoscenza distingueva il cattolico dall’ebreo, nascosto sotto
le parvenze fallaci del primo. Si prega per dimostrare agli assassini
che si è dalla parte giusta, che si può pregando sopravvivere.
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L'identità d'Israele,
opinione pubblica divisa |
L’approvazione
del disegno di legge presentato dal premier Benjamin Netanyahu che
prevede la definizione giuridica di Israele come Stato della nazione
ebraica viene accolta dalla stampa italiana ed estera con molte
peplessità. La votazione del consiglio dei ministri ha visto 14
favorevoli e 6 contrari. John Reed sul Financial Times scrive: “La
decisione di definire giuridicamente Israele come stato-nazione ebraico
ha suscitato reazioni negative sia dai palestinesi, che la difiniscono
disciminatoria, che dagli israeliani moderati che lo vedono come un
possibile ostacolo alla natura democratica del paese”. “Una mossa che
rischia di infiammare ulteriormente le tensioni con i cittadini arabi
d’Israele – scrive Fabio Scuto su Repubblica – La decisione è arrivata
al termine di un tumultuoso consiglio dei ministri che ha diviso il
governo e che rischia di mettere in crisi la fragile maggioranza su cui
poggia”. La Nazione riporta poi le parole polemiche del ministro delle
Finanze Yair Lapid (“Oggi nemmeno Menachem Begin il leader storico
della Destra si troverebbe a suo agio nel Likud”) e Tzipi Livni.
“Israele Stato ebraico, ma è bufera sul governo” titola il Mattino
nell’articolo di Fabio Morabito che scrive: “Quella che in altri
situazioni potrebbe essere solo una questione di politica interna, se
avveine in Israele è difficile pensare che non possa avere
ripercussioni in tutto il Medio Oriente”. E sul Messaggero si allarga
il quadro: “Tutto questo avviene in un clima continuamente teso, del
quale la strage nella sinagoga di sei giorni fa (con l’uccisione di 4
rabbini e un poliziotto) è stato l’apice dell’orrore. Ieri i soldati
israeliani hanno ucciso un civile palestinese di 32 anni, che si
sarebbe avvicinato al reticolato di confine e non avrebbe risposto
all’alt. (…) Anche per questa situazione di tensione costante dentro
gli stessi confini di Israele, tra ebrei e arabi, l’opposizione rileva
l’inopportunità della scelta di Netanyahu. Il quale sostiene che i
diritti civili di ciascun cittadino saranno garantiti. Ma è necessario
ribadire – ha detto il premier – che Israele è lo stato nazionale del
popolo ebraico perché questo viene sempre più spesso messo in
discussione. I due attentatori della sinagoga erano palestinesi, ma
avevano la cittadinanza israeliana. E proprio ieri si è appreso che un
arabo israeliano è stato arrestato dai servizi segreti di Tel Aviv
perché avrebbe partecipato, in Siria, a un addestramento di dieci
giorni con i terroristi dell’Isis”. Ma lsraele come Stato degli ebrei
che cosa significa? A rispondere, Maurizio Molinari sulla Stampa: “La
legge approvata è frutto di due testi presentati da deputati del Likud
e di Israel Beytenu, il partito del ministro degli Esteri Avigdor
Lieberman, ed è stato votato da tutti i ministri di questi partiti
(tranne un’astensione) come anche di Ha Bayt Ha-Yehudi di Naftali
Bennet: diventa così il punto di incontro delle forze politiche di
centro-destra della coalizione. A votare contro sono stati invece tutti
i ministri di Yesh Mid, il partito di Yair Lapid, più il titolare della
Giustizia Tzipi Livni, del vecchio Kadima: sono le forze di
centro-sinistra accomunate ai laburisti di Yizhak Herzog dal condannare
una legge che «penalizza le minoranze e non sarebbe stata mai stata
approvata da Ben Gurion, Menachem Begin e Zeev Jabotinsky» assicura
Lapid, citando i padri fondatori dello Stato”. Una contrapposizione,
spiega Molinari, netta che allontana le due fazioni. E se Netanyahu
spiega di voler difendere l’identità ebraica del paese, Lapid obietta
che “che così vengono lesi i diritti delle minoranze, inclusi drusi,
circassi, arabo-israeliani e beduini che servono nell’esercito. Per
questo Lapid va a trovare la famiglia di Zidan Sai’, l’agente druso
morto nel contrastare gli attentatori di Har Nof, accusando il premier
di volerli trattare da cittadini di serie B”.
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progetto kasherut
New York, il marchio kosher.it conquista nuovi orizzonti
“Tantissime
persone si sono affacciate allo stand rivolgendoci domande, scambiando
idee e impressioni, mostrando interesse per la nostra proposta.
Un'esperienza stimolante, l'inizio di una serie di iniziative
organizzate in sinergia con il ministero dello Sviluppo Economico per
far sì che il marchio di kasherut nazionale possa al più presto passare
dalla fase progettuale a quella operativa”. A New York per partecipare
a Kosherfest, rassegna internazionale tra le più quotate del settore,
l'assessore alla kasherut Jacqueline Fellus si è fatta ambasciatrice
del progetto che l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha voluto
lanciare con l'obiettivo di diffondere la certificazioni kasher fra le
imprese agroalimentari italiane, organizzando e supportando i processi
di certificazione sul territorio e la promozione/distribuzione degli
alimenti certificati a livello internazionale. Il tutto attraverso la
garanzia del marchio K.it, da intendersi come “simbolo di kasherut e
italianità dei prodotti certificati”. Al fianco dell'assessore UCEI, la
cui missione è stata interamente coperta dal ministero, undici aziende
che hanno aderito al progetto. Una prima proiezione oltreconfine cui
seguiranno nuove iniziative per aumentare la consapevolezza sulle
opportunità di un mercato che, spiega Fellus, è composto non solo dai
consumatori che osservano la Legge ebraica ma anche da chi, in queste
tipologia di prodotti, vede rispettati valori di salubrità e genuinità
difficilmente riscontrabili altrove. “Dal Kosherfest, dall'intensità di
queste giornate americane, ho appreso molte lezioni. Prima delle quali
– sottolinea – la formidabile capacità dei certificatori statunitensi
di fidelizzare una clientela in larga parte non ebraica. I prodotti
kosher hanno infatti un posizionamento molto alto e questo, in un
mercato che premia la qualità, è un fattore imprescindibile per
raggiungere il successo.
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israele
La legge che divide il governo
Non
sarà votato mercoledì prossimo alla Knesset il discusso disegno di
legge che riconosce ufficialmente Israele come Stato ebraico. Il voto è
stato infatti posticipato di una settimana a causa delle forti
divisioni emerse all'interno dell'esecutivo guidato dal primo ministro
Benjamin Netanyahu. A esprimere la propria ferma contrarietà alla
proposta, approvata ieri dal consiglio dei ministri con 14 voti
favorevoli e 6 contrari (un astenuto tra le fila del Likud), Tzipi
Livni e Yair Lapid, rispettivamente ministro della Giustizia e delle
Finanze. Entrambi hanno promesso battaglia per affossare il progetto
che riconosce il carattere ebraico di Israele, dichiara la legge
ebraica come fonte di ispirazione del legislatore, e non prevede
l'arabo tra le lingue ufficiali del paese.“È una legge che danneggia
Israele e non passerà”, ha dichiarato questa mattina Livni, leader del
partito Hatnua. “Se il primo ministro vuole legare la posizione di
Israele al fatto di essere uno Stato ebraico e democratico, è possibile
farlo”, ha affermato il ministro, intervistata dal sito di informazione
Ynet. “Ma portare avanti una legge radicale che è il contrario della
dichiarazione di indipendenza, che indebolisce la democrazia e
assoggetterà la popolazione di Israele a una teocrazia, questo non può
accadere”.
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Oltremare
- Neve |
Tutti
a fare il tifo perché scenda un po’ di neve sul Monte Hermon, che in
effetti è l’unica cosa paragonabile ad una montagna che abbiamo da
queste parti, e quando si imbianca resta il montarozzo che è, ma fa un
po’ più effetto. Ogni anno i media creano questa aspettativa di neve,
che poi ad un certo punto arriva anche (quest’anno potrebbe arrivare
già a metà settimana), ma come un sabato del villaggio quel che conta è
l’attesa stessa, perchè quando poi la neve davvero arriva la zona di
accesso al Hermon viene sbarrata finché la neve non si stabilizza, le
piste non vengono battute, e finalmente l’impianto può aprire. E quelle
(poche) volte che scende abbastanza neve per mettere in modo la
macchina dell’apertura delle piste, la finestra di utilizzo è poi
brevissima. Basta un aumento anche minimo della temperatura per
sciogliere la neve e siccome è altamente improbabile che ne cada altra
in poco tempo addìo slittini e sci e anche snowboard. Si resta tutti
con un pugno di neve bagnata e una colonna di macchine in fila per
rientrare.Come se in un paese freddo ci fossero ogni anno soltanto tre
o quattro giorni di vero caldo, e una sola spiaggia agibile, e in quei
pochi giorni ci si affrettasse a setacciare ed appiattire la sabbia in
riva al mare, costruire vedette per i bagnini, aprire un bar da
spiaggia, piantare ombrelloni e mettere in fila le sdraio, e ora che
tutto è pronto e si può dare il via all’entrata dei bagnanti si vede
già il nuvolone all’orizzonte e il vento – gelido improvvisamente –
porta le prime gocce di pioggia. Ma l’israeliano per natura è
giocherellone, e quindi il giocattolo Hermon, con la sua neve breve
come uno starnuto non glielo si può negare, soprattutto in questi tempi
bigi di violenza e tensioni. Sfogarsi un po’ facendo spensieratamente a
palle di neve poterbbe fare molto bene al paese.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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