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12 Giugno 2015 - 25 Sivan 5775
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
“Salirono per il mezzogiorno e arrivarono fino a Hebron (Numeri 13,22).” In realtà il testo originale in ebraico afferma: “arrivò fino a Hevron” al singolare e non al plurale e i maestri ci insegnano che “chi arrivò” è Calev che prese distanza dagli altri esploratori ed andò a Hevron sulle tombe dei padri.
Forse, oggi, salire verso Israele può non essere così difficile, resta difficile ‘arrivare’ in Israele ed ‘arrivarci’ senza perdere se stessi.
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Rischia di essere molto pesante la perdita che subisce in queste ore il multiforme mondo del dialogo interreligioso e interculturale in Italia con la prematura e dolorosa scomparsa di Khaled Fouad Allam (1955-2015).
Fouad aveva infatti avuto la capacità di interpretare anche sul piano personale un ruolo difficilmente sostituibile, grazie alle sue straordinarie doti comunicative e a una grande apertura mentale.
Era stato uno dei primi, nel panorama italiano, a capire la necessità di trasmettere alla società occidentale un’idea non preconcetta e complessa della realtà e delle trasformazioni del mondo islamico contemporaneo. Lo aveva fatto con la professionalità dello storico e del sociologo, prendendo le mosse non da una visione confessionale del fenomeno, ma ponendo l’accento sulla necessità di comprendere i diversi modi di essere dell’Islam e ragionando anche sui pericoli delle troppe semplificazioni che ancora oggi ammorbano la gran parte dei discorsi (anche politici e anche ad alto livello) sul confronto fra Islam e Occidente.
 
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Israele, Hamas e i razzi
che non fanno notizia
Riprende il lancio di ordigni dalla Striscia di Gaza verso il Sud di Israele. Sirene d’allarme in molte località, tra cui Ashkelon, consuete corse nei rifugi per mettersi al sicuro (fortunatamente gli ordigni non hanno raggiunto il territorio israeliano). Ma la cosa non sembra fare più notizia. Tanto che oggi non se ne trova minimamente traccia sui giornali.

Roma, Comunità al voto. Quarantotto ore all’apertura dei seggi per il voto di rinnovo del Consiglio della Comunità ebraica romana. Sulle pagine locali di Repubblica una panoramica sulle quattro liste in corsa e sulle singole candidature alla presidenza, con proposte che vanno a inserirsi in una campagna elettorale che viene definita “molto combattuta, soprattutto su Internet e sui social network”. Repubblica sceglie di dare voce in particolare a Claudia Fellus, leader di Binah-Cer posto per tutti, intervistata sulle ragioni della sua candidatura. “Devono finire l’epoca della litigiosità e dela sovraesposizione mediatica. Da lunedì il presidente, chiunque sia – afferma, intervistata da Gabriele Isman – dovrà davvero rappresentare tutti”.
Sulla prima pagina del Corriere Roma un editoriale di Paolo Conti, intitolato ‘Comunità ebraica. Il voto e i temi’. Scrive Conti: “Difficile immaginare quanto potranno contare l’eredità di Pacifici o la voglia di cambiamento. E quanto peserà, nel complesso, l’atmosfera plumbea che grava sulla città con la nuvola di Mafia Capitale. O prevedere se la Comunità davvero sorprenderà, facendo lievitare l’afflusso alle urne. L’essenziale è che l’ebraismo romano, eletto il nuovo vertice, metta da parte le divisioni e resti compatto, com’è sempre accaduto”.
Perché Roma, conclude il giornalista, “ha storicamente un gran bisogno di una Comunità ebraica forte, coesa, unita”.
 
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  davar
IL CEO DELL'AZIENDA FRANCESE A NETANYAHU
Orange: "Nessun boicottaggio, investiremo ancora in Israele"
Il movimento che promuove il boicottaggio (Bds) contro Israele l’aveva sbandierato come una vittoria: il gigante francese delle telecomunicazioni Orange che si ritira da Israele per questioni politiche sembrava un assist perfetto per la loro campagna anti-israeliana. Eppure nel giro di poco tempo quello che era diventato un caso diplomatico tra Gerusalemme e Parigi, si è risolto con una stretta di mano tra il Primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu e il presidente di Orange Stephan Richard. In queste ore il Ceo dell’azienda francese, che in Israele ha un accordo con la Partners Communications, ha infatti incontrato il capo del governo israeliano, scusandosi per le affermazioni pronunciate al Cairo.
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qui washington - ajc global forum
L'Europa e l'ebraismo "vivo"
Cinque giorni di dibattiti, conferenze e interventi al Global Forum organizzato dall'American Jewish Committee a Washington. Sul palco opinion leader, tra cui Ari Shavit e Caroline Glick, politici, tra cui Yair Lapid, e uomini di governo, come il primo ministro israeliano Benjamin Nethanyahu e quello ucraino Arsenij Jacenjuk. Il calibro degli ospiti, i saluti dei capi di governo di Israele, Giappone, Francia, Stati Uniti e altri ancora dimostra la rispettabilità che la Ajc ha raggiunto presso le istituzioni, e il consenso sulla qualità del lavoro che tutti coloro che ne fanno parte - specialmente il direttore esecutivo David Harris - svolgono nella tutela dei diritti dei cittadini ebrei in diverse parti del mondo e per la difesa del diritto di Israele a esistere.
Ma per quanto importante possa essere il programma, di sicuro la parte più rilevante è proprio la possibilità stessa per i leader comunitari o gli attivisti delle kehillot di oltre 70 paesi diversi di incontrarsi, confrontarsi e creare quindi una rete internazionale di collaborazione. Per me personalmente questo è stato ancora più vero, avendo partecipato come parte della delegazione mandata dalla European Union of Jewish Students. Per una settimana ho vissuto a stretto contatto con ragazzi attivi nelle unioni giovanili europee, e conosciuto meglio la loro realtà, le loro battaglie e i loro successi. Non si può non ascoltare il lavoro che portano avanti e non provare un grandissimo rispetto.
Tuttavia un aspetto mi ha molto turbata e preoccupata. Nel corso dei giorni mi sono ritrovata più volte ad ascoltare discussioni e conferenze in cui si analizzava la possibilità per gli ebrei di continuare a vivere in Europa: gli attacchi antisemiti dell'ultimo anno hanno suscitato nel mondo ebraico americano estrema preoccupazione, che viene espressa a gran voce. Se da una parte fa di sicuro piacere ed è rassicurante vedere che davanti a eventi terribili che troppo spesso ci fanno sentire soli invece riceviamo l'attenzione di persone molto lontane da noi, dall'altra mi rendo anche conto che a favore di questa preoccupazione viene spesso ignorato quanto sia vivo e attivo l'ebraismo europeo. In particolare in uno degli ultimi confronti parte degli oratori (non residenti in Europa) sostenevano con enfasi la necessità per gli ebrei europei di trasferirsi in Nord America o in Israele. (...).

Talia Bidussa, presidente Unione Giovani Ebrei d'Italia
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PAGINE EBRAICHE - CORRIERE DELLA SERA
La demografia del futuro
Dopo l'anteprima apparsa sul numero di giugno del giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche, anche l'inserto Sette del Corriere della sera ospita una riflessione di Sergio Della Pergola (nell'immagine) sulle nuove proiezioni demografiche globali del Pew Research Center di Washington. Numeri, sottolinea l'illustre demografo, che richiamano “a una seria riflessione sul futuro”.

Le nuove proiezioni demografiche globali del Pew Research Center di Washington richiamano a una seria riflessione sul futuro. Conosco personalmente l’Istituto Pew e i suoi ricercatori, sono stato loro ospite a Washington, e sono stato uno dei loro consulenti nella ricerca sull’ebraismo americano compiuta nel 2013 e in un nuovo studio sulle identità religiose in Israele in corso di elaborazione. Pew è un’organizzazione indipendente specializzata nello studio delle religioni nel mondo, ben dotata di ricercatori preparati e di mezzi di ricerca. Il nuovo studio sulla popolazione mondiale prevede un incremento da 6,9 miliardi di persone nel 2010 a 9,3 miliardi nel 2050 – un incremento totale di 2,4 miliardi. Oggi il Cristianesimo è la più diffusa religione nel mondo. Ma circa la metà dell’incremento totale previsto, 1 miliardo e 162 milioni, è costituito da musulmani, oltre a 750 milioni di cristiani, 352 milioni di hindu, 99 milioni senza religione, 44 milioni di aderenti a religioni popolari, 3 milioni di altre religioni, 2 milioni di ebrei (tutti in Israele); è anche prevista una diminuzione di un milione e mezzo nel totale dei buddisti. In almeno cinque paesi europei oggi a maggioranza cristiana nel 2050 i cristiani costituiranno meno della metà della popolazione, sostituiti come gruppo primario dagli agnostici (Regno Unito, Francia, Olanda) o dai musulmani (Macedonia, Bosnia-Erzegovina).
Una delle chiavi di questo incremento altamente differenziato sta nella diversa composizione delle religioni mondiali secondo gruppi di età(...).

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
(Pagine Ebraiche giugno 2015)


QUI MILANO - L'IMPEGNO DI GERUSALEMME
Nepal, i numeri della solidarietà
Oltre mille persone curate in undici giorni di missione, 150 medici e operatori sanitari al lavoro, il primo ospedale da campo realizzato a Kathmandu, messo in piedi in 24 ore. Sono i numeri a parlare e meglio descrivere l'impegno dell'esercito israeliano e del Maghen David Adom durante la missione umanitaria in Nepal, avviata immediatamente dopo il terremoto che ha sconvolto il Paese lo scorso aprile e che è costato la vita a 8mila persone.
“Mentre eravamo a Kathmandu, l'Onu ha trasmesso una direttiva alle squadre di soccorso presenti nella zona chiedendo di portare i feriti all'ospedale da campo israeliano”, ha spiegato alla Comunità ebraica di Milano il colonnello di Tsahal Eran Tal-Or, capo medico della missione israeliana in Nepal, nel corso di una serata organizzata dal Keren Hayesod a cui hanno partecipato tra gli altri il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach e i presidenti della Comunità milanese Raffaele Besso e Milo Hasbani.
“Siamo orgogliosi di poter raccontare l'impegno umanitario di Israele”, ha sottolineato in apertura Andrea Jarach, nominato recentemente presidente di sezione del Keren Hayesod, organizzazione internazionale che ha dato il suo supporto alla missione in Nepal.
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QUI TORINO - L'INCONTRO CON GEORGES LOINGER
"Vi racconto la mia Resistenza"
Membro onorario della Resistenza francese, a 105 anni Georges Loinger non ha perso la voglia di raccontarsi e raccontare la guerra, i suoi orrori, ma anche lo straordinario impegno svolto, a rischio della vita, per salvare centinaia di bambini e oltre un migliaio di anime dalle persecuzioni, favorendo il loro passaggio in Svizzera o nella vicina Spagna. Vicende che Loinger ha racchiuso nel libro “Les résistances juives pendant l’Occupation” (pubblicato per la Fondazione francese per la memoria della Shoah) e che sono state raccontate dal diretto protagonista ieri, nel centro sociale della Comunità ebraica, nel corso di una serata organizzata dal Gruppo Sionistico Piemontese.


Alice Fubini
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qui torino - A CONFRONTO CON I GIOVANI
"Ridere invece di piangere,

la mia scelta di coraggio"
La mensa della scuola ebraica di Torino ha ospitato questa mattina un incontro d’eccezione: nonostante l’anno scolastico si sia chiuso con la mattinata di ieri, una quarantina di allievi sono tornati per ascoltare le parole di Georges Loinger, che nonostante i suoi 105 anni è venuto in città a raccontare la sua storia. Il suo racconto degli anni dell’occupazione, il pericolo e la paura, gli arresti, le fughe, una vita intera narrata con fermezza sono stati così eccezionale chiusura dell’anno scolastico. Una lezione di storia raccontata da uno dei suoi protagonisti con aggiunto il valore e il peso della testimonianza; e un regalo che accompagnerà i ragazzi durante le lunghe giornate estive: alla richiesta di definire cosa sia stato per lui il coraggio ha risposto "Ridere invece di piangere".
 
LA RASSEGNA SETTIMANALE DI MELAMED
La scuola e le Leggi del '38
Melamed è una sezione specifica della rassegna stampa del portale dell’ebraismo italiano che da tre anni è dedicata a questioni relative a educazione e insegnamento. Ogni settimana una selezione della rassegna viene inviata a docenti, ai leader ebraici e a molti altri che hanno responsabilità sul fronte dell’educazione e della scuola. Da alcune settimane la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aggiunge al lavoro di riordino e selezione settimanale un commento, per fare il punto delle questioni più trattate sui giornali italiani ed esteri.


“Avevamo imparato a nascondere la nostra identità a tutti; anzi peggio; a nascondere una qualità che non avevamo mai sospettato di avere; come se l’avessimo, a fingere insomma di non avere ciò che effettivamente non avevamo (…) la razza (…) avevamo imparato a non fidarci di nessuno. Di chi fidarsi in un regime tirannico e terroristico?” Così scriveva Ubaldo Lopes Pegna, studioso di filosofia, coinvolto nell’espulsione dei 49 professori e delle centinaia di studenti ebrei italiani che furono cacciati dall’università di Bologna. Con l’entrata in vigore delle leggi razziste nell’agosto del 1938 si pose alle comunità ebraiche il drammatico problema di far continuare gli studi ai giovani che all’improvviso si trovarono privati del diritto di frequentare le scuole pubbliche. In molte città italiane furono presto istituite scuole ebraiche di diverso ordine e grado gestite da insegnanti ebrei quasi tutti a loro volta cacciati dall’insegnamento statale, che formarono così un corpo docente d’eccezione. Organizzata al Museo Ebraico di Bologna, la mostra dedicata a scuole e libri durante la persecuzione antisemita raccoglie numerosi documenti di valore storico in grado di fare luce sulle vite degli alunni ebrei alla vigilia della pubblicazione del “Regio Decreto del 1938 per la difesa della razza ariana nella scuola fascista”.
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pilpul
Salutare incoerenza
Quando dobbiamo parlare di ebraismo di fronte al mondo esterno talvolta siamo in imbarazzo.
Ci sono regole che volutamente non hanno una motivazione dichiarata esplicitamente, ci sono motivazioni che suonano piuttosto bizzarre: come possiamo spiegare nell’era di internet e degli smartphone che celebriamo un secondo giorno festivo perché non siamo sicuri di conoscere la data esatta in cui cade il primo? Come possiamo spiegare che italiani abituati a frequentare stabilimenti balneari e a guardare la televisione si turberebbero di fronte alla vista di una donna? Per di più ogni ebreo ha un proprio peculiare livello di osservanza e di conseguenza ciascuno, più o meno consapevolmente, giudica fanatici coloro che osservano più di lui e assimilati quelli che osservano meno: come possiamo essere convincenti illustrando il comportamento di qualcuno che quasi certamente consideriamo fanatico o assimilato?
Eppure forse questo coacervo di regole inspiegabili, spiegazioni improbabili, contrasti e contraddizioni è salutare: ci libera dalla tentazione di propagandare un’inesistente religione chiara, coerente, logica, portatrice di valori positivi che l’intera umanità non può fare a meno di riconoscere: una convinzione che troppo spesso nel corso della storia ha portato qualcuno a ritenere che le altre religioni non avessero ragione di esistere.


Anna Segre, insegnante
Maldicenza
Nell’ultima parashà (Be-ha’lothechà) il Signore punisce Miriam con la tzarà‘ath per aver parlato insieme ad Aron, con invidia contro Moshe e le sue doti profetiche. La colpa è quella della maldicenza, uno dei peccati più gravi e ricorrenti nella Torah.
Oggi la maldicenza, la diffamazione, la denigrazione, il pettegolezzo, il gossip sono parte del quotidiano, specie del mondo digitale e dei social network, così come di un certo linguaggio giornalistico e politico, tanto che sembra che di questa non si possa proprio fare a meno per intraprendere un discorso. Molto spesso si ferisce il prossimo per affermare noi stessi, dimostrando così quanto siamo poveri di contenuti, rendendo la parola un’arma per annientare l’altro anziché un mezzo per l’edificazione del mondo.


Francesco Moises Bassano, studente

Gay Pride
Sfilerà oggi a Tel Aviv il gay pride: in molti guardano a tale manifestazione con favore; orgogliosi della democrazia israeliana, del rispetto dei diritti civili e del business legato al turismo. I miei occhi sono invece tristi, come lo sarebbero per una manifestazione in cui ci si dichiara: “Orgogliosi di mangiare maiale o profanare lo shabat in pubblico”. Questa terra si chiama Eretz Hakodesh (Terra santa), ricordiamocelo…

Miky Steindler


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