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5 luglio 2015 - 18 Tamuz 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
Chissà quante volte le asine vedono più di quanto vedano presunti/presuntuosi profeti. Purtroppo non tutte parlano come quella di Bilam.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Claudio Magris ha ricordato mercoledì scorso sul “Corriere” che il «buon combattimento» morale esige dedizione esclusiva e che “senza quest’ultima, forse tanti non sarebbero morti per la libertà e per il bene degli altri”.
È un buon memento per due motivi. Il primo: combattere per la morale spesso è assorbito dentro la categoria di fanatismo. Il secondo: questa equivalenza, che fa dei combattenti per la fede (religiosa o politica) gli unici depositari della morale per la quale sono disposti a morire, riduce i partigiani della tolleranza e del rispetto degli altri a individui senza morale. Il che è riconoscere ai fanatici un’esclusiva che non hanno e un primato che non meritano.
 
 
 
Pericolo dal Sinai
Diventa sempre più caldo il territorio del Sinai, dopo le ultime azioni contro l'Egitto perpetrate dai jihadisti affiliati all'Isis. Una situazione particolarmente pericolosa per il confinante Israele, scrive Davide Frattini sul Corriere della Sera, contro il quale venerdì sono stati lanciati tre razzi rivendicati dal gruppo Ansar Bayt al Maqdis che ha giurato fedeltà allo Stato Islamico. Per difendersi, Israele avrebbe già attivato dei droni che controllano la zona nella quale i caccia egiziani non riescono a volare e acconsentito ad un incremento delle truppe egiziane al confine. A commentare la situazione Shaul Shay, ex vice-capo della Sicurezza nazionale: "Dobbiamo sperare che gli egiziani siano in grado di risolvere i loro problemi prima che si riversino su di noi. Stiamo assistendo ad un livello di confronto militare mai visto sul Sinai".
 
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  davar
una PROSPETTIVA RABBINICA inedita
Harry Potter, per le gelatine
servirebbe una benedizione

La manna biblica che gli israeliti mangiarono durante le loro peregrinazioni nel deserto era esattamente come le Gelatine Tutti Gusti + 1 di Bertie Bott, uno dei più apprezzati dolciumi della saga di Harry Potter.
Quando essa è citata per la prima volta, il suo gusto è descritto come “tsapihit nel miele” (Esodo, 16:31). Ahinoi, la parola “tsaphihit” compare una sola volta nella Torah e il suo significato rimane un mistero. Più avanti, si torna nuovamente sulla manna, sul suo aspetto, sulla preparazione per il suo consumo, ma ancora una volta la descrizione rimane vaga (Numeri 11:7).
I Saggi attribuiscono a questa fonte di sostentamento proprietà magiche, suggerendo che la manna potrebbe assumere praticamente ogni sapore. Nei versi che immediatamente precedono la sua descrizione, gli ebrei si lamentano: “Se soltanto avessimo carne da mangiare! Ricordiamo il pesce che usavamo consumare senza restrizioni in Egitto, i cetrioli, i meloni, i porri, le cipolle, l’aglio. Ora il nostro stomaco è raggrinzito. Non c’è nulla di nulla. Nulla se non la manna!” (Numeri 11:4-6).
I rabbini spiegano perché questi cinque tipi di vegetali sono citati nello specifico. Secondo una prima opinione, la manna poteva avere qualunque gusto tranne quelli elencati. Secondo una diversa opinione, non solo la manna assumeva il sapore di qualsiasi sostanza, ma anche la sua consistenza, con le cinque eccezioni menzionate, di cui si poteva sì percepire il sapore, ma non la consistenza (Talmud babilonese, Yoma, 75a).
Dunque, secondo la tradizione ebraica la manna è davvero “tutti i gusti”, inclusi cioccolato, menta, marmellata, spinaci, fegato, trippa, e presumibilmente persino cerume. E se da un lato c’erano le cinque eccezioni, dall’altro essa presentava un chiaro vantaggio sulle gelatine marca Bertie Bott: il sapore si poteva scegliere. Chi si ritrovava con la manna al gusto di caccola o vomito non aveva che da biasimare se stesso!
L’esistenza della manna tutti gusti più uno solleva però una questione: qual è la berakhah, benedizione, appropriata da recitare su questo cibo magico?
La prima risposta è registrata in un manoscritto tedesco del XIV secolo del Sefer Hasidim: “Sulla manna pronunciavano la benedizione ‘[Benedetto sii Tu, o Signore, Re dell’universo] che dà il pane dal Cielo”. Le berakhot prima dei cibi seguono una formula standard. Aprono con le parole “Benedetto sii Tu, o Signore, Re dell’universo” e continuano con il riferimento al tipo di alimento che sarà ingerito. L’enunciazione della seconda parte è solitamente ripresa dalla Torah: alla manna ci si riferirebbe dunque attraverso il suo soprannome biblico – “pane dal Cielo” (Esodo 16:4, Salmi 78:24; 105:40, Neemia 9:15). Un altro studioso a occuparsi della questione fu il prolifico autore italiano rav Menahem Azaria da Fano (1548-1620). In un lavoro pubblicato nel 1863, egli descrive il pasto celebrativo della Fine dei Giorni, che includerà un vasetto di manna del deserto, preservato espressamente per l’occasione. Quale la benedizione? “Benedetto sii Tu (...) , che offri il pane dal cielo”. Presumibilmente, il rav non aveva accesso al Sefer Hasidim, dunque arrivò a elaborare quest’opinione in modo indipendente.
La domanda è posta di nuovo in Galizia, come riferito da rav Tsevi Elimelekh Shapira (1783-1841). Egli ricorda che rav Tsevi Hirsh Eichenstein di Żydaczów (1763- 1831) chiese quale benedizione andasse recitata sulla manna. Uno studente suggerì che non ne era necessaria alcuna! Secondo la tradizione mistica, ogni cosa fisica ha un elemento di divinità, senza il quale non esisterebbe. In questa prospettiva, recitare una benedizione estrae il divino da ciò che è terreno. La manna non contiene alcuno scarto, è interamente divina. Di conseguenza, niente benedizione!
Il grande studioso di Bagdad rav Yosef Hayim (1834-1909) non approvava questo approccio. Secondo lui, le benedizioni sono anche una forma di ringraziamento per l’abbondanza concessa da Dio. E sicuramente per la manna l’Onnipotente era da ringraziare! Il rav suggerisce dunque una soluzione leggermente diversa. “Benedetto Tu (...) che fai piovere il pane dal Cielo”. Infatti, la manna scendeva dal cielo e in due passaggi biblici viene usato lo stesso verbo riferito alla pioggia (Esodo 16:4, Salmi 78:24).
In Polonia, il rav Meir Don Plotzki (1867-1928) propose che sulla manna si recitasse la stessa berachà dei vegetali, poiché la Torah descrive gli israeliti nell’atto di andare a raccoglierla (Esodo 16:4-5, 16-18, 21-22, 26-27). Plotzki spiega che il verbo “raccogliere” è usato quando c’è un legame diretto con il suolo: la manna dunque doveva essere stata cresciuta in qualche modo da esso, perciò andava detto “Benedetto Tu (...) che hai creato il frutto della terra”.
Mentre non possiamo determinare con certezza la benedizione per la magica manna, guardare all’ampiezza di questi ragionamenti ci ricorda che la tradizione ebraica riserva spazio per il pensiero creativo e la fantasiosa esplorazione di mondi diversi. Mondi come la realtà incantata di Harry Potter.

Levi Cooper, rabbino Pardes Institute of Jewish Studies

Pagine Ebraiche luglio 2015, Dossier Magia

a pochi giorni dalla scomparsa
Nicholas Winton (1909-2015)
La parola a chi fu salvato

Cinquecento parole. È questo lo spazio messo a disposizione dal New York Times a tutti i “Winton’s Children”, i 669 bambini ebrei messi in salvo dalla persecuzione nazista da Sir Nicholas Winton, e anche i loro figli e nipoti, per raccogliere le loro testimonianze e raccontarle al mondo. L’appello è stato lanciato dall'autorevole quotidiano nei giorni seguenti la scomparsa, all’età di 106 anni, dell’eroe che per cinquant’anni non aveva rivelato a nessuno la storia di come nel 1939 aveva messo centinaia di bambini su un treno in partenza dalla Cecoslovacchia per portarli in Inghilterra.
“Questi sopravvissuti, molti dei quali oggi hanno tra i 70 e gli 80 anni, si riferiscono ancora a se stessi come ‘i bambini di Winton. Il New York Times vorrebbe sentire la storia raccontata dai ‘bambini di Winton’ originali e dai loro discendenti, il cui numero supera i 6000” scrive il Nyt. E sotto uno spazio dove presentarsi, caricare foto e documenti, e soprattutto mettere per iscritto e condividere la propria vicenda.
La scoperta dell’eroismo di Sir Winton è avvenuta nel 1988, quando sua moglie ha ritrovato un quaderno di appunti in soffitta. “Non l’ho tenuta segreta – avrebbe poi affermato – semplicemente non ne ho parlato”. Lo stesso anno Winton è stato invitato al programma “That’s life” della BBC, ed è lì che per la prima volta ha incontrato a sorpresa alcuni dei bambini che ha salvato, seduti accanto a lui fra il pubblico e alzatisi in piedi su richiesta della conduttrice.


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MUSICA - IL FENOMENO DEL MOMENTO
Gli Usa ballano con Daniel Koren
Guardi i suoi video la prima volta e dici a te stessa: "Questo uomo è completamente fuori di testa!". Suona il piano e dialoga con un monitor sul quale sono proiettati tante versioni di sé con una testa enorme e un corpo piccolissimo. Li riguardi di nuovo e pensi: "No, mi sbagliavo, questo uomo è un genio". Probabilmente, in fin dei conti, Daniel Koren è entrambe le cose. E proprio per questo piace da impazzire ai newyorkesi in uscita libera a Brooklyn.

Israeliano di Holon, classe '84, Koren ha conquistato il pubblico e quasi mezzo milione di click su youtube per le sue eclettiche performance: compone, suona, realizza video multimediali con i quali dialoga, fa battute tra il demenziale e il sopraffino, sembra non dire nulla eppure senti che in fondo cela un messaggio universale; ha qualcosa che lo fa sembrare un intellettuale engagée. In altre parole il musicista-comico, così ama definirsi, ha tutte le carte in regola per entrare con fierezza nella lista virtuosa benedetta dai cosiddetti hipster, radical chic e yuccie (la nuova definizione di tendenze antropologiche che indica gli 'young urban creative' lettori di Jonathan Franzen e amanti i dolci biologici) che popolano la scena artistica della Grande mela o che per lo meno la nutrono.


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Milano Expo - Padiglione Israele
Buone pratiche per l'ambiente
“Per sei anni seminerai il tuo campo… ma il settimo anno la terra avrà uno Shabbat di completo riposo …” (Vaikrah 25, 3-4). La legge ebraica prevede ogni sette anni l'osservanza della Shmitah, l'anno sabbatico, che coincide con l’anno ebraico in corso, il 5775. Ma di cosa si tratta esattamente e quali sono le sue applicazioni nel mondo moderno? Qual è il suo significato e perché ha ancora senso parlarne oggi? Sono alcuni degli interrogativi che troveranno risposta nella due giorni di seminario organizzato dal Keren Kayemet Le Israel al Padiglione Israele (7-8 luglio), dedicato proprio alla Shmitah e ai principi etici dell’ebraismo legati all’ambiente.


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qui milano
In piazza per Israele
Una manifestazione in solidarietà di Israele è stata organizzata venerdì scorso a Milano, in piazza Cordusio. Un incontro, a cui hanno aderito diversi esponenti della Comunità ebraica milanese tra cui i presidenti Milo Hasbani e Raffaele Besso, organizzato per sensibilizzare l’opinione pubblica di fronte all’ultimo e vergognoso atto vandalico perpetrato contro la bandiera israeliana, esposta lungo le vie di Milano assieme a quella degli altri Paesi che partecipano a Expo.

ITALIA EBRAICA LUGLIO 2015
Porte aperte e grandi ritorni
La festa di una Comunità, ma soprattutto la festa di una città intera, che si riappropria di un luogo fondamentale della propria storia e cultura. Con questa consapevolezza rappresentanti delle istituzioni, delle comunità ebraiche nazionali e del territorio, tanti comuni cittadini, si sono ritrovati in via Palestro, a Pisa, per la reinaugurazione dell'ottocentesca sinagoga realizzata dal grande protagonista dell'architettura ebraica post-emancipatoria Marco Treves, che deve la sua fama anche alla sinagoga di via Farini a Firenze. È l'immagine con cui si apre il numero di luglio del giornale di cronache comunitarie Italia Ebraica.
A cinquecento anni dalla cacciata, i discendenti degli ebrei residenti nel comune abruzzese che assunsero collettivamente il toponomico Tagliacozzo hanno fatto idealmente ritorno a casa ricevendo la cittadinanza onoraria dalle mani del sindaco Maurizio Di Marco Testa. L'iniziativa, frutto della collaborazione tra amministrazione comunale, Pro Loco, Centro di Cultura Ebraica, Comunità di Roma e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha visto la partecipazione di oltre una cinquantina di Tagliacozzo, giunti in gran parte dalla Capitale ma anche da Ancona, Torino, Venezia e Israele.
In rilievo anche la pubblicazione del volume “Mörderische Heimat” (“Quando la patria uccide”), che la Comunità ebraica di Merano ha commissionato a Joachim Innerhofer e Sabine Meyr per svelare le pagine di odio e intolleranza che furono il preludio alla deportazione degli ebrei dell'Alto Adige nei campi di sterminio nazisti. “L'impegno che ci siamo assunti è quello di contribuire a fare chiarezza sul passato. Un passato troppo spesso riposto in un angolo” sottolinea la presidente della Comunità ebraica e consigliere UCEI Elisabetta Rossi Innerhofer.


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pilpul

Se Atene piange
La oramai interminabile crisi greca è in realtà l’epitome e il suggello di una crisi europea senza apparenti vie d’uscita. Quanto meno se le cose rimangono così come sono, ovvero consegnate ad un pantano che si fa palude.
Parrebbe quasi che chi più tenta di muoversi maggiormente sia condannato a sprofondare nelle sabbie mobili. Detto per inciso: comunque vada il referendum che è in corso di svolgimento in queste ore, per Atene il futuro sembra essere drammaticamente segnato da un orizzonte fosco. L’indebitamento strutturale è divenuta una condizione che sancisce l’impraticabilità di vie che un tempo, invece, sarebbero state percorse come la risposta tanto necessaria quanto spontanea ai quesiti del tempo presente.
Con una chiosa, ossia che la spada di Damocle del debito sovrano non è solo una situazione finanziaria che segnala la patologia economica di un paese ma, nel mentre, è divenuta una condizione ideologica con la quale si tengono in pugno le esistenze di milioni di persone, imponendo ad esse radicali mutamenti negli stili di vita che a loro volta si traducono in perdita di diritti, in assenza di opportunità, in marginalità crescente, in sfaldamento delle prospettive di esistenza e così via. Nessuna economia, che si basa invece su processi fiduciari e, quindi, su aspettative di evoluzione verso il preferibile (e non su attese di declino) può ripartire se le premesse rimangono queste. La nozione stessa di investimento per lo sviluppo si sfalda in tali frangenti. La percezione diffusa è che quindi si abbia a che fare con impalpabili e invisibili ladri del nostro futuro.

Claudio Vercelli


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