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Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Non
c’è dubbio: il passaggio tra Yom Hazikkaron, il giorno del ricordo dei
caduti militari e civili per l’Indipendenza e l’esistenza di Israele e
Yom Hatzmaut, l’anniversario della fondazione dello Stato di Israele è
un passaggio schizofrenico. Schizofrenico nel senso più limpido e
pulito del termine: una schizofrenia identitaria che ostinatamente ci
porta a vivere in questo lembo di terra, ci fa amare anche da lontano
questo lembo di terra, ci fa costruire ogni giorno speranza e ponti di
pace in questo lembo di terra e per questo lembo di terra. Una
schizofrenia ebraicamente storica che ci ha fatto sopravvivere per
duemila anni pur se immersi in una Diaspora, rendendo anche la Diaspora
parte del nostro patrimonio linguistico, liturgico, culinario,
psicologico. Una schizofrenia che non ci ha fermato dopo i lutti
nazionali, le tragedie storiche e che ha fatto in modo che avessimo la
forza di continuare a credere in ciò che siamo, nel Dio che preghiamo,
nei gesti che fanno di noi un popolo, una nazione, una comunità.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Qualche
anno fa ho avuto l’occasione di scrivere un libriccino
sull’antisemitismo nella sinistra. Non fui il primo e non sarò l’ultimo
a ragionare su una questione che attraversa ancora, in maniera per
nulla sorprendente, il dibattito politico. Oggi al centro
dell’attenzione ci sono i laburisti inglesi, ma si tratta senza dubbio
di un problema che travalica i confini della Gran Bretagna.
Sottolineavo allora che era necessario studiare e dibattere senza
restare legati al momento contingente, ma analizzando le ragioni
profonde che sono maturate nel divenire storico e che hanno dato alla
lunga una piena cittadinanza all’antisemitismo politico in alcune
componenti del variegato e disunito arcipelago delle sinistre. Mi
sembra che anche oggi non si siano fatti effettivi progressi sul piano
dell’analisi. Non ne compie ad esempio James Kirchick sul Tablet
Magazine quando affronta a muso duro la questione del Labour di Corbyn
riducendola alla fin fine alla questione del tutto irrilevante
sull’antisemitismo o meno del leader britannico. Non ci si chiede a
sufficienza – è questa la mia tesi – la ragione per cui i processi di
emancipazione e di integrazione degli ebrei nella società europea siano
stati accompagnati da virulenti attacchi alla cultura e alla tradizione
ebraica. Non si compiono analisi comparate sulla presenza nelle
esperienze storiche di socialismo “reale” di una ben radicata retorica
antisemita.
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Hezbollah, duro colpo
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Mustafa
Badrebbine, capo delle operazioni speciali degli Hezbollah è stato
ucciso alla periferia di Damasco durante un raid che secondo gli stessi
hezbollah e secondo quanto riportano le televisioni siriane, sarebbe
stato compiuto dall’esercito israeliano. “La sua fine, se confermata,
rappresenta un colpo micidiale in quanto era un uomo non solo esperto
ma anche snodo di molte trame e custode di segreti” scrive Guido
Olimpio sul Corriere.
CasaPound prepara una nuova marcia su Roma. E gli antifascisti, scrive
Repubblica, “sono pronti a mobilitarsi in un’altra giornata che si
annuncia calda per la capitale”. L’iniziativa è stata fissata per
sabato 21 maggio e dovrebbe svolgersi in due tappe: un corteo da piazza
Vittorio e in serata un concerto con gruppi “non conformi”. Al ministro
dell’Interno Angelino Alfano si sono appellati tra gli altri l’ex
capogruppo capitolino di Sel, Gianluca Peciola, “per impedire che si
svolga questa manifestazione indetta da organizzazioni che sono
incompatibili con la nostra Costituzione e che dovrebbero essere
sciolte”, e il deputato Pd, Marco Miccoli, che ha presentato
un’interrogazione parlamentare.
Presentata a Roma la Confederazione islamica italiana, fondata nel 2012
ma già con al suo interno più di trecento moschee aderenti. “Un numero
che mai alcuna organizzazione italiana è riuscita ad aggregare e tenere
insieme” scrive La Stampa.
“Ci poniamo come interlocutore con le istituzioni per trovare un’intesa
con lo Stato italiano. Ma bisogna superare i limiti che hanno
contrassegnato la storia delle organizzazioni islamiche” dice il
portavoce della Confederazione.
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qui torino - al salone con pagine ebraiche Teheran-Tel Aviv: sola andata
“Volevo una poesia, ho trovato la libertà”.
Il poeta iraniano Payam Feili, fuggito da Teheran per le persecuzioni
cui sono sottoposti gli omosessuali, racconta assieme alla redazione di
Pagine Ebraiche la sua nuova vita in Israele, il paese che l’ha accolto
e da dove, scrivendo delle difficoltà e delle sventure dei suoi
connazionali, cerca di essere la loro voce. Una voce, ha spiegato al
giornale dell’ebraismo italiano, “che è soffocata dal regime”.
Racconta Feili: “Ho scelto di guardare Israele con i miei occhi e non
attraverso la propaganda in Iran. Ascoltavo le notizie da lì, è vero, e
non potevo certo vedere il paese come è davvero, ma non ho lasciato che
la negatività delle informazioni che mi arrivavano mi offuscasse lo
sguardo. Ho studiato la storia ebraica prima, poi quella di Israele, ma
soprattutto sono andato alla fonte, leggendo la Torah in persiano”.
“La peggiore distorsione di cui è vittima la società israeliana,
l’unica democrazia sulla sponda meridionale del Mediterraneo – commenta
il direttore dell’area Comunicazione e della redazione giornalistica
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Guido Vitale – è quella di
ridurre le nostre conoscenze di un mondo tanto complesso al problema
del conflitto che infiamma il Medio Oriente. Ma Israele è anche terra
di cultura, d’asilo, d’accoglienza e di convivenza fra genti diverse. È
spazio di diirtti civili. Per questo la nostra scelta è di dare voce a
un giovane poeta iraniano che chiede di poter esprimere liberamente la
sua identità e la sua creativita”.
L’appuntamento è per lunedì 16 maggio alle 13 allo Spazio Autori.
Assieme a Feili e Vitale anche Daniela Fubini, che firma l’intervista
al poeta iraniano che appare sul numero di aprile del mensile UCEI.
(Il disegno è di Giorgio Albertini) Leggi
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qui torino - al salone con pagine ebraiche La poesia di Ronny Someck
Un ponte tra mondi diversi
“Se
non avessi fatto il poeta, avrei fatto l’ingegnere edile: in fondo sono
un costruttore di ponti”. Si racconta così il poeta israeliano Ronny
Someck al pubblico del Salone del Libro di Torino e dell’Università
degli Studi. I suoi mattoni sono le parole e le due rive da unire sono
l’Oriente e l’Occidente, sono la vivace e vitale Tel Aviv e quella
Baghdad abbandonata ancora in fasce ma rimasta vivida nella memoria.
“Nei suoi versi si respirano il ritmo di Tel Aviv e i profumi dell’araq
e si incontrano le grandi questioni che Israele affronta quando si alza
al mattino e si corica la notte; si percepisce il grande amore che il
poeta nutre per la gente”, spiegava Sarah Kaminski, docente di ebraico
all’Università di Torino, traduttrice e protagonista al fianco di
Someck di un incontro (tenutosi proprio nelle sale dell’accademia
torinese) con Corrado Martone, professore associato di Lingua e l etteratura
ebraica del Dipartimento di studi umanistici di Torino, la docente di
arabo Francesca Bellino e il direttore di coro e compositore Roberto
Beccaria. Ma, tornando a Someck, definirlo solamente un poeta è
impossibile, come ha ricordato l’ebraista Maria Teresa Milano in
occasione dell’appuntamento serale al Salone del Libro con l’autore
israeliano (oggi ospite alle 17.30 della biblioteca Geisser) e
Francesco Dejana. Leggi
qui milano
Jewish in the city, un programma per raccontare la complessità
Un
nome leggermente variato, Jewish in the City, uno spostamento
stagionale a primavera, dal 29 al 31 maggio, e anche un tema
leggermente diverso rispetto ai primi due anni, dedicati ognuno a una
festività del calendario ebraico, per celebrare l'importante
anniversario dei 150 anni della Comunità di Milano. C'è dunque aria di
novità per il festival internazionale di cultura ebraica giunto ormai
alla sua terza edizione nel capoluogo lombardo, ma lo spirito di
volontà di diffusione dell'ebraismo, delle sue tradizioni, del suo
pensiero e del suo messaggio universale, e di stretta collaborazione
con il tessuto cittadino rimane lo stesso. Lo hanno sottolineato questa
mattina il direttore scientifico di Jewish in the City Roberto Della
Rocca, la co-curatrice Cristina Colli e il responsabile del progetto
all'interno del Consiglio della Comunità ebraica di Milano Gadi
Schoenheit, nel corso di una presentazione svoltasi alla Società
Umanitaria.
Jewish in the City #150 – questo il nome scelto per distinguere questa
edizione tutta particolare della rassegna – torna quindi a descrivere
con successo l'ebraismo "nelle sue varie espressioni", come ha
ricordato rav Della Rocca.
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qui milano - melamed "Scuola, serbatoio di futuro"
Cosa
vuoi fare da grande? Qualcuno l'astronauta e qualcuno il barista, molti
– che domande – il calciatore e la ballerina, ma molti anche – meno
aspettatamente – vogliono essere pasticceri e scrittori (o per meglio
dire scrittrici, visto che sembra essere un'aspirazione prevalentemente
femminile), qualcuno si dichiara futuro pescatore di tonni
(ma solo come terza opzione), e infine qualcun altro, dopo molta
riflessione, decide che da grande farà... la regina. Così rispondono
gli studenti nei video proiettati durante la cena di raccolta fondi
della Fondazione per la scuola, svoltasi ieri sera proprio nella
scuola, messa in ghingheri per l'occasione.
È proprio sulle nuove generazioni e il loro futuro che la serata si è
concentrata, ma soprattutto si concentra l'attività della Fondazione,
che offre borse di studio e sostegno, finanzia la riqualificazione e
ristrutturazione degli ambienti scolastici, e promuove viaggi in
Israele e ad Auschwitz. Nel corso della cena, condotta dalla
presentatrice tv Caterina Balivo, si sono alternati a testimoniare
questo impegno il fondatore Cobi Benatoff, l'ex presidente Marco Grego
e l'attuale presidente Keren Nahum, la quale ha letto un messaggio del
ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Stefania
Giannini, e hanno portato i loro saluti il rabbino capo di Milano
Alfonso Arbib, il co-presidente della Comunità milanese Milo Hasbani,
la preside delle scuole superiori Esterina Dana, e la direttrice delle
scuole elementari Claudia Bagnarelli. Ospiti d'onore il rettore
dell'Università Bocconi Andrea Sironi e il comico, nonché ex alunno
della scuola, Gioele Dix. Leggi
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qui venezia Ghetto, un nuovo itinerario
Un
viaggio attraverso la storia, la città e gli eventi grazie alla mappa
cartacea e alla app ideate per il Cinquecentenario del Ghetto di
Venezia e presentate oggi in conferenza stampa. L’anniversario come
punto di inizio di una nuova fase. Questa è l’ottica che ha spinto il
Comitato “I 500 anni del Ghetto di Venezia”, la Comunità ebraica e il
Museo ebraico, in collaborazione con CoopCulture e IUAV, a ideare e
progettare entrambe le iniziative. La mappa cartacea è ideata e editata
da Venews, grazie al supporto del Consiglio d’Europa, Coop Adriatica e
Vela, in italiano e inglese, e in essa i piani della storia o delle
storie e dei diversi luoghi del Ghetto e della città si incrociano
segnando itinerari noti e meno noti dell’ebraismo a Venezia e al
contempo visualizzando i principali eventi in programma durante il
Cinquecentenario e le loro sedi. L’app, creata dallo IUAV e
CoopCulture, permette invece di leggere il tessuto urbano di Venezia
attraverso il filo rosso della presenza ebraica in città, creando
connessioni e mostrando come nei secoli il Ghetto fosse parte
integrante e fondamentale della vita cittadina, capace di
caratterizzare ed influenzare parti importanti della vita civile e
culturale della città. Leggi
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Il giorno delle prove
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Ogni
anno in occasione delle prove Invalsi (che si sono svolte ieri per
tutti gli allievi del secondo anno delle scuole superiori) si scatena
la sfida all’ultimo sangue tra favorevoli e contrari, tra chi rivendica
una scuola senza vincoli e controlli e chi considera le prove comuni a
tutti gli studenti d’Italia come lo strumento miracoloso che permetterà
finalmente di garantire a tutti una scuola di qualità. Presi in mezzo
tra queste posizioni estreme, entrambe ideologiche ed entrambe lontane
dalla realtà, si fatica a ragionare pacatamente. Già in passato ho
trattato questo tema discutendo la richiesta (secondo me assurda, e
direi anche diseducativa) agli allievi di individuare “il” significato
di un testo letterario o di una metafora scegliendolo tra quattro
possibili (e a mio parere tutti e quattro corretti, così come molti
altri che gli allievi avrebbero potuto proporre). Come se la bellezza
di un testo letterario non stesse proprio nella sua apertura a
molteplici interpretazioni. Avevo anche già avuto occasione di rilevare
il paradosso di una prova svolta su carta che poi gli insegnanti
dovranno trascrivere su computer (decine di risposte per decine di
allievi, quindi molte ore di lavoro meccanico e assai poco
gratificante). Aggiungo ora che, al di là dell’assurdità di un simile
compito, sarebbe forse opportuno riflettere sulla ricaduta che questa
prassi ha, o potrebbe avere, sull’immagine degli insegnanti: come si
può pretendere infatti che gli allievi considerino autorevole una
figura professionale che viene costantemente umiliata con mansioni
ripetitive e meccaniche?
Anna Segre, insegnante
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Pensiero ebraico e pensiero unico
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"Orsù,
scendiamo e confondiamo la loro lingua, sì che uno non comprenda quel
che dice l’altro” (Bereshith, 11:7). Quest’anno come è già stato
annunciato, la Giornata della cultura ebraica è dedicata alla lingua e
alle lingue dell’ebraismo. Se in linea con numerose teorie linguistiche
e filosofiche la lingua è specchio ed è collegata ad un modo di pensare
e di vedere il mondo, per lingua si dovrebbe intendere anche il
pensiero stesso. La storia dell’ebraismo, del sionismo, e di Israele in
seguito, è sempre stata una molteplicità di correnti, espressioni,
idee, ideali diversi, condivisibili o discutibili, spesso in netta
contraddizione tra loro; non portando mai a reali scismi e mantenendo
il popolo ebraico nel bene e nel male unito attraverso i secoli.
Questa pluralità, come la priorità da parte di ‘Am Israel di aderire
alla legge celeste rispetto a quella degli uomini, è forse la più
grande ricchezza dell’ebraismo, ciò che lo ha sempre distinto.
L’omologazione, la censura, e l’allinearsi o l’uniformarsi ad un
pensiero unico sono retaggio della storia dei partiti e dei regimi, i
quali con il pensiero ebraico o con lo spirito del sionismo hanno
naturalmente poco a che vedere. Se ognuno poi pensasse ed esprimesse le
medesime cose all’altro, non avremmo veramente più niente da dire, e
potremmo così anche smettere di confrontarci…
Questa sarebbe una catastrofe.
Francesco Moises Bassano
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Diario di un soldato - Rinascere
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Addormentarsi in lutto per risvegliarsi in festa.
Come quel giovane, cresciuto troppo in fretta, morto e rinato in una sola notte.
Come quel gattino diventato leone, il fucile greve sulle spalle esili, l’elmo troppo pesante per un cuore così leggero.
E non c’è spazio per la paura, un’intera nazione deve continuare a
vivere e sognare, a clacsonare ferocemente e parcheggiare in seconda
fila.
La lacrima dimenticata in un sorriso, in un solo giorno, una sola notte.
Spegnere la luce e fare pace.
Addormentarsi e risvegliarsi in un posto migliore, in un mondo più buono.
Quando il verde militare sfuma in verde speranza.
Dove il sangue versato tramuta in vino con cui brindare.
E le candele si accendono solo prima del giorno sabbatico, per dividere il sacro dal profano.
Addormentarsi e risvegliarsi nello Stato che innalza fiera la sua
bandiera, abbassa appena le armi, omaggia i caduti e celebra i vivi.
Morire per rinascere, è un passaggio necessario, qui.
Morire per rinascere vittoriosi.
Morire per rinascere più forti e consapevoli.
Morire per rinascere liberi.
O forse, morire per rinascere.
Rinascere e basta.
Yom Hazikaron/Yom Hazmaut 2016
David Zebuloni
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