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13 maggio 2016 - 5 Iyar 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Non c’è dubbio: il passaggio tra Yom Hazikkaron, il giorno del ricordo dei caduti militari e civili per l’Indipendenza e l’esistenza di Israele e Yom Hatzmaut, l’anniversario della fondazione dello Stato di Israele è un passaggio schizofrenico. Schizofrenico nel senso più limpido e pulito del termine: una schizofrenia identitaria che ostinatamente ci porta a vivere in questo lembo di terra, ci fa amare anche da lontano questo lembo di terra, ci fa costruire ogni giorno speranza e ponti di pace in questo lembo di terra e per questo lembo di terra. Una schizofrenia ebraicamente storica che ci ha fatto sopravvivere per duemila anni pur se immersi in una Diaspora, rendendo anche la Diaspora parte del nostro patrimonio linguistico, liturgico, culinario, psicologico. Una schizofrenia che non ci ha fermato dopo i lutti nazionali, le tragedie storiche e che ha fatto in modo che avessimo la forza di continuare a credere in ciò che siamo, nel Dio che preghiamo, nei gesti che fanno di noi un popolo, una nazione, una comunità.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Qualche anno fa ho avuto l’occasione di scrivere un libriccino sull’antisemitismo nella sinistra. Non fui il primo e non sarò l’ultimo a ragionare su una questione che attraversa ancora, in maniera per nulla sorprendente, il dibattito politico. Oggi al centro dell’attenzione ci sono i laburisti inglesi, ma si tratta senza dubbio di un problema che travalica i confini della Gran Bretagna. Sottolineavo allora che era necessario studiare e dibattere senza restare legati al momento contingente, ma analizzando le ragioni profonde che sono maturate nel divenire storico e che hanno dato alla lunga una piena cittadinanza all’antisemitismo politico in alcune componenti del variegato e disunito arcipelago delle sinistre. Mi sembra che anche oggi non si siano fatti effettivi progressi sul piano dell’analisi. Non ne compie ad esempio James Kirchick sul Tablet Magazine quando affronta a muso duro la questione del Labour di Corbyn riducendola alla fin fine alla questione del tutto irrilevante sull’antisemitismo o meno del leader britannico. Non ci si chiede a sufficienza – è questa la mia tesi – la ragione per cui i processi di emancipazione e di integrazione degli ebrei nella società europea siano stati accompagnati da virulenti attacchi alla cultura e alla tradizione ebraica. Non si compiono analisi comparate sulla presenza nelle esperienze storiche di socialismo “reale” di una ben radicata retorica antisemita.
 
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Hezbollah, duro colpo
Mustafa Badrebbine, capo delle operazioni speciali degli Hezbollah è stato ucciso alla periferia di Damasco durante un raid che secondo gli stessi hezbollah e secondo quanto riportano le televisioni siriane, sarebbe stato compiuto dall’esercito israeliano. “La sua fine, se confermata, rappresenta un colpo micidiale in quanto era un uomo non solo esperto ma anche snodo di molte trame e custode di segreti” scrive Guido Olimpio sul Corriere.

CasaPound prepara una nuova marcia su Roma. E gli antifascisti, scrive Repubblica, “sono pronti a mobilitarsi in un’altra giornata che si annuncia calda per la capitale”. L’iniziativa è stata fissata per sabato 21 maggio e dovrebbe svolgersi in due tappe: un corteo da piazza Vittorio e in serata un concerto con gruppi “non conformi”. Al ministro dell’Interno Angelino Alfano si sono appellati tra gli altri l’ex capogruppo capitolino di Sel, Gianluca Peciola, “per impedire che si svolga questa manifestazione indetta da organizzazioni che sono incompatibili con la nostra Costituzione e che dovrebbero essere sciolte”, e il deputato Pd, Marco Miccoli, che ha presentato un’interrogazione parlamentare.

Presentata a Roma la Confederazione islamica italiana, fondata nel 2012 ma già con al suo interno più di trecento moschee aderenti. “Un numero che mai alcuna organizzazione italiana è riuscita ad aggregare e tenere insieme” scrive La Stampa.
“Ci poniamo come interlocutore con le istituzioni per trovare un’intesa con lo Stato italiano. Ma bisogna superare i limiti che hanno contrassegnato la storia delle organizzazioni islamiche” dice il portavoce della Confederazione.
 
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  davar
qui torino - al salone con pagine ebraiche
Teheran-Tel Aviv: sola andata
“Volevo una poesia, ho trovato la libertà”.
Il poeta iraniano Payam Feili, fuggito da Teheran per le persecuzioni cui sono sottoposti gli omosessuali, racconta assieme alla redazione di Pagine Ebraiche la sua nuova vita in Israele, il paese che l’ha accolto e da dove, scrivendo delle difficoltà e delle sventure dei suoi connazionali, cerca di essere la loro voce. Una voce, ha spiegato al giornale dell’ebraismo italiano, “che è soffocata dal regime”.
Racconta Feili: “Ho scelto di guardare Israele con i miei occhi e non attraverso la propaganda in Iran. Ascoltavo le notizie da lì, è vero, e non potevo certo vedere il paese come è davvero, ma non ho lasciato che la negatività delle informazioni che mi arrivavano mi offuscasse lo sguardo. Ho studiato la storia ebraica prima, poi quella di Israele, ma soprattutto sono andato alla fonte, leggendo la Torah in persiano”.
“La peggiore distorsione di cui è vittima la società israeliana, l’unica democrazia sulla sponda meridionale del Mediterraneo – commenta il direttore dell’area Comunicazione e della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Guido Vitale – è quella di ridurre le nostre conoscenze di un mondo tanto complesso al problema del conflitto che infiamma il Medio Oriente. Ma Israele è anche terra di cultura, d’asilo, d’accoglienza e di convivenza fra genti diverse. È spazio di diirtti civili. Per questo la nostra scelta è di dare voce a un giovane poeta iraniano che chiede di poter esprimere liberamente la sua identità e la sua creativita”.
L’appuntamento è per lunedì 16 maggio alle 13 allo Spazio Autori. Assieme a Feili e Vitale anche Daniela Fubini, che firma l’intervista al poeta iraniano che appare sul numero di aprile del mensile UCEI.

(Il disegno è di Giorgio Albertini)
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qui torino - al salone con pagine ebraiche
La fantascienza secondo Levi 
Torna al Salone del Libro l’appuntamento con la Lezione Primo Levi, organizzata dal Centro Studi Primo Levi di Torino. Quest’anno il tema scelto per raccontare la complessità delle opere del grande scrittore torinese è stato un filone letterario particolare, quello fantascientifico. E si chiama proprio Fantascienza? la pubblicazione presentata al Salone edita da Einaudi e curata da Francesco Cassata, storico della scienza e docente presso l’Università di Genova, che ha dialogato con Domenico Scarpa, consulente letterario del Centro Studi Primo Levi.
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qui torino - al salone con pagine ebraiche
La poesia di Ronny Someck

Un ponte tra mondi diversi
“Se non avessi fatto il poeta, avrei fatto l’ingegnere edile: in fondo sono un costruttore di ponti”. Si racconta così il poeta israeliano Ronny Someck al pubblico del Salone del Libro di Torino e dell’Università degli Studi. I suoi mattoni sono le parole e le due rive da unire sono l’Oriente e l’Occidente, sono la vivace e vitale Tel Aviv e quella Baghdad abbandonata ancora in fasce ma rimasta vivida nella memoria. “Nei suoi versi si respirano il ritmo di Tel Aviv e i profumi dell’araq e si incontrano le grandi questioni che Israele affronta quando si alza al mattino e si corica la notte; si percepisce il grande amore che il poeta nutre per la gente”, spiegava Sarah Kaminski, docente di ebraico all’Università di Torino, traduttrice e protagonista al fianco di Someck di un incontro (tenutosi proprio nelle sale dell’accademia torinese) con Corrado Martone, professore associato di Lingua e l
etteratura ebraica del Dipartimento di studi umanistici di Torino, la docente di arabo Francesca Bellino e il direttore di coro e compositore Roberto Beccaria. Ma, tornando a Someck, definirlo solamente un poeta è impossibile, come ha ricordato l’ebraista Maria Teresa Milano in occasione dell’appuntamento serale al Salone del Libro con l’autore israeliano (oggi ospite alle 17.30 della biblioteca Geisser) e Francesco Dejana.
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qui milano 
Jewish in the city, un programma per raccontare la complessità
Un nome leggermente variato, Jewish in the City, uno spostamento stagionale a primavera, dal 29 al 31 maggio, e anche un tema leggermente diverso rispetto ai primi due anni, dedicati ognuno a una festività del calendario ebraico, per celebrare l'importante anniversario dei 150 anni della Comunità di Milano. C'è dunque aria di novità per il festival internazionale di cultura ebraica giunto ormai alla sua terza edizione nel capoluogo lombardo, ma lo spirito di volontà di diffusione dell'ebraismo, delle sue tradizioni, del suo pensiero e del suo messaggio universale, e di stretta collaborazione con il tessuto cittadino rimane lo stesso. Lo hanno sottolineato questa mattina il direttore scientifico di Jewish in the City Roberto Della Rocca, la co-curatrice Cristina Colli e il responsabile del progetto all'interno del Consiglio della Comunità ebraica di Milano Gadi Schoenheit, nel corso di una presentazione svoltasi alla Società Umanitaria.
Jewish in the City #150 – questo il nome scelto per distinguere questa edizione tutta particolare della rassegna – torna quindi a descrivere con successo l'ebraismo "nelle sue varie espressioni", come ha ricordato rav Della Rocca.

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qui milano - melamed
"Scuola, serbatoio di futuro"
Cosa vuoi fare da grande? Qualcuno l'astronauta e qualcuno il barista, molti – che domande – il calciatore e la ballerina, ma molti anche – meno aspettatamente – vogliono essere pasticceri e scrittori (o per meglio dire scrittrici, visto che sembra essere un'aspirazione prevalentemente femminile), qualcuno si dichiara futuro pescatore di tonni
(ma solo come terza opzione), e infine qualcun altro, dopo molta riflessione, decide che da grande farà... la regina. Così rispondono gli studenti nei video proiettati durante la cena di raccolta fondi della Fondazione per la scuola, svoltasi ieri sera proprio nella scuola, messa in ghingheri per l'occasione.
È proprio sulle nuove generazioni e il loro futuro che la serata si è concentrata, ma soprattutto si concentra l'attività della Fondazione, che offre borse di studio e sostegno, finanzia la riqualificazione e ristrutturazione degli ambienti scolastici, e promuove viaggi in Israele e ad Auschwitz. Nel corso della cena, condotta dalla presentatrice tv Caterina Balivo, si sono alternati a testimoniare questo impegno il fondatore Cobi Benatoff, l'ex presidente Marco Grego e l'attuale presidente Keren Nahum, la quale ha letto un messaggio del ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Stefania Giannini, e hanno portato i loro saluti il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib, il co-presidente della Comunità milanese Milo Hasbani, la preside delle scuole superiori Esterina Dana, e la direttrice delle scuole elementari Claudia Bagnarelli. Ospiti d'onore il rettore dell'Università Bocconi Andrea Sironi e il comico, nonché ex alunno della scuola, Gioele Dix.
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qui venezia
Ghetto, un nuovo itinerario
Un viaggio attraverso la storia, la città e gli eventi grazie alla mappa cartacea e alla app ideate per il Cinquecentenario del Ghetto di Venezia e presentate oggi in conferenza stampa. L’anniversario come punto di inizio di una nuova fase. Questa è l’ottica che ha spinto il Comitato “I 500 anni del Ghetto di Venezia”, la Comunità ebraica e il Museo ebraico, in collaborazione con CoopCulture e IUAV, a ideare e progettare entrambe le iniziative. La mappa cartacea è ideata e editata da Venews, grazie al supporto del Consiglio d’Europa, Coop Adriatica e Vela, in italiano e inglese, e in essa i piani della storia o delle storie e dei diversi luoghi del Ghetto e della città si incrociano segnando itinerari noti e meno noti dell’ebraismo a Venezia e al contempo visualizzando i principali eventi in programma durante il Cinquecentenario e le loro sedi. L’app, creata dallo IUAV e CoopCulture, permette invece di leggere il tessuto urbano di Venezia attraverso il filo rosso della presenza ebraica in città, creando connessioni e mostrando come nei secoli il Ghetto fosse parte integrante e fondamentale della vita cittadina, capace di caratterizzare ed influenzare parti importanti della vita civile e culturale della città.
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QUI ROMA - SPOTLIGHT
Israele e la sua aviazione
Una storia da riscoprire
Andranno a finanziare le iniziative di “ReWalk”, il progetto israeliano che offre una speranza concreta a persone disabili e con gravi difficoltà motorie, le offerte raccolte ieri sera in occasione della proiezione romana di Above and Beyond, il film prodotto da Nancy Spielberg in cui si racconta la storia dei piloti volontari, giunti in particolare dagli Stati Uniti d’America, che permisero la nascita dell’aviazione dello Stato ebraico nel 1948.
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pilpul
Il giorno delle prove
Ogni anno in occasione delle prove Invalsi (che si sono svolte ieri per tutti gli allievi del secondo anno delle scuole superiori) si scatena la sfida all’ultimo sangue tra favorevoli e contrari, tra chi rivendica una scuola senza vincoli e controlli e chi considera le prove comuni a tutti gli studenti d’Italia come lo strumento miracoloso che permetterà finalmente di garantire a tutti una scuola di qualità. Presi in mezzo tra queste posizioni estreme, entrambe ideologiche ed entrambe lontane dalla realtà, si fatica a ragionare pacatamente. Già in passato ho trattato questo tema discutendo la richiesta (secondo me assurda, e direi anche diseducativa) agli allievi di individuare “il” significato di un testo letterario o di una metafora scegliendolo tra quattro possibili (e a mio parere tutti e quattro corretti, così come molti altri che gli allievi avrebbero potuto proporre). Come se la bellezza di un testo letterario non stesse proprio nella sua apertura a molteplici interpretazioni. Avevo anche già avuto occasione di rilevare il paradosso di una prova svolta su carta che poi gli insegnanti dovranno trascrivere su computer (decine di risposte per decine di allievi, quindi molte ore di lavoro meccanico e assai poco gratificante). Aggiungo ora che, al di là dell’assurdità di un simile compito, sarebbe forse opportuno riflettere sulla ricaduta che questa prassi ha, o potrebbe avere, sull’immagine degli insegnanti: come si può pretendere infatti che gli allievi considerino autorevole una figura professionale che viene costantemente umiliata con mansioni ripetitive e meccaniche?

Anna Segre, insegnante


Pensiero ebraico e pensiero unico
"Orsù, scendiamo e confondiamo la loro lingua, sì che uno non comprenda quel che dice l’altro” (Bereshith, 11:7). Quest’anno come è già stato annunciato, la Giornata della cultura ebraica è dedicata alla lingua e alle lingue dell’ebraismo. Se in linea con numerose teorie linguistiche e filosofiche la lingua è specchio ed è collegata ad un modo di pensare e di vedere il mondo, per lingua si dovrebbe intendere anche il pensiero stesso. La storia dell’ebraismo, del sionismo, e di Israele in seguito, è sempre stata una molteplicità di correnti, espressioni, idee, ideali diversi, condivisibili o discutibili, spesso in netta contraddizione tra loro; non portando mai a reali scismi e mantenendo il popolo ebraico nel bene e nel male unito attraverso i secoli.
Questa pluralità, come la priorità da parte di ‘Am Israel di aderire alla legge celeste rispetto a quella degli uomini, è forse la più grande ricchezza dell’ebraismo, ciò che lo ha sempre distinto. L’omologazione, la censura, e l’allinearsi o l’uniformarsi ad un pensiero unico sono retaggio della storia dei partiti e dei regimi, i quali con il pensiero ebraico o con lo spirito del sionismo hanno naturalmente poco a che vedere. Se ognuno poi pensasse ed esprimesse le medesime cose all’altro, non avremmo veramente più niente da dire, e potremmo così anche smettere di confrontarci…
Questa sarebbe una catastrofe.


Francesco Moises Bassano
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Diario di un soldato - Rinascere
Addormentarsi in lutto per risvegliarsi in festa.
Come quel giovane, cresciuto troppo in fretta, morto e rinato in una sola notte.
Come quel gattino diventato leone, il fucile greve sulle spalle esili, l’elmo troppo pesante per un cuore così leggero.
E non c’è spazio per la paura, un’intera nazione deve continuare a vivere e sognare, a clacsonare ferocemente e parcheggiare in seconda fila.
La lacrima dimenticata in un sorriso, in un solo giorno, una sola notte.
Spegnere la luce e fare pace.
Addormentarsi e risvegliarsi in un posto migliore, in un mondo più buono.
Quando il verde militare sfuma in verde speranza.
Dove il sangue versato tramuta in vino con cui brindare.
E le candele si accendono solo prima del giorno sabbatico, per dividere il sacro dal profano.
Addormentarsi e risvegliarsi nello Stato che innalza fiera la sua bandiera, abbassa appena le armi, omaggia i caduti e celebra i vivi.
Morire per rinascere, è un passaggio necessario, qui.
Morire per rinascere vittoriosi.
Morire per rinascere più forti e consapevoli.
Morire per rinascere liberi.
O forse, morire per rinascere.
Rinascere e basta.

Yom Hazikaron/Yom Hazmaut 2016


David Zebuloni
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