Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Non
so se Emmanuel Chidi Namdi, il 36enne nigeriano aggredito ed ammazzato
da due ultras, avrà mai discendenti ai quali qualcuno potrà raccontare
un giorno: “In Italia si poteva anche morire per il colore della pelle
come è accaduto al tuo nonno, bisnonno, prozio, ma invece i miei nonni
erano bravi, ne hanno salvati tanti.” Italiani bravagente. Si sa. Basta
non fare domande. “Interroga tuo padre e te lo farà sapere,i tuoi
vecchi e te lo diranno.” Deuteronomio 32,7. Facciamo e facciamoci
qualche domanda
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Cresce
il numero di eroici combattenti a parole che al bar, sugli autobus, nei
negozi o per strada usano espressioni guerresche, pur attutite dalla
forma condizionale dubitativa. Io li ucciderei tutti con il
kalashnikov, bisognerebbe sterminarli, ci vorrebbe una bella bomba
atomica… Chi sono i destinatari di queste amorevoli attenzioni?
Dipende: a volte sono gli immigrati, altre volte più genericamente gli
islamici, in certi siti piuttosto aggressivi della facebook ebraica
sono tutti palestinesi (il che ci pone nella scomoda posizione di avere
dei piccoli Ahmadinejad a casa nostra). In tutti questi casi si tratta
di espressioni del tutto ingiustificate di una volontà di violenza
espressa sì a parole, ma che in alcuni casi si materializza nelle forme
tragiche e allo stesso tempo comiche che sono proprie del carattere
italico. Il bellimbusto fascisteggiante che ha ammazzato di botte un
profugo nigeriano a Fermo, ha prima espresso a voce la sua violenza
razzista, poi l’ha messa in pratica, e infine – dal carcere – si è
scusato dicendo che non pensava veramente di dire e fare quello che ha
fatto. È un episodio penoso e allarmante, che ci deve spingere a
un’azione prima di tutto culturale, di cui bisogna farsi carico a
livello personale.
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A Fermo delitto razzista
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Omicidio
preterintenzionale con “l'aggravante di aver commesso il fatto con
finalità discriminatorie e di odio razziale e di aver agito per futili
motivi”. Questa l'accusa formulata dalla procura contro “Amedeo
Mancini, ultrà con simpatie di estrema destra” che a Fermo ha colpito e
ucciso Emmanuel Chidi Nnamdi, trentaseienne nigeriano intervenuto per
rispondere agli insulti razzisti riversati da Mancini contro di lui e
la moglie (Corriere della Sera e Repubblica). Solidarietà espressa dal
capo dello Stato alla moglie di Emmanuel (intervistata da Repubblica)
mentre dura e unanime condanna di quasi tutto l'arco politico
all'accaduto. Se infatti il governo, per bocca del ministro degli
Interni Alfano, parla li confine invalicabile tra chi contrasta l'odio
e chi in questa lotta si distrae, il leader della Lega Matteo Salvini,
condannando il fatto, parla anche di “immigrazione fuori controllo” che
“genera conflitti sociali” (Il Giornale). Indirettamente gli risponde
lo psicologo Massimo Ammaniti sul Mattino, “Frasi così non hanno niente
a che fare con la politica, sono una sorta d'induzione diretta al
razzismo”. Se per Nicola Porro sul Giornale l'omicidio di Emmanuel è
“solo follia criminale”, l'interrogativo di Libero lascia sconcertati:
“Il razzismo c'è ma forse anche la legittima difesa - Peggio il morto
dell'assassino?”.
Casherut contro l'intolleranza alimentare. Sul Corriere della Sera
Sette si spiega perché sempre più consumatori scelgono prodotti casher
e grande spazio viene riservato al progetto dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane K.it, “dedicato – scrivono Caterina e Giorgio
Calabrese - a tutte le imprese del Paese e utile per chi cerca sugli
scaffali dei negozi un prodotto kosher”. “A fine giugno – si legge
nell'articolo - Il ministero dello Sviluppo Economico ha lanciato anche
l'applicazione con l'elenco di tutti i prodotti in commercio; l'app
permette di vedere la lista di prodotti certificati BOOM di kosher per
tablet e smartphone dove verranno elencati tutti i prodotti kosher
italiani in commercio con relativa certificazione. Essendo sempre più
numerosi i consumatori che si affidano alla dieta ebraica, il ministero
dello Sviluppo Economico italiano ha intuito le potenzialità di questo
mercato in piena espansione e ha supportato il progetto dell'Unione
delle comunità ebraiche italiane che ha creato un ente certificatore
nazionale con il marchio K.it”.
Complottismi su Mossad e Renzi. Il Fatto Quotidiano ha ripreso le
accuse di Massimo D'Alema a Renzi, quando lo aveva definito “un uomo
del Mossad” e ha costruito un articolo sulla questione, parlando di un
presunto legame tra il primo ministro italiano e i servizi segreti
israeliani (che avrebbero finanziato la sua campagna elettorale contro
Bersani) che allo stesso tempo potrebbe essere stato solo un tentativo
di screditare il primo. Le parole più chiare sulla vicenda le dice
proprio una fonte del Fatto “Escludo soldi dal Mossad. Sono certo che
non esiste alcun documento al Copasir (comitato parlamentare che vigila
sui servizi italiani) che dimostri questa tesi”.
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i 31 paesi dell'ihra al lavoro
Memoria e rete internazionale Italia candidata alla presidenza
Nella
ricorrenza degli ottanta anni dalla promulgazione delle leggi razziste
che nel 1938 segnarono l’inizio delle persecuzioni anti ebraiche,
l’Italia si candida a guidare l’International Holocaust Remembrance
Alliance (IHRA). Non è una coincidenza di tempi casuale, credo sia
importante sottolinearlo e cogliere questa occasione non solo per
portare avanti il grande lavoro svolto dal nostro paese sia
internamente che in ambito internazionale, ma anche per portare avanti
una riflessione su questa dimensione nazionale dell’antisemitismo”.
Così l’Ambasciatore Sandro De Bernardin, da qualche mese a capo della
delegazione italiana, per nomina diretta del ministro dell’Istruzione
Stefania Giannini, ha annunciato la formalizzazione della candidatura
nazionale. Una volta confermata, porterebbe l’Italia a guidare, a venti
anni dalla sua fondazione, la rete intergovernamentale nata appunto nel
1998 – si chiamava allora Task Force for International Cooperation on
Holocaust Education, Remembrance, and Research (ITF) – che riunisce le
delegazioni nazionali di 31 paesi. Ministri, ambasciatori e
rappresentanti del mondo accademico, suddivisi per aree e commissioni
tematiche, lavorano su vari piani: studi e ricerche volte a promuovere
azioni concrete di formazione e insegnamento, documenti da presentare
alle organizzazioni internazionali e un’azione costante di pressione
sui singoli governi per portare il tema della Shoah nella politica
contemporanea.
Ada Treves Leggi
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Il primo Giardino dei Giusti in un Paese arabo
Tunisi onora gli eroi del mondo
Un albero nel nome della libertà
Gabriele
Nissim, presidente dell’associazione Gariwo, l'aveva annunciato
con orgoglio dal Monte Stella di Milano lo scorso 8 marzo: “anche
Tunisi avrà il suo Giardino dei Giusti e sarà il primo Paese arabo ad
averne uno”. Ora il giorno dell'inaugurazione, di un progetto che ha
visto in prima fila il ministero degli Esteri italiano, si avvicina: il
15 luglio infatti, all’interno dell’ambasciata italiana a Tunisi, verrà
inaugurato il Giardino (nell'immagine) che onora gli uomini e le donne
che nel mondo hanno combattuto e combattono per la libertà, la
democrazia, i diritti umani. Al fianco di Nissim, il premio Nobel per
la Pace 2015 Abdessatar Ben Moussa e l’ambasciatore Raimondo De Cardona
pianteranno i primi cinque alberi in memoria di altrettanti giusti
arabi e musulmani che con il loro coraggio hanno segnato la storia
moderna. Un segnale molto forte, ha spiegato in un recente articolo
Nissim, sottolineando l'importanza della scelta della Tunisia, “Paese
in prima fila nella resistenza al fondamentalismo”. Nonostante le
minacce, infatti, la Tunisia “non solo ha scelto la democrazia come
argine al terrorismo, ma è stata capace – afferma il presidente di
Gariwo - di costruire delle istituzioni laiche, separando la politica
dalla religione”. “È essenziale e doveroso coltivare la 'memoria del
bene' – ha dichiarato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a
proposito del progetto dei Giardino dei Giusti a Tunisi - e ricordare
chi, a scapito della propria incolumità e della propria vita, ha
salvato i perseguitati del nostro recente passato ma allo stesso tempo
l’esempio dei Giusti ci responsabilizza e ci chiama ad agire il bene
possibile nei nostri giorni”. Leggi
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qui roma Gli insegnamenti del Rebbe
"I
chachamim vedono le grandi guide del popolo ebraico come dei pastori,
capaci di occuparsi di qualunque esigenza e qualunque questione, ed è
la massima carica che si possa avere. E questo era il Rebbe, un vero
pastore di Israele”. Così lo ha ricordato il rav Shalom Ber Hazan,
rabbino della comunità Chabad di Roma, nel corso di una serata svoltasi
ieri all'Hotel Quirinale di Roma in memoria di Menachem Mendel
Schneerson, settimo e ultimo Rebbe del movimento Chabad-Lubavitch,
nell'anniversario dalla sua scomparsa avvenuta nella data ebraica del 3
tammuz di 22 anni fa. A partecipare al limmud, anche gli shlichim
Chabad Yitzhak Hazan e Ronnie Canarutto, il preside della Scuola
ebraica di Roma Benedetto Carucci Viterbi, e il professor Gavriel Levy.
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Sotterranei |
Nel
caldo umido dell’estate torinese i muri stessi della scuola, i banchi e
le lavagne sembrano spossati e grondanti di sudore. Dall’alto arrivano
le voci attutite degli orali dell’esame di stato e dei corsi di
recupero. Al pianterreno sono esposti i tabelloni con i risultati delle
prove scritte e gli esiti degli scrutini di tutte le altre classi,
mentre negli uffici la segreteria lavora a pieno ritmo. Sopra le nostre
teste e intorno a noi è tutto un fiorire di moduli da compilare e
moduli compilati, tabelle da completare e tabelle appese. Ma il vero
cuore pulsante della burocrazia si trova in realtà sotto di noi, e lo
scopro avventurandomi con due colleghe in un labirinto di corridoi
umidissimi e odorosi di muffa ma almeno finalmente freschi. Ecco
l’archivio, cent’anni di elenchi e carte varie. Cent’anni di allievi
iscritti e ritirati, promossi e respinti, cent’anni di voti e di
scrutini.
Quanti allievi dell’anno scolastico 1937-38 non c’erano più nel 1938-39?
Anna Segre, insegnante
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Comunità e identità |
Tutelare
e proteggere le differenti tradizioni delle comunità ebraiche
italiane”. Questo è uno degli obiettivi che si è proposta la
neopresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi di
Segni appena è stata eletta, e che trovo particolarmente significativo
e lodevole.
Non sempre viene sottolineata e valorizzata a dovere la peculiarità del
panorama ebraico italiano, anche a causa della demografia, vi sono
minhagim che scompaiono, costumi che vengono dimenticati, e siddurim di
altre comunità che prendono il posto di quelli autoctoni. Anche da
parte del mondo esterno si tende ad operare una sorta di reductio ad
unum per semplificare la complessità e la ricchezza dell'universo
ebraico. L'ebraismo orientale, comunque meraviglioso, con le sue
musiche e la sua cultura prevale nella conoscenza collettività su ciò
che era l'universo ebraico italiano, iberico, levantino, o maghrebino;
e anch'esso con il proprio revival, subisce una banalizzazione e una
spettacolarizzazione, che è in antitesi con la verità storica, simile
piuttosto a ciò che Eric Hobsbawm chiamava “invenzione della
tradizione”.
Francesco Moises Bassano
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