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11 Ottobre 2016 - 9 Tishri 5776
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
È noto che il digiuno del Kippùr, assieme alla cena del Seder di Pesakh, restano le tradizioni più sentite presso il popolo ebraico. Il paradosso è che anche quella grande percentuale di ebrei che si dichiarano “laici” vivono un particolare rapporto con il Kippur, che costituisce, invece, la festa più “religiosa” e meno “storicizzabile” del calendario ebraico.
 
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
Si può essere proiettati verso il futuro e ottimisti quanto si vuole, si possono chiudere gli occhi davanti alla storia fino a non distinguere la luce dalle tenebre, ma c’è una preghiera nella liturgia ashkenazita di Kippur che non consente all’ebreo di dimenticarsi del proprio passato. Chi di ciò si dispiace può passare ad altra lettura.
Erano tempi di persecuzioni e di massacri, come al solito, quando Rabbi Amnon di Magonza si sottomise a tortura e martirio pur di non rinunciare alla propria identità di ebreo e, in fin di vita, sanguinante e mutilato, pronunciò in sinagoga una terribile preghiera, Un’tanéh Tokef Kedushat Hayom (Proclamiamo la santità di questo giorno), che il pubblico non riuscì naturalmente a mandare a memoria.
 
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Francia, il pericolo interno
Sono più di 15 mila gli islamici residenti in Francia che, potenzialmente, possono rappresentare una minaccia per lo Stato e trasformarsi in terroristi. Tutti ‘schedati’ in uno speciale dossier contrassegnato con l’acronimo Fsprt, creato nel marzo del 2015 dopo gli attacchi a Charlie Hebdo e all’Hypercasher.
Il lungo elenco, scrive La Stampa, è il frutto di una duplice azione: “da un lato il lavoro di intelligence dei servizi e dall’altro le segnalazioni giunte da numerosi cittadini, soprattutto attraverso il numero verde legato al centro nazionale per l’assistenza e la prevenzione della radicalizzazione”.
Il Corriere Milano racconta la storia di Giovanni, un bambino di 7 anni affetto dalla sindrome di Wolf-Hirschhorn. Per i medici non avrebbe potuto neanche camminare e parlare. La svolta nel 2012, quando i genitori si sono affidati alle cure di alcuni specialisti israeliani che, pur faticosamente, sono riusciti a tirare fuori tutto il potenziale del figlio oltre ogni ‘scientifica aspettativa’. I risultati sono stati straordinari. “A distanza di quasi quattro anni – scrive il Corriere – Giò ha iniziato la prima elementare. Cammina, corre, parla. E nuota, riconosce i numeri. Ieri ha imparato anche ad andare in bicicletta”.
 
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  davar
yom kippur 5777
Dalla risposta alla responsabilità
C’è una sorprendente analogia linguistica fra Yom Kippur e Pesach. Per entrambe le feste la Torah adopera la stessa radice ‘anah che significa “essere afflitti”. La Matzah è chiamata lechem ‘oni, lachmà ‘anyà in aramaico, ovvero “pane dell’afflizione”. Anche a proposito del digiuno di Yom Kippur cinque volte la Torah scrive we’innitem et nafshoteykhem, “affliggerete le vostre anime”. Sappiamo peraltro che questo verbo ha anche un altro significato: rispondere. E parlando del lechem ‘oni i nostri Maestri dicevano che la Matzah è un pane she-‘onim ‘alaw devarim harbeh, “sul quale si danno molte risposte”. Se applichiamo lo stesso gioco di significati a Yom Kippur, l’ingiunzione del digiuno assumerebbe un sapore tutto particolare. Con un minimo di ardimento grammaticale potremmo reinterpretarla: “mettete le vostre anime in condizione di rispondere”!
Di chi? Di se stesse, naturalmente. Ad onta di chi pensa che l’Ebraismo sia una cultura di sole domande, in cui ci si limita ad interrogarci e poi ciascuno è libero di regolarsi come più gli pare e piace, non è così. Le domande sono sempre finalizzate ad una risposta, le discussioni talmudiche sono sempre indirizzate alla ricerca di una soluzione e la risposta/soluzione si chiama assumersi la propria responsabilità.


Rav Alberto Moshe Somekh
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yom kippur 5777
Israele, tutto il paese si ferma

Ma la guardia resta alta
Gerusalemme e tutta Israele si preparano in queste ore alla celebrazione dello Yom Kippur, il giorno considerato più sacro e solenne del calendario ebraico. Ieri sono stati migliaia i fedeli che si sono recati al Kotel (il Muro Occidentale) per recitare le Selichot, le poesie penitenziali (nell’immagine un momento della serata) e tutta la Città vecchia rimarrà chiusa fino al termine di Kippur, ovvero al tramonto di mercoledì. Visto il protrarsi delle tensioni – con l’ultimo sanguinoso attentato terroristico di domenica a segnare un nuovo picco della violenza palestinese – le autorità hanno deciso di disporre ingenti forze di sicurezza nella Capitale per garantire la calma: oltre agli agenti di polizia e ai soldati, per le strade saranno presenti i volontari della guardia civile.
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SOLIDI RADICI EBRAICHE PER L'ECONOMISTA 
Oliver Hart, una teoria da Nobel
“Mi sono svegliato verso le 4:40 e mi stavo chiedendo se ormai si stesse facendo troppo tardi per quest’anno, ma poi per fortuna il telefono ha squillato”. Non sono in molti a reagire con tanta gioia a una telefonata nel cuore della notte, ma l’economista ebreo anglo-americano Oliver Hart ne aveva ben donde, perché dall’altro capo del ricevitore c’era la commissione della Reale Accademia Svedese delle Scienze che gli annunciava la vittoria di un premio Nobel per l’Economia. Lo divide con il collega finlandese Bengt Holmstroem – li chiamano gli economisti delle “due H” – insieme al quale si è distinto contributo alla “teoria dei contratti”, una branca dell’analisi economica del diritto che studia come le norme che regolano il contratto conducano a un efficiente allocazione delle risorse. “La mia prima reazione – ha raccontato Hart – è stata quella di svegliare mia moglie e il mio figlio più giovane”.
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musiche ebraiche per la solidarietà
'Amatrice, questo canto è per te'
Una madrina d’eccezione, per un concerto in memoria delle vittime del terremoto che ha colpito e devastato Amatrice e altre località lo scorso 24 agosto. La cantante e interprete Miriam Meghnagi si è esibita all’Auditorium della Tecnica di Roma, accompagnata da Carlo Cossu al violino e da Giovanni Lo Cascio alle percussioni, con interventi del poeta Jean Portante. Obiettivo della serata, pienamente raggiunto: raccogliere fondi da devolvere in beneficenza alle popolazioni colpite.
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5777 - qui milano
Un anno per la condivisione
Alla vigilia di Kippur e in questo nuovo anno appena iniziato, il messaggio che vogliamo inviare è quello della necessità di collaborare, di trovare punti di accordo e superare le divisioni, nella nostra Comunità così come nell’ebraismo italiano.
Nella nostra Comunità, vorremmo sottolineare, come all’interno del Consiglio si sia creato un clima positivo e molte cose sono state fatte, seppur in alcuni casi non siano state recepite. Quello che auspichiamo per il futuro è di poter sentire il calore della Comunità perché per affrontare le sfide che si pongono di fronte a noi abbiamo bisogno del sostegno e della vicinanza di tutti.
Dobbiamo avere la consapevolezza che, visti i tempi complicati in cui viviamo, dovremo fare dei sacrifici e una risposta unita è la strada migliore per poterli affrontare.
Israele rimane il nostro punto di riferimento e l’ebraismo italiano, come ha sempre fatto, continuerà a difenderlo. A Milano abbiamo sviluppato dei rapporti continui e costanti tra Israele e la città grazie alle buone relazioni con l’ambasciata di Roma, e con l’ambasciatore Naor Gilon. Speriamo di poter continuare con il nuovo ambasciatore Ofer Sachs, al quale auguriamo un buon lavoro.
Sperando che tutte le comunità possano lavorare in serenità e raggiungere risultati positivi auguriamo un buon anno a tutti e chatimà tovà

Raffaele Besso e Milo Hasbani,

presidenti Comunità ebraica di Milano
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5777 - qui venezia
Un anno per l'innovazione
Auguro che sia un anno di Oz, coraggio e forza, in cui ognuno possa trovare il coraggio e la forza di realizzare nella vita e nel suo ruolo ciò di cui l’ebraismo ha urgente bisogno. Che sia una Shanà Tovà piena di innovazioni e benedizioni.


Rav Scialom Bahbout, rabbino capo di Venezia

pilpul
Sprazzi di identità
A diecimila metri di altitudine, sorvolando l’Asia centrale, parlo con il mio vicino di posto, un informatico francese con famiglia al seguito che il Judo ha reso decisamente prestante. Mi spiega di aver fatto scalo da Parigi su Roma per la scelta di volare con Alitalia. “Volevo volare con una compagnia europea”. Perché, gli domando io? “Perché io sono europeo!”. Sprazzi di identità continentale sincera, confusa e inaspettata a migliaia di chilometri da casa e a qualche migliaia di metri dal suolo.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
Ricostruzione
Il percorso di ricostruzione di una vita non è mai lineare, soprattutto quando coinvolge interi gruppi umani. Per rimarginarsi le ferite hanno bisogno di essere nutrite dalla speranza. Altrimenti le paure più antiche si confondono con quelle più attuali e il passato può accecare il presente. Senza una visione che mantenga viva la speranza futura anche il presente si annebbia e può diventare insopportabile. Se i confini dello spirito restano aperti – e in taluni momenti può essere necessario per conservare l’integrità psichica contro la follia del mondo – il persecutore non riesce a “installarsi” nell’anima del perseguitato avvalendola. Il passato non è una prigione e il futuro è una possibilità.

David Meghnagi, Università Roma Tre
Storie - Il diario perduto
Tre anni fa, nell’aprile del 2013, l’ex agente dell’Fbi Robert Wittman ritrovava il diario inedito di Alfred Rosenberg, il filosofo tedesco padre dell’ideologia e delle teorie antisemite del nazismo e membro di spicco dei gerarchi di Hitler. Ora quel documento viene pubblicato, a cura dello stesso Wittman e di David Kinney, con il titolo Il diario perduto del nazismo. I segreti di Adolf Hitler nei diari inediti di Alfred Rosenberg e del Terzo Reich (Newton & Compton).
Rosenberg svolse un ruolo di primo piano nel nazismo. Quando nel 1923 Hitler venne arrestato per un fallito colpo di stato, divenne capo ad interim del partito. Nel 1933 venne nominato responsabile esteri e nel 1941 aiutò a pianificare l’operazione Barbarossa di invasione dell’Unione Sovietica. Negli ultimi anni del regime nazista fu “Ministro dei territori occupati”, ruolo grazie al quale ebbe modo di impegnarsi in prima persona alla realizzazione del piano di sterminio di massa della popolazione ebraica,
Il diario, già rinvenuto negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale, nascosto dietro una finta parete in un castello bavarese, era stato utilizzato come prova durante il processo di Norimberga ma poi se ne erano perse misteriosamente le tracce. Ritrovato da Wittman, viene per la prima volta pubblicato. Tra i brani più interessanti delle 425 pagine del volume, figurano sicuramente quelli finali, che riportano i pensieri e le parole di Hitler nei giorni precedenti alla sua morte.


Mario Avagliano


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