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9 Dicembre 2016 - 9 Kislev 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
La parashà di questa settimana riporta, per bocca di Yaakov, questa  espressione: “In questo luogo c’era Dio ed io non lo sapevo.”Mi commuove Yaakov nella sua fragilità, nella sua semplicità, nella sua umanità. Di notte, dopo un sogno rassicurante, ma anche sconvolgente Yaakov afferma di aver riscoperto Dio, di averlo trovato tra le proprio angosce, lì dove lui non immaginava che questo potesse accadere. Contemporaneamente Yaakov afferma che non “sapeva” che Dio fosse lì, che non era certo della presenza di Dio al suo fianco, non era sicuro della Sua benedizione costante.
Quanto è umano e fragile nostro padre Yaakov e quanto ha ragione: ci sono luoghi, momenti, spazi ed avvenimenti per i quali è davvero difficile sentire la presenza di Dio. Ci sono orizzonti nei quali la fede può essere espressa solo al passato ed in maniera retroattiva: “ Dio c’era ed io non lo sapevo.” Ed è così umano e giusto ammettere di non saperlo.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Nel recente sondaggio promosso dall’agenzia YouGov e rilanciato oggi sulle pagine di Repubblica a proposito della percezione dell’immigrazione come problema in Europa, l’Italia si piazza in maniera non sorprendente al primo posto. Non importa che si parli solo di percezione di insicurezza: il problema esiste. Anche se i dati reali ci restituiscono un’immagine delle dinamiche sociali legate all’immigrazione molto differenti (numeri tutto sommato sostenibili, ottima prova organizzativa delle forze di sicurezza che coordinano l’accoglienza e delle organizzazioni di volontariato che si spendono per favorire buone condizioni di vita, Italia utilizzata come terra di passaggio e non di stanziamento) la percezione di instabilità è diffusissima, e si collega a percentuali già radicate da molti decenni nella società italiana che dimostrano una costante diffidenza e ostilità verso gruppi percepiti come stranieri: innanzitutto i Rom, poi i Musulmani in genere, e poi naturalmente gli Ebrei, che pure in Italia ci stanno da 2.200 anni. L’instabilità politica di questi giorni certamente non aiuta ad attenuare questo fenomeno. Ci sono testate giornalistiche (prime fra tutte Libero e il Giornale) e partiti politici (la Lega) che si assumono volonterosamente la responsabilità di soffiare sul fuoco dell’intolleranza con il visibile obiettivo di fare della paura dell’immigrato il tema fondamentale della lunghissima campagna elettorale che ci prepariamo ad affrontare. Non si tratta di un bel segnale. Nel paese dove una campagna di stampa non molto dissimile da quella a cui assistiamo preparò nel 1937 la decisione di promulgare la legislazione antiebraica del 1938, penso che per principio ci si debba opporre con forza alla distorsione della realtà, alla mistificazione delle dinamiche sociali, alla colpevolizzazione di interi gruppi e categorie umane. Non ce lo possiamo permettere e non lo dobbiamo permettere.
 
L'esultanza di Marine:
"Un segnale all'Europa"
“Mi sembrerebbe del tutto legittimo che si tenessero immediatamente elezioni politiche anticipate”. Intervistata dal Corriere, la leader del Fronte Nazionale francese Marine Le Pen sostiene in pieno la linea del suo alleato italiano Matteo Salvini. Sul referendum la sua posizione è questa: “È un avvenimento molto importante, che contribuisce alla presa di coscienza dei popoli europei sulle politiche di austerità imposte dall’Unione. La vittoria del No e il rigetto massiccio di questa visione per noi sono un segnale estremamente positivo, che indica la nascita di un nuovo movimento popolare. L’obiettivo oggi è difendere gli interessi dei popoli, e smettere di tutelare quelli delle banche”.

Fuori dall’Italia, accompagnati alla frontiera, espulsi, ricacciati da dove arrivano, deserto, bidonville, miseria comunque. Sul tema dei migranti questa è “la linea dura dei Cinque Stelle che affiora”, scrive Repubblica riallacciandosi a un’intervista concessa al quotidiano da Alessandro Di Battista, uno dei leader e personaggi più mediatici del Movimento, che aveva affermato: “Chi è privo di diritto d’asilo in questo momento storico deve essere espulso”.
Linea dura o tolleranza, dialogo o muscoli? Di Battista, con la sua frase sulle espulsioni, “sembra sciogliere il nodo”.
 
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  davar
La collaborazione con l'ufficio stampa ucei
Chanukkah accende la Triennale La festa tra storia, arte e design
Una festività che affonda le radici in una tradizione millenaria e la sua interpretazione in chiave moderna attraverso l'arte e il design. Sono queste le due anime racchiuse nella mostra Lumi di Chanukkah. Tra storia, arte e design protagonista al Triennale Design Museum dal 13 dicembre all'8 gennaio e dedicata alla ricorrenza ebraica nota come la Festa delle Luci.
Quaranta chanukkioth (candelabri rituali a nove braccia) disegnate da artisti e designer italiani e internazionali, parte della ricca collezione della Comunità ebraica di Casale Monferrato, saranno esposte al pubblico per raccontare il messaggio della festa, aprendo al contempo uno spazio di confronto innovativo tra arte ed ebraismo.
Nel corso della mattinata la mostra sarà presentata in anteprima ai giornalisti, che saranno accolti dall'ufficio stampa dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che ha lavorato a stretto contatto e in sinergia con l'ufficio stampa del prestigioso Triennale Design Museum. Ai giornalisti saranno forniti i dettagli sull'esposizione. Sarà un'occasione importante e straordinaria, nella cornice internazionale della Triennale, per comunicare il messaggio della festa di Channukkah, i valori ebraici che rappresenta e per farli conoscere al grande pubblico.
La collezione nasce dall'idea di Elio Carmi, designer, e Antonio Recalcati, artista, di rappresentare la spiritualità attraverso la reinterpretazione di un oggetto della tradizione, utilizzato nei secoli nelle famiglie ebraiche e legato alla sfera religiosa come è la channukkiah. L'accensione degli otto lumi del candelabro infatti serve a ricordare la vittoria dei Maccabei contro gli ellenisti nel 165 a.e.v. e il miracolo dell'ampolla d’olio da loro trovata nel Tempio sconsacrato: nonostante fosse sufficiente per un solo giorno, l'olio dell'ampolla durò per otto giorni permettendo al popolo ebraico di riconsacrare il Tempio e diventando la ricorrenza emblema del trionfo della Luce sulle tenebre.
Per ricordare quegli avvenimenti, le famiglie ebraiche nel mondo ancora oggi accendono – a iniziare la 25 di Kislev - per otto sere gli otto lumi della channukkiah – utilizzando lo shamash, la nona candela – e celebrando la vittoria della luce sul buio dell’idolatria e la gioia della libertà ritrovata.
I diversi significati della festa sono stati rappresentati in opere contemporanee dai tanti artisti presenti nella collezione esposta alla Triennale. Ciascuno ha declinato secondo la propria sensibilità i temi racchiusi nella storia di Channukkah e nel candelabro che la rappresenta.
Di anno in anno autori, ebrei ma anche cattolici, evangelici, protestanti, musulmani, hanno raccolto l'affascinante sfida di tradurre concetti come identità, libertà, riaffermazione di sé in oggetti d'arte, esposti al Museo ebraico di Casale Monferrato e di cui una parte alla Triennale.


PREOCCUPANO LE SUE CONDIZIONI DI SALUTE
Rav Steinsaltz è in ospedale

"Vicini a lui e alla famiglia"
Destano preoccupazione le condizioni di salute del grande rabbino e talmudista Adin Steinsaltz (nell'immagine), 79 anni, ricoverato allo Sha’are Zedek Medical Center di Gerusalemme per un infarto occorsogli al suo ritorno in Israele dopo alcuni giorni trascorsi in Italia, segnati anche da una importa lezione sul significato della leadership ebraica tenutasi al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Subito ospedalizzato, rav Steinsaltz (che la rivista Time ha riconosciuto come una delle persone più influenti del suo tempo e che in passato si è aggiudicato anche il prestigioso Israel Prize) sarebbe in condizioni stabili.
La presidente UCEI Noemi Di Segni, tra gli altri, ha inviato al rav e ai suoi familiari un augurio di pronta guarigione.

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INFORMAZIONE
Quale Italia dopo il referendum?

Da Berlino si guarda a Moked
Tra le testate ebraiche più autorevoli al mondo, presenza fissa sui tavoli della Cancelleria federale a Berlino, il settimanale tedesco Juedische Allgemeine dedica la prima pagina della sua ultima uscita al confronto apertosi sul portale dell’ebraismo italiano in merito al risultato del referendum costituzionale e ai possibili scenari futuri.
“Populismo, pericolo grave” mettevamo in guardia sul nostro notiziario di lunedì scorso, il primo a uscire dopo il voto, in cui venivano ospitate le opinioni tra gli altri di Anna Foa, Claudio Vercelli, David Bidussa e Mario Avagliano. Una riflessione sul voto degli Italkim, gli italiani di Israele, è stata invece svolta dal demografo Sergio Della Pergola.
A firmare il pezzo sulla Juedische Allgemeine, intitolato “Grund zum Pessimismus” (le ragioni del pessimismo), è il giornalista Daniel Mosseri.


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LA RICHIESTA AL MINISTRO ALFANO
Do.ra, i nazisti del Varesotto

"Il Viminale intervenga"
Formalmente associazione culturale. In realtà gruppo di estremisti che si riconoscono nel nazismo, predicano odio e violenza, negano la Shoah. L’esistenza di una comunità di naziskin attiva in Lombardia, i Do.ra (acronimo per Comunità militante dei dodici raggi), dal mondo dell’informazione arriva ai vertici delle istituzioni. Sono numerosi infatti i contatti in corso in queste ore e i segnali di preoccupazione e allarme che giungono al Viminale per l’esistenza di questa inquietante realtà, raccontata tra gli altri in un’ampia inchiesta sul quotidiano La Repubblica.
Una ferma richiesta di intervento al ministro dell’Interno Angelino Alfano è stata formulata in un messaggio inviato questa mattina dalla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni assieme ai presidenti della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani e Raffaele Besso. Da segnalare inoltre, sempre di queste ore, l’interrogazione urgente presentata al ministro da due parlamentari del Partito Democratico, Emanuele Fiano e Daniele Marantelli.

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pilpul
Testimonianza o responsabilità?
È ammirevole come questo notiziario sia riuscito per molti mesi a non parlare del referendum mentre intorno a noi quasi non si parlava d’altro. Ed è anche riuscito, mi pare, a non far trapelare tra le righe nessuna indicazione di voto. Curioso, viceversa, notare come il giorno successivo alla vittoria del No sia siano venuti fuori i commenti preoccupati per il futuro dell’Italia e alcuni collaboratori abbiano esplicitamente dichiarato di aver votato Sì. C’è un particolare gusto ebraico per le minoranze e le cause perse?
Per la verità, se io avessi provato a prevedere il risultato del referendum solo sulla base delle intenzioni di voto dei miei colleghi, parenti e amici, avrei dovuto ipotizzare una schiacciante vittoria del Sì; questo dimostra che le persone che frequento – ebree o non ebree che siano – non costituiscono un campione significativo della popolazione italiana; inoltre dimostra che, se mi basassi solo sulla mia esperienza diretta, non potrei confermare l’ipotesi di Sergio Della Pergola che gli ebrei abbiano votato in modo difforme rispetto al resto della popolazione italiana.
Tuttavia anche io ho notato una differenza. Molti (e io sono tra questi) hanno votato Sì non tanto per amore di una riforma costituzionale che oggettivamente non era un granché, quanto per paura di consegnare tra pochi mesi l’Italia nelle mani di personaggi a dir poco inquietanti. Anche tra i miei colleghi e amici non ebrei questa motivazione era evidente, ma ho notato una maggiore reticenza nel dichiararlo, come se ci fosse qualcosa di male a non prendere decisioni solo sulla base di astratte motivazioni ideologiche ma tenendo anche conto degli effetti pratici delle proprie scelte. Tra gli ebrei, invece, mi pare che questa reticenza fosse minore o inesistente. Anche i commenti pubblicati su questo notiziario hanno trattato pochissimo il tema delle riforme costituzionali in sé, concentrandosi invece sulla caduta del governo e sulle sue conseguenze.
Mi pare che l’approccio alla politica di molti italiani risenta della visione cristiana: ogni individuo ha il dovere di testimoniare la verità costi quel che costi. La cultura ebraica, invece, sottolinea maggiormente il dovere di assumersi le proprie responsabilità: non siamo responsabili solo per le nostre azioni, ma anche per le conseguenze indirette delle nostre scelte; se siamo in grado di prevederle non possiamo fingere che tali conseguenze non siano un problema nostro. Certo, la medesima assunzione di responsabilità avrebbe potuto legittimamente condurre a votare No. Tuttavia ho avuto l’impressione che molti, da entrambe le parti, abbiano interpretato il voto non come un mezzo per influenzare la realtà ma come una professione di fede.


Anna Segre, insegnante 


Memorie di un angelo custode
Quando mi è finalmente arrivato a casa, dopo un lungo ed estenuante viaggio, ho deciso di posarlo sulla pila destra dei libri: quella riservata alle letture importanti e con il diritto di precedenza assoluto rispetto a tutte le altre.
Ho così aspettato pazientemente il giorno dello
Shabbat, il giorno in cui qualsiasi lettura si fa più dolce e amica, in cui una sola pagina equivale ad angolo di paradiso.
Lo ammetto, ogni tanto mi affacciavo per tenerlo d’occhio, giusto per controllare che fosse ancora lì, che stufo dell’attesa non
se ne fosse andato ed ecco che il titolo stampato a grandi lettere sulla copertina mi rispondeva ammiccando. Ancora non avevo cominciato a sfogliare il libro e già quel titolo riusciva a rincuorarmi, ad infondere in me un senso di pace risanatoria.
Al calar del sole del sesto giorno, appena accese le candele che dividono il sacro dal profano, non ho più resistito: mi sono immerso nel magico mondo di Angelica.


David Zebuloni
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L'arte dei piccoli passi
“Non ti chiedo miracoli o visioni, ma la forza di affrontare il quotidiano. Preservami dal timore di poter perdere qualcosa della vita. Non d’armi ciò che desidero, ma ciò di cui ho bisogno. Insegnami l’arte dei piccoli passi.” (Antoine Saint – Exupéry)

Ilana Bahbout



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